Dopo cinque anni in perdita il mercato del libro torna, timidamente, a crescere. E a dispetto di ogni fosca previsione, oggi sembra che l’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori abbia contribuito a vivacizzare il panorama. Intanto nasce una nuova fiera del libro, a Milano, mentre il Salone di Torino si prepara a festeggiare il suo trentesimo anniversario all’insegna del cambiamento.
Il mercato torna positivo
Alla fiera Più libri più liberi di Roma (dicembre 2015) la ripresa iniziava, in lontananza, a intravedersi. Al Salone del Libro di Torino (maggio 2016) sembrava ormai vicina. Alla Buchmesse di Francoforte (ottobre 2016) è data per certa: dopo cinque anni consecutivi in perdita, il mercato del libro italiano torna, con grande timidezza, a crescere, e il settore «si lascia alle spalle il più lungo periodo di flessione di vendite e lettori […] dal dopoguerra in poi» (sono parole dell’ufficio studi Aie, Associazione Italiana Editori). Se guardiamo la foto panoramica la crescita è lenta: nel 2015 il fatturato del mercato del libro nuovo segna +0,2%; il mercato complessivo +0,5% e i canali trade (quelli rivolti al lettore) segnano +0,7%. Ma se scendiamo nei dettagli, possiamo apprezzare i risultati più incoraggianti dell’editoria per ragazzi (+16,9% i titoli prodotti e +7,9% la quota di mercato), del graphic novel (+69,7 % i titoli), degli e-book (+21 % i titoli), dell’export di diritti (+11,7%). Non siamo al livello della Gran Bretagna che segna un incremento del 6,6%, ma siamo in linea con il resto dei paesi dell’Unione Europea: il mercato del libro cresce in Spagna (+1,9%) e in Francia (+1,7%), mentre rimane con il segno negativo in Germania (-1,7%).
I lettori sono aumentati dell’ 1,2% (283.000 persone in più che leggono), a significare che nel 2015 il 42 % degli italiani ha letto almeno un libro (nel 2010 però leggeva il 46,8% degli italiani), ma anche che il 58% non ne ha letto nemmeno uno. I lettori deboli (tre libri all’anno) sono +2,4% e quelli forti, che leggono dodici libri all’anno, sono +1,4%. Il 38,6% dei dirigenti, imprenditori e liberi professionisti e il 25% dei laureati dichiara ancora (lo “scandalo” scoppiò l’anno scorso) di non aver letto alcun libro nel corso dell’anno. Del resto, dall’ultima indagine Istat sui consumi culturali, emerge che un italiano su 5 non ha svolto nessuna attività culturale (non ha letto un libro, ma nemmeno è andato al cinema, né a teatro, né a una mostra) negli ultimi 12 mesi. E interessante notare i diversi criteri di campionamento degli altri paesi: in Francia, per esempio, chi legge da 10 a 24 libri all’anno è considerato “lettore medio”, mentre i “forts lecteurs” sono quelli che leggono più di due libri al mese. In Gran Bretagna gli “heaviest readers” leggono almeno 30 libri all’anno. In Germania i “Vielleser” leggono più di 20 libri all’anno.
Quindi nel nostro paese si continua a leggere poco. Che sia colpa dell’aumento del prezzo di copertina dei libri di carta (+6%)? Non credo. Anche perché i prezzi degli e-book, invece, sono calati (-1,6%) ma pare che i lettori di e-book siano, nel nostro paese, solo l’8,2% dei lettori di libri e tra l’altro l’anno scorso, per la prima volta, sono diminuiti del 5,6% (277.000 persone in meno leggono e-book). Secondo le indagini dell’Aie, la verità è che chi legge ha imparato in questi anni a costruire un suo «personalissimo mix di formati: se il 61% degli italiani dichiara di leggere solo libri di carta e un 2% solo e-book, in mezzo troviamo un 37% di persone che si riserva (e vuole) avere possibilità di scegliere come comprare (in libreria o in mobilità) e su quale formato leggere (carta o schermo)».
