Camilleri: senza ombra di dubbio lo scrittore più letto del momento, capace di vendere addirittura di più di scrittori di vasta notorietà internazionale come Thomas Harris e Wilburn Smith, Patricia Cornwell e Stephen King. Un simile successo era stato raggiunto solo tra il 1994 e il 1995 da Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro (e, ancor più in là nel tempo, dal Nome della rosa di Umberto Eco). Un successo improvviso che Camilleri però ha saputo via via incrementare grazie all’apprezzabile dignità letteraria dei suoi romanzi, alla completa indipendenza dai modi del thriller all’americana, al suo particolare pastiche linguistico e alla forte caratterizzazione dei suoi personaggi.
È lo scrittore del momento, da più stagioni il beniamino dei lettori italiani. Nelle ultime due annate, tuttavia, il consenso di cui Andrea Camilleri è andato godendo ha assunto proporzioni di carattere eccezionale, che non hanno precedenti nella storia della nostra editoria. I risultati delle classifiche dei libri di maggiore successo sono lì a documentarlo. Prendiamo il bilancio conclusivo del 1999, pubblicato dal «Corriere della sera» il 9 gennaio 2000. Nella top ten Camilleri occupa con Gli arancini di Montalbano un pregevole secondo posto a 79 punti, dietro La figlia della fortuna di Isabel Allende e davanti a scrittori di vasta notorietà internazionale quali Paulo Coelho, Thomas Harris, Wilbur Smith. Il risultato più strepitoso lo consegue però nella graduatoria relativa alla narrativa italiana, dove non ha rivali: sette libri su dieci appartengono allo scrittore siciliano, che precede autori del calibro commerciale di Alessandro Baricco, secondo con City, Andrea De Carlo al quarto posto con Nel momento e Dacia Maraini al settimo con Buio.
Sono risultati che da soli bastano a testimoniare di una fortuna editoriale· duratura e ormai stabilizzata, non riducibile ai clichés dei fenomeni alla moda, effimeri per loro costituzione. I numeri, d’altra parte, danno risalto alla forza di trascinamento che la più nota serie dedicata alcommissario Montalbano è in grado di esercitare spingendo verso le posizioni medio-alte anche i titoli più antichi opportunamente riediti e le opere di ambientazione storica di lettura meno affabile.
Il vero exploit arriva, tuttavia, nel primo semestre del 2000 quando Sellerio dà alle stampe La gita a Tindari. Il romanzo appare in libreria agli inizi di febbraio, in quattro settimane raggiunge le 200.000 copie, in aprile è già alla quinta edizione. I sondaggi Demoskopea pubblicati settimanalmente dal «Corriere della sera» ne registrano l’andamento stupefacente. Come si sa, le classifiche dei successi librari hanno un valore puramente indicativo: nell’impossibilità di giovarsi di un criterio oggettivo di misurazione, paragonabile a quello degli incassi su cui poggiano le classifiche dei film più visti, la compilazione si fonda sui dati raccolti attraverso la campionatura di un numero rappresentativo di librerie con l’ assegnazione di cento punti al titolo più venduto della settimana e agli altri un punteggio relativo più basso. La conseguenza è che a punteggi analoghi corrispondono dati di vendita anche sensibilmente difformi: i cento punti raggiunti una settimana possono corrispondere a una quantità di copie vendute molto inferiore a quella non solo del primo ma persino del secondo o del terzo classificato della settimana precedente. Tale disomogeneità limita ovviamente l’efficacia di ogni operazione di calcolo o di raffronto; tuttavia, se lette in maniera spassionata, anche le classifiche possono offrire qualche indicazione preziosa per chi voglia studiare gli orientamenti del mercato editoriale.
Vediamo dunque il comportamento di La gita a Tindari. Il romanzo fa il suo ingresso in· graduatoria nel numero del 5 marzo (corrispondente alla settimana tra il 17 e il 23 febbraio, immediatamente successiva all’apparizione del libro). E, senza soste intermedie nelle posizioni di centro classifica, si insedia prepotentemente al primo posto, schiacciando gli altri titoli su punteggi decisamente bassi: al secondo posto Cadavere non identificato di Patricia Cornwell non supera i 24 punti, appena una lunghezza più di Le ceneri di Angela di Frank McCourt mentre, in quarta posizione a pari merito, Scott Turow (Lesioni personali) , Banana Yoshimoto (Honeymoon) e Stephen King (Cuori in Atlantide) si devono accontentare di soli 19 punti.
