L’editoria si fa soprattutto con i libri che vendono. Le classifiche però vivono spesso di fiammate momentanee e non tengono quasi mai conto di quei volumi che procedono con passo magari lento ma inesorabile per settimane, mesi, anni. Quand’anche appaiano in classifica, non fanno notizia e non sono oggetto di recensioni e dispute intellettuali. Eppure la bibliodiversità è garantita dalla Parodi, dai segreti, dai piccoli principi e dai dizionarietti: libri che grazie a un lento passaparola non finiscono mai di sobbollire, e godono di un rapporto speciale con una fascia di lettori difficilissima da classificare.
La lettura delle classifiche di vendita dei libri è sempre un esercizio istruttivo. Spesso per verificare come questo potente strumento serva a raccontare e descrivere quantitativamente una (grossa) parte dell’editoria, spesso per vedere, invece, come l’editoria e i libri sono raccontati da chi se ne occupa costantemente, e per mestiere.
Da qualche anno le classifiche di vendita, in Italia, sono diventate più veritiere e affidabili, anche per l’ingresso di alcuni operatori che hanno notevolmente migliorato e affinato il campo di ricerca. Ovviamente il campione di librerie prescelto potrebbe ancora essere perfezionato, e certamente sarebbe auspicabile che il sistema del «parametro 100» (fatto cento il libro più venduto durante la settimana, i risultati degli altri titoli più venduti sono riportati in proporzione) fosse sostituito da un ben più prosaico ma efficace numero assoluto, che dicesse, effettivamente – per quel campione di librerie considerate dal panel, d’accordo, ma un campione pur sempre rappresentativo – quante copie di ciascun titolo si sono davvero vendute. Ma su questo gli editori, che conoscono alla perfezione i dati (che sono, peraltro, venduti loro dalle società di rilevazione del mercato editoriale), non ci sentono. E, legittimamente, decidono di non divulgare (forse per non favorire i concorrenti?) i dati nudi e crudi.
Eppure, ben stranamente, quella del numero di copie vendute resta una delle principali leve di marketing pubblicitario del prodotto libro. Fateci caso. L’appetibilità di un libro nessuno ammetterebbe che possa essere rappresentata dal fatto di essere stato comprato da molte persone e di primeggiare nelle classifiche. Ma, inevitabilmente, ogni tot copie vendute, l’editore si affretterà ad apporre alle nuove ristampe una fascetta che strillerà il numero di copie raggiunto: «10mila copie vendute», «tre edizioni in una settimana», «100mila copie in un mese» e via via a millantare e pavoneggiarsi di numeri, fino al milione che, come quello del benemerito signor Bonaventura, diventa fatidico traguardo e salvifico beneficio per i conti di molti editori.
Ma le classifiche servono anche a capire qualcosa di più dell’editoria contemporanea. Prima di tutto perché hanno vincoli spesso stretti (o molto larghi, dipende da che punto la si vuole vedere) e così finiscono per radunare sotto voci parecchio lasche titoli difficilmente imparentabili tra di loro. Tipico il caso, e prendiamo da una classifica recente, pubblicata, cioè, appena prima di andare in stampa con questo saggio (novembre 2010), che nella Saggistica siano incasellati libri tra loro diremmo incompatibili.
E per forma e per contenuto: le riflessioni sulle parole di un autore di bestseller romanzeschi come Gianrico Carofiglio, le meditazioni letteratissime di un Pietro Citati su Leopardi, l’autobiografia del cantante Tiziano Ferro, i libri di giornalisti come Beppe Severgnini, Pietro Calabrese (sull’onda emotiva della sua scomparsa, il racconto-diario della sua malattia) o Giampaolo Pansa; l’intramontabile Corrado Augias, con i suoi «segreti», stavolta quelli del Vaticano.
Ma non basta ancora. Perché le classifiche vivono spesso di fiammate momentanee e non tengono conto, quasi mai, di quei libri che vendono lentissimamente ma costantemente, inesorabilmente, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno. Questi libri quasi sempre non compaiono nella top ten, restano nelle posizioni di retrovia. Ma soprattutto, quand’anche appaiano in classifica (e talvolta per molto tempo), di tali libri non si parla mai. Non fanno notizia.
Un libro di letteratura, un saggio impegnato che vende poche (relativamente) copie, può alimentare il dibattito dei giornali e degli intellettuali per mesi. Mentre il libro delle ricette di Benedetta Parodi non strapperà neppure un rigo, se non per parlare (spesso denigrando) di «fenomeno».
