Inquietudini esoteriche, antiche e nuove paure, una storia misteriosa e avvincente: questi gli ingredienti di Il codice da Vinci di Dan Brown, bestseller da 20 milioni di copie (1.500.000 solo in Italia), fautore è riuscito a raggiungere il grande pubblico mescolando componenti capaci di accattivare ciascuna il gradimento di una specifica tipologia di lettori. Eppure quello che poteva essere solo un prodotto di intrattenimento, con una trama basata su un’efficace concatenazione degli eventi e una scrittura di buona leggibilità, è diventato un “caso” non soltanto editoriale. E la Chiesa si è sentita in dovere di confutare le tesi e le rivelazioni adombrate dal libro.
Le cifre sono da capogiro: oltre 20 milioni di copie vendute nel mondo, 6 milioni di dollari per i diritti cinematografici e, in Italia, più di 1 milione e mezzo di volumi acquistati. Parliamo di Il codice da Vinci dell’americano Dan Brown. Uscito negli Stati Uniti nel 2003, tradotto in Italia (da Riccardo Valla per Mondadori) nel 2004, per tutto il 2005 è rimasto saldamente in testa alle classifiche.
Un successo forse insperato da parte dello stesso autore. Nato a Exeter, nel New Hampshire, nel 1964, figlio di un professore di matematica e di una musicista, dopo gli studi universitari Dan Brown inizia a muovere i primi passi come pianista e cantante. Soltanto alcuni anni più tardi, dopo aver lavorato anche come insegnante di inglese, deciderà di fare lo scrittore. Il suo primo romanzo, Digital Fortress (non ancora tradotto in italiano), è del 1998, e a esso ne seguiranno altri tre, tra i quali, appunto, Il codice da Vinci, destinato a fare le sue fortune.
Si tratta di un thriller teologico che parte, in una placida notte parigina, dal misterioso omicidio di Saunière, l’anziano conservatore del museo del Louvre. L’uomo, prima di morire, riesce ad azionare l’allarme, ma anche a togliersi i vestiti e a disporre il proprio corpo nella posizione dell’“Uomo di Vitruvio”, il famoso disegno di Leonardo da Vinci. E la figura di Leonardo sarà al centro di una serie di misteri, a indagare i quali troviamo Robert Langdon, docente di “simbologia” all’Università di Harvard, aiutato da Sophie Neveu, “crittologa” della polizia. I due arriveranno a scoprire verità inquietanti, tra le quali l’esistenza del Priorato di Sion, una setta segreta custode di verità tenute nascoste che, se rivelate, sarebbero in grado di cambiare il corso della Storia. In particolare, la notizia più scottante riguarderebbe il personaggio di Maria Maddalena, che, secondo questa versione, sarebbe stata sposata da Gesù, al quale avrebbe dato una figlia, capostipite della stirpe dei Merovingi. Insomma: una vicenda sensazionalistica, ricca di suspense, intrighi, colpi di scena, ambiguità e misteri, che coniuga storia e fantasia, presente e passato, Chiesa e politica…
Di fronte al “caso” Dan Brown (del quale nel 2005 Mondadori ha pubblicato Angeli e demoni, romanzo scritto prima del Codice), eccoci a chiederci, ancora una volta, quale sia la ricetta del bestseller. Ci domandiamo, cioè, perché un libro come questo possa vendere così tanto e conseguire un successo talmente “trasversale”. Diciamo subito che non è la qualità letteraria l’elemento di spicco del libro di Brown. E sì un romanzo avvincente, con una trama basata su un’efficace concatenazione degli eventi, con ingredienti saporiti che ne determinano una buona leggibilità. Tuttavia non è privo di qualche lentezza e, almeno per il lettore più avveduto, di non poche superficialità, banalità e persino errori, sia sul piano della documentazione storica sia, più in generale, su quello della pura e semplice verosimiglianza.
Eppure l’autore è stato abbastanza astuto da mescolare nel suo prodotto, in maniera proporzionata, componenti capaci di accattivare ciascuna il gradimento di una specifica tipologia di lettori. Così il lettore privo di una specifica preparazione storica e teologica si godrà il thriller; quello mediamente colto troverà conferme e integrazioni alle proprie informazioni (con la sorpresa di qualche scoperta inaspettata, vera o falsa che sia dal punto di vista scientifico poco importa); il lettore esperto delle questioni toccate dal romanzo si divertirà a vedere quante castronerie l’autore riesce ad ammassare con assoluta nonchalance.
