Se l’anno scorso il concetto chiave per esprimere il tormentato percorso dell’editoria dagli atomi ai bit poteva essere sintetizzato con l’espressione «oggi l’editore deve saper diversificare la propria offerta e padroneggiare tutte le nuove tecnologie digitali», quest’anno il motto che identifica la nuova editoria è il cross media publishing. Non più la capacità di fronteggiare l’innovazione tecnologica nei diversi media e supporti (e-book, Internet, print on demand, cd) ma l’esigenza di gestire i contenuti della casa editrice in vista di una pubblicazione su media diversi.
L’euforia che negli ultimi anni si è manifestata nei confronti di tutto ciò che poteva essere classificato con le generiche etichette di new economy e nuove tecnologie sembra essere definitivamente scemata. Il 2001 si è configurato al di là dei clamorosi pessimi risultati dei titoli tecnologici sulle borse mondiali come un anno di riflessione, di allentamento dei frenetici ritmi di cambiamento, di analisi critica della sperimentazione di nuovi modelli di business.
Quest’atmosfera d’attesa ha avuto le sue ripercussioni anche nel mondo editoriale pur con dei distinguo dovuti alla particolare situazione del settore. Le case editrici soprattutto italiane da un lato si sono, infatti, dimostrate nel complesso piuttosto restie a buttarsi a capofitto nel nuovo scenario competitivo e dunque sono rimaste parzialmente indenni dalla crisi di cui si diceva, proprio perché le scelte di investimento sono state abbastanza caute. D’altro canto nel mondo editoriale si sta vivendo, proprio in quest’anno, un rinnovato ottimismo nei confronti delle varie opportunità offerte dall’innovazione tecnologica. La spinta in alcuni casi è di natura endogena: è proprio dall’interno delle case editrici che comincia a manifestarsi l’esigenza di un cambiamento metodologico. I concetti d’uso e di gestione dell’informazione in formato digitale si stanno diffondendo, almeno come ipotesi progettuali, anche all’interno delle case editrici. Non sempre è chiaro in quale direzione ci si debba muovere e quali siano le soluzioni tecnologiche e organizzative da adottare, tuttavia un fatto è certo: l’idea che si possa pubblicare su media diversi, senza dover rifare tutto il lavoro dal principio, ogni volta che si voglia uscire su un supporto differente, comincia a essere presa in considerazione in modo più concreto.
Spesso le case editrici oggi si trovano a dover gestire la pubblicazione delle medesime informazioni su supporti diversi (per es. libro, cd rom, e-book e sito), in quanto è ormai indispensabile affiancare alla produzione cartacea altri materiali su supporti diversi: per ogni supporto vengono però effettuate lavorazioni specifiche, con notevole aumento dei costi di realizzazione, cui spesso non fa riscontro un corrispondente incremento dei ricavi. Da una recente indagine effettuata negli USA sul mercato dei quotidiani, ad esempio, è emerso che il non offrire a fianco della pubblicazione cartacea anche un sito costantemente aggiornato diventa un punto di debolezza che può addirittura ridurre la diffusione della stessa edizione cartacea. Sempre da un rapporto statunitense, emerge poi che ormai il 59% degli editori che pubblicano su carta e su Internet progetta l’utilizzo cross media fin dall’inizio per il 50% della loro produzione (Grafico 1, 2, 3, 4).
Spesso poi il prodotto editoriale, soprattutto in settori come quelli scolastico, universitario e professionale, sta passando dalla pura offerta del libro a quella di un sistema integrato di prodotti e servizi tra loro complementari, che può anche delegare all’utilizzatore finale la possibilità di selezionare, tra le diverse offerte editoriali, le componenti che maggiormente rispondono alle sue esigenze combinandole in un mix unico di
prodotto. Non è un caso che sempre più si parli di personalizzazione dell’offerta e di marketing «one to one» e che negli USA si siano già affermati esempi di siti con offerte editoriali (ad es. www.mhhe.com/primis della Mc Graw Hill Higher Education e www.Bibliobase.com della Houghton Mifflin) che permettono la creazione di libri “personali” realizzati a partire dalla selezione in banche dati di materiali organizzati.
