La scuola non sembra ancora in grado di progettare strategie per formare lettori e mettere in piedi vere e proprie biblioteche. Eppure la biblioteca scolastica sarebbe lo strumento migliore per avvicinare i giovani al libro e alla lettura: ma per fare questo è necessario realizza.re una biblioteca che sia davvero luogo di conservazione, gestito da personale qualificato, che sappia di biblioteconomia e bibliografia e sia in grado di creare sempre maggiori rapporti di scambio e confronto tra scuola e biblioteca pubblica.
Benché oggi sia consolidata la convinzione che il compito della scuola (soprattutto di quella dell’obbligo) sia insegnare a ogni cittadino a leggere, scrivere e far di conto, è indubbio che, statistiche alla mano, la scuola non sembra affatto aver conseguito tale obiettivo.
In questo ultimo decennio si sono intensificati gli interventi di denuncia delle inadempienze della scuola, considerata la maggior imputata, la causa prima e ultima della non-lettura in Italia. Tuttavia, contemporaneamente all’incapacità della scuola di progettare strategie per formare lettori, nell’ultimo quarto di secolo si è sviluppata e consolidata, se pure con fatica e difficoltà, la rete bibliotecaria. Ed è proprio la biblioteca, quella pubblica ovviamente, che si è posta e continua a porsi nella scuola come coscienza critica, quasi grillo parlante a cui è stato affidato il compito di trasmettere il sapere e la conoscenza attraverso lo strumento del libro (del resto libro e lettura sono i due elementi che accomunano e legano biblioteca e scuola).
Ma cosa succede veramente nei vari ordini di scuole? I programmi ministeriali, per esempio per la scuola elementare, prevedono che, dopo il conseguimento delle capacità relative all’uso del codice verbale e della corretta comunicazione in lingua italiana, si assicuri all’alunno una buona competenza scritta, attraverso il «ricorso oltre che ai testi scolastici e ai libri della biblioteca di classe, a una varietà di materiali idonei a incentivare il bisogno di leggere. La scuola non dovrà trascurare alcuna iniziativa utile ad avvicinare i fanciulli al libro. Così consentirà loro l’accesso diretto alla biblioteca (che va quindi attrezzata a questo scopo), li solleciterà a segnalare l’acquisto di libri o pubblicazioni periodiche cui siano particolarmente interessati, e riserverà alla lettura personale tempi adeguati nel-
l’arco della settimana» (DPR, 12 febbraio 1985, n. 104). Le indicazioni metodologiche proposte dai programmi della scuola media statale, invece, suggeriscono di curare in modo particolare la lettura e di incoraggiare all’uso della biblioteca di classe, ave esistente, o della scuola o pubblica visto che «leggere è l’essenziale strumento educativo di accesso al patrimonio culturale e naturale fattore di autocultura» (Decr. Min., 9 febbraio 1979).
Comunque, per quanto la lettura sia largamente presente nelle indicazioni metodologiche offerte dal Ministero della pubblica istruzione, non risultano altrettanto evidenti i riferimenti alla necessità e al modo in cui istituire una biblioteca scolastica. Eppure, come ha sostenuto anche Donatella Lombello intervenendo al convegno «Imparare a imparare: la nuova centralità della biblioteca scolastica» (svoltosi a Bologna nel 1999 nell’ambito della Fiera del libro per ragazzi), la presenza nella scuola della biblioteca implica per sua natura «modalità didattico-educative centrate sullo studente, sui suoi ritmi e stili cognitivi e personali, secondo i caratteri della condivisione – non della trasmissione – del sapere in senso orizzontale e verticale».
Da una ricerca realizzata su incarico del Ministero della pubblica istruzione si può inoltre concludere che in Italia non esistono biblioteche scolastiche degne di questo nome e che, anche quando la biblioteca scolastica c’è, è ben lontana dagli standard richiesti. Del resto, dall’esame del linguaggio usato da insegnanti ed esperti impegnati a sostenere le biblioteche scolastiche, risultano assenti parole-chiave come biblioteconomia e bibliografia, discipline peraltro proprie di chi opera in biblioteca (a tutti i livelli, pubblica, privata o scolastica) e assolutamente necessarie per chi deve raccogliere, conservare e utilizzare documenti e libri. Oltre a ciò, il ruolo di supporto scientifico, di consulenza biblioteconomica è stato dalla scuola riconosciuto alla biblioteca pubblica quando nel 1995 è stato sottoscritto il «Protocollo d’intesa tra il Ministero per i beni culturali e ambientali e il Ministero della pubblica istruzione». Nello stesso anno l’Associazione Italiana Biblioteche ha persino curato le «Linee guida per le biblioteche scolastiche». Ma il mondo della scuola si muove con lentezza, nonostante sia stimolato da più parti e gli insegnanti siano sempre più interessati alla questione. Eppure risulta evidente che dove la biblioteca funziona (personale professionalizzato, sede accogliente, ampio orario, patrimonio documentario aggiornato con tempestività, attrezzatura idonea, attività di promozione del libro) i lettori aumentano velocemente.
In attesa di un organico progetto per realizzare il «Sistema bibliotecario nazionale», annunciato già nel 1979, i bibliotecari più attenti e impegnati sono riusciti e tuttora riescono a far aumentare gli stanziamenti per l’acquisto di libri, ad ampliare l’organico del personale introducendo nuove figure specializzate, a rinnovare la sede e, soprattutto, a promuovere il libro, attraverso la compilazione di bibliografie mirate (per argomenti o destinatari), percorsi di lettura rivolti ai ragazzi delle scuole dell’obbligo e la programmazione di iniziative di invito alla lettura con verifica finale dell’efficacia del lavoro svolto – tutte attività che, del resto, caratterizzano la vita delle biblioteche pubbliche e ne garantiscono l’efficienza. A supporto di quanto affermato e come esempio, si può prendere in esame l’iniziativa nella quale, ormai da dieci anni, sono impegnate le biblioteche comunali attive nel territorio milanese, coordinate dal Servizio biblioteche della Provincia di Milano. Dal 1989, con cadenza annuale, si pubblicano «Un libro è» e «Tempo lib(e)ro», rivolti rispettivamente ai bambini della scuola elementare e ai ragazzi della scuola media: sono fascicoli contenenti circa settanta titoli scelti tra le novità editoriali con l’intento di indirizzare i giovani a una lettura individuale e libera da vincoli scolastici. Nel 1995 è poi maturata la decisione di rivolgersi direttamente ai ragazzi offrendo loro la possibilità di esprimere un personale giudizio sui libri letti. È così nato nel 1998, e proseguito nel 1999, «Superelle», concorso tra i bambini dai 5 ai 10 anni che hanno utilizzato le edizioni di «Un libro è» pubblicate negli stessi anni. «Superelle», premio per il «Super-libro» e per il «Super lettore», è promozione e verifica, è momento di festa e confronto, soprattutto con la scuola che nel regolamento del concorso figura proprio come l’istituzione centrale in cui finalmente si discute di libri, di biblioteche e di biblioteconomia.