Le biblioteche moderne non hanno ancora risolto il rapporto con la stampa periodica: poche le testate a disposizione degli utenti, ancora meno quelle censite nei cataloghi on line. Pochissimi sono i fumetti e tra questi prevalgono i titoli «storici»: «Topolino» è presente in almeno 170 biblioteche, «Linus» in 123, mentre «Witch» soltanto in 24 e «Winx» in 7. Oltre all’oggettiva difficoltà di gestione dei periodici, viene il dubbio che l’intrattenimento entri ancora con difficoltà nelle biblioteche. Strategico è allora il ruolo di un prodotto nuovo come il graphic novel.
La biblioteca moderna si sta trasformando in un sistema informativo, in grado di soddisfare e ampliare le esigenze dell’utenza verso una condivisione universale della conoscenza, una macroentità in cui le singole biblioteche sono punti localizzati geograficamente di una rete virtuale e dove qualunque documento è in teoria reperibile.
Mentre sono in corso questi mutamenti, le biblioteche non hanno ancora risolto in modo soddisfacente il rapporto con la stampa periodica che, così come la conosciamo, sembrerebbe destinata a scomparire, a causa della rivoluzione digitale in atto. Le biblioteche riescono ad acquisire e a mettere a disposizione dell’utenza solo una parte dei numerosissimi periodici prodotti in Italia. E tra questi, sono ancora meno i fumetti reperibili.
Il problema si pone, con accenti diversi, sia per le biblioteche di pubblica lettura, capillarmente presenti in quasi tutti i Comuni italiani, sia per le biblioteche di conservazione. Le due tipologie si distinguono per le diverse categorie di documenti acquisiti (libri, riviste e quant’altro) e per le differenti procedure di conservazione e scarto. Mentre le biblioteche di pubblica lettura sono anche punti di riferimento aggregativi per le comunità e modificano nel tempo le proprie raccolte, legandole all’attualità, quelle di conservazione possono avere specifiche connotazioni storiche, editoriali, linguistiche o scientifiche.
In tutto, le biblioteche censite in Italia dall’Iccu (Istituto centrale per il catalogo unico) sono più di 15mila.
Le opere a fumetti possono essere presenti sia nelle biblioteche di pubblica lettura sia in quelle di conservazione. In realtà, queste opere sono state relativamente trascurate dalle biblioteche italiane. Percepiti come prodotti minori o di scarso valore, i fumetti sono presenti sporadicamente e rimangono relegati in circuiti di lettura e consumo specifici. La discriminazione subita dal fumetto è però un discorso talmente banale che non ha senso esprimerlo con toni di rivendicazione. Infatti, nell’ambito bibliotecario, il fumetto è stato trattato con modalità analoghe a quelle utilizzate per la stampa periodica in generale. E poi, come vedremo più avanti, qualcosa sta cambiando.
Dalla metà degli anni sessanta il fumetto ha cominciato a essere pubblicato anche in forma di libro, ma ancora oggi le tirature più importanti sono riservate alle edicole. Perciò è giusto riconoscere che il fumetto è stato finora essenzialmente un fenomeno legato alla cultura popolare e di massa. E come tale è spesso rimasto escluso dagli scaffali delle biblioteche.
Ragioni di ordine economico e strutturale impediscono l’acquisto indifferenziato di ogni documento periodico in circolazione. Le scelte d’acquisto privilegiano quotidiani e riviste d’attualità, come è ovvio aspettarsi. Ma un altro criterio è quello della continuità, che va a scapito dei periodici più recenti anche quando premiati da una larga diffusione.
Non esistono statistiche o dati relativi alla presenza e alla fruizione di fumetti nelle biblioteche (per inciso, non sono disponibili neanche le tirature e le vendite della stragrande maggioranza dei fumetti pubblicati in Italia). I dati raccolti si concentrano sui lettori e su alcuni loro comportamenti, senza approfondire la natura dei documenti fruiti.
