Come rivitalizzare un titolo di successo di quindici anni fa e farne un prodotto editoriale nuovo tra marketing, redazione e componenti multimediali. Io.scrivo, il corso di scrittura venduto con il «Corriere della Sera», ha ottenuto un buon successo sul mercato in via di ridimensionamento dei collaterali. I punti di forza: qualità di contenuti e semplicità di linguaggio, varietà di competenze differenti, organizzazione di ferro, disponibilità di risorse da grande gruppo editoriale.
«Scrivere è un’esigenza fondamentale del nostro tempo»: così inizia la quarta di copertina di Io.scrivo, il corso di scrittura a fascicoli del «Corriere della Sera». Con il punto tra le due parole del titolo, una strizzata d’occhio grafica alla sintassi del web per un prodotto editoriale che in realtà va a toccare una sensibilità antica di ogni lettore: la voglia di diventare autore. E infatti il passo successivo pone la domanda classica:
«Scrittori si nasce o si diventa?». La domanda cui questo corso risponde ha una base forte, testimoniata dal successo non effimero delle scuole di scrittura e dall’impulso alla pubblicazione fai da te che le tecnologie digitali soddisfano da tempo in modo rapido e relativamente economico.
In questo caso il termine «fascicoli» vive solo per ragioni storiche: si tratta in realtà volumetti settimanali consistenti, di aspetto molto piacevole, accoppiati a dvd con videointerviste a scrittori celebri e confezionati in blister secondo la consuetudine dei collezionabili. E i volumi/dvd non coprono solo tutta la gamma della scrittura creativa (dalla narrativa alla sceneggiatura) ma si estendono esplicitamente ai testi funzionali e argomentativi, come la scrittura giornalistica e il copywriting pubblicitario, per arrivare alle quotidiane comunicazioni di lavoro, alle lettere (e-mail comprese), alle presentazioni in azienda e ai clienti.
La scrittura, nell’epoca del dominio incontrastato del linguaggio visivo e della frammentazione della comunicazione del web, pare riassumere la centralità di un modo espressivo unitario.
Sotto la copertina
Il punto di partenza è come sempre pragmatico. «Il pubblico cui abbiamo pensato», chiarisce Martina Tonfoni, editor dell’opera con Giovanna Vitali, «è quello che compra in edicola, cui negli ultimi anni abbiamo proposto molte collane di lunga durata sui temi più vari: narrativa, storia, geografia, diritto; musica e cinema su cd e dvd… La scelta della scrittura è frutto dell’esigenza di trovare temi nuovi per un settore sempre più in cerca di stimoli. Un corso di scrittura in collaborazione con la Scuola Holden era stato già pubblicato da “la Repubblica”, ma noi ci trovavamo già “in casa” [in RCS Libri] questo corso.»
Non un’opera «nuova» in senso stretto (raramente se ne sono viste nel mercato dei collaterali) ma di fatto un’opera inedita: le videointerviste sono state realizzate ex novo, e anche la parte a stampa, che nasce da un corso preesistente, è stata profondamente integrata e rivista radicalmente.
Il nucleo è un’opera uscita nel 1996-1997 con il marchio Fabbri (e passata quindi al patrimonio di catalogo di RCS), dedicata esclusivamente alla scrittura creativa: cento fascicoli settimanali di grande successo. «Il progetto originale», spiega Massimo Birattari, curatore di Io.scrivo, «prevedeva ottanta fascicoli ma, arrivati al numero settanta si decise di farne venti in più – dimostrando una flessibilità che oggi sarebbe difficile…»
Lo stesso corso, che aveva raccolto circa 11mila «collezionisti», venne rilanciato circa un anno e mezzo dopo, già in abbinamento con il «Corriere», con modesto successo (probabilmente per la distanza troppo breve dalla prima uscita). Ma il corso italiano nasceva a sua volta dall’adattamento di un corso americano portato in Italia dalla Editrice Nord, che si era accordata con Fabbri/RCS per ampliarlo e adattarlo. «Questo nucleo, nei suoi criteri fondamentali, funzionava ancora» afferma Birattari. «Abbiamo attualizzato i brani commentati e le biografie. Abbiamo cercato di parlare di attualità, per esempio sostituendo un brano di fantapolitica di Frederick Forsyth del 1992 con la citazione di un giallo di Bjorn Larsson. Ma l’idea portante è stata affiancare alla scrittura narrativa le scritture professionali, dalla letteratura per ragazzi al fumetto.»
A questo scopo la «miniera» RCS è stata accuratamente esplorata, da un libro di Gianni Severgnini, condensato in un’introduzione breve, alle lezioni dello stesso giornalista al master «Walter Tobagi» del «Corriere», trasformate in testi scritti. Più nuovi interventi, come i testi sull’e-book affidati a Gino Roncaglia, e, ancora «in casa», i pezzi sulla scrittura per l’infanzia di Beatrice Masini, autrice e editor RCS della letteratura per ragazzi. Le nuove componenti aggiunte al nucleo sono state pensate in funzione del lettore previsto dal progetto di marketing e delle sue esigenze, non tutte letterarie.