Ebbene: il fenomeno del 2010, editorialmente parlando, è stato proprio il libro delle ricette di Benedetta Parodi, Cotto e mangiato, edito da Vallardi. Popolare volto tv, autrice di un seguito programma sulla cucina e scovata con geniale mossa di marketing da Stefano Mauri, editore a capo del gruppo GeMS, con il suo libro la Parodi ci ha messo meno di un anno a superare il milione di copie vendute. Generando anche delle imitazioni e delle sfide interne al «genere»: e pensiamo alle Ricette di casa Clerici (Rizzoli) che avranno fatto leccare i baffi forse più che ai gourmet ai ragionieri di via Mecenate.
E se ci fosse bisogno di confermare che la Parodi è stata il fenomeno editoriale dell’anno, basti ricordare che in occasione della Giornata nazionale per la promozione della lettura del 23 maggio 2010, promossa dall’Aie e dal Centro per il libro e la lettura (lo slogan era: «Se mi vuoi bene il 23 maggio regalami un libro»), i tre testimonial per la lettura erano Gianrico Carofiglio, Roberto Saviano e, appunto, la Parodi.
A quel momento, al Salone di Torino, la Parodi si era già imposta come un fiume in piena. Sì, la tiratura del libro era stata generosa e l’editore ci aveva creduto da subito: 50mila copie in prima tiratura (novembre 2009), con una prima ristampa, di 11mila pezzi, ancora prima dell’apparizione in libreria, sulla scorta dell’entusiasmo delle prenotazioni.
I primi dati di venduto sono eccellenti. Sotto Natale il libro dilaga: le ristampe si succedono alle ristampe. A novembre 2010 saranno 18, con punte anche di 70mila copie a ristampa. E interessante notare che, in questa prima fase, il libro piace soprattutto al pubblico delle librerie. Infatti, nella grande distribuzione, il libro arriverà dopo. E nonostante questo, la flessione in libreria sarà molto relativa.
Il «fenomeno Parodi» si presta oltre che ad analisi numeriche anche a un tentativo di interpretazione sociologica. Che mette in rilievo l’azzeccata scelta strategica di Mauri.
Non si tratta solo del libro di una celebrity: in giro ce ne sono tanti, ma non vendono un milione di copie. E nessun libro di cucina ha mai venduto così tanto. È scattata, probabilmente, una voglia di identificazione con il personaggio, percepito come fresco e spontaneo. Vicino, accattivante, semplice. Nel quale rispecchiarsi, proprio come nelle ricette, semplici e alla portata davvero di tutti (compreso chi scrive: quindi «for dummies»…).
Se dunque la tv ha pagato, ancor più è il modo della scrittura che ha funzionato: un garbo e una misura, una cucina sorridente che rassicura. E sotto Natale 2010 la Parodi ci riproverà: benvenuti nella mia cucina parte, però, significativamente da 300mila copie di prima tiratura.
Il caso emblematico della Parodi serve, comunque, a riportare l’occhio su quei titoli che irrompono e sconvolgono le classifiche ma senza lasciare traccia nel dibattito mediatico. Beninteso: si capisce che un giornale, e soprattutto nelle sue pagine culturali, giustamente preferirà occuparsi di (alta) letteratura o casi d’attualità o argomenti di storia. Eppure l’editoria è fatta anche (soprattutto?) di libri che si assicurano vendibilità di permanenza lunga e praticamente certa presso il pubblico dei non lettori di letteratura, che siamo invece soliti considerare «i lettori» tout court.
Vale, questo discorso, per esempio, per i grandi nomi della letteratura popolare.
Uno per tutti. Sveva Casati Modignani: a oggi la scrittrice fittizia inventata da Bice Cairati e dal defunto marito Nullo Cantaroni ha venduto oltre 11 milioni di copie, dagli anni ottanta, con una ventina di titoli all’attivo. L’ultimo libro, Mister Gregory (sempre edito, come gli altri, da Sperling & Kupfer), uscito pochi mesi prima che scrivessimo queste note, è arrivato a quota 250mila. Ovviamente, senza nessuna seria recensione della critica militante.
Solo passaparola e, in questo caso, fedeltà assoluta al genere e all’autore.
Altra cosa, questa, che è interessante notare. Molti testi godono di un rapporto speciale con una fascia di lettori difficilissima da classificare.
