La Legge Levi che disciplina il prezzo dei libri dovrebbe garantire uniformità tra tutte le librerie nel trattamento dell’oggetto in vendita. Il prezzo, imposto all’origine e uguale su tutto il territorio nazionale, non diventa così una variabile significativa nella scelta del luogo dove avviene l’acquisto. Nelle migliori intenzioni, la Legge dovrebbe tutelare l’esistenza di piccoli editori, di librai indipendenti, di un’offerta culturale ampia e variegata: che è, tra l’altro, un presupposto indispensabile che garantisce anche ai grandi editori di avere una domanda sulla quale basare la loro economia, in un momento in cui il fragile sistema del libro è in pericolo. Allora perché la comunità dei lettori questa legge la boccia senza appello?
La pubblicazione risale al 5 agosto 2011, sulla «Gazzetta Ufficiale». L’iter, per arrivare a una tale, fatidica pubblicazione è stato lungo e faticoso. E per nulla semplificato, fino all’ultimo, dalla litigiosa comunità della filiera del libro che solo la pazienza e la tenacia di Ricardo Franco Levi – l’esponente del Pd che ha avuto l’onere di portare a compimento la pratica e di porre il suo nome sotto la legge – da una parte, e l’arrivo di un potente competitor sulla scena italiana come Amazon (che ha sparigliato, o così hanno temuto gli editori, le carte in tavola a suon di sconti eccezionali), hanno infine condotto a un risultato finale. Buono, non buono, mediocre, pessimo: tutta la varietà degli aggettivi è contemplata dai pareri degli addetti sull’accordo. E già si è annunciata, al Forum del Libro di Matera, lo scorso ottobre, una iniziativa popolare per cambiarla e migliorarla.
Ma andiamo con ordine. Di cosa si tratta? Stiamo parlando della legge che fissa le norme e le regole per il prezzo dei libri, per la precisione la legge 27 luglio 2011, n. 128.
La riportiamo, anche perché la brevità lo consente, nelle sue parti salienti:
Art. 1
1. Oggetto e finalità generali La presente legge ha per oggetto la disciplina del prezzo dei libri.
2. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.
Art. 2
Disciplina del prezzo dei libri
1. Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore ed è da questo apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, su ciascun esemplare o su apposito allegato.
2. È consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1.
3. Ad esclusione del mese di dicembre, agli editori è consentita la possibilità di realizzare campagne promozionali distinte tra loro, non reiterabili nel corso dell’anno solare e di durata non superiore a un mese, con sconti sul prezzo fissato ai sensi del comma 1 che eccedano il limite indicato al comma 2 purché non superiori a un quarto del prezzo fissato ai sensi del predetto comma 1. E comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali.
4. La vendita di libri ai consumatori finali è consentita con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1 :
a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
b) in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e università.
Art. 3
Efficacia e abrogazione. Relazione al Parlamento
1. Le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dal 1 ° settembre 2011.
2. […]
3. Decorsi dodici mesi dal termine di cui al comma 1, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della Ricerca, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, con il Ministro per i Beni e le Attività culturali e con il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero, se nominato, con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’informazione e all’editoria, nel quadro delle rispettive competenze, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che provvede al successivo inoltro alle Camere, una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente legge sul settore del libro.
Il testo è frutto di un accordo che vede coinvolti i principali esponenti della filiera editoriale, e cioè l’Associazione italiana editori e quella dei librai (nonostante la strenua opposizione di un gruppo di piccoli e combattivi editori, raggruppati per un periodo sotto la comune denominazione di I Mulini a vento e di non poche librerie indipendenti) e regolamenta – o almeno dovrebbe – le promozioni dei libri. In linea teorica, dovrebbe garantire uniformità tra tutte le librerie nel trattamento dell’oggetto in vendita. Il cui prezzo, imposto all’origine e lo stesso su tutto il territorio nazionale, non diventa, così, una variabile significativa nella scelta del luogo dove avviene l’acquisto.
In poche parole: un limite massimo allo sconto praticabile vuol dire che la libreria di maggiori dimensioni o di più forte solidità finanziaria o che semplicemente non fa del libro l’oggetto principale del suo business, non ha la possibilità di utilizzare la leva dello sconto come carta di ulteriore rafforzamento di mercato.