Comunque, mentre i titoli pubblicati su carta aumentano dell’1,5% e nel 2015 il numero di titoli in commercio, secondo i dati forniti da Gfk, ha superato per la prima volta il milione; e nonostante pubblicare anche il formato digitale di un libro, soprattutto delle novità, per la maggior parte degli editori sia ormai una prassi consolidata; a fine 2015 il mercato e-book copriva ancora una quota esigua, pari solo al 4,2% dei canali trade in Italia, e anche questo è un dato che è interessante confrontare con quelli degli altri paesi: Gran Bretagna 30%, Stati Uniti 20%, Canada 17,4%, Francia 6,4%, Paesi Bassi 5,7%, Germania 4,5% (fonte: Ufficio Studi Aie su dati delle associazioni di categoria dei vari paesi).
Dove si comprano i libri di carta? Ancora e soprattutto in libreria, che rappresenta il 72% delle vendite di libri nuovi, con la rivincita delle librerie indipendenti che tornano ai valori del 2013 (31%) e, d’altra parte, la buona avanzata dell’e-commerce di libri fisici che raggiunge ormai la stessa quota di mercato della grande distribuzione organizzata (13,9%).
Da notare come cresca, per il terzo anno consecutivo, la vendita di diritti all’estero. Nel 2015 le case editrici italiane hanno venduto all’estero complessivamente 5.914 diritti di edizione. Sempre meno dei libri comprati (10.685 titoli), ma in termini percentuali le vendite sono cresciute dell’ 11,7 % (+16,3 % di crescita media annua dal 2001 a oggi), gli acquisti del 2%. Quasi un titolo su dieci pubblicato oggi in Italia ha un mercato straniero. Questo vuol dire sia che le case editrici italiane mostrano più competenze nell’affrontare i mercati stranieri sia che gli scrittori italiani hanno imparato a lavorare meglio sui generi. La narrativa rappresenta oltre un terzo della vendita di diritti all’estero (36,2%), seguita dalla letteratura per l’infanzia (36,1%), mentre la saggistica e gli illustrati hanno perso terreno. Vendiamo soprattutto agli spagnoli, ai francesi, agli inglesi (l’Europa ha acquistato circa il 51% dei nostri diritti di edizione); ma si stanno aprendo anche nuovi mercati (oltre il 19% dei titoli venduti vanno in Centro e Sud America; l’Asia assorbe il 14,3 % del mercato, soprattutto grazie alla Cina; il 5,2% l’area del Pacifico; il Medio Oriente è un mercato valutato intorno al 3,7 %. Solo il 6,5 % dei titoli va in Nord America).
Il mercato è vivace anche grazie alle performance dei piccoli editori (marchi editoriali indipendenti con un venduto a valore di copertina inferiore a 13 milioni), che chiudono il 2015 con un doppio segno più, sia per numero di copie vendute (+1,7%) sia per fatturato, +2% (dati Nielsen per Aie). Per i piccoli editori cresce in particolare la fiction italiana (+14,7% a copie e +23,5 % a fatturato) e il settore bambini e ragazzi (+8,9% a copie e +11,1% a fatturato), oltre a essere protagonisti di almeno due fenomeni dirompenti: quello del graphic novel e quello – esploso quest’anno – dei libri da colorare per adulti.
Due saloni meglio di uno?
La vicenda è cominciata a febbraio 2016, quando il presidente dell’Aie, Federico Motta, si è dimesso dal consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, l’ente che amministrava il Salone del Libro di Torino. A luglio quattro persone sono state arrestate in relazione alla gara per la gestione del Salone e si è cominciato a parlare dell’eventuale spostamento dell’evento a Milano. Alcuni giorni dopo l’amministratore delegato di Fiera Milano, Corrado Peraboni, ha presentato un progetto per organizzare una nuova fiera a Milano in collaborazione con l’Aie che il 27 luglio ha votato per valutare la proposta: 17 case editrici a favore (per esempio Mondadori-Rizzoli e GeMS), 8 astenute (per esempio Einaudi), 7 contrarie (per esempio Feltrinelli). Da notare che la spaccatura all’interno dell’Associazione ha portato alle dimissioni di undici editori, tutti indipendenti: Add, e/o, Iperborea, LiberAria, Lindau, minimum fax, nottetempo, Nutrimenti, O Barra O, Sur, 66thand2nd, che hanno motivato l’uscita dall’Aie scrivendo una lettera in cui dichiarano di non riconoscersi «né in questa scelta dell’Associazione né tantomeno nella modalità di determinarla». Più tardi (ottobre 2016) Stefano Mauri – presidente e ad di GeMS – commenterà: «Gli editori sono persone intellettualmente vivaci e dovete alla loro diversità il pluralismo di cui si può ancora godere in libreria. Se fossero stati tutti d’accordo mi sarei preoccupato».
