Giunta dall’Inghilterra, dove è un fenomeno da qualche anno, Peppa Pig ha conquistato rapidamente anche l’Italia. Agli ascolti record del cartone animato corrisponde il successo strepitoso dei libretti curati da Silvia D’Achille, editor della Giunti. Il segreto di tanta fortuna? Forse la fisionomia ben studiata del personaggio un po’ bambina, un po’ maialina: Peppa ha una famiglia regolare, frequenta l’asilo, si comporta come tutti i bambini della sua età, ma salta nelle pozzanghere di fango e grugnisce come solo i porcellini sanno fare. Al pubblico dei più piccoli l’appello all’immedesimazione rassicurante in un universo noto e familiare, ma anche la suggestione di una comicità franca e spensierata.
È arrivata dall’Inghilterra nel 2011, ma ha già conquistato le simpatie dei più piccoli: la nuova beniamina dei bambini si chiama Peppa Pig e, lo si capisce dal nome, non è una topolina, né un coniglietto, neppure una cagnolina. Niente a che vedere con i cuccioli teneri della tradizione fumettistica o dei cartoni animati cari al pubblico infantile. Peppa è una maialina, anzi la primogenita di una famiglia di maiali: la scelta non è propriamente inedita, ma sufficientemente originale da puntare su un personaggio alieno da leziosaggini e sdolcinature, anzi corposo e simpaticamente goffo. E se altri porcellini in passato hanno popolato l’immaginario infantile, nessuno aveva scalato con tale agilità le classifiche e ottenuto consensi record, sino a diventare un vero e proprio caso editoriale.
Che un personaggio pensato per la fascia prescolare riscuota un successo così strepitoso oggi non è una sorpresa: è un fatto che la produzione destinata ai più piccoli goda attualmente di grande fortuna, tanto da rappresentare un settore del mercato in crescita netta, cui viene rivolta una varietà ben studiata di proposte. È stato infatti detto che, se i ragazzi leggono più degli adulti, i bambini che non sanno leggere leggono più degli altri. E, nel campo di una produzione che attraversa una fase fortunata, la nostra maialina ha spopolato, battendo la Pimpa e i Barbapapà, per citare illustri precedenti: non c’è personaggio ideato per i più piccoli che sia stato gratificato di un’accoglienza così strepitosa e di una tenuta così tenace nelle classifiche dei libri più letti.
Si tratta, come si è detto, di un personaggio d’importazione, intelligentemente proposto e in parte ricreato per il pubblico italiano. La Peppa nasce come protagonista di un cartone animato inglese, ideato e diretto da Neville Astley e Mark Baker e mandato in onda in Inghilterra a partire dal 2004: articolato in più serie a partire da quella data, consta di brevi episodi divertenti, in cui sono di scena le avventure della famiglia Pig, attorniata da altri animaletti, piccoli amici di Peppa e dei suoi genitori. Nella patria d’origine, Peppa è un fenomeno di successo consolidato da qualche anno, tanto che le è stato dedicato anche un parco di divertimenti. L’approdo in Italia del personaggio è del 2011 e si configura subito come esempio virtuoso di dialogo tra l’animazione televisiva e l’editoria: sia la Rai, che fa da tramite, sia la Giunti trattano con successo per il licensing. Di qui il lancio del personaggio, che viene proposto in contemporanea nella versione cartacea, nelle collane della Giunti Kids, e televisiva, attraverso la serie di cartoni animati trasmessa da Rai YoYo e Disney Junior. E il doppio canale ha un effetto trascinante sul successo della maialina, che abbina al dato degli ascolti record il pieno delle vendite: i libretti e gli albi di Peppa Pig vendono, dal maggio 2011 al marzo 2013, 3.300.000 copie. Il luogo comune che la televisione sottragga tempo ed energie alla lettura e scoraggi l’approccio al libro non avrebbe potuto ricevere, ancora una volta, smentita più clamorosa. Per la Giunti, poi, si è trattato di un vero e proprio colpaccio, che ha permesso all’editore fiorentino di superare in un anno niente meno che il fatturato della Mondadori Junior. E se il mercato della produzione per l’infanzia non ha risentito della crisi, sembra proprio, incredibile a dirsi, merito anche della nostra Peppa.
