Moltissimi sono gli scrittori che godono oggi di un largo seguito sui social per autopromuovere le proprie pubblicazioni. Ma questo non rischia di snaturare la missione dello scrittore e la scrittura stessa, sempre più tendente a modellarsi sul pubblico e diventarne un prodotto?
In un’interessante riflessione, parte di un dossier pubblicato nella rivista francese «La Revue Littéraire» nel 2017, Andrea Inglese chiamava lo status attuale di chi ha a che fare con le arti, la letteratura e in senso più ampio la cultura, l’«era dell’autopromozione permanente», in netta contraddizione con le tradizionali nozioni di «rivoluzione permanente», e successivamente di «formazione permanente» (dal Libro bianco dell’istruzione di Edith Cresson, 1996). Se per Inglese alla fase della “crescita intellettuale”, dello studio e apprendimento, è seguita la necessaria quanto sovrastimata nozione di autopromozione permanente, i rischi collaterali sono dietro l’angolo: quanto spazio resta alla creazione letteraria per uno scrittore se dovrà dedicarsi con spirito professionistico anche alla promozione di ciò che scrive? Non si finisce per correre il rischio di scrivere qualcosa pur di nutrire la macchina dell’autopromozione?
Se la macchina editoriale si ramifica, le strategie pubblicitarie si affinano, il peso dei premi letterari diviene più massiccio, può accadere che la scrittura diventi spesso prodotto preso dalle logiche del mercato e delle recensioni, i rischi di travisarne la sostanza aumentino, e negli ultimi anni diventino oggetto dell’editoria commerciale quei personaggi “nati” sui social network. Nascono – a partire dalle innovazioni in ambito comunicativo – nuovi modi di scrivere e raccontare.
In questo senso i social media hanno trasformato le argomentazioni in chiose a effetto: Twitter ha ridotto sensibilmente le sfumature di significato; Facebook ha semplificato le argomentazioni. Che i social media stiano influenzando la letteratura è evidente dal numero crescente di opere che sembrano voler riprodurre da un lato la struttura frammentata di una società sempre più caotica e precaria, dall’altro la lingua di un’epoca in continua trasformazione, caratterizzata da un continuo multitasking, in cui l’incontro “fisico” con il libro diventa sempre più difficile.
Di questa smaterializzazione – che sposta nell’universo del web la promozione della nuova produzione editoriale – gli scrittori “nativi digitali” sanno certamente approfittare meglio di altri. Negli ultimi anni infatti le risorse messe a disposizione dalla Rete per aiutare gli autori a promuovere le proprie opere sono molteplici: sono aumentate le piattaforme online che permettono di autopubblicare un libro, l’infomarketing e la tecnica dei “funnel” consentono oggi di scalare le classifiche di Amazon e diventare autori di bestseller individuando il proprio target, gli editori tradizionali – in difficoltà con le vendite in libreria – cercano sempre più spesso scrittori che sappiano autopromuoversi su web e social network, o abbiano già una propria comunità di lettori. Infine, è nata la figura dell’agente letterario digitai, per cui è oggi possibile diventare uno scrittore di successo utilizzando le tecniche dell’infomarketing.
Condivisione, coinvolgimento, trasparenza – fondamentali negli ambienti digitali – diventano princìpi necessari all’artista per far circolare nuove idee tra i suoi colleghi, creare una comunità di persone con interessi simili e, non ultimo, ricevere feedback sul proprio lavoro o poterlo vendere.
Non più considerati mezzi di distrazione, deleteri per la creatività e la produttività, i social media diventano anche luoghi d’ispirazione. E tanti sono, del resto, gli artisti di vari ambiti che negli anni hanno fatto proprio di trend, argomenti di discussione, fenomeni nati su queste piattaforme e oggetto della propria personalissima rielaborazione artistica.
Tra gli scrittori, basti pensare ad After, la fortunata serie di Anna Todd nata su Wattpad come fanfiction e arrivata in catalogo Sperling & Kupfer nell’estate 2015, proprio grazie alla pressione dei tanti lettori appassionati. Wattpad è la community online dedicata agli autori di tutte le età, una piattaforma che somiglia molto a un social network per scrittori e lettori, dove questi ultimi possono commentare ogni pubblicazione, dando consigli, scrivendo recensioni, spesso ascoltati e inseriti nei capitoli successivi dagli stessi autori. Altri esempi in tal senso sono forniti da Cristina Chiperi e Sabrina Efionay, giovani autrici di bestseller, rispettivamente di My dilemma is you (Leggereditore) e Over (Rizzoli), notate dagli editori dopo che migliaia, se non milioni di lettori le avevano amate proprio su Wattpad In modalità simile, ma su un social network differente, è famoso il caso di Pedro Chagas Freitas, che in Portogallo ha costruito la base iniziale del proprio seguito chiedendo l’amicizia su Facebook a più persone possibili: il suo è stato un lavoro lungo e paziente, durato anni. A quella fanbase ha proposto le sue considerazioni sull’amore e sulla vita. Poi, messosi in evidenza nell’universo digitale grazie a frasi tanto semplici quanto ampiamente condivisibili, è passato all’editoria, prima in Portogallo, quindi in Italia scoperto da Garzanti e divenuto subito caso editoriale con Prometto di sbagliare (Garzanti, 2016).