È importante che la legge preveda espressamente, a un anno dall’entrata in vigore, una verifica dei suoi effetti. Sì, perché nessuno è in grado di predire, con esattezza, cosa potrebbe verificarsi.
A Francoforte, durante la Buchmesse, l’Associazione italiana editori, nel presentare il consueto rapporto sullo stato dell’editoria, ha opportunamente fatto notare una curiosità. «Secondo i dati NielsenBookScan per Aie nel periodo di agosto (per la precisione 14 agosto – 10 settembre), in cui si è avuta un’impennata nelle campagne promozionali (con sconti che arrivavano al 40%) nel 2011 si è registrato un -7,6% a valore e un -8% a copie rispetto all’analogo periodo del 2010» si legge nella nota stampa. «E una prima conferma a ciò che sospettavamo» ha concluso il presidente Marco Polillo. «Non è dallo sconto che passa il rinnovamento e lo sviluppo del mercato del libro.»
Può essere un primo dato su cui riflettere, in un’annata, quella del 2011, che verrà ricordata per la legge sul prezzo e, presumibilmente, per un segno meno del comprato, in un periodo di forte crisi generalizzata.
Del resto, è un dato piuttosto uniforme nelle inchieste sulla lettura che la motivazione del prezzo basso o dello sconto non sia in cima alle ragioni dell’acquisto (e mettiamoci pure dentro la percentuale di persone che, davanti all’eventualità di una tale risposta, la esclude per fare bella figura).
Qualche settimana dopo l’entrata in vigore della legge, però, i librai hanno cominciato a protestare perché un editore ha «tentato di aggirare» la legge medesima, proponendo uno sconto superiore al 15 % per una unica novità, anzi per un sicuro bestseller. Applicazione oggetto di discussioni sull’interpretazione della legge, ma che lascia presagire che non pochi tentativi di «forzatura» verranno escogitati anche in futuro.
Molto più preoccupante, invece, è, a mio avviso, la sfilza di pareri che, nelle discussioni on line sulla legge, hanno dato i lettori. Praticamente unanimi. I commentatori sui siti hanno bocciato severamente la legge, bollandola come antiliberista, illiberale, anticapitalista, una negazione del libero mercato di cui fanno le spese soprattutto i lettori comuni, e il risultato di un’azione di una lobby, o di una casta (quella degli editori? dei librai?) a spese della comunità.
Un atteggiamento che nessuna perorazione anche di buon senso da parte degli addetti ai lavori ha minimamente attenuato. Valga, da esempio, l’impietosa disamina che è stata riservata all’intervento pacato di Gaspare Bona (editore con Instar libri) pubblicata sul blog «Legge sul prezzo del libro».
Bona ha cercato, pazientemente, di spiegare quale vantaggio possa derivare da una legge come questa e, eventualmente, a una ancora migliore di là da venire. E una questione di bibliodiversità, di riequilibrio di forze in campo, di diversità culturale.
Scrive Bona: «La Legge Levi non impone né regola in alcun modo il prezzo di copertina, che in maniera assolutamente libera viene determinato dall’editore. Dunque non elimina la concorrenza ma la sposta dallo sconto al prezzo di copertina del libro. Dopo un primo periodo di assestamento (tutti i cambiamenti comportano un periodo di transizione, per cui è evidente che nell’immediato a molti lettori toccherà pagare un po’ di più i libri) gli editori che prima allettavano il lettore con campagne superscontate si accorgeranno che per mantenere invariate le vendite dovranno abbassare i prezzi. O meglio ancora, il lettore si accorgerà, non più abbagliato dall’esca degli sconti, che esistono migliaia di bellissimi libri di tantissimi editori che hanno già un prezzo concorrenziale, e dunque sposterà l’attenzione dal prezzo ai contenuti. Dal punto di vista del portafoglio del lettore, acquistare un libro che costa 20 euro con lo sconto del 30% o un libro che costa 16,50 euro con lo sconto 15% o un libro che costa 14 euro senza alcuno sconto è esattamente lo stesso. Paga sempre uguale».
Qui c’è veramente da interrogarsi. Perché la reazione dei lettori è stata netta. Vogliamo lo sconto, perché la concorrenza si basa su questo. Chi sa stare sul mercato bene, chi non ci riesce… amen! Tanto prima o poi succederà che i librai indipendenti (e forse anche le catene) scompariranno, soppiantati da librerie on line e da e-book.