Per poter formulare qualche riflessione, è necessario dunque consultare gli Opac (On line Public Access Catalogue), tenendo conto che l’informatizzazione delle biblioteche non è ancora completa e non tutti i cataloghi sono stati riversati in rete. Inoltre, la catalogazione non è una scienza esatta. Può capitare che uno stesso documento (monografia o testata periodica) sia catalogato in modi anche solo leggermente diversi e appaia così in più voci, ostacolando le ricerche che lo riguardano e gonfiando inutilmente i cataloghi.
Nonostante questi limiti, la ricerca può iniziare all’interno del principale circuito librario esistente, quello delle circa 3.200 biblioteche e 60 poli bibliotecari presenti in Sbn (Sistema bibliotecario nazionale), con lo scopo di fornire alcuni esempi che evidenzino una presenza dei periodici, a maggior ragione se a fumetti, ridotta rispetto alla produzione esistente.
Ho eseguito la ricerca attraverso il portale Internet Culturale (http://www.internetculturale.it; ma talvolta è più efficace il meno moderno http://opac.sbn.it). I quotidiani sono i periodici più presenti. Troviamo il «Corriere della Sera» nel catalogo digitale di almeno 750 biblioteche e altrettante localizzazioni appaiono per «la Repubblica».
Tra gli altri periodici più celebri, è interessante trovare «Famiglia Cristiana» in circa 550 biblioteche, «Quattroruote» in poco più di 100, «Airone» in 260, «Donna Moderna» in 41, «Vanity Fair» in poco più di 10 e «Max» in nessuna. Le biblioteche utilizzano quindi le proprie risorse, spesso limitate, per aggiornare le raccolte esistenti, evitando di prendere in considerazione quelle pubblicazioni che sono ritenute prive di contenuti informativi e culturali. Per esempio, la rivista «Informatica e Diritto» è presente nei cataloghi pubblici di almeno 57 biblioteche; al contrario, i periodici considerati troppo vicini al concetto di intrattenimento sono in linea di principio scartati dai piani d’acquisto, a meno che la loro acquisizione non sia ormai consolidata.
Questo criterio vale anche per le opere a fumetti. Il settimanale «Topolino» è presente in almeno 170 biblioteche. Ma i due albi per ragazzi in assoluto di maggior successo usciti negli ultimi anni, cioè «Witch» e «Winx», sono presenti rispettivamente in 24 e 7 biblioteche. Parliamo di veri e propri fenomeni di massa, da cui sono stati tratti anche cartoni animati e che sono tradotti in molti paesi esteri. Addirittura, il successo delle Winx è stato esaminato dalla stampa nazionale sotto il profilo finanziario e societario. Per «Monster Allergy», altra deliziosa serie per ragazzi, è andata ancora peggio: solo 2 biblioteche sono in grado di proporlo ai propri utenti.
Invece, guardando tra le varie riviste mensili, il classico «Linus» è reperibile in 123 biblioteche. Il più moderno mensile «Scuola di Fumetto» è disponibile in sole 7 biblioteche.
Passando agli albi popolari, l’inossidabile «Tex» compare nei cataloghi di 17 biblioteche, «Diabolik» in 10, «Dragon Ball» (varie edizioni) in 9 e «L’Uomo Ragno» in 6. Una presenza così contenuta denota la sottovalutazione di una importante risorsa di lettura. La biblioteca non può essere solo un custode immobile del sapere istituzionale e del passato ma deve sapersi proporre anche come punto d’accesso alle conoscenze più moderne.
Ho provato a consultare anche il Polo Regionale Lombardo e posso stimare che contiene da solo un buon 40% dei titoli dei periodici a fumetti del circuito Sbn, spesso le testate più datate. Al contrario, quelle più moderne sono presenti soprattutto in Emilia Romagna, dove non casualmente c’è una diffusione capillare anche di negozi specializzati (le cosiddette fumetterie).
