In seguito alla riforma Gelmini, dall’anno scolastico 2011-2012 gli insegnanti delle scuole italiane possono adottare esclusivamente libri di testo che siano integrati da contenuti on line. Al di là degli obblighi di legge, tuttavia, già da anni l’editoria scolastica sta proponendo a studenti e docenti materiali multimediali interattivi fruibili on line e off line, che suggeriscono nuovi approcci didattici e potenzialmente modificano le modalità di apprendimento.
La recente riforma del sistema scolastico firmata dal ministro Gelmini stabilisce che «[…] a partire dall’anno scolastico 2011-2012, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da Internet o mista», intendendo come «misti» i libri corredati di apparati multimediali disponibili sul web (DL 25/06/2008, n. 122, Articolo 15, divenuto legge il 27/02/2009). Nonostante il processo di adeguamento della scuola alle nuove tecnologie sia faticosamente in atto da vari anni, l’approvazione della legge ha trovato ancora impreparata la maggior parte degli attori coinvolti nel cosiddetto patto formativo: insegnanti, studenti, famiglie, istituzioni scolastiche. La riforma porta infatti alla luce il carattere estremamente discontinuo di questa evoluzione, che nella realtà italiana vede vette di eccellenza in scuole tecnologicamente avanzate e vissute da docenti e ragazzi in modo dinamico, e disastrose situazioni di arretratezza. In mezzo tra questi due estremi sta un panorama molto vario di iniziative personali da parte di dirigenti scolastici, professori e studenti, spesso con interessanti e creative proposte.
A tutt’oggi, il provvedimento di legge non è stato seguito da chiare indicazioni sulle vie per attuarlo. Tuttavia, innegabile è l’impatto che ne deriverà sulle modalità di apprendimento dei ragazzi, che si troveranno sempre più a considerare costruzioni multimediali come obbligatori oggetti di studio. In questa situazione, un ruolo propositivo importante viene rivestito dall’editoria scolastica, che articola la sua offerta cercando di interpretare i bisogni di insegnanti e ragazzi.
Le strategie degli editori
Di fatto, mettere gran parte dei libri di testo (stimata nel 20 per cento almeno) a disposizione on line gratuitamente («o dietro pagamento a seconda dei casi previsti dalla normativa vigente», recita in modo ambiguo il DL n. 122) può significare per gli editori varie cose: banalmente, si può decidere di caricare nel sito Internet della casa editrice i file di stampa (in formato PDF) di pagine sottratte al libro, così che l’utente le possa scaricare e stampare in proprio. Operazione ben poco multimediale, e soprattutto costosa per l’utente finale: tra inchiostro per la stampante e carta, il pacchetto scaricato costerebbe molto di più alle famiglie dell’equivalente integrato nel libro. Oppure si può – molto più seriamente – imboccare con decisione la strada della multimedializzazione dell’offerta didattica, che comporta la necessità di ripensare al processo di insegnamento/apprendimento in modo nuovo per la scuola italiana.
Gli editori scolastici hanno praticato entrambe le soluzioni estreme, con onta e con onore; ma in generale si attestano su percorsi intermedi, che tengano conto da un lato degli obiettivi più alti, dall’altro dei limiti di budget e dei contorni sfumati della domanda. Le domande a cui si sono trovati a rispondere sono impegnative: a chi si devono rivolgere questi materiali? come devono essere usati – ovvero, in quale situazione formativa, quando, in quanto tempo, con quale gradualità? e in quale relazione devono stare con il testo cartaceo, che comunque rimane? Vediamo velocemente quali sono state le risposte prevalenti in questi ultimi due anni, dedotte dai prodotti on line delle case editrici italiane.
Il target
Innanzitutto, l’identificazione del target non è per nulla scontata. Da sempre gli editori di scolastica individuano il loro interlocutore privilegiato nell’insegnante, che di fatto è il cliente finale. Infatti, è il docente che sceglie quali libri adottare, in base alle sue esigenze e alle sue modalità di insegnamento. Ma con il mezzo multimediale, il ruolo dell’insegnante cambia: da «gestore» dei contenuti, l’insegnante diventa piuttosto un «facilitatore» nelle dinamiche della loro fruizione. Questo cambio di ruolo comporta un cambio di prospettiva da parte di chi produce gli oggetti didattici multimediali: diviene infatti necessario tenere più in considerazione gli studenti, che da bravi nativi digitali sono abituati a manipolare da soli le informazioni erogate in queste forme e vivranno il conflitto tra questa loro abitudine autarchica e la tradizione della didattica trasmissiva ancora viva nella scuola italiana. Quindi, se da un lato i materiali multimediali scolastici presuppongono spesso un insegnante-mediatore, dall’altro devono essere pensati anche per la fruizione individuale dello studente, oppure per un uso collettivo da parte di «pari», senza ricorso a un’autorità che sia garante della correttezza dei processi di conoscenza messi in atto.