E il caso di The Secret di Rhonda Byrne, uno dei bestseller «invisibili» più quotati, pubblicato dalla Macro Edizioni di Cesena. E un libro singolare, anche a vedersi: sembra quasi la parodia di un libro, intriso di elementi «esoterici» o medianici. Tutti quelli, insomma, che fanno storcere il naso al lettore forte e/o (presunto) avveduto. Segreti da scoprire, vita da rimettere in sesto, ricette non gastronomiche per farlo. Il potere magico del libro, insomma, condensato in una formula difficile da riassumere. Commercialmente, un portento.
The Secret, dalla sua uscita nell’ottobre del 2007, può vantare di essere sempre rimasto tra i primi cinque titoli nella classifica della Varia (altra sezione delle classifiche, che raduna tutto ciò che non sta dalle altre parti…) e «Il Giornale della Libreria» di novembre 2010 lo indica ancora tra i 50 titoli più venduti in assoluto nel primo semestre dell’anno in Italia. Il libro e il dvd continuano a vendere e a far parlare di loro grazie a un continuo passaparola e grazie anche al carisma e al fascino degli autori che hanno collaborato a realizzarli. Le cifre parlano di 400mila copie per il libro, cui si aggiungono altre 100mila per il dvd. Avete mai letto qualche recensione sui giornali?
Come forse difficilmente avrete sentito parlare di uno dei più prolifici e fortunati autori per ragazzi della letteratura italiana: il giornalista della «Gazzetta dello Sport» Luigi Garlando.
L’editore che lo pubblica, Piemme, è lo stesso che ha dato vita al fenomeno editoriale italiano più interessante degli ultimi dieci anni (compiuti proprio nel 2010): Geronimo Stilton. I libri del topo sono oggi tradotti in 35 lingue, venduti in 150 paesi del mondo, e in Italia sono 20 i milioni di copie vendute, cui aggiungere altri 25 milioni nel mondo. Nessuno può vantare simili numeri. E Stilton esce ormai con 40 titoli all’anno per soddisfare tutte le esigenze.
Ma torniamo a Garlando. La serie «GOL!», firmata da Garlando e pubblicata da Piemme nella collana «Il battello a vapore», racconta le vicende della squadra di calcio delle Cipolline: le sfide, le avventure e i sogni di un gruppo di ragazzi e ragazze che giocano al calcio. A novembre 2010 la serie ha raggiunto quota un milione di copie vendute, con una media di quasi 50mila copie per titolo e un pubblico di lettori fedelissimo e in continua crescita: un caso editoriale che sta varcando i confini della penisola. Le Cipolline sono ormai un fenomeno anche all’estero: hanno cominciato a uscire infatti le traduzioni in Spagna (catalano e castigliano), Grecia, Ungheria, Germania, Danimarca, Turchia, Indonesia, Cina, Brasile, Macedonia e Polonia.
Il primo episodio della serie, Calcio d’inizio, è stato lanciato nel 2006; oggi è in libreria il numero 20, Attacco alla difesa. All’uscita di ogni nuovo episodio, le Cipolline vanno ai primi posti della classifica della Narrativa Ragazzi. I genitori scrivono al sito di Luigi Garlando per esprimere entusiasmo e ringraziamento perché con «GOL!» i loro figli hanno finalmente conosciuto la passione per la lettura.
Un altro caso da manuale è il libro firmato da Alien Carr, È facile smettere di fumare, se sai come farlo. Nel biennio 2008-2009, nel nostro paese, è stato il libro più venduto nella sezione Varia. Non discutiamo sui contenuti – ma i fumatori assicurano che il metodo funziona, e come! di certo anche il solo titolo, fatto di speranza e convinzione, è efficace per i compratori. Lo pubblicano le edizioni EWI, acronimo di Easyway – nome del metodo di Carr – Italia. Dietro questa sigla si cela Francesca Cesati, ex accanita fumatrice, folgorata a Londra dalle lezioni di Carr, tanto da decidere di portarle in Italia.
Il libro, in Italia, per la verità c’era già stato. Lo aveva pubblicato, nel 1993, Sperling & Kupfer senza grandi esiti. Tornati i diritti al proprietario, il volume riappare nelle librerie italiane nel dicembre 2003, con una nuova traduzione, della stessa Cesati, e una missione: «redimere» i fumatori. Che ci riesca o no, per le casse della casa editrice è ossigeno a pieni polmoni.
