All’affermarsi di una tradizione fantasy in Italia le donne hanno contribuito in modo decisivo, tanto sul fronte della letteratura per ragazzi quanto su quello, privilegiato dal genere, degli young adults. Scrittrici come Licia Troisi, Chiara Strazzulla, Egle Rizzo hanno esordito giovani o giovanissime, declinando il genere nelle sue diverse categorie, dal fantasy epico all’urban fantasy, magari ambientato non nello scenario di metropoli tentacolari, quanto nei centri storici delle città d’arte. Ecco il contesto in cui eroine intraprendenti e coraggiose sfidano il fascino dell’ignoto e insieme compiono un’esperienza estrema di educazione sentimentale.
Le chiamano le “regine del fantasy” e formano la folta schiera di scrittrici italiane che nell’ultimo ventennio, forse sull’onda lunga della popolarità della saga di Harry Potter, hanno tentato e praticato con un successo più o meno clamoroso l’avventura della scrittura fantasy. E se oggi si comincia a parlare di un fantasy italiano e si assiste al radicarsi del genere nel nostro paese, è certo che la “quota rosa” vi gioca un ruolo significativo. Lo dimostra il vasto repertorio di titoli per tutti i gusti e per tutte le età che le signore e signorine di un fantasy tutto al femminile hanno proposto e continuano a proporre. Certo la suddivisione del pubblico per fasce d’età può essere un primo criterio di lettura del fenomeno. Nella letteratura per ragazzi scrittrici come Silvana De Mari, Elisabetta Gnone, Cecilia Randall, Moony Witcher godono da tempo di una fama consolidata. Se non manca una produzione per adulti e cultori del genere di tutte le età, è pur vero, tuttavia, che è sicuramente il pubblico degli young adult il target privilegiato del genere che, proprio nella “terra di mezzo” degli adolescenti e dei giovani adulti, recluta, infatti, i lettori più appassionati e fedeli. Anzi spesso la linea di confine tra la letteratura per l’infanzia e la produzione per giovani adulti è tanto labile che è facile cedere alla tentazione di superarla: è stato così per Miky Mancinelli o, più recentemente, per Giorgia Cozza che, dopo varie esperienze nel settore per ragazzi, ha tentato con Oltre (La Corte Editore, 2018) la sua prima prova per la fascia young adult.
E il dato anagrafico non condiziona solo il versante dei fruitori: anche le scrittrici sono spesso giovani o giovanissime o almeno lo erano all’esordio. Licia Troisi, forse la scrittrice fantasy italiana più nota, letta e tradotta, ormai considerata un “classico” degno di essere accolto nelle antologie scolastiche, ha esordito a ventun anni, Chiara Strazzulla a diciotto e niente meno che su Stile Libero, Egle Rizzo a ventun anni. Evidentemente anche la frontiera tra cultori e autori del genere è una sottile linea d’ombra che molti hanno l’ardire di valicare con varia fortuna. E le scrittrici non si tirano certo indietro. Provengono da esperienze e formazioni diverse, spesso appaiono tutt’altro che ingenue. Spiccano le scienziate: Licia Troisi è un’astrofisica, Miky Mancinelli un ingegnere elettronico. Non mancano gli esempi di formazione umanistica, come Egle Rizzo, o i casi di chi arriva da esperienze già consolidate nell’editoria: Barbara Baraldi, per citare un caso, proviene dal mondo del fumetto dove ha lavorato come sceneggiatrice di Dylan Dog.
Anche sul versante della produzione il panorama risulta quanto mai variegato. E se le scrittrici fantasy italiane scartano le soluzioni più estreme dal new weird alla bizarro fiction, declinano, comunque, il genere nei suoi sottogeneri di successo, dall’high fantasy a forme più innovative come l’urban fantasy. È proprio la declinazione ad ampio raggio del genere nelle sue molteplici sottocategorie a determinare una casistica assai varia di soluzioni narrative, così diversificata da contraddire in qualche caso anche i cliché più scontati sulla scrittura femminile: per esempio, la convinzione che all’autorialità femminile debba necessariamente corrispondere, nella costruzione del sistema dei personaggi, la scelta del protagonismo femminile. Se l’abbinamento vale in molti casi anche per la narrativa fantasy italiana, non mancano, però, eccezioni significative, anzi risalta tra le autrici fantasy del bel paese un filone di scrittura incline a ridimensionare la vocazione femminile e deciso, piuttosto, a puntare sul gusto per l’avventura fantastica tout court, sullo sfondo di lussureggianti scenari fiabeschi collocati in mondi magici paralleli. Le saghe fantasy di Fabiana Redivo, per esempio, dalla trilogia La saga di Derbeer dei mille anni alla sua continuazione a partire da Il figlio del vento (Editrice Nord, 2002) si muovono lungo l’orizzonte di un universo magico alternativo alla realtà, popolato di stirpi fantastiche e divinità in lotta contro le forze del male. Così è anche per Egle Rizzo o per Chiara Strazzulla, autrice de La strada che scende nell’ombra (Einaudi, 2009), una saga incentrata ancora una volta sullo scontro tra forze del bene e del male nell’universo magico delle Otto Terre, dove una coalizione tra elfi, nani, maghi, fate ed esseri umani è impegnata in una resistenza tenace e disperata. E un mondo sovrabbondante di trovate fiabesche, popolato da un esercito copioso di creature magiche, dove la presenza femminile è, tuttavia, assai limitata e cede quasi completamente il posto al protagonismo maschile. Anzi la soluzione originale del racconto consiste nell’affidare il ruolo di protagonisti ai “peggiori”, otto criminali, uno per ogni terra, reclutati, sulla scorta di una profezia, per liberare le terre dalle oscure presenze negative: è dalla loro prospettiva scanzonata e sorniona di stravagante “armata Brancaleone della magia” che si dipana l’intreccio avventuroso.
