Previste dalla riforma del ministro Gelmini, le Prove nazionali elaborate in forma di test dall’Invalsi sono somministrate in sei momenti del percorso scolastico, incluso l’esame di Stato al termine della scuola media e l’esame di Maturità al termine delle superiori. Le modalità dei test e la pedagogia loro sottesa sono una novità per la scuola italiana, davanti alla quale l’editoria scolastica assume un ruolo propositivo importante.
A partire dal 2005 in via sperimentale in alcune scuole, e poi dal 2007 in modo sistematico in tutto il sistema scolastico italiano, gli studenti di entrambi i cicli (dalla scuola primaria alla fine delle superiori) affrontano nel loro percorso una serie di Prove nazionali di italiano e matematica strutturate a test, che costituiscono una novità nel panorama dell’istruzione scolastica italiana. Previste dalla riforma del ministro Gelmini (decreto legge del 25/06/2008, n. 122, divenuto legge il 27/02/2009) con seguenti modifiche e aggiunte, tali Prove vengono elaborate in Italia dall’istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione (Invalsi), collegato al Ministero dell’istruzione. Scopo dichiarato delle Prove è mettere in atto un meccanismo per monitorare l’efficacia formativa della scuola italiana attraverso la misurazione periodica dei livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti, con riferimento a obiettivi stabiliti.
Accompagna questa novità il ritardo della legge, che prima ha imposto il cambiamento operativo e poi ha iniziato a prevedere piani per modificare le strategie didattiche. A tutt’oggi, l’adeguamento del sistema dell’istruzione pubblica alla prassi dei test Invalsi procede in modo discontinuo sul territorio italiano. In questa situazione, l’editoria scolastica ha assunto un ruolo propositivo importante, riempiendo di contenuti la confezione della riforma. Ingredienti fondamentali della risposta editoriale sono stati: una seria considerazione della filosofia sottesa alle Prove, l’attenta osservazione della realtà scolastica, una buona dose di inventiva e calcoli di marketing.
1. La pedagogia dei test
I test che compongono le Prove costituiscono modalità inedite per la scuola italiana sia nella forma sia nei presupposti docimologici. Nella forma, poiché sono costituiti in gran parte da domande a risposta chiusa, con quattro opzioni di scelta tutte plausibili, delle quali solo una è da considerarsi corretta. I pochi quesiti a risposta aperta richiedono per lo più veloci riformulazioni di microtesti, mentre mai è prevista la produzione di testi complessi (qualcosa di simile al tradizionale «tema» o «commento»).
Nei presupposti docimologici, perché i test mirano idealmente a valutare i «processi» logico-cognitivi messi in atto dai ragazzi nel rispondere alle domande. Il modello di riferimento sono i test PISA [Programme for International Student Assessment] dell’organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che si ispirano alla pedagogia costruttivista e sono pensati per valutare soprattutto le competenze di «problem solving» dei ragazzi. Di norma, i quesiti dei test PISA propongono problemi concreti che i ragazzi devono risolvere – in un limitato periodo di tempo – elaborando le proprie conoscenze e intrecciandole con la complessa rete delle competenze logiche acquisite fin lì.
2. I test nella scuola italiana
In realtà, la versione italiana messa a punto dall’Invalsi non abbraccia pienamente la pedagogia che informa i test PISA, ma utilizza la formula del quiz soprattutto per verificare i processi di comprensione, la capacità di riflessione teorica e la velocità di applicazione delle regole. Ciononostante, i riscontri della sperimentazione prima, e della somministrazione regolare delle Prove Invalsi nelle scuole italiane poi mettono in luce un grande disagio da parte dei ragazzi, da un lato, e dall’altro un certo senso di frustrazione da parte dei docenti, costretti ad aggiornarsi velocemente per aiutare i propri studenti a prepararsi a queste modalità di verifica.
3. La risposta dell’editoria scolastica
Di fronte a questi nuovi bisogni della scuola, quali strumenti mette dunque a disposizione l’editoria scolastica? Principalmente materiali di quattro tipi: libri di testo (curricolari) «adattati», libri specifici non adozionali, guide per l’insegnante arricchite di apparati costruiti ad hoc, strumenti multimediali on line.