Infine, un ultimo caso che quest’anno si è segnalato come esaltante. I due dizionari Italiano-Gatto e Italiano-Cane pubblicati dalle edizioni Sonda. Due bestseller da 85mila e 50mila copie rispettivamente, con un successo che è stato clamoroso fin dalla prima ora (il Gatto, uscito a febbraio, era partito con 3.000 copie…). È un filone nuovo da esplorare con dizionari Italiano-Cavallo e Italiano-Coniglio sulla rampa di lancio (con ben altri numeri, si presume). Ma anche qui ha funzionato l’immediata freschezza del titolo, decisamente vincente, che semplifica molto, mentalmente, lo sforzo di comprensione dei nostri animali domestici: e il successo ha portato i libri vicino alle casse, dove anche come last minute l’impulso all’acquisto è più irresistibile.
Ci sono poi i long-seller del tutto invisibili. Siamo forse abituati a vedere Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry risbucare qua e là nella classifica. Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1943. E uno dei bestseller più longevi e continui dell’editoria mondiale. Tradotto in oltre 150 lingue, si calcola che abbia venduto più di 50 milioni di copie in tutto il mondo. In Italia è stato pubblicato nel 1949: da allora ha venduto 6 milioni di copie. Attualmente vende in media 200mila copie all’anno, nell’edizione Bompiani.
La traduzione italiana corrente è di Nini Bompiani, moglie dell’editore. Un giorno Mario Andreose, allora direttore editoriale della casa editrice, chiese a Susanna Tamaro se voleva ritradurlo per rinfrescare la lingua: la scrittrice rispose di no perché il testo italiano che aveva letto e riletto fin dall’infanzia le sembrava perfetto.
Ma non bisogna dimenticare altri casi più nascosti. Per esempio L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, nelle edizioni Salani. Uscito nel 1996, ha oggi superato le 300mila copie e ne vende circa 25mila all’anno, senza l’aiuto della grande distribuzione che lo snobba a causa del formato piccolo.
O, ancora, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Sepulveda. Il libro ha venduto finora oltre un milione e mezzo di copie, ha vissuto un periodo di notorietà per l’uscita del film di animazione qualche anno fa ma poi, da un punto di vista mediatico, è stato dimenticato. In realtà anche quando uscì non fu considerato troppo dalla stampa, che lo incasellò nei libri per bambini e quindi come un’opera minore di Sepulveda. Il romanzo, presente in due edizioni, Salani e Guanda, vende ancora circa 40mila copie all’anno.
Che dire dei dizionari tascabili di Vallardi? Migliaia di copie all’anno (il top è il dizionario inglese, con almeno 15mila copie annue. Nel 2010, a ottobre, oltre le 17mila), da moltiplicare per diverse lingue. I titoli sono infatti 50: la Vallardi è leader di mercato nella fascia dei dizionari tascabili – e l’uscita, a fine 2009, della versione per iPad non ha compromesso le vendite del cartaceo, ma anzi ha contribuito a rinforzarle (probabilmente perché ha fatto bene al brand, svecchiandolo e facendolo vedere al pubblico più giovane e dinamico).
Si potrebbe continuare a lungo: con piccoli e grandi casi di libri che non appaiono nelle classifiche ma grazie a un lento passaparola non finiscono mai di sobbollire nel grande pentolone dell’editoria.
È dunque, la lettura di una classifica di vendita, un invito a guardare ai libri molto più laicamente. Non ci sono solo quelli per i letterati, e il mercato editoriale è spesso fatto di libri che non ci piacciono eppure sono decisivi. A volerla dire tutta, molta parte dei libri che riempiono i giornali di recensioni, polemiche e dispute degli intellettuali è sostenuta da questa editoria «invisibile», trascurata, poco riconosciuta ma molto molto solida. Ogni volta che entrate in libreria ricordatevi che la bibliodiversità è garantita dalla Parodi, dai segreti, dai piccoli principi e dai dizionarietti. Almeno nei grandi editori. I piccoli, spesso, non si pongono il problema. Sperando di trovare prima o poi anche loro un Riccio, un Camilleri e, perché no, un Luigi Garlando. L’editoria si fa soprattutto con i libri che si vendono: quelli che noi oggi, lettori distratti, abbiamo inspiegabilmente trascurato. Se supereranno, beninteso, l’ostacolo più arduo per un libro: il tempo.