Nell’ultimo anno è quindi con prepotenza salito al centro dell’attenzione del mondo editoriale il concetto di cross media publishing ovvero di pubblicazione integrata su media e supporti differenti, integrata non tanto perché necessariamente realizzata in contemporanea, ma in quanto basata su un’intelligente gestione dei contenuti digitali creati una prima volta in formato neutrale rispetto ai media e poi successivamente riutilizzati e tra loro ricombinati a seconda delle necessità (Grafico 5).
Strategia e tecnologia: un binomio indissolubile
Senza entrare nei dettagli tecnici, possiamo affermare che in questo variegato e ancora confuso panorama, stiamo assistendo all’ascesa di uno strumento che pare configurarsi come la chiave di volta, la panacea della nuova editoria, uno strumento che si vorrebbe in grado di risolvere magicamente tutti i problemi legati all’archiviazione e al riutilizzo dei contenuti editoriali: l’XML. Vale forse però la pena di spendere due parole su questo bizzarro acronimo, sulla sua funzione, sulla sua utilità, contestualizzando il discorso nel più ampio orizzonte della definizione di standard per l’editoria. L’eXtensible Markup Language è un metalinguaggio ovvero un linguaggio capace di descrivere altri linguaggi che grazie all’enorme potenzialità di separare il contenuto (ciò che c’è scritto, per banalizzare) dalla presentazione (come viene scritto e visualizzato) costituisce il formato ideale per archiviare contenuti che debbano essere riutilizzati su media diversi e che dunque supportano formati differenti. In quest’anno si sono quindi presentate sul mercato molte aziende che offrono soluzioni più o meno integrate per gestire la creazione e l’archiviazione di patrimoni informativi digitali.
I problemi però più grandi che le case editrici si trovano ad affrontare sono quelli legati alla selezione della tecnologia stessa, alla riorganizzazione dei contenuti e ai cambiamenti organizzativi interni che questo nuovo modo di pensare comportano: occorre infatti sempre più pensare in termini di progetti aperti e di soluzioni flessibili e non solo di prodotto editoriale in senso stretto.
In accordo con quanto emerso dall’ultimo rapporto di Forrester (giugno 2001), uno dei principali analisti del settore tecnologico, le sfide che gli editori si trovano oggi a dover raccogliere sono le seguenti:
– focalizzarsi sulla creazione di nuovi contenuti dinamici, che, arricchiti, aggiornati e selezionati, possano nel tempo aggregare intorno a sé una comunità virtuale d’utenti affezionati; creare nuovo valore aggiunto utilizzando Internet;
– integrare l’offerta cartacea con un maggiore approfondimento on-line;
– riuscire a mantenere un alto livello d’aggiornamento nell’offerta;
– dare la possibilità ai propri lettori di interagire in modo sistematico con la casa editrice e con gli autori stessi;
– riorganizzare i flussi di lavoro;
– riqualificare e formare i propri dipendenti.
Molto spesso però le case editrici sono in possesso di giacimenti informativi di sicuro valore ma non in formato digitale, immagazzinati in archivi cartacei e quindi non immediatamente disponibili per nuovi e molteplici utilizzi. I costi richiesti per la conversione spesso sono elevati e solo adesso i principali editori stanno cominciando a valutare l’ipotesi di utilizzare soluzioni offerte dal DAM (Digital Asset Management), che implicano comunque anche la decisione di rivedere i propri modelli di business tradizionali e di investire in cambiamenti organizzativi e in attività di formazione interna. Negli USA durante gli scorsi anni si è assistito a un forte sforzo da parte delle aziende editoriali di digitalizzazione dei propri archivi: Random House ha in progetto di completare la digitalizzazione di tutto il suo catalogo (più di 20.000 titoli) nei prossimi due anni e, a oggi, ne ha già elaborati più di 5.000. NetLibrary, la principale libreria digitale degli USA, sta convertendo per il suo archivio circa 50 libri al giorno e programma di arrivare a 200 al giorno entro fine anno.
Già a settembre 2000 erano disponibili on-line le versioni digitali di 8.000 titoli di 215 editori USA, di cui l’86% gratis o con un prezzo di vendita sotto i 10 dollari.