A settembre il ministro Dario Franceschini ha incontrato i rappresentanti dell’Aie per cercare di unificare le due fiere del libro, con l’idea di organizzare un salone unico, che unisse le due città come accade per esempio per il festival musicale MiTo (unica biglietteria, unica campagna promozionale, divisione degli eventi tra i due capoluoghi). Ma l’accordo non è stato trovato e così ci saranno due eventi separati, che inizialmente sembrava si sarebbero svolti entrambi a maggio, mentre ora, scesi gli organizzatori a più miti consigli, sono programmati l’uno a Milano, dal 19 al 23 aprile, e l’altro a Torino, dal 18 al 22 maggio.
La prima edizione della nuova fiera dell’editoria italiana, ospitata nei padiglioni di Fiera Rho Milano, si chiama Tempo di Libri ed è organizzata dalla Fabbrica del Libro, una nuova società costituita da Fiera Milano e da Ediser, società di servizi dell’Associazione Italiana Editori, presieduta da Renata Gorgani, direttore editoriale del Castoro, e con amministratore delegato Solly Cohen di Fiera Milano.
La manifestazione promette di far incontrare editori, autori, bibliotecari, librai, studenti e lettori in 35mila metri quadrati di spazi moderni e attrezzati, e si dichiara «fiera plurale, perché fondata sulla diversità»: ospiterà – negli intenti – editori grandi e piccoli, generalisti e specializzati, gli uni accanto agli altri. Mentre un rapporto speciale sarà sviluppato con il territorio: le librerie e le biblioteche di Milano e della Lombardia saranno coinvolte in una serie d’iniziative che confluiranno il 23 aprile nella Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore. La fiera sarà inoltre accompagnata da un programma di appuntamenti serali per la cui realizzazione si chiederà la collaborazione a BookCity. Saranno avviate anche sinergie con gli atenei milanesi e lombardi, e nel Programma 0-18, che vedrà protagonisti i bambini e i ragazzi, Tempo di Libri coinvolgerà direttamente le scuole. Alla data in cui scriviamo (novembre 2016) non è ancora possibile consultare l’elenco degli espositori. Sappiamo però che Tempo di Libri ha nominato Chiara Valerio responsabile del programma generale, Pierdomenico Baccalario del programma 0-18 e Giovanni Peresson del programma professionale.
Federico Motta è soddisfatto e dichiara che «da oggi siamo allineati con la maggior parte delle esperienze internazionali in cui sono gli editori stessi a realizzare le loro fiere nazionali del libro». E infatti dalla 68esima edizione della Buchmesse di Francoforte (dove gli italiani hanno raddoppiato la loro presenza rispetto allo scorso anno: 250 editori su 500 metri quadrati di spazio), il direttore Juergen Boos non si preoccupa affatto: «Anche in Germania abbiamo due fiere, quella di Francoforte e quella di Lipsia e funzionano bene tutte e due». Ma nel nostro caso – forse – la cosa migliore sarebbe stata fare la fiera un anno a Milano e l’altro a Torino.