Le modalità di fruizione
Diventa quindi cruciale il «come»: come devono venire usati questi oggetti didattici multimediali? Con ricorso a quale supporto e in quale contesto? L’offerta più nuova delle case editrici si divide sostanzialmente tra due tipologie: i materiali per la lavagna interattiva multimediale (LIM), e i materiali per il web, scaricabili e salvabili su pc oppure fruibili solo on line. Vittima sacrificale del «nuovo» sono invece i cd-rom e dvd, non perché privi di valore, ma semplicemente a causa del diverso orizzonte commerciale che si profila: il ministero spinge soprattutto per l’uso delle LIM e di Internet, prevedendo quindi l’acquisto delle lavagne e l’intensificazione degli accessi a Internet (anche se non si sa bene come, dato che molte scuole pubbliche non hanno fondi sufficienti per l’abbonamento alla banda larga).
La LIM: lavagna interattiva multimediale
La lavagna interattiva multimediale (LIM) è un apparecchio digitale con la forma di una lavagna bianca, disponibile sul mercato in varie versioni a seconda della casa produttrice: può essere collegata a un proiettore oppure avere un sistema di visualizzazione interna come un televisore; può avere bisogno di un computer esterno o disporre di un hard disc proprio. Dal 2008 il ministero dell’istruzione stanzia annualmente una somma per l’acquisto e la distribuzione nelle scuole dell’obbligo di un certo numero di lavagne: all’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 se ne stimavano più di limila distribuite nelle scuole del territorio italiano, ma dati precisi non sono disponibili ancora oggi. Il costo di una lavagna parte da circa 1.000 euro.
L’idea di portare nelle scuole italiane questo strumento deriva dall’osservazione dell’esperienza di alcuni paesi dell’OCSE, con in testa la Gran Bretagna, dove le LIM sono in uso nella scuola del primo ciclo dalla fine degli anni novanta. Trasferita al contesto italiano, la LIM si trova a fare i conti (letteralmente) con un sistema scolastico pubblico oggetto più di tagli che di investimenti. In pratica, la LIM si pone come strumento di passaggio tra la tradizione della didattica trasmissiva e l’era nuova della didattica partecipativa e collaborativa. Presuppone un insegnante che gestisca oggetti multimediali alla lavagna, ma prevede anche la continua manipolazione di quegli oggetti da parte degli studenti, invitati a toccare, spostare, cancellare, aggiungere elementi di propria creazione.
La superficie della LIM è sensibile al tocco, come qualsiasi schermo con tecnologia touch screen, ma la sua caratteristica fondamentale è che permette il salvataggio di ciò che le viene scritto sopra (o disegnato, o spostato), trasformandolo in un file disponibile a riusi illimitati. Le potenzialità della LIM sono del resto molto ampie, spaziando dal suo uso come semplice schermo (fruizione passiva) a un suo utilizzo come strumento di costruzione collettiva di contenuti da parte della classe (fruizione attiva), con possibili espansioni sul web grazie all’eventuale collegamento Internet. Introdotta quasi senza preavviso nelle scuole italiane, all’inizio la LIM ha colto impreparati gli insegnanti, che non solo hanno dovuto imparare (spesso in modo autodidatta) a far funzionare queste macchine digitali, ma soprattutto per diverso tempo non hanno avuto a disposizione contenuti adatti a questo strumento. Poi, le case editrici di scolastica si sono attrezzate per venire incontro a queste richieste e sono uscite con vari prodotti allegati ai corsi adozionali. In questo processo, l’inventiva e il senso pratico degli operatori dell’editoria scolastica sono stati più importanti dell’aggiornamento tecnologico. Generalmente, le formule più praticate sono state quelle che hanno previsto il ricorso ai software più diffusi per la costruzione di documenti misti verbali e iconografici. Scartati quindi i software proprietari venduti dalle stesse case produttrici delle LIM, gli editori hanno prodotto soprattutto presentazioni PowerPoint, che permettono interazioni con gli oggetti proiettati sulla lavagna; PDF di stampa da mostrare e «pasticciare» usando lo strumento «pennarello» della LIM; pagine Word da modificare con lo strumento «trascinamento» e con l’introduzione di testi scritti.