Purtroppo nessuno può dire con certezza che cosa succederà. Però alcune tendenze si possono registrare. La prima: le librerie indipendenti continuano a chiudere. Impietosamente. Durante il 2011 è stato uno stillicidio di librai (anche storici) costretti ad abbassare la saracinesce o, alla meglio, a vendere il proprio esercizio e la propria competenza alle catene librarie, come Feltrinelli, Ubik o Coop (ciascuna con filosofie diverse) per sopravvivere.
La seconda: alcuni bestseller del 2011 hanno sfondato sul mercato anche a causa di un prezzo giudicato «normale»: 9,90 euro. Parliamo soprattutto di una serie di Newton Compton che, in parte, sta sparigliando le carte. Per il lettore meno avvertito, il romanzo sotto i 10 euro che ha un aspetto di libro compiuto (copertina, rilegatura rigida ecc.) diventa un prodotto di punta. Ottima scelta di marketing della casa editrice romana, che, alla lunga, a nostro parere, potrà influenzare il resto della produzione editoriale. Cercare cioè libri di potenziale successo a un costo finale per il lettore relativamente basso. Questo è uno degli effetti (in questo caso positivi di abbassamento del prezzo) che potrebbero verificarsi. Ma non sarà un effetto dovuto alle Legge Levi.
D’altra parte, la Legge Levi non ha potuto far altro che fotografare una situazione oggettivamente complessa e strozzata sia per le piccole librerie indipendenti che per i piccoli editori (la cui soglia di accesso alle librerie di catena commercialmente più appetibili si sta drasticamente alzando).
Questo è un processo probabilmente ormai irreversibile. L’avere accettato lo sconto e l’averlo praticato con eccessiva disinvoltura negli anni passati ha limato il margine per ciascuno degli attori ma, soprattutto, ha ormai abituato il compratore a pensare che il prezzo del libro non sia davvero quello stampato sul retro del volume. Un atteggiamento pernicioso che corrode dal di dentro il sistema e penalizza i più deboli. Essendo il libro una merce il cui valore non è legato al valore nominale del denaro necessario per comprarlo, la situazione si fa complicata. (Poniamo la questione in maniera terra terra. Se un maglione di cachemire costa più di un maglione di lana qualsiasi, ciò è dovuto al maggior costo della materia prima: un discorso totalmente inapplicabile ai libri.)
La legge tedesca che vieta lo sconto sui libri o quella francese (che lo fissa al 5%) sono soluzioni migliori rispetto a quella italiana, praticate in anni non sospetti e con una lungimiranza ammirevole. E consentono una salvaguardia più sicura di un ecosistema fragile come quello del libro.
L’impressione è che siamo di fronte a un cambiamento epocale dell’intero sistema, in cui tutti, dall’editore al distributore al libraio, dovranno ripensare come trarre profitto dalla loro attività.
Mi sono tenuto volutamente lontano da qualsiasi considerazione di qualità o di importanza culturale del settore del libro. Il mio parere, prendetelo per ciò che vale, è che la situazione è talmente grave che per le librerie indipendenti siamo già oltre il campanello dell’allarme rosso. E vanno tutelate, insieme alle biblioteche, con un’azione legislativa forte, che tenga conto della specificità di questo mercato e dell’importanza culturale che riveste. La Francia ha già agito in questo senso (e i risultati della Legge Lang sono buoni, anche se non hanno salvato tutto: e non direi che la Francia sia un paese a economia anticapitalista; in Germania, altro paese capitalista, la tutela del libro è garantita), l’Italia potrebbe farlo.
L’esistenza di piccoli editori, di librai indipendenti, di un’offerta culturale ampia e variegata è, tra l’altro, a mio avviso, un presupposto indispensabile che garantisce anche ai grandi editori e alle potenze economiche di avere una domanda sulla quale basare la loro economia. Il fragile sistema del libro è in pericolo. Può darsi che fra dieci anni nulla sarà come oggi: il rischio è forte. Può darsi che dovremo pensare altri modelli di produzione, distribuzione e vendita dei libri.
Occorre però, certamente, fare attenzione, da parte di tutti. Perché quando un sistema crolla, vengono travolti tutti, grandi e piccoli.