Intanto il Salone di Torino firma un protocollo d’intesa per sviluppare progetti comuni con la Bologna Children’s Book Fair, e attinge al bacino romano (da cui proviene anche Chiara Valerio) nominando Nicola Lagioia nuovo direttore editoriale. I due si trovano ad affrontare una sfida doppia: in un caso varare, nell’altro rinnovare, una fiera; e in entrambi i casi fare “da ponte” tra editori divisi. Chiara Valerio ha dichiarato di voler ricucire lo strappo tra l’Aie e i piccoli e medi editori di Roma, critici su Milano e preoccupati per le difficoltà in cui già versa la fiera romana Più libri più liberi. Nicola Lagioia ha dichiarato di voler uscire dalle vecchie logiche e coinvolgere anche chi non dovesse avere lo stand a Torino:
«Se non c’è lo stand Einaudi, ci saranno i libri, gli autori e i lettori Einaudi».
Per Torino questo è anche il trentesimo anniversario e Mario Montalcini, presidente della Fondazione, si prepara a passare le consegne al presidente in pectore (il nuovo Statuto della Fondazione deve ancora essere approvato) Massimo Bray. In conferenza stampa, Lagioia parla di un Salone in cui «l’immigrazione e i suoi drammi saranno protagonisti» e annuncia che i linguaggi si mescoleranno: musica, religione, letteratura per ragazzi, editoria digitale, traduzione letteraria, fumetti e graphic novel, cucina e scienza. Per farlo, ha costruito una squadra di consulenti che comprende Giuseppe Culicchia, Fabio Geda e Andrea Bajani (tre scrittori torinesi), Vincenzo Trione (curatore del Padiglione Italia alla 56esima Biennale di Venezia), Giorgio Gianotto e Alessandro Grazioli (entrambi minimum fax), Loredana Lipperini, Rebecca Servadio, Ilide Carmignani, Valeria Parrella, Giulia Blasi, Mattia Carratello, Alessandro Leogrande, Eros Miari.
E Torino sfida Milano annunciando prezzi a 60 euro al metro quadro, quando la Fiera di Rho ha indicato cifre che oscillano tra i 90 e i 120 euro (sulle quali però l’Aie sta trattando). Sta di fatto che il panorama milanese – per la gioia dei lettori – è sempre più affollato: Bookpride, fiera nazionale dell’editoria indipendente, si prepara alla terza edizione (24-26 marzo 2017) dopo il grande successo delle due precedenti; Tempo di Libri debutta ad aprile; BookCity torna puntuale come ogni anno a novembre. Mentre di Bellissima, fiera dell’editoria indipendente nata da una costola – evidentemente sfortunata – di Bookpride, non si parla già più.
Tra vecchi e nuovi editori
Meglio riassumere tutto quello che è successo nel corso del processo di acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori Libri, che oggi comprende Edizioni Piemme, Giulio Einaudi Editore, Mondadori, Mondadori Education, Mondadori Electa, Rizzoli Libri, Sperling & Kupfer Editori.
In ordine cronologico: Rosellina Archinto ha rilevato Archinto (luglio 2015); Roberto Calasso ha rilevato Adelphi (ottobre 2015) ; Elisabetta Sgarbi ha lasciato Bompiani e fondato La nave di Teseo (novembre 2015); la famiglia De Michelis ha rilevato Marsilio (luglio 2016) e infine Giunti ha acquistato Bompiani (settembre 2016) sbaragliando diversi concorrenti: Feltrinelli, il Saggiatore e soprattutto il Gruppo GeMS, guidato da Stefano Mauri che di Valentino Bompiani è il nipote.
Per l’acquisizione di Bompiani, Giunti ha investito 16,5 milioni di euro e ora fa sapere che la storica casa editrice è destinata a rimanere a Milano e a mantenere la sua identità, cominciando dal ruolo di direttore editoriale che rimane affidato a Beatrice Masini. Sul piano dei fatturati, se si considera anche la scolastica, l’antico marchio fiorentino Giunti si colloca al secondo posto nel mercato dei libri, subito dopo Mondadori, e un altro suo punto di forza sono le 190 librerie (che per numero superano le Feltrinelli) distribuite su tutto il territorio nazionale, oltre al fatto che la Giunti Industrie Grafiche si occupa della stampa per tutto il gruppo editoriale che, in questi anni, ha acquisito anche Dami e Editoriale Scienza. Da qualche tempo è chiaro che Giunti sta puntando molto sulla narrativa, come già aveva dimostrato con la nomina a direttore letterario di Antonio Franchini il quale, dopo trent’anni in Mondadori, era approdato in Giunti portando con sé anche Giulia Ichino.
