Il confronto tra Italia e Spagna sui dati relativi alla penetrazione della lettura dà uno di quei risultati che si definiscono «tennistici»: Italia 42,1% vs Spagna 60,5%. È più che un sorpasso, è un allungo per il paese iberico che, nonostante varie analogie con l’Italia – influenza della Chiesa, profonde differenze tra Nord e Sud, una dittatura fascista nel secolo scorso – è stato teatro di importanti cambiamenti strutturali con circa dieci anni di ritardo. Colmato il divario e stabilite le basi per una democratizzazione della lettura, la Spagna è stata capace di approntare un piano di promozione della lettura a lungo termine. In una parola, vincente.
La notizia del cosiddetto «sorpasso» della Spagna nei confronti dell’Italia ha riecheggiato nel 2008 su tutti i media nazionali, sottolineando più volte la quasi inesistente crescita economica italiana in relazione alla galoppante accelerata iberica. Se infatti nelle varie classifiche europee la Spagna ha sempre occupato una posizione inferiore alla nostra, recenti macrodati confermano che negli ultimi anni è in atto un’inversione di tendenza – peraltro già percepita –, e non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello culturale.
In base a ciò che emerge da uno studio comparativo, sembra che anche per quanto riguarda la lettura gli spagnoli siano più avanti di noi. Relativamente a tale pratica culturale non esiste al momento una metodologia di rilevazione comune a livello europeo, così le indagini statistiche nazionali sono le uniche a disposizione per poterla quantificare e analizzare storicamente. In Italia è l’Istat a raccogliere dati puntuali sulla lettura con cadenza annuale, fotografando di volta in volta la penetrazione della pratica nel nostro paese tra i residenti maggiori di sei anni. Inutile ripetere le solite cose: la lettura è troppo poco diffusa e addirittura nel 2007 ha registrato un calo di «popolarità», poiché solo il 43,1% della popolazione di riferimento ha dichiarato di aver letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi, contro il 44,1% del 2006. In Spagna apparentemente le cose vanno molto meglio, in quanto le indagini portate a termine annualmente da Precisa Research (e da Conecta nell’ultimo anno) attestano nel 2007 una penetrazione della lettura corrispondente al 60,5% tra i residenti sopra i quattordici anni. Ma occorre fare da subito una precisazione: nella penisola iberica i lettori vengono quantificati in base alla frequenza con la quale esercitano la pratica culturale; in altre parole in Spagna si è lettori se si è letto almeno una volta negli ultimi tre mesi. Allora subito verrebbe da obiettare che la tecnica di rilevazione spagnola è più imprecisa di quella italiana, che il campione considerato è differente e che quindi evidentemente c’è stato un errore. Ma a quanto pare così non è.
Mettendo infatti opportunamente a confronto i due paesi, si dimostra che il «sorpasso» è avvenuto anche per quel che concerne la lettura, e nel nuovo millennio si è addirittura consolidato. Dai dati statistici a disposizione si può procedere a una rielaborazione ponendo quasi sullo stesso piano Italia e Spagna: nel nostro paese si prende come base la popolazione maggiore di quindici anni, nell’altro invece quella di quattordici (ciò è realizzabile perché nella nostra penisola si possono facilmente calcolare i lettori al di sopra dei quindici anni grazie alle singole percentuali di penetrazione nelle diverse fasce d’età). Mentre in entrambi gli stati il terreno di comparazione è il numero di libri letti, e nello specifico viene considerato lettore chi ha letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi – senza però discriminare in Spagna tra i libri scolastici e/o professionali e quelli letti durante il tempo libero, così come invece avviene in Italia (nelle indagini spagnole, dal 2003 vengono forniti anche i dati sul numero di libri letti dagli intervistati, quindi si può prendere come base la stessa normalmente usata nelle inchieste italiane).
Il distacco tra i due paesi mediterranei sembra evidente dal 2003 a oggi, e corrisponde a una percentuale di penetrazione del 42,1% in Italia rispetto a un 60,5% in Spagna nel 2007. Si potrebbe obiettare che il valore più alto nella penisola iberica sia dovuto all’incidenza dei libri scolastici e professionali sul totale, ma solo il 6,8% dei lettori spagnoli dichiara di leggere per motivi di studio e il 2,3 % per motivi professionali. Per cui, sottraendo queste percentuali dal totale, il dato spagnolo risulta sempre maggio-re di quello italiano.
Ma a cosa è dovuta questa superiorità della Spagna, che pur si trova a livelli inferiori di quelli medi europei? Uno stato che ha vissuto i cambiamenti economici, politici e sociali tipici di un paese occidentale moderno con un certo ritardo rispetto ai vicini europei era inevitabilmente destinato a crescere, specialmente nella frenetica società dell’informazione.