Va detto, tuttavia, che le eccezioni inclini a privilegiare le avventure al maschile confermano la regola, cioè l’opzione prevalente per il protagonismo femminile, affidato a una schiera di eroine audaci e intraprendenti, pronte a sfidare il mistero e l’ignoto. Va in tale direzione la produzione assai vasta di Licia Troisi, che passa con disinvoltura dal fantasy tradizionale al filone dell’urban fantasy, a cui appartengono romanzi come La ragazza drago o Pandora, nei quali la dimensione fantastica si apre un varco improvviso nello scenario dimesso e quotidiano della vita cittadina contemporanea.
I personaggi femminili della Troisi ben incarnano la fisionomia più tipica dell’eroina fantasy, giovane e magari inesperta, ma coraggiosa e intraprendente. Un’eroina che all’inizio della storia può anche trovarsi in una condizione di fragilità anagrafica – è giovanissima come la Talitha protagonista della saga I regni di Nashira (Mondadori, volume I, Il sogno di Talitha, 2011) – o di marginalità sociale – è orfana come l’eroina della Ragazza drago – La prima trilogia (Mondadori, 2014) o figlia problematica di famiglia monoparentale come la Pam protagonista della serie Pandora (Mondadori, 2014) – ma poi sa crescere e affrontare le prove mirabolanti che l’avventura fantastica le mette di fronte.
Sa crescere, appunto: per molte di queste eroine, l’avventura fantasy coincide con il processo di crescita, la scoperta della vocazione magica si coniuga con il percorso faticoso di formazione. Lungo tale tracciato le fanciulle della Troisi sono dominanti e coraggiose ma non si atteggiano a virago solitarie: anzi molti dei personaggi femminili agiscono a volte anche in compagnia di un partner, dallo schiavo fedele e affezionato Saith per Talitha al giovane Sam per la Pam di Pandora. Ai personaggi maschili in questi casi spetta, tuttavia, il compito di svolgere un ruolo vagamente subalterno, di supporto amicale e protettivo, ma anche la funzione più insidiosa di risvegliare, nelle eroine ancora adolescenti acerbe, le prime timide emozioni erotico-sentimentali. E del resto l’educazione sentimentale non potrebbe mancare come in ogni Bildungsroman che si rispetti, sia pure in inattesa versione fantasy.
Ed eccoci, dunque, a un nodo cruciale per la letteratura fantasy femminile: tra le tante possibilità sperimentate dalle scrittrici italiane acquista spessore il filone del fantasy sentimentale, tutto in “rosa” nel senso più autentico del termine, che sembra raccogliere l’eredità del genere femminile per eccellenza e proporsi come una riedizione del romanzo sentimentale di intrattenimento o incrociare la più recente tradizione del romanzo d’amore per adolescenti. Sono storie in cui la vicenda amorosa è il motore dell’intreccio fantasy e funge da vera e propria chiave d’accesso all’universo magico. In tali racconti la dimensione magica, spesso contaminata con elementi noir, irrompe nella vita delle protagoniste, di solito tranquille liceali di buona famiglia, attraverso l’incontro con una figura maschile affascinante e tenebrosa.