Anche in Italia si comincia a pensare di riconvertire i patrimoni informativi esistenti e le aziende specializzate nei processi di riconversione stanno cominciando a proporre le loro offerte: le loro proposte prevedono di sollevare gli editori dalla gestione di tutte le problematiche relative alla scelta delle tecnologie, della commercializzazione dei prodotti digitali derivati e in alcuni casi anche della gestione economica delle transazioni, molto spesso però la sensazione che gli editori provano è quella di una perdita di controllo dei loro materiali e si riscontra quindi una certa qual diffidenza nei confronti delle proposte. Dall’altro lato la decisione di gestire tali attività in proprio si scontra con la diffusa mancanza di competenze tecnologiche interne alle case editrici e con la conseguente paura di sbagliare.
Internet e le montagne russe
Anche Internet sta scontando la disillusione dovuta alla crisi della new economy, anche se in questo caso molto spesso essa è causata da una precedente aspettativa del tutto esagerata rispetto alle reali potenzialità del mercato. Probabilmente invece nei prossimi anni si assisterà a un nuovo trend di sviluppo più lento ma probabilmente più costante e sicuro (Grafico 6).
Nonostante anche nel 2001 si sia assistito a una crescita esponenziale del numero degli utenti Internet, non si può affermare, infatti, che il settore nel suo complesso abbia goduto di ottima salute, almeno in Italia (Tabella 1 e Grafico 7).
Il 2001 è stato infatti l’anno della crisi dei maggiori portali generalisti italiani, su cui molti editori avevano investito sperando di riuscire a primeggiare sui concorrenti, proponendo però spesso soluzioni simili, senza un modello chiaro di business. In particolare si è rivelato perdente il modello di business ispirato alla multicanalità non specializzata, all’ offriamo un po’ di tutto di Ciaoweb e Jumpy, tanto per citarne i principali, che hanno dovuto chiudere a causa delle consistenti perdite finanziarie. Persino Kataweb, uno dei portali di maggiore successo, ha dovuto fare i conti con il fallimento di Zivago, libreria virtuale made in Italy nata come alternativa ad Amazon. Kataweb tuttavia rappresenta un ottimo esempio di come una società, nata nel 1999 con uno staff di quattro persone, possa nel giro di pochi anni arrivare ad avere 229 milioni di hits e 8 milioni di pagine viste al giorno. La strategia di Kataweb ha saputo però differenziarsi dai concorrenti puntando su servizi innovativi e specializzati in partnership con altri siti leader nel proprio settore, creando così un valore aggiunto per i propri utilizzatori.
Se possibile ancora più strabilianti sono i risultati ottenuti da Virgilio, che con 5 milioni di utenti è il sito più visitato in Italia. Forte della joint venture Seat Pagine Gialle-Virgilio-Tin il portale si configura a differenza di Kataweb che produce i propri contenuti come un aggregatore intelligente di contenuti prodotti anche da altri, pur non essendo una pura directory: questa strategia ha portato Virgilio a essere il leader su ben 24 canali tematici.
In ogni caso la tendenza che si sta consolidando è quella di siti con contenuti informativi e servizi ad alto valore aggiunto e che riescano a creare attorno al sito una comunità di utenti, che partecipino attivamente alla vita del sito stesso.
E-commerce in editoria: si salvi chi può!
Parlando di Kataweb, si è citato Zivago, lo sfortunato tentativo di clonare Amazon in Italia. La ragione della chiusura della libreria non è ancora chiara, sicuramente hanno influito la presenza contemporanea di diverse realtà su un mercato ancora piccolo e immaturo come quello italiano, probabilmente il mancato accordo dei partner (Feltrinelli e Kataweb) sulle strategie da seguire e sui tempi entro cui riuscire a raggiungere la redditività e la scelta di investire non solo sull’e-commerce ma di creare anche una forte attività editoriale con una redazione propria: in ogni caso la conclusione è stata la chiusura di Zivago nel febbraio 2001. Ciò che colpisce tuttavia è che Zivago non sia stato l’unico caso di libreria on-line a dover forzatamente interrompere l’attività, anche il tentativo di un colosso come BOL di aprire una filiale italiana ha avuto vita breve: un paio di mesi e poi è arrivata la chiusura.
