Sono gli «altri» librai. Non più cronicario delle eccedenze a bassa rotazione o beauty farm per testi in attesa di un fortunoso repechage, le rivendite di volumi fuori catalogo rappresentano una realtà affermata nel panorama del commercio librario nazionale. Le maggiori componenti di rischio nell’esercizio di tale attività sono controbilanciate da una serie di ammortizzatori che ne permettono una sostanziale stabilità e ne fanno un’interessante alternativa ai circuiti più ufficializzati, come dimostra il pubblico di fedelissimi che vi fa riferimento.
È capitato a tutti quei lettori che, sull’onda dell’entusiasmo per il nuovo autore appena scoperto, decidono di lanciarsi nel repechage del suo capolavoro giovanile esaltato dalla copertina della sua ultima opera. Oppure agli studiosi che nella deriva dei rimandi bibliografici si imbattono in un titolo fondamentale ma non più reperibile sotto casa e nemmeno nel megastore del centro. Per tutti, la sentenza senza appello sancisce che «il volume che lei cerca è fuori catalogo»: il libraio comunica – a volte con una lieve sufficienza per la dimostrata insensibilità alle più elementari logiche di mercato – che il nostro volume non è né sarà mai reperibile «a meno di una ristampa della quale però non ho notizia; può eventualmente provare da qualche remainder o nell’usato».
Ma perché un altro libraio dovrebbe avere qualcosa che il mio non ha? Quale occulta meccanica commerciale dovrebbe fare in modo che il mio libraio non muova un capello per procurarmi un testo, dal momento che è fuori catalogo, e che invece un altro, proprio per la stessa ragione, ce l’abbia subito disponibile? Dove sta la differenza specifica? Chi guadagna che cosa?
È noto che in un remainder si trovano i volumi non più reperibili nelle librerie del circuito del nuovo perché dichiarati fuori catalogo. Per questo non vengono più riforniti dalla libreria tradizionale e divengono rapidamente introvabili, dato che all’eliminazione dal catalogo corrisponde una tempestiva restituzione dei volumi da parte del libraio. In sostanza sono i libri vecchi, ma non così vecchi da essere considerati antiquariato. Inoltre, anche se vecchi, non sono libri usati.
Ma come funziona una libreria di libri vecchi? Le differenze nella gestionecommercialesiriconduconofondamentalmenteall’assenza della resa: il fuori catalogo non ha possibilità di resa, istituto commerciale che invece caratterizza la gestione del circuito del nuovo. Il diritto di resa costituisce una sorta di rete di sicurezza: com e noto i librai «normali» hanno il diritto di rendere, entro scadenze determinate, i volumi a bassa rotazione (vale a dire i meno venduti). Dopo che sono stati resi dal libraio, i libri vengono ridistribuiti dall’editore ad altre librerie e pertanto, finché rimangono in catalogo, restano in circolazione e possono essere ordinati senza eccessivi rischi (se non lo vendo posso sempre renderlo).
Ma con i libri vecchi la musica cambia: fuori dal catalogo il volume non ha più un’esistenza commerciale. Nessuno vuole più ordinarlo, viene sostituito dai nuovi titoli nei database e nelle memorie degli operatori, non esiste più pubblicità che lo riguardi, la cancellazione diviene una vera e propria condanna all’oblio. Insomma tenere un libro fuori catalogo è un rischio molto alto: in pochi sanno che esiste, è difficile che qualcuno te lo chieda, e infatti i librai che lo fanno sono concordi nell’affermare che la loro professionalità si distingue per una più alta componente di imprenditorialità in rapporto a quella del libraio di novità. La gestione del remainder presenta maggiori rischi dal momento che l’invenduto rimane per così dire sul groppone e, com’è noto, soprattutto in libreria lo spazio è denaro: un titolo materialmente inerte è una perdita economica, perché sottrae spazio a titoli che avrebbero una maggiore rotazione ma non possono essere accolti sugli scaffali, ingombri di «fuffa» di cui non è possibile liberarsi se non proponendola a prezzo stracciato, e forse nemmeno così.
Per aggirare questi rischi risulta veramente strategica la scelta del rifornimento, che infatti si orienta per lo più su tipologie editoriali sempreverdi: manualistica (cucina, giardinaggio), arte (cataloghi, monografie, in generale libri illustrati), libri per bambini (illustrati, favole), edizioni di classici (e in questo senso qualcuno ha lamentato una sovrapposizione con il mercato delle edicole, date le recenti riproposte dei classici in allegato con i quotidiani). E chiaro che un catalogo dei dipinti di Tiziano ha spesso valore più per le illustrazioni che per la data della sua pubblicazione, e la «Carbonara» resta uguale nei secoli. Delitto e castigo poi lo posso regalare al nipotino in una bella edizione rilegata che non costa nemmeno come un tascabile e la sostanza dell’opera non cambia.