Tra le biblioteche presenti in Sbn, molte sono però di conservazione, magari su tematiche di settore.
La ricerca dovrebbe allora proseguire all’interno delle migliaia di biblioteche di pubblica lettura, aderenti a sistemi territoriali e non a Sbn. Scorrendo alcuni Opac si scopre che in generale proprio i periodici sono presenti solo in piccola parte nei cataloghi on line, quando, con ogni probabilità, sono materialmente più che presenti nelle rispettive biblioteche. Il problema è che la catalogazione è onerosa e quella dei periodici in particolar modo, soprattutto se si vuole effettuare il cosiddetto spoglio dei titoli analitici, operazione catalografica consistente in sostanza nell’inserimento degli indici dei fascicoli.
Se prendiamo per esempio l’efficiente rete bibliotecaria della Provincia di Brescia, di cui fanno parte quasi 300 biblioteche di pubblica lettura, troviamo poche centinaia di testate periodiche nell’Opac. Di queste, solo 37 sono di fumetti. Per dare un’idea di quanto il numero sia limitato, basta rilevare che presso la biblioteca specializzata del Centro Fumetto «Andrea Pazienza» di Cremona, le testate in catalogo sono al momento 1.075, di cui circa 150 correnti. I dati disponibili sono quindi relativamente bassi.
Troviamo «Topolino» in 26 biblioteche, e non è detto che il periodico sia aggiornato in tutte, «Linus» in 12, «Lupo Alberto» in 4, «Tex» in 5, «Dylan Dog» in 3. Diverse testate di Sergio Bonelli Editore sono invece concentrate in un’unica biblioteca, dove evidentemente o il bibliotecario ne è appassionato o gli utenti sono riusciti a incidere sulla programmazione degli acquisti.
Dunque, le ragioni di questa contenuta presenza vanno ricercate lungo due versanti. Il primo è culturale: tutto ciò che è legato all’intrattenimento più difficilmente entra in una biblioteca, che innanzitutto deve garantire la presenza di opere «di livello», per quanto ne sia opinabile la definizione. Ogni biblioteca cerca di garantire almeno una pubblicazione per argomento. Si spiega così la relativa presenza di «Linus» o di «Il Giornalino» (lo possiedono almeno 200 biblioteche appartenenti a Sbn). Ma il secondo versante della questione è decisivo: la maggiore difficoltà di gestione dei periodici sotto i profili finanziario, catalografico e banalmente fisico. I periodici hanno formati diversi, hanno spesso bisogno di raccoglitori adatti, devono essere catalogati prima come testata e poi come singolo fascicolo (operazioni anche semplici ma che si moltiplicano a seconda delle testate). Infine sono difficilmente acquistabili presso un unico fornitore. In alcuni casi è necessario abbonarsi singolarmente, in altri è indispensabile rivolgersi a circuiti specializzati. Mentre le biblioteche più grandi o di conservazione dispongono di strumenti amministrativi più flessibili (e in alcuni casi possono contare sull’istituto del deposito legale, recentemente oggetto di revisione) quelle di pubblica lettura, solitamente in capo a enti locali, devono seguire procedure talvolta rigide e magari appaltare a un unico fornitore tutti gli acquisti. Così, quante biblioteche sono in grado o disposte ad affrontare tutte queste difficoltà per acquisire, per esempio, una selezione di manga e supereroi?
I sempre più numerosi supplementi a fumetti allegati a quotidiani e settimanali sono un caso a sé. Il loro acquisto può essere l’occasione di allestire una piccola sezione tematica. Ci sono però due problemi: gli allegati in questione costano come un libro economico. Ogni collana si compone in genere di alcune decine di volumi, facendone lievitare il costo complessivo.
Rimane poi aperto il problema se considerarli singole monografie o supplementi di periodici. Non è una questione di lana caprina, perché se vengono considerate monografie (è il criterio seguito dal Centro Fumetto «Andrea Pazienza») possono più facilmente essere reperibili a catalogo tramite le ricerche per titolo e per autore.