La versione cartacea della Peppa è frutto dell’iniziativa intelligente di Silvia D’Achille, editor della Giunti, nonché autrice dei testi dei libretti italiani della Peppa: già esperta nell’editing della produzione per la prima infanzia, D’Achille ha avuto occhio nel cogliere le potenzialità del personaggio come soggetto ispiratore di una varietà di proposte ludiche e educative.
A partire dal 2011 la Giunti ha pubblicato una serie di titoli in libretti cartonati, alcuni albi da colorare, corredati di sticker e proposte operative per i più piccoli, un libro di canzoncine, un libro sonoro. Il catalogo è in corso d’aggiornamento, mentre si pensa già alla pubblicazione di testi in formato digitale e alla distribuzione in edicola. Inutile dire che il successo del personaggio non ha mancato di alimentare, pur indipendentemente dal circuito editoriale, un merchandising variegato di proposte, soprattutto nel settore del giocattolo e dell’abbigliamento.
L’universo di Peppa Pig, insomma, si è imposto, a dispetto, quasi, della semplicità della formula su cui è costruito: le avventure della fortunata maialina si affidano a storielle semplici, dalla trama esile e lineare. Il cartone animato, per esempio, consta di episodi autoconclusivi della durata di cinque minuti: è di scena la rappresentazione di momenti di vita familiare o relazionale vicini alle esperienze dei più piccoli (il picnic, la giornata in piscina, l’asilo, la festa di compleanno). Nessuna concessione al fascino dell’avventura, rinuncia netta all’appeal della dimensione magico-fiabesca. Ai bambini è proposto, piuttosto, un mondo noto, in cui possano riconoscersi e sentirsi a loro agio.
Anche le scelte grafiche e linguistiche sono funzionali alla fascia di pubblico cui il prodotto è destinato. Alla semplicità del linguaggio, appena corretta dall’opzione per qualche parola un po’ obsoleta (le galosce, per esempio), fa riscontro la grafica ben studiata in rapporto ai gusti e alle capacità percettive della prima infanzia: figure tondeggianti e stilizzate, colori brillanti e prevalentemente piatti, riproduzione poco fluida, quasi a scatti, del movimento. Nel tratteggio delle figure animali ha colpito critici ed esperti del settore l’adozione della rappresentazione laterale, che ha fatto parlare di profilo egizio, persino di ispirazione cubista alla Picasso, ma anche di adeguamento alla visione multiprospettica del disegno infantile. In realtà le scelte grafiche e la rappresentazione del movimento corrispondono a esigenze di sintesi e di deformazione iperbolica con effetti comico-grotteschi: i personaggi scoppiano in pianti copiosi e sonore risate, frangente in cui assumono bruscamente la posizione supina, e non camminano mai, ma saltellano e ballonzolano, escludendo l’andatura regolare e la manualità fine dalle coordinate della loro gestualità. Tutti tratti concorrenti alla configurazione di una fisionomia ambivalente: la famiglia Pig è composta di maiali antropomorfi, che mantengono ed esibiscono, tuttavia, caratteri animaleschi. Commentano le varie esperienze con grugniti compiaciuti, saltano nelle pozzanghere fangose e si sporcano con gusto, da veri maiali, si direbbe.
In effetti il mondo di Peppa si regge su un equilibrio ben studiato tra deformazione grottesca e verosimiglianza realistica, sollecitazione del gusto infantile per una comicità franca e richiamo all’identificazione rassicurante in un mondo di esperienze note e condivise.
E proprio tale capacità di bilanciarsi tra giocosità sorniona e appello al principio di realtà a fare della protagonista un personaggio riuscito: Peppa è in primo luogo un personaggio femminile, ulteriore conferma della predilezione per questo tipo di figure mostrata dalla più recente produzione infantile. E intraprendente, piena di iniziativa, ma non è una bambina modello: è a volte egocentrica, dispettosa, prepotente nei confronti del fratellino George, come tutte le bambine della sua età. Sa essere testarda e saputella, ma sa anche riconoscere gli errori, ascoltando i consigli e i suggerimenti di mamma e papà. Perché Peppa ha una famiglia regolare: non è la figlia unica di una stravagante famiglia monoparentale come la Pimpa, non ha alle spalle una famiglia di personaggi bizzarri come i Barbapapà. Peppa ha una mamma, un papà, un fratellino, dei nonni e tanti amici.