Fin qui, dunque, nulla di nuovo rispetto a tanti libri fortunati che si sono mossi da analoghe premesse. Eppure il caso Dan Brown è speciale. Non tanto in sé, quanto per le reazioni che è stato capace di suscitare. In una pagina controversa del suo libro (p. 9 dell’edizione italiana), Dan Brown scrive testualmente: «Tutte le descrizioni di opere d’arte e architettoniche, di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà». E proprio questa pretesa di aderenza alla verità storica, molto discutibile, che ha fatto andare su tutte le furie studiosi, intellettuali, uomini di Chiesa.
Sintomo di questo interesse intorno alle tesi contenute nel libro è l’uscita, nei primi mesi del 2005, di vari volumi volti a ridimensionare la portata scientifica del romanzo. E la stessa Mondadori ad aver mandato in libreria La verità sul codice da Vinci di Bart Ehrman e Inchiesta sul codice da Vinci di Marie-France Etchegoin e Frédéric Lenoir, saggi tesi a indagare – e, soprattutto il primo, a smentire – le pretese storiche del romanzo. Vallardi ha pubblicato invece una Guida completa al codice da Vinci di Michael e Veronica Haag, mentre presso Armenia è uscito il saggio di Darrell L. Bock, Il codice da Vinci. Verità e menzogne. Gli editori, evidentemente, hanno fiutato l’affare, pubblicando testi in grado di cavalcare l’onda lunga del successo del libro di Dan Brown, ma anche capaci di rispondere alla domanda di approfondimento evidenziata dal dibattito sul romanzo (sui giornali, alla tv, su Internet, con centinaia di articoli, editoriali e interventi) e anche di confutare gli errori e le imprecisioni di cui l’opera è costellata.
In prima linea a discutere del Codice da Vinci sono stati i cattolici. La Chiesa, nel romanzo di Dan Brown, non fa una bella figura, rappresentata com’è in chiave complottistica (si vedano le pagine dedicate all’Opus Dei). Il libro è stato dunque letto, da oltre Tevere, come fazioso e programmaticamene anticattolico. Anche se appare quanto meno singolare il fatto che, abolito da quarant’anni L’indice dei libri proibiti, la Chiesa cattolica si senta ancora in dovere, di tanto in tanto, di discutere non solo i saggi storici o i trattati teologici, ma anche, come in questo caso, i romanzi. Un libro come Il nome della rosa di Umberto Eco (1980) era andato incontro ad analoghe censure, ma il “pericolo” in quel caso era stato giudicato di minor conto, poiché l’ambientazione medievale contribuiva a porre una certa distanza. Ciò che invece appare inammissibile nel Codice da Vinci è proprio questo costante riferimento al presente (oltre che, chiaramente, ai fondamenti della fede cristiana). Tanto che l’arcivescovo di Genova, il cardinal Tarcisio Bertone, ha organizzato addirittura un convegno, che ha avuto notevole risonanza mediatica, per stigmatizzare le pericolose tesi contenute nel libro. Analoghe iniziative sono sorte in molte diocesi e parrocchie italiane, dove sono state offerte ai fedeli lezioni e dibattiti volti a smontare punto per punto i contenuti dell’opera. Il “caso”, perciò, è forse soprattutto questo: un’istituzione bimillenaria come la Chiesa cattolica che si sente minacciata dall’ultimo romanzo. Il che, francamente, un po’ preoccupa…
Rimangono a questo punto da decodificare le ragioni profonde del fascino e della seduzione esercitati su milioni di lettori da un genere di narrativa, quella di stampo teologico ed esoterico, che negli ultimi anni sembra andare per la maggiore: da La profezia di Celestino di James Redfield a L’Alchimista di Paulo Coelho. Per non parlare degli imitatori di Dan Brown: le spagnole Matilde Asensi con L’ultimo Catone (2005) e Julia Navarro con La fratellanza della Sacra Sindone (2005) o il francese Philip Le Roy con L’ultimo testamento (2005), ma anche l’italiano Edmondo Lupieri, autore, insieme con Linda Foster, del romanzo Il patto (2005), che mette in scena un fantascientifico tentativo di clonazione della persona di Cristo a partire dalle tracce di sangue presenti su un filo del sudario conservato a Torino.
Viene sin troppo facile parlare del bisogno diffuso di spiritualità in un mondo, come quello di oggi, segnato da pericoli e ansietà di ogni tipo, oppure scomodare l’11 settembre 2001 con le sue infauste conseguenze psicologiche. E comunque in tale contesto che si colloca un libro come quello di Dan Brown, il quale, anziché fornire soluzioni consolatorie al diffuso senso di precarietà, alle paure e ai timori di varia natura, al contrario esaspera in negativo le cose che non ci piacciono del mondo in cui viviamo, condendole con un po’ di mistero. E così riesce a farsi leggere. Da milioni di persone.