Negli ultimi anni, si è imposto in libreria il nuovo filone commerciale dei cosiddetti graphic novels o romanzi a fumetti. Il libro a fumetti non è una novità, almeno dagli anni sessanta. Ma dieci anni fa, il fumetto sembrava ormai estromesso dalle librerie generaliste italiane. La tendenza si è ribaltata grazie a editori come Kappa Edizioni, Hazard, Punto Zero e Coconino Press (tra gli altri) che sono stati in grado di riportare il libro a fumetti all’attenzione di un pubblico non specialistico. Un elemento che ha facilitato questo successo (che al momento deve consolidarsi) è costituito dalle tematiche affrontate, di frequente legate all’attualità e al quotidiano. Il target di questi libri non è più il classico appassionato di fumetti, alla ricerca di emozioni, ma un pubblico più ampio che può essere interessato a tematiche diverse come l’olocausto, la condizione femminile, l’11 settembre, i misteri irrisolti della storia contemporanea italiana.
Il fenomeno sta interessando di riflesso anche le biblioteche, proprio per gli stessi motivi che ostacolano l’acquisizione dei periodici. Mentre per i periodici a fumetti servono in genere competenze specifiche e la loro gestione è onerosa sotto molti profili, per i libri a fumetti è esattamente il contrario.
Lo dimostrano alcuni esempi. Sempre facendo riferimento all’Opac di Sbn, scopriamo che Maus, il capolavoro di Art Spiegelman, pubblicato prima dell’esplosione del fenomeno graphic novel, è presente sotto otto diciture bibliografiche diverse nei cataloghi on line di 66 biblioteche. Anche se in nessuna compare, per ora, l’edizione definitiva di Einaudi uscita nel 2000, il risultato indica che sono state riconosciute la notorietà e l’importanza di questa opera.
Il più recente Persepolis, dell’iraniana Marjane Satrapi, costituisce un caso ancora più notevole, essendo reperibile in edizione italiana sotto diverse diciture in quasi 300 biblioteche. Questo accade perché l’opera non è vista come un semplice fumetto ma come un’occasione per conoscere, tra le altre cose, la condizione femminile in Iran.
Con l’autore Gianni Pacinotti, in arte Gipi, otteniamo un’ulteriore conferma. Tutti i suoi libri sono presenti in quasi 150 biblioteche appartenenti a Sbn. Il titolo più presente è Appunti per una storia di guerra. Anche qui, le opere di Gipi non sono viste come classici fumetti d’avventura ma come i libri di un originale narratore che usa il fumetto. Le biblioteche si interessano e riescono a reperire il volume sia nella versione edita dalla piccola Coconino Press che in quella curata da Rizzoli, già disponibile in 46 biblioteche, pur essendo uscita da meno di un anno.
Questi esempi ci aiutano a capire quanto sia strategico il nuovo prodotto graphic novel, riconoscibile e gestibile innanzitutto come libro (monografia). Il fenomeno dovrebbe consentire un ingresso rilevante di libri a fumetti innanzitutto nelle biblioteche di pubblica lettura. Per tutto il pregresso non si può che fare riferimento alle biblioteche di conservazione o a quelle specializzate.
Ho già citato il Centro Fumetto «Andrea Pazienza», struttura per la quale lavoro come dipendente del Comune di Cremona. Per il momento, la sua biblioteca è ancora l’unica in Italia ad avere un fondo accessibile come quello di una normale biblioteca. Esistono altri fondi, anche considerevoli, ma che sono attualmente gestiti con strumenti limitati e, comunque, senza alcuna logica di sistema. In questi casi, purtroppo, la passione porta all’autoreferenzialità, impedendo di cogliere le opportunità che una rete di centri specializzati potrebbe costituire per mettere a disposizione le opere di un settore editoriale che ha collaborato a fare la storia del Novecento e che sembra poter rimanere ancora vitale a lungo.