Nonostante le varie analogie con l’Italia – l’influenza della Chiesa e della Controriforma, profonde differenze interne tra le regioni del Nord e quelle del Sud, una dittatura fascista nel secolo scorso – la Spagna è stata teatro di importanti cambiamenti strutturali con circa dieci anni di differenza rispetto al nostro paese; così si sono verificati più tardi tutti i fenomeni che contribuiscono alla diffusione della lettura, come l’alfabetizzazione di massa, l’aumento del reddito pro capite, l’ingresso della donna nel mondo del lavoro e una più generale secolarizzazione della società.
Nello specifico il lento processo verso una totale alfabetizzazione della società spagnola, indispensabile per un’ampia diffusione della lettura, si arrestò solo negli anni novanta (in Italia nel decennio degli ottanta) e fu coadiuvato da una serie di riforme scolastiche che lo accelerarono, tra cui la legge del 1970. Ma l’evento sicuramente più eclatante fu la fine del regime franchista: solo dopo la morte del generale Franco nel 1975, il paese iniziò una transizione verso la completa democrazia, compiutasi nel 1982, quando salirono al potere i socialisti con il motto «Por el cambio». Da allora la Spagna mutò profondamente e un fervore diffuso – etichettato con il vocabolo ormai abusato movida – incarnava un preciso spirito di libertà sfrenata dopo circa quarant’anni di repressione culturale, testimoniata peraltro da una legge sulla censura in vigore fino al 1975. È solo dalla seconda metà degli anni ottanta che iniziarono a consolidarsi tutti quei fenomeni di secolarizzazione tipici di una società moderna, e che nel contempo l’economia in netta ripresa diede un ulteriore impulso ai consumi culturali. Inoltre un vero e proprio cambio di gusto dettò come criterio di comportamento quello di mostrarsi persone colte e che leggono libri: così «El Pais», quotidiano simbolo dello spirito progressista e principale veicolo dell’opinione pubblica, con il suo inserto culturale «Libros» era in grado di spingere gli spagnoli a recarsi in libreria e a comprare, tra gli altri, i libri gialli o neri di Anagrama solo perché la casa editrice era considerata spregiudicata, senza neanche occhieggiarne il contenuto. Altre protagoniste indiscusse dei cambiamenti sociali furono le donne che, dapprima relegate a semplici amas de casa, lentamente si emanciparono facendo il loro ingresso nel mondo del lavoro e diventando sempre più istruite: da sempre divoratrici di romanzi e lettrici più assidue in tutti i paesi sviluppati, in Spagna superarono gli uomini negli indici di penetrazione della lettura solo nel 1998, mentre in Italia tale cambio di tendenza avvenne almeno dieci anni prima.
Ora dunque non ci sono più ritardi, anzi, si assiste anche per quel che riguarda la lettura a un vero e proprio sorpasso. E non solo sugli indici di penetrazione, ma anche sulle iniziative istituzionali destinate a diffondere la pratica culturale tra la popolazione.
Infatti, una volta stabilite le basi per una democratizzazione della lettura (alfabetizzazione prima di tutto), cosa può farne espandere ulteriormente la pratica?
Una risposta possibile sembrerebbe venire sempre dalla Spagna e dal suo piano nazionale di promozione della lettura, avviato nel 2001 e denominato Pian de Fomento. Ben strutturato e con una certa progettualità a lungo termine, ha l’obiettivo dichiarato di diffondere la lettura tra la popolazione spagnola, considerandola come strumento insieme di emancipazione individuale e sviluppo collettivo. Il piano si suddivide in varie aree che comprendono attività di promozione per infondere il piacere della pratica di leggere e progetti diretti alle scuole, indispensabili per insegnare, comunicare, tramandare un’attività innaturale come la lettura; oltre a campagne di comunicazione condotte su scala nazionale dalle entità istituzionali con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica.
Tenendo allora in considerazione che la Spagna si è alfabetizzata più tardi rispetto all’Italia e che ha avuto una crescita economica più recente – e che dura tuttora –, si capisce che non solo abbia raggiunto l’Italia in alcuni campi politici e sociali, ma che in taluni casi l’abbia anche effettivamente superata. Colpa forse della stagnazione generalizzata che vive il nostro paese negli ultimi anni, o merito del dinamismo iberico – piano di promozione della lettura incluso – sullo sfondo di una globalizzazione che ha permesso una crescita senza precedenti dell’economia mondiale? Entrambe le ipotesi sembrano fondate, e se in Italia nessuna iniziativa coordinata in materia di scuola e promozione della lettura verrà messa in atto per colmare le lacune, pare che non solo la Spagna, ma anche altri paesi siano destinati a «sorpassarci» in un futuro molto vicino.