3.1. L’adattamento dei libri di testo investe vari aspetti e può avvenire per diversi gradi di coerenza. I risultati migliori sono quelli che nascono dalla ridefinizione dell’intero progetto didattico, ovvero della struttura che deve avere il corso nella sua interezza (testo, paratesto, organizzazione dei contenuti, apparati operativi, verifiche, iconografia, grafica, collegamenti interdisciplinari, fascicoli opzionali, completamenti sul web ecc.) affinché il suo utilizzo corrisponda a una certa idea di didattica. L’introduzione dei test ha infatti dato ulteriore impulso al processo di ammodernamento della visione didattica in atto da qualche anno, nella direzione dello sviluppo di «competenze» che nascano dall’elaborazione delle «conoscenze» e dell’affinamento delle «abilità» (linguistiche, logiche, mnemoniche, euristiche). Rinnovamento della visione didattica declinato con accenti diversi nella riforma Moratti (2003), nelle successive Indicazioni per il curricolo di Fioroni (2007) e nella recente riforma Gelmini, e interpretato in modo molto vario nella scuola reale.
In questo quadro, gli editori scolastici hanno spesso preso l’iniziativa e proposto strumenti utili a calare la pedagogia nella concretezza del processo di insegnamento/apprendimento, appunto attraverso libri costruiti in modo nuovo. Nei nuovi corsi, per esempio, rimangono le domande di comprensione in pagina (per i testi verbali) e gli esercizi di prima applicazione (per i testi matematici), ma sempre maggior spazio viene riservato ad attività che conducono a prendere coscienza dei nessi logici tra gli eventi, a ricostruire quadri complessi, a orientarsi in realtà problematiche che devono essere sentite affini a quelle in cui ci si può ritrovare nella vita concreta. Inoltre, nei testi di grammatica e nelle antologie per le scuole medie vengono potenziate le attività di analisi testuale, per abituare i ragazzi a monitorare la qualità della propria comprensione. E nello «stile Invalsi» vengono strutturate le verifiche sommative, che intendono testare la capacità di incrociare ed elaborare le conoscenze acquisite attraverso intere «Unità di apprendimento» (quelle partizioni di testo che servono al raggiungimento di un insieme di obiettivi formativi). Per tutti questi aspetti, una panoramica sulla produzione recente dell’editoria scolastica rivela offerte interessanti.
Ci sono però molti casi di «adattamento» del testo di scuola alla pratica dei test condotto in maniera superficiale e poco efficace. Il caso più banale, l’introduzione sistematica di quesiti a risposta chiusa con quattro opzioni, senza grande attenzione né ai contenuti del quesito né alla sua formulazione. Di questi veloci maquillages se ne sono visti diversi, soprattutto nella produzione per l’anno scolastico 2009-2010, progettata nel 2008 e investita «in corsa» dalla novità Invalsi. Il che denuncia una faticosa e ben discutibile risposta da parte di alcuni settori dell’editoria scolastica, sicuramente, ma anche lo scollamento tra il Ministero e la realtà del mercato librario scolastico, per cui spesso le riforme e le revisioni della normativa arrivano o in ritardo sui tempi della programmazione editoriale (che si svolge da marzo a novembre, con possibili code a dicembre), o addirittura fuori tempo massimo (come nel caso della riforma dei programmi delle superiori, varata a maggio 2010, a libri già in fase di stampa, per entrare in vigore immediatamente nel settembre successivo).
Rilevanti sono anche le proposte dell’editoria scolastica per testi di supporto, non adozionali, specificamente pensati per «allenare» gli studenti ai test. Per la produzione 2010-2011, le case editrici hanno avuto il tempo per cercare e ingaggiare «esperti» del linguaggio Invalsi, per lo più insegnanti che si tengono informati e partecipano ai vari seminari di aggiornamento organizzati da enti di ricerca vicini al mondo della scuola.
Dalla loro consulenza sono scaturiti fascicoli e libretti, talvolta accompagnati da una versione specifica per l’insegnante, offerti sul mercato a prezzi contenuti. L’insegnante può decidere se includerli nei libri «consigliati», che quindi i ragazzi non sono obbligati a comprare, oppure se farne acquistare un certo numero dalla scuola, o ancora se utilizzare la propria copia per farne fotocopie al bisogno. Ciò che è rilevante notare è il valore didattico mediamente alto di questi strumenti, che appunto perché specifici e opzionali puntano tutto sulla qualità e chiarezza d’uso dei materiali presentati.