Il valore dell’universo familistico è tenacemente ribadito nel mondo della nostra maialina, senza cadute moralistiche, anzi in una dimensione di equilibrato buon senso: i genitori non sono perfetti, Papà Pig è pigro e distratto, Mamma Pig è una casalinga tuttofare, ma tecnologicamente attrezzata.
La famiglia non è un microcosmo idilliaco, ordinato e compatto: in casa c’è disordine, a volte si litiga, si smarriscono gli oggetti, si combina qualche disastro. L’armonia, tuttavia, si ricompone facilmente, grazie agli interventi mirati di Papà e, soprattutto, di Mamma Pig, fonte autorevole di iniziative atte a ristabilire, se necessario, la quiete domestica. Certo che la famiglia Pig, assestata su un tranquillo ménage borghese (il papà è architetto, la mamma lavora in casa con il computer), appare nettamente connotata dalla leadership femminile: è una famiglia di maialine alla riscossa, nettamente prevaricanti su maschi svaniti o piagnoni. La predominanza femminile, tuttavia, non è invadente, ma positivamente incisiva: dopotutto, l’universo di casa Pig, se non esclude i conflitti, li risolve nella dimensione degli affetti familiari e amicali, senza dar vita ad antagonismi veri e propri. L’effetto di rassicurazione è, in questo senso, ben calibrato, mai ricercato in modo troppo esplicito e forzato.
E poi la famiglia Pig non è isolata, ma inserita in un universo di relazioni. Peppa ha tanti amici, animaletti antropomorfi anche loro, da Rebecca Coniglio a Danny Cane, Zoe Zebra, Suzy Pecora (hanno tutti un nome proprio con la stessa iniziale del nome in inglese dell’animale), membri di famiglie altrettanto regolari. La maialina della Astley non ha la vocazione dell’eroina solitaria, non ha bisogno di affidarsi all’estro fantastico dell’animismo infantile, come la Pimpa di Altan, per trovare compagnia. Ha, al contrario, una vita sociale piuttosto intensa: è spesso ospite di piccoli amici, ne ricambia gli inviti e, soprattutto, frequenta regolarmente, insieme agli animaletti suoi coetanei, l’asilo di Madame Gazzella, tra canti, recite, piccole feste, giochi d’animazione. Vero è che il mosaico di famiglie di animaletti, rigidamente distinte per razza (non esistono famiglie miste nel mondo di Peppa Pig), non dà propriamente luogo a una vera comunità: un paese vero e proprio non è mai rappresentato e, a parte la scuola materna, luogo deputato della socialità infantile, ci si incontra prevalentemente nelle case. Il paesaggio del cartone animato propone immagini di ripide colline, ciascuna con un singolo edificio in cima e la macchina parcheggiata fuori, in un equilibrio per la verità tanto precario da ricordare l’inverosimiglianza iperbolica degli scenari degli anime giapponesi. I personaggi di Peppa Pig non osano troppo negli spostamenti, si muovono tra interni ed esterni entro uno spazio protetto e circoscritto. La predilezione per i primi è confermata dall’inquadratura iniziale di ogni episodio del cartone animato, che mette a fuoco l’immagine di una casa per farne l’ambientazione dell’avventura o una sorta di sipario per l’entrata dei personaggi. Gli esterni corrispondono, poi, agli spazi di un’evasione consentita sotto lo sguardo vigile degli adulti o coincidono con le mete abituali dello svago piccolo-borghese: il giardino intorno a ogni casa, il parco per il picnic, la piscina all’aperto, persino il supermercato. L’adeguamento agli orizzonti di esperienza dei bambini d’oggi non potrebbe essere più coerente: nessuna propensione per l’avventura in spazi inesplorati, fantastici, fantascientifici, magari trasfigurati o animati dall’immaginazione. Peppa e i suoi amici non hanno la vocazione della Pimpa per le passeggiate solitarie alla scoperta del mondo, non si muovono in uno spazio un po’ surreale come quello dei Barbapapà e non compiono missioni umanitarie: viaggiano in macchina, giocano tra di loro sotto il controllo dei genitori o li seguono in visita dai nonni o nello shopping. I piccoli destinatari possono appassionarsi alle avventure dei loro beniamini senza pericoli di disorientamento, anzi muovendosi con loro in uno spazio noto e protetto, a misura di bambino.
