Due iniziative pressoché contemporanee e affini: i grandi romanzi italiani e stranieri in edicola come allegato dei due maggiori quotidiani nazionali, «la Repubblica» e il «Corriere della sera». Un’operazione davvero interessante ed efficace: prezzo contenuto, grande successo di pubblico, alte tirature, diverse strategie promozionali e un modo nuovo per attirare lettori. Ma perché tanto interesse per il romanzo «classico contemporaneo»? Forse per l’antica e comprovata connessione fra romanzo e modernità.
L’anno appena concluso è stato piuttosto generoso con il genere romanzo. Grazie alla loro messa in edicola, in forma di «allegati», o gadget che più prosaicamente dir si voglia, insieme ai due più venduti quotidiani nazionali, «la Repubblica e il «Corriere della sera», i grandi romanzi, italiani e soprattutto stranieri, hanno avuto un rilevantissimo numero di acquirenti. L’iniziativa non è stata priva di conseguenze.
Mercoledì 16 gennaio 2002, «la Repubblica», sorprendendo il concorrente che da tempo stava pensando a un’analoga iniziativa (e arrivando prima nel riservarsi alcuni titoli), ha inaugurato una collana esclusivamente novecentesca, prevista in cinquanta uscite: in regalo ai propri lettori il romanzo di maggior successo di uno dei suoi collaboratori più prestigiosi, Il nome della rosa di Umberto Eco, apparso nel 1980, a inaugurazione di un decennio che avrebbe visto una forte ripresa della narratività. Tiratura, un milione di copie, tutte smaltite forse anche per il loro essere proposte gratuitamente. Il segnale era buono. Il prezzo, assai contenuto, 4,90 euro, inizierà a comparire dai titoli successivi e sarà lo stesso adottato dal quotidiano concorrente. Nel volgere di poche uscite le cifre di vendita si attestano su numeri che colgono di sorpresa, per la loro elevatezza, anche gli editori stessi. In pochi avevano previsto tale successo. Il gruppo «L’Espresso» le rende note e Stefano Salis, su «Il Sole-24 Ore», le riporta: in estate apprendiamo che «dopo 23 numeri il venduto si attesta sulle 550 mila copie a titolo», con una percentuale di resa molto bassa.
Dopo l’exploit di Eco, nelle settimane che seguono, accompagnano «la Repubblica» i Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez, Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, Siddharta di Hermann Hesse, solo per citare le prime quattro uscite, titoli sicuri, in tutta evidenza, già ampiamente popolari e quindi un buon gancio per il frettoloso lettore che si rechi in edicola. L’operazione, insomma, attecchisce subito. Nello scorrere tutto l’elenco si rileva la presenza di dodici autori italiani (Eco, Calvino, Pasolini, Buzzati, Pirandello, Moravia, Morante, Pavese, Svevo, Sciascia, Gadda, Primo Levi), mentre tutti gli altri appartengono alla letteratura mondiale contemporanea. Aneddotica, e orgoglio dei promoter, vuole che la campagna pubblicitaria venga fatta senza mai pronunciare la parola «classico», in nome di un’immagine più fresca, meno paludata, più moderna, del titolo proposto. E quindi di tutta l’iniziativa.
Con gli editori sono stati fatti accordi economici sulla tiratura e non sul venduto per cui il rischio d’impresa è stato a totale carico del giornale. Rischi ampiamente ripagati, come si è detto.
Il «Corriere della sera» vara un’operazione analoga (consistente in trenta titoli che attingono a «Grandi Romanzi» prevalentemente di Otto e Novecento, e quindi in gran parte fuori diritti) solo il 7 maggio, regalando 11 giorno della civetta di Sciascia, prefato da Francesco Merlo, una delle firme più spesso in prima pagina del quotidiano milanese; a seguire, Lo strano caso del dr. Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, Il ritratto di Dorian Gray di Wilde, Addio alle armi di Hemingway e via altalenando fra la contemporaneità più recente e «integrata» (l’ormai francese Kundera di II immortalità} e la narrazione più esotica (Le mille e una notte}. Il gruppo Rizzoli è più attento nel diffondere cifre e tirature, probabilmente anche perché, si mormora, i numeri non sono altrettanto trionfali.
In ogni caso, per entrambe le iniziative gli editori hanno ceduto in licenza temporanea i diritti sul titolo: si aggirano intorno al 7% sul prezzo di copertina (4,90 euro, appunto) da ridistribuirsi in percentuali diverse fra editore e autore. Ricavo apparentemente basso, bilanciato dalle ingenti tirature. In pochi si sottraggono alle richieste dei due quotidiani; e forse in pochi prevedono che alcuni dei titoli più forti del loro catalogo (il Siddharta di Hesse pubblicato da Adelphi, ad esempio) vengano consumati da un “altro” mercato in dosi assai consistenti e a poche lire, o euro che dir si voglia.