Ma dove li trovano i librai questi libri introvabili? La distribuzione non avviene tramite i canali consueti: per il remainder non esistono agenti commerciali, non ci sono cataloghi né schede editoriali o materiale pubblicitario che possa informare il libraio (e la sua utenza) sulle uscite e sulle disponibilità. Il libraio di remainder deve investire tempo nella ricerca della sua merce in maniera più intensa proporzionalmente a quello speso dal libraio tradizionale, che riceve la visita dal rappresentante e spesso si limita a indicare il numero di copie che intende acquistare (quelle in eccesso le potrà rendere).
Il canale principale sono gli stockisti: nei loro magazzini (Stock libri, Opportunity book sono i maggiori) finiscono i fuori catalogo che non vanno al macero; benché esistano dei bollettini che indicano i volumi disponibili nel magazzino dello stockista, la periodicità di queste pubblicazioni è troppo lenta per garantire un’informazione aggiornata al libraio, che deve recarsi materialmente a vedere cosa c’è e cosa gli conviene acquistare, prima che i concorrenti se lo aggiudichino.
Esistono poi editori che stampano appositamente per il remainder (editori come Taschen e Konemann, e Rusconi): si tratta di volumi illustrati e opere di divulgazione e consultazione – dizionari, monografie d’arte – sempre all’insegna di una più lenta «deperibilità» editoriale.
Ma più interessante è la questione delle eccedenze. Spesso infatti si trovano nei remainder volumi che non sono ancora fuori catalogo eppure vengono offerti a prezzo scontato. In questo caso si tratta di titoli che l’editore considera a troppo bassa rotazione e quindi meno redditivi rispetto ai più venduti. Per ammortizzarne le spese di logistica (spazi e personale di magazzino) e lasciare lo spazio a titoli a più alta rotazione (è, su scala maggiore, lo stesso problema della libreria) l’editore vende l’eccedenza allo stockista al prezzo di stampa (circa il 18% del prezzo di copertina). In questo modo non perde nulla e risparmia sul magazzino. L’eccedenza viene immessa sul mercato del remainder e può essere proposta al pubblico con un forte sconto sul prezzo di copertina. Naturalmente l’editore è molto attento a non fornire a troppi remainder le sue eccedenze; sarebbe controproducente per la sua immagine di serietà presentare lo stesso prodotto a prezzo diverso attraverso diversi canali. (In merito a questo, sembrerebbe esistere una sorta diconsuetudine,untacito gentlemen’s agreement tralegestioni dei remainder per cui le eccedenze di determinati gruppi editoriali finiscono preferibilmente da certi librai e non da altri, creando una situazione di equilibrio non belligerante e una ripartizione dell’utenza senza conflitti, oltre a non inflazionare la presenza di volumi scontati dello stesso editore sul territorio. Ma non tutti lo confermano.)
Per quanto riguarda l’usato (presente in piccola parte anche nel remainder) i volumi vengono acquistati direttamente dal privato. Nel caso del Libraccio, che decide di privilegiare questo tipo di acquisto, capita in questo modo che vengano reintrodotti in libreria volumi anche molto vecchi, specie nel caso dell’acquisto di intere biblioteche. Questa scelta è legata strettamente al tipo di utenza che frequenta le librerie dell’usato, che è maggiormente interessata alla saggistica, anche specialistica e di alto livello, piuttosto che non alla manualistica generale e alla divulgazione.
Insomma i rischi sono tanti: non è possibile rendere l’acquistato invenduto, è più impegnativo in termini di tempo (e ovviamente denaro) scegliere cosa tenere in negozio, si richiede più fiuto e, particolarmente nel caso dell’usato ma non solo, una conoscenza del prodotto che deve essere diretta, dato che non è mediata dal marketing e dagli informatori dei gruppi editoriali. Maggiore rischio che viene però compensato dal più alto margine di guadagno sulla singola vendita: il libraio normale ha un margine attorno al 35 % del prezzo di copertina, mentre il libraio di remainder acquista normalmente con uno sconto del 75% e vende poi al 50% del prezzo di copertina, realizzando un netto ben più alto di quello del collega. Nel caso dei cosiddetti «bancali» (voluminosi pallet carichi di carta stampata) il guadagno è ben più alto: vengono acquistati con uno sconto anche del 90%, ma al libraio non è data la possibilità di scegliere i titoli (l’acquisto avviene a scatola chiusa ed è più rischioso).