Le avventure della Peppa proposta in libreria nei libretti della Giunti ribadiscono ulteriormente la predilezione per le scene di vita familiare o per la rappresentazione del vissuto infantile. Anzi la vocazione familistica del mondo di Peppa Pig ne risulta rafforzata: le brevi storielle presentate nei libretti vedono in scena la famiglia Pig al completo, al supermercato, in gita nel bosco o in casa, intenta a montare un armadio nuovo per i giocattoli, raffigurano i due piccoli alle prese con l’esperienza della caduta dei dentini e solo in un caso, nel volumetto intitolato La festa in maschera, spostano l’attenzione sulla dimensione della relazione tra pari. Va precisato che i testi del catalogo Giunti Kids non sono riduzioni delle sceneggiature dei cartoni, a cui pure necessariamente si ispirano secondo criteri di coerenza tematica e stilistica. A idearli ex novo è Silvia D’Achille che ha curato l’approdo in libreria della Peppa, preparandone la trasposizione senza traumi e contraddizioni dallo schermo al libro. Le scelte grafiche dei libretti, per esempio, rispettano la grafica del cartone, accentuando se mai il gusto per i colori brillanti, sottolineato dai baloon coloratissimi che riportano i testi. Poteva risultare più difficile rendere il gioco ben congegnato del duplice punto di vista su cui si regge il patto narrativo degli episodi animati: da una parte la prospettiva infantile di Peppa, che presenta al pubblico se stessa e la sua famiglia, dall’altra l’ottica adulta, autorevole ma abilmente defilata, della voce fuori campo. Eppure le brevi storielle dei libretti paiono attrezzate con destrezza per articolare in modo complesso la molteplicità dei punti di vista: il racconto è affidato a un narratore in terza persona, che mostra, ma non ostenta, una certa superiorità rispetto ai personaggi, mettendone allo scoperto, con ironia misurata, i difetti, dalla distrazione o dalla golosità di Papà Pig all’ingenuità del fratellino George. Tocca, poi, ai personaggi interagire direttamente attraverso le battute dialogiche che danno corpo alle storie. E se l’ingenuità dei cuccioli di casa Pig fa sorridere i piccoli lettori e permette loro di sentirsi più grandi, non risulta sminuita ai loro occhi neppure l’autorevolezza delle figure adulte; appare, piuttosto, ridimensionata, quel tanto che basta a evitare paternalismi. I dialoghi, inoltre, sono brevi, ma ben calibrati. Non potrebbe essere diversamente, giacché rappresentano la strategia pedagogica vincente di casa Pig, esercitata con sano buonsenso da Mamma e Papà Pig, depositari di un’autorevolezza alleggerita dalla complicità giocherellona e dalla goffaggine animalesca, ma saldamente tenace. I genitori Pig sanno correggere senza predicozzi la saccenteria e l’egocentrismo di Peppa, per esempio, recitando la battuta giusta al momento giusto: quando in una delle storielle, dedicata all’allestimento di una festa in maschera con tanto di concorso a premi per il costume più bello, Peppa si erge a giudice e si attribuisce il primo premio, Papà Pig risolve il conflitto di interessi facendole notare la contraddizione dei ruoli e osservando che chi giudica non può essere anche concorrente. Il messaggio è semplice, ma pedagogicamente efficace, rassicurante senza essere prevaricante. Quello di Peppa è un mondo positivo, che si ispira a un gioco di bilanciamenti ben studiato: alla corposità delle immagini fa riscontro l’esilità delle storie e la leggerezza, sorniona ma non banale, dei loro contenuti. In questo senso l’operazione di Silvia D’Achille rafforza le potenzialità di successo implicite nella fisionomia del personaggio e nella strategia comunicativa con cui si rivolge al pubblico dei più piccoli: l’appello all’identificazione, appena corretto dall’effetto di moderato straniamelo che i tratti di deformazione grottesca producono inevitabilmente. Peppa è un po’ bambina, un po’ maialina, condivide le buone abitudini e lo stile di vita dei bambini della sua età, ma grugnisce come una porcellina. Ne risulta un mondo ispirato a un buonsenso rassicurante e a un umorismo garbato, aperto al varco liberatorio di una trasgressione innocua e innocente. Un mondo in cui si rispettano le regole, ma qualche volta si può anche trasgredirle, magari per saltare nelle pozzanghere sporcandosi senza ritegno con la complicità divertita di mamma e papà.