La Marsilio invece, per 8,9 milioni di euro, torna a casa, torna a Venezia e alla famiglia De Michelis, e può ufficialmente proseguire il cammino iniziato 55 anni fa. Ora Cesare De Michelis (di cui è appena uscito il libro di memorie Editori vicini e lontani, Italosvevo 2016) è affiancato nella direzione della casa dal figlio Luca.
A dispetto di ogni (fosca) previsione, oggi possiamo dire che l’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori – portata a termine, lo ricordiamo, con la mediazione dell’Agcm (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) – ha vivacizzato il mercato, per i passaggi di cui abbiamo detto, ma anche per la nascita di nuove case editrici. Oltre alla già citata Nave di Teseo (il cui primo titolo – Pape Satàn Aleppe, uscito nel 2016 a ridosso dell’improvvisa scomparsa del suo autore, Umberto Eco – ha venduto 75mila copie in un giorno), e oltre a Adelphi e Marsilio che si sono rese indipendenti, HarperCollins ha rilevato il 100% della joint venture con Mondadori, e sono nate DeA Planeta Libri (joint venture tra De Agostini Editore e il Gruppo Pianeta), la milanese Sem e le romane Atlantide e Racconti Edizioni, quest’ultima fondata da Stefano Friani ed Emanuele Giammarco e dedicata alla pubblicazione esclusivamente di racconti. Mentre andrà almeno citata anche la piccola Giometti & Antonello con sede a Macerata (di Gino Giometti, ex direttore di Quodlibet, e Danni Antonello, proprietario della libreria antiquaria Scaramouche) se non altro perché il suo esordio, a fine 2015, ha portato alla pubblicazione delle memorie, da noi ancora inedite, dell’editore tedesco Kurt Wolff (l’editore di Kafka, Walser, Trakl, Kraus).
Ma torniamo alla Sem, Società editoriale milanese che, con una produzione annunciata di circa venti titoli all’anno, nasce dall’iniziativa di Riccardo Cavallero, che fino a gennaio 2015 era il direttore generale della Mondadori Libri Trade e che ora si è messo in proprio accompagnato da altre due colonne del gruppo di Segrate: Antonio Riccardi, ex direttore letterario Mondadori, e Valerio Giuntini, che nel gruppo era direttore commerciale. Cavallero dichiara che non farà collane, «ogni libro è un unicum. Un lavoro fatto di recuperi e poi esordi, scoperte. Varia italiana e straniera, con una grande attenzione al giallo e a testi più sofisticati», e i primi due titoli in arrivo sono un inedito di Federico Fellini e un thriller italiano.
Atlantide invece, con sede a Roma, nasce da una nuova idea di Simone Caltabellotta (ex direttore editoriale Fazi, a lui si deve la scoperta e la pubblicazione di Melissa P, J.T. Leroy e Stephenie Meyer) e pubblica dieci titoli l’anno a tiratura numerata (999 copie) con l’ulteriore particolarità di essere in vendita solo per abbonamento e distribuzione diretta nelle librerie indipendenti. Atlantide esordisce con tre recuperi di libri importanti: Filosofi antichi di Adriano Tilgher, Ritratto di Jennie di Robert Nathan e Tomaso di Vittorio Accornero. Ricordiamo che, come Caltabellotta, precedentemente anche Marco Cassini (ex minimum fax) per la sua casa Sur (dedicata alla letteratura sudamericana) aveva scelto di gestire da solo la distribuzione e la promozione nei confronti dei librai indipendenti.