Così è per Scarlett, la saga di Barbara Baraldi (primo volume Scarlett, Mondadori, 2010) che, attraverso il resoconto di un anno scolastico vissuto pericolosamente, racconta la storia d’amore tra la protagonista, Scarlett appunto, e Mikael, un mezzo demone impegnato a difendere l’umanità nello scontro epico tra mondo degli umani e dei demoni. Una storia tutta brivido e sentimento, come la vicenda narrata, del resto, in Dark Heaven di Bianca Leoni Capello (primo volume La carezza dell’angelo, Sperling & Kupfer, 2012), pseudonimo di due autrici, Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa. Ancora sui banchi di scuola si verifica in questo caso l’incontro tra Virginia, ingenua liceale, e Damien, sedicente professore di letteratura, in realtà emissario di un universo demoniaco che riporta alla luce antiche vicende di amore e morte. Il conflitto polemico tra i sessi, molla tradizionale dell’intreccio rosa, si ripropone in versione fantasy nella dialettica tra fascino per l’ignoto, l’attrazione per la dimensione oscura e il timore comprensibile, l’attaccamento a una dimensione di normalità che per le giovani protagoniste si fa sempre più fragile e precaria. Eppure, nel complesso, le eroine si lasciano attrarre dal fascino oscuro e demoniaco dei loro partner e si lanciano con intraprendenza e spirito di iniziativa nell’avventura magica, alla scoperta dell’amore e spesso anche del sesso. Va detto, però, che le eroine fantasy si muovono con coraggio e audacia nella dimensione avventurosa, fronteggiano intrepide demoni e forze oscure, ma in ambito erotico appaiono alquanto castigate, tutt’altro che disinibite e disinvolte, anzi affrontano l’esperienza dell’eros con una punta di moralismo rigido. La prima volta non è mai cedimento o abbandono fiducioso, ma scelta sofferta, consapevole e ponderata. Anzi, con una logica quasi da romanzo per signorine di un tempo, la fanciulla che cede con disinvoltura all’eros viene stigmatizzata con piglio severo come “la puttanella della classe”.
Del resto le eroine impavide di queste avventure affrontano una dimensione noir che sconvolge le loro tranquille esistenze di liceali borghesi in contesti urbani variamente rappresentati.
Lo spazio ha, com’è noto, nel fantasy una particolare valenza semantica, non ha funzione accessoria, ma collabora alla creazione di mondi fittizi, alternativi alla realtà e paralleli, dotati di regole proprie, spesso raffigurati con ricchezza accurata di dettagli, persino rappresentati con mappe particolareggiate nelle prefazioni. Geografie fantastiche siffatte si disegnano anche nei racconti delle scrittrici italiane del fantasy epico, nella versione magico-fiabesca: scrittrici come Fabiana Redivo, Egle Rizzo, Chiara Strazzulla ambientano le storie in universi fiabeschi dai tratti goticheggianti, tra laghi, fiumi e foreste incantate, antiche città cinte di mura possenti, munite di torri e di castelli. Le storie del versante sentimentale sono, invece, quasi tutte riconducibili alla categoria del cosiddetto urban fantasy, ambientato in contesti cittadini e metropolitani contemporanei che, improvvisamente pervasi dall’irruzione di forze magiche e oscure, si aprono ad atmosfere inquietanti e allucinate. Allo spazio en plein air che fa da sfondo al fantasy tradizionale, scenario più che mai adatto alle avventure di personaggi sempre in movimento, in viaggio o in fuga, si sostituisce in questo caso uno spazio claustrofobico che identifica in appartamenti cittadini, cantine di edifici, laboratori universitari o biblioteche scolastiche i luoghi deputati all’impatto imprevisto e devastante di eventi conturbanti. E, tuttavia, l’urban fantasy made in Italy compie scelte peculiari proprio nell’approccio alla rappresentazione spaziale. Le nostre signore e signorine del fantasy scartano per lo più la dimensione della metropoli tentacolare e propendono per la scelta di un contesto urbano dai connotati riconoscibili; preferiscono rivestire di un’aura inquietante e surreale le nostre città d’arte, da Roma, che fa da sfondo a molti romanzi della Troisi, a Venezia, scenario in cui si dipana la storia fantastica dell’eroina della Leoni Capello, con sconfinamenti anche nella provincia, tra Cremona e Siena. I centri storici delle nostre città fanno da scenario all’apparizione di creature mostruose, al verificarsi di fenomeni metamorfici e paranormali. E vero che tra demoni in giro in vaporetto per Venezia e scontri demoniaci a due passi da piazza del Campo non manca qualche balordaggine di troppo, ma va detto anche che la scelta di un contesto urbano del tutto nostrano è un ulteriore fattore identitario del nostro fantasy all’italiana. Un fantasy di cui anche le scrittrici hanno contribuito a fondare la tradizione. E se l’autorialità femminile nel fantasy non è una prerogativa italiana – si pensi ad autrici come Marion Zimmer Bradley o in tempi più recenti Cassandra Clare – è significativo che abbia giocato un ruolo fondamentale in una tradizione giovane come la nostra, che si è costituita chiamando a raccolta le donne sul duplice fronte della scrittura e della ricezione, in un clima di sinergia positiva, come dimostra il successo clamoroso di tante giovani esordienti. Ecco perché si può dire che, grazie alle donne, nel fantasy si respiri, pur nella varietà e inevitabile diseguaglianza degli esiti, un’atmosfera di innegabile vitalità.