Pubblico di oggi e scrittura
Elemento fondamentale è l’introduzione dei testimonial della scrittura, personaggi noti intervistati da altri nomi noti (Antonio D’Orrico e Chiara Gamberale): da Raffaele La Capria e Claudio Magris a Nicolò Ammaniti e Roberto Saviano (questi ultimi non di «scuderia» RCS). «Gli autori che amiamo e che sono amati dal pubblico» li definisce Tonfoni «un pubblico relativamente ristretto rispetto a quello di opere enciclopediche – per esempio – sulla salute. Ma non necessariamente limitato al pubblico dei forti lettori che aspirano a diventare scrittori.» «Trattiamo seriamente il nostro pubblico» precisa Birattari. «Supponiamo che possieda delle competenze e non le vogliamo deludere dal punto di vista dell’aggiornamento e della cura dell’opera.» L’eredità dell’originario corso americano rimane come un segno positivo: i contenuti sono a volte profondamente specialistici, ma ogni termine tecnico è tradotto in linguaggio quotidiano (in un titolo l’«io narrante» diventa un più pragmatico «L’io che narra la storia»). Senza sposare per questo la scelta di un manuale rigidamente normativo: «Tutto viene illustrato attraverso i più vari esempi di scrittura reale, nella convinzione che insegnare a scrivere è anche insegnare a leggere».
Non manca mai, nelle interviste ai testimonial, il racconto del percorso compiuto nel mondo dell’editoria: come lo scrittore è arrivato a farsi pubblicare. Il che aggiunge qualche documento non banale sull’editoria contemporanea e sulle sue tortuose vie: a volte fallimenti a ripetizione, a volte fulminea accettazione di un capitolo di saggio.
La macchina editoriale e il mercato
Per portare a termine un’opera di questo genere occorreva un’organizzazione di ferro, erede delle strutture delle grandi opere degli anni settanta: i fascicoli Fabbri, tecnicamente di epoca pre-informatica, sono stati tutti passati allo scanner per digitalizzarne i testi e poi rielaborati e integrati. Nel nuovo corso circa ottanta pagine di ogni volume derivano dalla fonte originale, con la struttura concettuale di stampo anglosassone (lezione, sommario della lezione, esempi) a fare da ossatura.
Gestire l’integrazione con i nuovi componenti e l’eterogeneità dei contributi editoriali ha richiesto un’organizzazione tipica non tanto di una casa editrice, quanto di un grande gruppo industriale, dove l’iniziativa è nelle mani del marketing (l’Area collaterali del «Corriere della Sera») con un doppio ruolo: editoriale, con il progetto delle collane e la realizzazione attraverso accordi con altri editori e collaboratori esterni, ma anche pubblicitaria. Progetto, produzione, promozione sono attività parallele e unite indissolubilmente fin dalle origini. «Di fatto» conclude Tonfoni «siamo un po’ degli editor, un po’ dei product manager.»
I collaboratori redazionali sono esterni per modo di dire: appartengono a RCS Libri, con un curatore (Massimo Birattari), una caporedattrice (Cecilia Curti) e vari studi grafici. «Si tratta di una coproduzione» spiega Birattari «gestita da RCS Collezionabili insieme con RCS Libri e da uno studio editoriale esterno con almeno due redattori e almeno due grafici. Ogni volume ha 128 pagine ed è di grande formato, una via di mezzo tra libro e rivista.»
Nella ristrutturazione dell’opera, sottolinea Birattari, «conta molto l’aspetto della duplicità: libro più dvd. Il dvd non è un bonus superfluo, ma conta quanto il testo stampato: le interviste potrebbero tranquillamente entrare nella programmazione di un canale televisivo culturale».
La qualità tra edicola e libreria
Quando viene sostenuto da risorse rilevanti il mercato dei collaterali si conferma come una via efficace per valorizzare il patrimonio di catalogo di un editore. Nel caso di Io.scrivo, come sempre nel canale dell’edicola, la tiratura di partenza è stato molto alta con un prezzo molto basso (100mila copie a 4,90 euro per la prima uscita, poi altri ventitré numeri a un prezzo al limite massimo del mercato: 12,90 euro). A uscite felicemente concluse il risultato, per Tonfoni, è positivo: «Un venduto medio sulle ventiquattro uscite settimanali tra le otto e le 9mila copie, traguardo importante per un’opera rivolta a un pubblico mirato, che è quello cui ormai i collaterali devono rivolgersi in questa fase».
La fisionomia multimediale dell’opera cambia anche le abitudini di lettura legate al libro? «Difficile dirlo» secondo Tonfoni. «Non abbiamo dati certi sulla sovrapposizione tra pubblico dell’edicola e pubblico della libreria. Di sicuro c’è chi acquista le collane proposte con i quotidiani senza leggerle, per metterle nella libreria domestica. Ma questo accadeva soprattutto nella prima fase della diffusione dei collaterali, quando le opere erano più generaliste: oggi chi compra queste opere (anche le nostre collane di fumetti, in collaborazione con Disney o con Panini) compra per leggere: accanto al fondamentale interesse della collezionabilità si afferma un interesse per i contenuti.»
I due canali – pur raggiungendo nell’evoluzione del genere editoriale due tipi di pubblico sempre più tendenti a sovrapporsi – restano tuttavia governati da logiche distributive e di vendita profondamente diverse: un fascicolo in edicola, anche per una collana di lunga durata, dura una settimana, le rese arrivano in tempi rapidissimi. Come dire che la qualità nei collaterali c’è, ma va presa al volo, senza collegamenti con il canale della libreria.