3.2. Gli stessi esperti dei fascicoli opzionali contribuiscono poi alla stesura di parti specifiche da inserire nelle «guide per l’insegnante», volumi spesso corposi (dalle 300 alle 500 pagine in media, fino al parossismo delle mille pagine per alcune guide allegate a corsi di grammatica) che forniscono ai docenti aiuti per la programmazione annuale, spunti per l’utilizzo dei volumi del corso cui sono allegati, le soluzioni di tutti gli esercizi previsti, le schede di verifica sommativa da somministrare per i compiti in classe e – appunto – batterie di esercizi in preparazione alle Prove Invalsi.
A prima vista, il valore di mercato dei testi non adozionali e delle guide può sembrare quasi nullo: i primi incontrano sia la riluttanza delle famiglie ad acquistarli sia la cautela dei docenti nel consigliarli, per non fare sforare il tetto di spesa stabilito dalla legge per l’acquisto di libri di scuola; le seconde sono addirittura regalate, offerte gratuitamente agli insegnanti insieme ai volumi-saggio del corso. Ma ciò che sembra non è: entrambi questi prodotti hanno un notevole peso all’interno di una contrattazione commerciale, quella tra propagandista (non sempre monomandatario) e insegnante nel momento cruciale della scelta dei corsi per le nuove adozioni. Docenti disorientati o preoccupati davanti all’improvvisa ufficialità dei test Invalsi possono considerare la presenza – in guida o in fascicoli aggiuntivi – di ausili per le Prove determinanti ai fini della loro scelta. E la loro decisione, in base alla normativa Gelmini, varrà per cinque anni nella scuola primaria e sei anni nella secondaria di primo grado (scuola media), ovvero più del normale ciclo di vita di un prodotto editoriale. Il corso scartato perché non adeguato al bisogno non viene accantonato: viene ucciso.
3.3. Infine, ultima nota in questa veloce panoramica ma non ultima per importanza, la risposta dell’editoria scolastica all’innovazione Invalsi corre anche sul web. Il potenziamento dell’offerta editoriale scolastica on line deriva anch’esso dalla riforma Gelmini (DL del 25/06/2008, articolo 15), la quale stabilisce che, «a partire dall’anno scolastico 2011-2012, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da Internet o mista». Al di là dei numerosi nodi problematici suscitati e non affrontati da questa riforma, che non tiene sufficiente conto delle modalità concrete della scuola italiana né della realtà delle famiglie (e neanche delle necessità delle aziende editoriali), è rilevante qui notare che il web offre alle case editrici di scolastica un ambiente utile per potenziare la loro offerta di materiali extracurricolari e di strumenti di approfondimento. Inoltre, per quanto riguarda le Prove Invalsi, la forma digitale e la collocazione in Internet si prestano particolarmente bene ad «allenare» i ragazzi alla modalità dei test, grazie alla possibilità dell’autocorrezione e alla (potenzialmente) grande libertà di accesso. Di fatto, già dall’anno scolastico 2010-2011, tutti i portali degli editori di scolastica offrono aree apposite per preparare gli studenti ai test Invalsi.
Ovviamente, cambia il tipo di fruizione degli oggetti didattici rispetto al cartaceo, ma permangono le criticità sopra accennate riguardo a come sono costruiti questi strumenti e con quale valore formativo. Tuttavia, il dato più interessante che emerge dall’affermarsi di questa novità è la spinta a una maggiore interazione tra utente e gestore dei contenuti. Infatti, il software rivela immediatamente qual è la risposta corretta, ma raramente dà indicazioni per riflettere sui motivi per cui le altre risposte sono sbagliate. Alcuni test ben costruiti arrivano a prevedere la possibilità di fare apparire finestre di commento sulle risposte sbagliate, ma tutti questi accorgimenti non riescono a eguagliare l’efficacia di una risposta personalizzata del docente. Si profila allora la necessità di sistemi di tutoraggio on line, che vengano gestiti da docenti o da operatori con competenze simili. Su questo fronte, paiono aprirsi nuovi orizzonti di collaborazione tra le case editrici scolastiche e la scuola.