La settimana successiva alle spalle di Camilleri si affaccia un altro italiano, Stefano Benni, che con Spiriti ottiene 32 punti. Dietro, al terzo posto con 17 punti, si piazza un gigante della narrativa americana di successo, Ken Follet, con l’edizione tascabile di Il martello dell’Eden. Il 19 marzo ritroviamo Benni al secondo posto questa volta con 42 punti: ma gli altri otto titoli sono tutti al di sotto dei venti. Il 26 marzo la pressione esercitata da La gita a Tindari sembra allentarsi: Spiriti risale fino a 50 punti, davanti a Il martello dell’Eden a 31 e Ritorno dall’India di Abraham B. Yehoshua a 30. La settimana seguente le distanze sul secondo classificato si allungano di nuovo: alle spalle di Camilleri compare un altro dei nomi di maggior richiamo del mercato angloamericano, John Grisham, che con l’edizione economica di Il testamento si ferma a 33 punti, riuscendo a rimontare fino a 70 punti soltanto il 23 aprile.
Il primato del giallista italiano si incrina, dopo due mesi di assoluto dominio, soltanto all’arrivo di La recita di Bolzano, terzo romanzo tradotto in italiano dell’ungherese Sandor Marai. Il 7 maggio La gita a Tindari è costretta dunque a cedere il passo al nuovo venuto e ad accontentarsi di un secondo posto comunque più che dignitoso a 75 punti, davanti a Sotto pressione dell’italo-americano David Baldacci a 57. Due settimane dopo si riappropria provvisoriamente della piazza d’onore, che cede l’ 11 giugno a I confratelli di Grisham, mantenendosi tuttavia in posizioni di prima classifica fino al numero del 23 luglio (in edicola mentre si stendono queste note): per tre volte al terzo posto, una volta al quarto e una al sesto posto.
Con uno o più titoli contemporaneamente, il nome di Camilleri figura nella top ten 30 settimane sulle 35 passate in rassegna. Le assenze si concentrano in due periodi, tra il 19 e il 26 settembre e tra il 13 e il 27 febbraio, nelle settimane che precedono rispettivamente l’uscita degli Arancini e quella di La gita a Tindari.
Ma proviamo a ricostruire la graduatoria consuntiva dei libri più venduti tra il settembre 1999 e il luglio 2000 sommando i punti ottenuti nei sondaggi settimanali. L’esito appare ancora più sensazionale. La gita a Tindari campeggia in testa con 1.472 punti e 17 presenze (in media oltre 86,5 punti la settimana), davanti a La figlia della fortuna di Isabel Allende a 1 .264 punti, il solo altro titolo dimostratosi in grado di superare il tetto dei mille punti. Al terzo posto, a 763 punti, ancora Camilleri con Gli arancini di Montalbano. Quindi ampiamente distanziati, con meno della metà del punteggio del capolista, I confratelli di Grisham a 666, La recita di Bolzano di Marai a 636, Hannibal di Harris a 594, Veronika decide di morire di Coelho a 515, Cadavere non identificato di Patricia Cornwell a 515, Vaniglia e Cioccolata di Sveva Casati Modignani a 3 87 e Spiriti di Benni a 385.
Camilleri si ripresenta nell’elenco al ventesimo posto con un terzo romanzo: La mossa del cavallo, punti 23 7, presenze 3. Ricostruendo la classifica per autore anziché per titoli (e cioè sommando il punteggio delle eventuali presenze multiple), l’autore siciliano arriva alla cifra vertiginosa di 2.472 punti: quasi il doppio di Allende che con un solo libro non aumenta i suoi 1 .264 punti. Il divario diviene schiacciante nei confronti degli altri classificati: Grisham due libri e 874 punti, Marai tre libri e 81 1 punti, Harris tre libri e 688 punti, Coelho un libro e 583 punti, Cornwell due libri e 573 punti. Fra le posizioni di coda, il numero degli autori comprensibilmente si infoltisce: 7 quelli che si collocano in un rango tra i 400 e i 3 00 punti (Casati Modignani, Benni, Jacq, King, De Carlo, Altea, Yoshimoto), 23 gli autori che si stabilizzano tra i 300 e i 100 e, infine, 54 quelli che non raggiungono i l 00 punti.