Caratteristica indispensabile di ogni oggetto proposto è il ruolo centrale attribuito al «gesto» della persona alla lavagna, al suo movimento fisico che determina il movimento degli elementi proiettati. Implicito, c’è l’orizzonte di una classe nuova, dove gli studenti non sono più bloccati nei banchi, ma si spostano e interagiscono tra loro e con l’insegnante facendo qualcosa che poi viene salvato e conservato in forma digitale.
Le potenzialità del web
Più complicato è il panorama dell’offerta editoriale scolastica per il web. La linea di discrimine tra proposte valide e proposte scadenti è senz’altro segnata dall’aver tenuto conto o meno delle caratteristiche peculiari dell’on line: grande libertà di accesso, interazioni potenzialmente illimitate, possibilità di tracciare gli utenti. La prima risposta di molte case editrici, dettata dall’urgenza di fare fronte a questa nuova domanda, è stata di discutibile qualità: sono stati messi on line materiali nati per essere pubblicati su supporti digitali «di fruizione» (cd-rom e dvd), o – peggio ancora – estratti pari pari dalle pagine dei libri.
Lasciando da parte gli ultimi, per quanto riguarda i materiali provenienti da cd-rom e dvd occorre tuttavia aggiungere qualche considerazione. Sono oggetti didattici di questo tipo, tipicamente, le batterie di esercizi a risposta chiusa con opzione autocorrettiva: a esercizio completato, si avvia la correzione automatica che mette in evidenza le risposte giuste e quelle sbagliate e infine (dopo varie prove) rivela tutte le soluzioni corrette. Il valore formativo di questi test è limitato: è facile immaginare lo studente che risolve rapidamente l’esercizio in più tentativi, finché «indovina» o vede le risposte corrette. Tuttavia possono accrescere la portata didattica di questi test alcuni accorgimenti resi possibili dall’on line, come la possibilità di registrare i tentativi fatti da ciascun utente e inviare questi dati direttamente a un «registro» on line del professore, che potrà quindi osservare il processo di apprendimento dello studente ed eventualmente valutarne le prove. E quest’ultima la direzione in cui si stanno muovendo diverse case editrici con la creazione di sistemi on line di interazione studente-docente.
Piattaforme e-learning gestite da editori
Si direbbe infatti che il futuro dell’editoria scolastica multimedializzata passi attraverso la creazione e gestione di portali didattici molto vicini, idealmente, alle più note piattaforme e-learning. E l’orizzonte della cosiddetta «classe virtuale», creata e gestita sul web dal professore che «invita» i suoi studenti a iscriversi on line ai corsi tematici e ai gruppi di lavoro da lui impostati. Prassi ormai consolidata nei paesi dove l’accesso a Internet è meno costoso e più capillarmente diffuso che in Italia, questa didattica interattiva condivide le modalità del social network (da Facebook in poi) e sfrutta le potenzialità del web 2.0, che prevede la partecipazione di tutti gli utenti alla creazione di contenuti (si veda il fenomeno Wikipedia). Come si accennava sopra, questa rivoluzione è – pur timidamente – in atto già da qualche tempo anche in Italia, dove l’iniziativa di singoli docenti e dirigenti scolastici ha portato a sviluppare il sito web della scuola in modo molto dinamico. Gli studenti paiono apprezzare la possibilità di caricare i loro lavori on line e di condividerli con i loro compagni, avviando talvolta collaborazioni produttive.