Queste dinamiche hanno condotto molti uomini di cultura e qualche scrittore a interrogarsi su quanto e come un autore, un intellettuale, un artista, debba essere coinvolto nella realtà che lo circonda, esercitando o meno la sua cosiddetta “funzione sociale”.
Ad avere le idee chiare è lo scrittore statunitense Jonathan Franzen, nettamente contrario ai social, all’autopromozione, al commento e alla spiegazione della sua opera, ma anche alla partecipazione in forme varie ai gruppi di lettura, all’interazione digitale, all’idolatria del like, alla propria trasformazione in prodotto. Nel corso di un incontro con la giornalista americana Taffy Brodesser-Akner, pubblicato da «la Repubblica» il 22 luglio 2018, disse: «Siamo arrivati al punto che la cosa più importante è aggiudicarsi un like. Mi sembra molto preoccupante. Vivere nel terrore di perdere fette di mercato come persona significa essere nella forma mentis sbagliata per procedere nelle nostre vite. Ovvero, se lo scopo è quello di ricevere like e retweet, forse ci si modella nella persona che si ritiene riceverà quei segni di riconoscimento, senza considerare se quella persona somiglia al proprio io. Compito dello scrittore è fare affermazioni scomode e senza sconti. Perché uno scrittore dovrebbe modellarsi e diventare un prodotto?».
Lo scrittore più famoso sui social ha invece quarant’anni e si chiama John Green. Con sette romanzi pubblicati e cinquanta milioni di copie vendute, di cui almeno uno in Italia, è il re indiscusso della narrativa Young Adult, quella appunto rivolta ai teenager. Green ha cinque milioni di followers su Twitter, tre su Facebook e YouTube. I suoi video della serie Crash Course, brevi introduzioni alle materie scolastiche, sono usatissimi dagli insegnanti americani. Organizza convention sul videoblogging e sul podcasting, anima raccolte fondi per cause benefiche, ispira una comunità di fan e attivisti che si fanno chiamare nerd fighters (“combattenti secchioni”). Nel 2013, ha dialogato con Barack Obama in videochat. L’anno successivo «Time» l’ha inserito nella lista delle cento persone più influenti del mondo.
J.K. Rowling invece, per la gioia di quattro milioni di follower, interviene di continuo su Twitter, spesso a nome di Harry Potter. Insomma, a follower, retweet e like la maggior parte degli scrittori non resiste. Anzi, obbligati dal marketing o spinti dai lettori, in prima persona o attraverso le case editrici, hanno cominciato a considerare Twitter, Tumblr, Facebook, Instagram, e persino Pinterest, piazze da frequentare. James Patterson, il più pagato al mondo secondo Forbes, con quattro milioni di amici su Facebook, interviene più di una volta al dì, postando di tutto: opinioni, l’ultima libreria in cui è entrato, i romanzi letti. Entusiasti sono anche Stephen King, con oltre cinque milioni di fan su Facebook e più di un milione di follower su Instagram, Salman Rushdie, che conta più di centomila fan e Camilla Làckberg, con 103.800 fan su Facebook e 219mila follower su Instagram.
Roberto Saviano è in dialogo con 2.600.000 persone su Facebook e quasi 800mila su Twitter. E se il bulimico Irvine Welsh (ha sfornato 77mila tweet) ha fatto di Twitter il suo terreno di battaglia per la Scozia, Jeff Kinney, l’autore del Diario di una schiappa, è tra i più snob: ha 46mila follower, mentre ne segue solo un centinaio. Secondo il magazine «Flavorwire», nella classifica degli autori che, coltivando la presenza online, hanno aumentato popolarità e vendite, ci sono anche: Emma Straub, Neil Gaiman, Colson Whitehead, Emily Gould, Elif Batuman, Jami Attenberg.
E in Italia, oltre a Saviano? Francesco Sole, creativo e youtuber, ha già all’attivo diversi libri con Mondadori. Il penultimo s’intitolava Ti voglio bene #poesie, e nasceva da un inedito format di comunicazione proposto su Facebook: poesie, per l’appunto, recitate da Sole con un montaggio riuscito, un contorno di musica d’atmosfera e immagini toccanti. Se i suoi post sfioravano i 200 milioni di visualizzazioni complessivi suscitando, in media, circa 18mila commenti l’uno, nella raccolta cartacea i componimenti tornavano in forma scritta accanto ad alcuni inediti: una riprova di come il digitale sappia confluire in un mezzo tradizionale.