Per quanto riguarda l’usato i margini possono essere ancora più alti, dal momento che l’acquisto delle biblioteche private avviene un tanto al metro, e non è detto che non vi si trovino poi degli autentici tesori.
Visto come funzionano queste librerie, resta da chiedersi chi ci va. Si tratta di due categorie di pubblico: questi particolari punti vendita attraggono un numero di lettori forti proporzionalmente più alto di quello dei circuiti del nuovo. Non si tratta infatti del pubblico nel mirino dei media e della pubblicità – nessuno sa, se non andandoci, cosa c’è in un remainder, anche se esiste il passaparola e i più organizzati tengono aggiornato un sito Internet – e, soprattutto nel caso di Libraccio, siamo di fronte a uno zoccolo duro di frequentatori abituali, di appassionati che acquistano il volume in relazione a un loro specifico ambito di interesse, un pubblico più specializzato e anche di collezionisti (come quello che raccoglie tutte le edizioni di Pinocchio}. Sempre Libraccio dimostra di attrarre lettori forti, smentendo la sovrapposizione con il mercato delle edicole a proposito dei classici, normalmente già presenti nelle biblioteche della sua utenza.
Da un altro punto di vista si tratta dello stesso pubblico della libreria normale, ma che desidera risparmiare nell’acquisto di volumi dalla veste editoriale anche prestigiosa a prezzo scontato: in questo senso si spiega la grande presenza di illustrati e manualistica – che invece Libraccio lascia piuttosto da parte – che rappresentano, come dicevo, un tipo di prodotto che invecchia più lentamente e che inoltre, acquistato a prezzo pieno, è spesso decisamente costoso.
Il primo è un tipo di lettore forte; si caratterizza per una oscillazione meno sensibile rispetto al pubblico delle novità: è un lettore dal gusto ben definito e frequentemente alla ricerca di prodotti editoriali di contenuto. I librai confermano la maggiore stabilità di questo tipo di utenza in relazione alle incertezze del mercato e alle congiunture economiche sfavorevoli, che invece incidono maggiormente sull’andamento commerciale delle librerie «normali».
Il secondo tipo manifesta caratteristiche di stagionalità: se ne segnala una maggiore presenza nel periodo prenatalizio, che ovviamente si spiega con l’opportunità di acquistare strenne a prezzo ridotto, ma è in ogni caso anch’esso etichettabile come forte consumatore di produzione editoriale: in un remainder o in una libreria di testi usati non ci si capita per caso, ma perché la spesa alla voce libri è piuttosto alta e si cerca di risparmiare un po’. Inoltre anche a questo lettore interessano le caratteristiche intrinseche del volume piuttosto che la sua novità.
Tutti i librai concordano nell’indicare, per varie ragioni, la qualità per così dire «stanziale» della loro utenza, descritta come pubblico di habitué, pubblico di nicchia. A questo contribuirebbe anche la già citata specializzazione dei remainder sul fuori catalogo di determinati gruppi editoriali piuttosto che su altri: tra l’utenza cittadina si saprebbe a colpo più o meno sicuro dove beccare subito un Adelphi piuttosto che un Saggiatore. Un pubblico dunque informato, che sa bene ciò che sta cercando e sa dove cercarlo.
Sembrano a questo punto chiare le differenze specifiche e abbiamo capito chi guadagna che cosa: la rivendita di libri fuori catalogo presenta un margine di rischio maggiore, dovuto all’assenza della resa e di un orientamento all’acquisto esterno (pubblicità, recensioni ecc.), sia per il libraio (che deve avere una conoscenza diretta dei suoi libri) che per il pubblico. Ma il rischio viene riassorbito da un guadagno più alto sulla vendita e da una minore volubilità dell’utenza. Il rischio maggiore giustifica la minore presenza di questo tipo di esercizi sul territorio; la stabilità della loro utenza ne giustifica la sostanziale durevolezza (tutti sottolineano la loro pluridecennale attività), come accade in generale alle nicchie di mercato.
Si ringraziano per le informazioni tre qualificati professionisti del settore: un libraio di remainder (Davide Guaitamacchi della Fiera del libro, c.so XXII Marzo, Milano), un libraio della catena Libraccio (Roberto Sonzogni del Libraccio, via Veneto, Milano), e un libraio dei due circuiti, nuovo e remainder insieme (Giorgio Tarantola della libreria Tarantola, Sesto San Giovanni).