In questo panorama – verrebbe da dire finalmente vivace – si muovono anche le “poltrone”: da gennaio 2017 Alberto Rollo, per ventidue anni direttore letterario di Feltrinelli, passerà a dirigere la casa editrice Baldini & Castoldi, mentre il posto di responsabile della narrativa italiana in Feltrinelli sarà preso da Laura Cerutti (ex Mondadori); Ottavio Di Brizzi, responsabile della saggistica in Rizzoli Libri dal 2012, si è dimesso dopo ventidue anni nel gruppo Rcs ed è andato ad assumere lo stesso ruolo presso Marsilio a Venezia; mentre Ginevra Bompiani ha lasciato la guida di nottetempo, casa editrice che aveva fondato nel 2002, al figlio di Roberta Einaudi, Andrea Gessner – anch’egli, con la madre, tra i fondatori – che da gennaio 2017 sposterà a Milano la sede della casa editrice. Emilia Lodigiani invece aveva già lasciato da qualche tempo la gestione della casa editrice Iperborea, fondata nel 1987, al figlio Pietro Biancardi che quest’anno ha impostato con lo studio xxy un primo, leggero e molto gradevole restyling grafico dei libri – che però non cambiano l’ormai “mitico” formato 10×20 – e che sta portando la casa, diretta da Cristina Gerosa, a ottimi risultati di vendite e di fatturato, in aumento del 20% rispetto al 2014.
Più aggressivo invece il “cambio d’immagine” degli «Oscar Mondadori», firmato dallo studio Leftloft e caratterizzato dalle nuove copertine a colori vivaci e prive dell’angolo in alto a destra, con le prime due pagine del libro che si propongono come una continuazione dell’immagine che c’è in copertina. Luigi Belmonte, che è a capo dei tascabili Mondadori da poco più di un anno, fa sapere di aver commissionato le nuove copertine con l’obiettivo di rilanciare i classici e che finora, dei più di 4.500 titoli nel catalogo, ne sono stati pubblicati 250 con la nuova copertina.
Tra gli altri risultati “notevoli” di quest’anno, non possiamo trascurare quello di Sellerio, che chiuderà il 2016 con una crescita superiore al 30%; e quello di Edizioni e/o, che ha chiuso il 2015 con un fatturato di venti milioni di euro (più del doppio degli anni scorsi), di cui circa dodici milioni ricavati in Italia grazie a libri italiani, mentre ben otto si devono alle vendite in Gran Bretagna e Stati Uniti dei libri pubblicati da Europa Editions, la casa editrice con sede a New York creata da e/o nel 2015. Per questo risultato è stato, ovviamente, decisivo, in Italia e all’estero, il successo dei libri di Elena Ferrante, il caso letterario (e ormai anche il caso investigativo) dell’anno.
Molto bene anche Adelphi, in particolare grazie al successo delle Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli – uscito nell’ottobre 2014, diciannove ristampe in quattordici mesi, ha venduto più di 300mila copie in Italia e sarà tradotto in quarantuno paesi – che Giacomo Papi ha definito «uno di quei titoli che dimostrano la teoria secondo cui fare l’editore e scrivere libri sono attività prossime al gioco d’azzardo […], perché le ragioni di un bestseller inaspettato si possono indovinare, ma solo a posteriori».
Nel 2016 si sono festeggiati i settant’anni della casa editrice Neri Pozza – che per l’occasione ha chiesto a sette artisti della scena internazionale di realizzare le copertine, per un’edizione speciale di altrettanti bestseller, poi esposte in una mostra itinerante – e i venti anni della collana «Stile Libero» Einaudi, diretta allora come oggi da Paolo Repetti e Severino Cesari. Forte di mille titoli pubblicati e diciassette milioni di copie vendute, la collana decollata con la “gioventù cannibale” e oggi dominata soprattutto dal noir, “sforna” ormai più di sessanta titoli all’anno e da sola fattura più del 25% della casa editrice.