Percorso opposto, invece, è stato quello generato dall’antologia Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere, 2017) del poeta Franco Arminio. Ristampata più volte in tre mesi, ha superato le dodicimila copie grazie anche a un concorso su Instagram, che invitava chiunque volesse aderire a raccontare, tramite una foto, una sua personale interpretazione della bellezza della natura. In venti giorni sono stati pubblicati quasi cinquemila scatti accompagnati dall’hashtag #CediLaStradaAgliAlberi: tramonti, paesaggi, dettagli e angoli di vita quotidiana. Le migliori immagini sono state condivise e commentate dall’autore, amplificando così la notorietà della raccolta, e invogliando verosimilmente i follower dei partecipanti a diventare a loro volta lettori. I social non sono soltanto nuovi luoghi per la letteratura: rappresentano, come abbiamo visto, opportunità aggiuntive per la sua diffusione.
Per Maddalena Candeliere, web content editor e social media manager presso Hoepli Editore e libreria, sono ormai moltissime le figure di autori con un largo seguito sui social. «Tra i tanti, provo a citare due casi molto diversi tra loro: l’insegnante Alessandro D’Avenia con più di 270mila fan su Facebook e 91.700 follower su Instagram, e il fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, con 278mila fan su Facebook e 64.800 follower su Instagram. Si tratta di due profili completamente diversi, ma entrambi seguitissimi: il primo, con un’impronta più riflessiva, il secondo con uno stile satirico trasmesso attraverso le sue vignette. C’è poi Luca Bianchini con 54.100 fan su Facebook e 43.900 follower su Instagram. Un caso particolare può essere però quello di Fabio Bonetti, per tutti Fabio Volo, che non è nato come autore ma lo è diventato anche grazie alla sua fama e al suo successo come conduttore radiofonico, televisivo e come attore. Ha un profilo Facebook con ben 1.240.000 fan e 706mila follower su Instagram, in cui alterna post divertenti e momenti più seri. Quello che forse accumuna la maggior parte dei profili però è la prevalenza di post riguardanti la propria vita quotidiana rispetto a quelli sulle proprie pubblicazioni. E forse proprio questo che la gente cerca? Credo di sì, perché il coinvolgimento e il consenso del pubblico sono altissimi quando l’autore cerca di appassionare i propri lettori con curiosità e domande, non necessariamente legate al libro.»
Vien da chiedersi, visti questi numeri, quanto sia ancora efficace la promozione che un editore può fare di un autore sui social, rispetto all’attività dello scrittore stesso. Per Maddalena Candeliere «l’autopromozione dell’autore in Rete può essere spesso anche molto più incisiva di quella gestita dalla casa editrice, ma le due realtà devono coesistere. L’autopromozione dello scrittore funziona proprio perché quello che gli utenti cercano sui social è sbirciare nella vita dei propri idoli. Il mero profilo commerciale dell’editore, che vuole solo vendere al pubblico può quindi non funzionare. L’utente acquista in modo più spontaneo se riesce a rispecchiarsi nel personaggio che ama, ma è importante che l’autore sia affiancato e seguito dalla casa editrice per cui lavora!».
Mondadori, Einaudi, Rizzoli, Hoepli, Feltrinelli, Giunti, Sellerio, minimum fax sono gli editori che raccolgono più consensi sul web. Mondadori sulla pagina ufficiale Facebook conta quasi 400mila iscritti e numerosissime interazioni. Il profilo Twitter di @LaFeltrinelli ha 11.200 tweet e 770mila follower. Facebook, Twitter e Instagram vengono per lo più utilizzati per condividere immagini di backstage, booktrailer, anticipazioni, curiosità da parte degli autori, #savethedate e articoli, per coinvolgere cioè il pubblico dei lettori, tradizionalmente tra i più restii alla comunicazione digitale.
Secondo lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, autore del recente L’insostenibile bisogno di ammirazione (Laterza, 2018), «non v’è dubbio infatti che l’uomo che vive nello scenario sociale postmoderno si trova alle prese con un’alluvione di immagini, suoni, voci che rappresentano una novità importante rispetto al silenzio comunicativo di un tempo in cui le moderne tecnologie non avevano ancora messo a disposizione del bisogno espressivo e comunicativo strumenti di diffusione aventi un’eccezionale capacità di allargare a una platea di fruitori sconfinata il prodotto del processo creativo o i contenuti che urgono nel bisogno comunicativo individuale e di gruppo».
Quanto questa urgenza espressiva sia gradita – più che necessaria – agli autori, crediamo sia ben espresso da Giuseppe Culicchia, nel libro E così vorresti fare lo scrittore (Laterza, 2013): «Francesco Piccolo una volta mi ha detto di aver capito che la vita di uno scrittore è fatta di anni buoni e anni meno buoni. Gli anni buoni sono quelli in cui lo scrittore scrive. Gli anni meno buoni sono quelli in cui lo scrittore deve occuparsi della promozione di ciò che ha scritto».