Gli editori di scolastica si inseriscono in questo panorama fluido con proposte che mirano a organizzare e centralizzare gli scambi formativi sul proprio sito-portale. L’impulso iniziale è venuto proprio dall’imposizione del «libro misto», che prevede circa l’80 per cento di contenuti su carta e il restante 20 per cento disponibile on line. Gli editori sono stati i primi a capire che la norma non può essere applicata a contenuti indispensabili, per non perdere l’adozione del libro da parte di tutti coloro che per qualsiasi motivo non accedono a Internet. Virando dunque su contenuti accessori (integrativi, aggiuntivi), hanno iniziato a sperimentare l’utilizzo del web per una didattica «altra», che punta su learning objects («oggetti per l’apprendimento») efficaci, di fruizione veloce, in molti casi vicini al mondo variegato dell (educational entertainment, intrattenimento educativo: si pensi ai canali «geo» delle tv a pagamento o alle riviste di larga divulgazione scientifica per ragazzi). Inoltre, la tendenza pare essere all’apertura ai contributi di docenti e studenti, che sviluppino progetti originali da affiancare ai prodotti «marchiati» della casa editrice. Quanto all’hardware necessario per la fruizione, si pensa al «vecchio» pc, ma anche ad apparecchi digitali come i vari tipi di tablet, i cellulari avanzati, i netbook e gli e-book readers.
Su questa strada, è sempre più difficile immaginare in quali modi e forme nuove il libro cartaceo si articolerà con l’on line. Riuscirà il testo a stampa a vincere la sfida dell’integrazione costruttiva con il web, senza tradire la sua peculiare caratteristica di organizzazione sequenziale di contenuti; oppure resterà scollegato, con unico aggancio al web la chiave d’accesso ai materiali on line a esso abbinata?
Possibili scenari futuri
Il sistema di accesso a Internet introduce infine alla questione più bruciante innescata dal processo di multimedializzazione e utilizzo della Rete per i libri di scuola: quella del copyright. Oggi la fruizione dei contenuti multimediali migliori e la gestione delle aree di didattica on line (con tutti gli strumenti necessari sia agli studenti per partecipare ai corsi sia al docente per gestire le sue classi virtuali) sono perlopiù regolati da un codice legato al volume (cartaceo) del corso che lo studente ha acquistato e il professore ha adottato. Il meccanismo d’accesso viene incontro a una necessità primaria delle case editrici: tutelare il copyright e trarre una qualche forma di profitto indiretto dall’offerta on line, che per legge deve essere gratuita.
Di fatto, gli accorgimenti tecnici finora messi in atto non sono sufficienti né per garantire alla casa editrice il controllo dell’accesso ai propri siti, né per assicurare agli studenti la qualità dei materiali offerti. La prima falla si deve alle infinite e sempre rinnovate possibilità di hackeraggio, connaturate al mezzo e quindi mai eliminabili. La seconda falla deriva invece da un fraintendimento: non perché un oggetto multimediale è collegato a un’opera cartacea avrà la stessa qualità didattica dei volumi a stampa. Poiché la produzione di contenuti digitali rappresenta un costo aggiuntivo e senza immediato ritorno (ricordiamo che per legge tali contenuti devono essere fruibili gratuitamente), il loro valore dipenderà dall’equilibrio tra gli obiettivi di marketing (tra cui in primo luogo la fidelizzazione dei clienti) e il conto economico dei singoli prodotti, che tiene conto della retribuzione delle risorse umane.
Quali dunque le prospettive possibili per l’editoria scolastica, in queste condizioni? Si può provare a delinearne due, tra le tante possibili. La prima è l’ampliamento della produzione digitale per la parascolastica, anziché per i prodotti adozionali: in questo modo, le case editrici potranno imporre un prezzo ai loro oggetti multimediali, che ovviamente per invogliare all’acquisto dovranno aumentare molto di qualità e soprattutto venire incontro a bisogni insoddisfatti. Condizione indispensabile allo sviluppo di questo mercato è che i prezzi dei prodotti digitali siano bassissimi: come il mercato della musica insegna, se un prodotto (un album intero) è caro, si opta per la pirateria; ma se un microprodotto (un singolo brano musicale) costa poco, lo si acquista. La seconda prospettiva vede un intensificarsi della collaborazione con la scuola, che diventerà probabilmente non più un’opzione, ma una condizione indispensabile per il lavoro delle case editrici: forzate ad abbandonare i vecchi modelli di business dalle ultime riforme di legge (soprattutto con il vincolo che impedisce per sei anni agli insegnanti di cambiare libro adottato), le redazioni dovranno inventarsi nuove proposte sia cartacee sia digitali, per esempio con produzioni mirate, sempre più orientate a target ed esigenze specifiche. Comune a entrambi gli scenari è la necessità di una sempre maggiore specializzazione didattico-pedagogica, che potrà essere perseguita attraverso una collaborazione fattiva con gli istituti di alta formazione e con gli enti di ricerca universitaria.