Torniamo, però, agli inizi dello scorso anno per evidenziare una concordanza fra iniziative del mercato, produzione accademica e dibattito critico. Il tardo autunno del 2001 aveva visto l’uscita, per i tipi di Einaudi, del primo volume di un’opera prodotta da un nutrito numero di studiosi e affidata alle cure di Franco Moretti, comparatista di valore: La cultura del romanzo. Ne erano seguiti diversi interventi che si sono infittiti, non a caso, proprio in prossimità dell’iniziativa de «la Repubblica».
Nei primi giorni di gennaio, infatti, Alessandro Baricco, romanziere e «preside» della scuola Holden, là dove tutte le materie dalla sceneggiatura al fumetto, dalla drammaturgia al giornalismo – sono affrontate con l’ottica della narrazione, intervista Moretti stesso su «la Repubblica», giornale al quale collabora. Sul quotidiano, a proposito del medesimo volume, interviene anche Alberto Asor Rosa per riflettere sui saggi di apertura e chiusura del volume einaudiano, vergati da Mario Vargas Llosa e Claudio Magris: in entrambi si indaga sulla stretta, antica e comprovata connessione fra romanzo e modernità e sull’ipotesi di un declino del primo che seguirebbe alla fine di quest’ultima. Altri interventi si succedono, di varia natura, compreso quello memorialistico di Enzo Siciliano, ragazzo di Calabria che scopre Moravia e Steinbeck.
Insomma, tutte le firme del quotidiano romano vengono mobilitate su un soggetto forte: il destino, più o meno perituro, del romanzo. A margine sarà opportuno notare che l’uscita tardo primaverile di Le correzioni di Jonathan Franzen, dopo quelle di Rushdie e McEwan, informerà sulla buona salute del romanzo inglese e americano.
Ma torniamo ai classici in edicola.
Diversa e ancor più massiccia strategia promozionale adotterà il «Corriere della sera» che non solo affida ai collaboratori più prestigiosi le prefazioni dei titoli, e ospita sulle sue pagine culturali una presentazione del volume di turno – «classica» quella di Addio alle armi di Hemingway da parte di Fernanda Pivano -, ma chiama a raccolta tutte le forze del gruppo Rizzoli per sostenere la propria impresa editoriale: entrambi i supplementi settimanali del «Corriere della sera» (il femminile «Io donna» e «Sette») dedicano puntualmente alcune pagine alla segnalazione delle uscite; «Sette», a ogni presentazione, spesso firmata da Ranieri Polese, titola l’intervento agganciando fortemente all’attualità il classico in oggetto. Qualche esempio: a proposito di Kim di Kipling, «Kim, un eroe moderno senza genitori. Come Harry Potter»; per le Mille e una notte, invece, si punta decisi sul kitsch: «La nostra Shahrazad? È stata Vanna Marchi, affabulatrice in tv»; con Cuore di tenebra si vira verso il cinema: «Caro signor Conrad, lei ha un debito con Marion Brando»; analogo indirizzo per il Giobbe di Joseph Roth: «Un tragico Hallen che cammina come Groucho Marx».
E riguarderà proprio il cinema l’iniziativa che il quotidiano milanese intraprende poco dopo quella dei libri, proponendo una serie di grandi film contemporanei che verranno promossi con il medesimo dispiegamento di forze: intanto, la memoria di cinefili e non torna ai film de «l’Unità» che, massicciamente proposti insieme al quotidiano qualche anno fa, provocarono qualche guaio economico alla gestione Veltroni. Del resto, anche il giornale diretto da Furio Colombo nel 2002 è tornato in edicola accompagnato dai libri; con qualche cautela in più, vengono proposti dieci gialli celebri; così come, per stare nei paraggi del proprio pubblico «La gazzetta dello sport» allega quattro libri a tema sportivo.
Restano da segnalare le polemiche che sono sorte dopo l’iniziativa di «Corriere della sera» e «la Repubblica»: hanno, inevitabilmente, la voce dei librai, a loro dire pesantemente penalizzati da tanta distribuzione di titoli nelle edicole, soprattutto di quelli di alcuni autori. Come Sciascia e Hemingway, letture scolastiche per le quali nel periodo autunnale non si attinge più dagli scaffali delle librerie.
Ma nella diatriba si profilano posizioni non convergenti, perfino opposte: Giuliano Vigini, ad esempio, esperto di grandi tirature, ha sostenuto che «questi libri non sono destinati al pubblico delle librerie e non sottraggono vendite ai librai tradizionali». Anzi, in qualche modo, rincalzano alcuni distributori, potrebbero indurre alla lettura anche quegli acquirenti che sono mossi all’acquisto non solo dal modico prezzo di copertina ma anche da quell’«effetto collezione» che induce a seguire con fedeltà tali pubblicazioni. Di fronte a tanto ottimismo i librai scuotono il capo: l’iniziativa ha contribuito a creare il vuoto nei loro locali, favorendo la particolare penuria di clienti registrata nel periodo autunnale. E gli editori? Certo, qualcuno ha malcalcolato il rischio, ma in fondo hanno incassato. Operazione lungimirante?