Amazon e le librerie
Dieci anni fa le librerie indipendenti entrarono in crisi un po’ in tutto il mondo, principalmente a causa della diffusione delle grandi catene, e poi di Amazon. Molti le consideravano – come il libro cartaceo – una realtà destinata a scomparire. Smentiti i profeti della morte del libro (negli Stati Uniti, la vendita di libri cartacei è in crescita, mentre il mercato digitale è calante: l’Association of American Publishers parla di una diminuzione di circa il 10% nelle vendite di e-book nel 2015), sono stati smentiti anche quelli della morte delle librerie indipendenti che, da un paio d’anni ormai, sono in ripresa, anche grazie a nuovi modelli in cui la libreria diventa un luogo di socializzazione che non si esaurisce nella vendita del libro ma si dota di caffetteria, spazi coworking ed eventi, vedi, a Milano: Verso, Open, Gogol & Company, Colibrì e molte altre. Le grandi catene soffrono invece la concorrenza di Amazon e del commercio online, ma qualcosa si inventano anche loro, vedi, sempre a Milano, la rinnovata Feltrinelli Duomo che propone il libraio “Personal Bookshopper” a contatto continuo con i clienti: ridotte le postazioni Info, tutti i librai sono ora dotati di un tablet che riporta la disponibilità dei libri in negozio.
Da parte sua, Amazon ha avviato l’operazione “porte aperte” nella sede italiana di Castel San Giovanni (PC) che si può visitare ogni terzo giovedì del mese. L’idea è quella di avviare una nuova fase di trasparenza su come funziona esattamente l’azienda (l’onta da cancellare è un articolo del «New York Times» che l’anno scorso aveva attribuito ad Amazon metodi disumani di gestione del personale). Meno scontata la decisione del colosso di Seattle di mettersi in regola con il fìsco (Amazon si è adeguata alle nuove regole Ocse sulla fiscalità delle multinazionali, cosa che Apple e Facebook, per esempio, non hanno ancora fatto) e di iscrivere a bilancio il fatturato delle vendite al dettaglio nei singoli paesi europei, Italia compresa, senza passare più per il Lussemburgo dove l’azienda ha sede legale e dove il regime fiscale è agevolato. Ma le novità non sono finite. A novembre 2015 Amazon Books ha inaugurato a Seattle la sua prima libreria fisica, che poi di fatto funziona come un’estensione della piattaforma: per la scelta dei libri da vendere – che sono esposti di piatto e non di costa – si basa sui dati provenienti dal sito, i prezzi del negozio coincidono con quelli online, e ogni titolo ha una targhetta che riporta la classificazione da una a cinque stelle e la recensione di un utente Amazon. Gli ultimi mesi del 2015 hanno inoltre visto il debutto, anche in Italia, di Amazon Publishing, che a livello internazionale propone libri cartacei, e-book e audiolibri attraverso quattordici marchi: la filiale italiana è stata affidata ad Alessandra Tavella che gestirà, come Content Editor, il marchio AmazonCrossing destinato alle traduzioni. I primi libri tradotti sono disponibili sia in formato Kindle sia in edizione cartacea, ma si possono comprare solo sul sito di Amazon e non vengono distribuiti nelle librerie. Nel 2012 diverse librerie americane boicottarono i libri della (allora) neonata Amazon Publishing. Forse anche i nostri librai avrebbero reagito così?
Intanto Ali e Sii, le associazioni che rappresentano i librai italiani, si stanno concentrando sulla richiesta di revisione della Legge Levi e hanno espresso all’unanimità la volontà di ridurre al 5 % lo sconto massimo concesso dalle librerie ai clienti. Inoltre, hanno sottolineato l’esigenza di regolamentare in modo più rigido le campagne promozionali e di introdurre sistemi di controllo e di sanzionamento efficaci. In Francia la Legge Lang opera in questo modo (sconto massimo 5%) dal 1981 e nel 2013 è stata estesa anche alle vendite online e agli e-book (furono anche vietate le spedizioni gratuite, con grandi rimostranze da parte di Amazon Francia), con il risultato che le librerie indipendenti francesi sono uscite dalla crisi già alla fine del 2014 e nel 2015 sono cresciute del 2,7%. Mentre a febbraio 2016 anche il governo tedesco ha deciso di estendere agli e-book la legge che fissa il prezzo dei libri e impone a tutti i rivenditori di vendere al prezzo indicato dalle case editrici, escludendo possibilità di sconti e riduzioni.