Diverso il caso di Internetbookshop, che con i suoi 25.000 titoli, un’offerta diversificata in libri, cd e DVD ha addirittura vinto il premio del «Sole 24 ore» per il miglior sito di e-commerce italiano. Il successo di quest’iniziativa si può spiegare però con un efficiente servizio di consegna, un sistema di pagamento che garantisce la sicurezza delle transazioni e soprattutto l’esperienza di Informazioni Editoriali e i contenuti di Alice con la sua fedele comunità di lettori.
Un discorso a parte deve essere affrontato per quanto riguarda l’ultima frontiera del commercio elettronico: il cosiddetto m-commerce (mobile commerce), ovvero gli acquisti effettuati attraverso terminali wireless di nuova generazione.
I consumatori, infatti secondo una recente indagine di Boston Consulting Group -, desiderano soprattutto servizi di informazione in tempo reale quali: e-mail tematiche personalizzate, personal banking e notizie in generale. Il vantaggio di questo tipo di transazione consiste fondamentalmente nel poter adattare i contenuti forniti alle esigenze di ogni singolo utente, ovunque egli si trovi in quel momento.
Il mercato potenzialmente attivo in Italia potrebbe essere estremamente consistente se è vero che il nostro paese ha uno dei più alti indici di penetrazione del telefonino (il 75% della popolazione dichiara di possederne almeno uno) e che la familiarità con gli SMS rudimentale ma efficace modo di ricevere informazioni potrebbe lasciar ben presagire sul futuro dell’Internet mobile. Si pensi ad esempio che vengono in media inviati 25 milioni di messaggini al giorno, che raggiungono la cifra astronomica di 50 milioni nel periodo natalizio!
Ciononostante in Italia il risultato degli esperimenti finora condotti è stato piuttosto deludente: uno su tre ha abbandonato le applicazioni m-commerce solo dopo alcuni tentativi. Se, da un lato, il numero odierno di utenti è ridotto, dall’altro manca ancora un’offerta di applicazioni e interfacce ben progettate che possano attrarre i milioni di consumatori italiani che si prevede utilizzeranno nei prossimi anni telefoni GPRS e UMTS. Questo significa che anche i fornitori di contenuti dovrebbero essere preparati ad applicare un modello di business differente rispetto a quello di Internet, nello specifico attuare una politica di partnership e alleanze molto più spinta rispetto a quella finora messa in atto.
Ormai è consolidato il mercato off-line
Il mercato dei cd rom non risente per il momento di grossi cambiamenti. La crescita che si registra sul mercato mondiale viene rispecchiata anche dal mercato italiano, come conseguenza della maggior penetrazione del Pc nelle famiglie e nel mondo del lavoro (Tabella 2 e Grafico 11).
Le maggiori trasformazioni di questo mercato, nel 2001, si sono avute non tanto nella tipologia di prodotti offerti, che oramai si è consolidata per il mercato professionale nel settore delle banche dati giuridico-normative e per quello consumer nei settori arte e cultura e reference, quanto nelle diverse modalità con cui questi prodotti vengono venduti sul mercato.
In particolare in Italia, negli ultimi due anni, ha avuto un successo formidabile il fenomeno della vendita dei cd rom come allegati ai prodotti editoriali in edicola e di conseguenza si è quindi assistito a un vero e proprio assalto da parte delle case editrici a questo nuovo canale. Le proposte sono varie e articolate: si tratta di coedizioni fra tradizionali editori cartacei e quotidiani e riviste, sovente organizzate in collane con uscite plurime, per la cui promozione vengono anche realizzate massicce campagne pubblicitarie.
Spesso si tratta di titoli con un impianto educativo, che probabilmente vengono acquistati dalle famiglie con figli in età scolare come integrativi dei più tradizionali materiali didattici. Best seller sono stati i dizionari mono e bilingue, le collane di arte, alcune raccolte di letteratura italiana e straniera, una serie di corsi di lingua (Grafico 12 e 13).