Nell’ultimo decennio soltanto un’altra volta i sondaggi avevano visto dominare la narrativa italiana in maniera tanto imperiosa da sbaragliare la concorrenza d’oltreoceano. Il confronto d’obbligo è con il successo non meno trionfale di Va ‘ dove ti porta il cuore, che spadroneggiò tra il maggio 1994 e la primavera 1995 guidando la classifica dei best seller per la bellezza di 32 settimane.
Come Camilleri anche Susanna Tamaro arrivava al successo in maniera improvvisa, dopo un debutto letterario passato sostanzialmente nel silenzio: estranei alle consuetudini del protagonismo divistico, entrambi una volta sbalzati dall’anonimato alla notorietà si sono bensì uniformati ai meccanismi del mercato della comunicazione di massa prestandosi ai microfoni e ai flash dei giornalisti, ma lo hanno fatto dimostrandosi incapaci di immedesimarsi per intero nella parte del mattatore. Anche sulla ribalta essi ripropongono in definitiva la figura del letterato tradizionale, a proprio agio nell’intimità dello studio e dietro la protezione della pagina scritta.
Le analogie però si esauriscono qui o quasi. Numeri alla mano, le fortune della Tamaro sono legate a un solo libro, rivelatosi in grado nel bene e nel male di interpretare anzitutto le inquietudini di quella intellettualità di formazione umanistica che nell’epoca della massificazione degli studi si è andata infoltendo oltre misura trovandosi poi a fare i conti con i sentimenti di frustrazione e di emarginazione provocati dall’oggettiva difficoltà di assorbimento dell’universo sociale.
Pur potendo contare, per il successivo Anima mundi, su un’ agguerrita campagna promozionale fatta di interviste, anticipazioni, passaggi televisivi, la scrittrice triestina in effetti non ha saputo mantenere aperto il dialogo con il pubblico. Il libro è riuscito soltanto a richiamare l’attenzione degli specialisti della comunicazione scatenando, soprattutto con la sinistra culturale, una polemica che a distanza di tempo appare, per il contributo dell’una e dell’altra parte, tanto veemente quanto pretestuosa: il romanzo, del resto, non aveva obiettivamente le qualità per proporsi come stimolo a un riesame collettivo delle sorti della modernità in Italia. li greve incupimento dei contenuti rispetto al volume precedente dava anzi l’impressione di un malessere di origine umorale, vissuto unicamente sul piano dell’esistenzialità, senza un’adeguata ricognizione dei reali motivi di inquietudine che fermentavano nel Paese.
Il fenomeno d’altra parte è tutt’altro che inedito. Oltre che di successi imprevedibili, la storia dell’editoria è colma di successi annunciati e non replicati: negli anni Ottanta capitò a Oriana Fallaci di fallire nel tentativo di ripetere con Insciallah il largo successo di pubblico ottenuto nel decennio precedente con Un uomo e lo stesso può dirsi di Umberto Eco, rimasto sulla breccia ma con risultati di vendita largamente al di sotto di quelli che anche oltre confine seppe prodigiosamente conseguire grazie a Il nome della rosa.
Insomma, quand’anche riescono eccezionalmente ad avvicinarsi alle tirature dei colleghi americani, i nostri scrittori in generale faticano poi a mantenerne il passo, esaurendo prima del tempo le loro forze di persuasione estetica. Per quanto è dato vedere, Camilleri sembrerebbe infrangere il nefasto incantesimo che provoca una sorta di panico da vertigine in coloro che hanno avuto la ventura di affacciarsi alle vette del successo. Di opera in opera, lo scrittore siciliano in effetti non solo ha con-. fermato ma anche ha saputo accrescere il consenso dei lettori, con un ritmo di uscite peraltro che è andato facendosi via via più serrato senza risentire, almeno per il momento, dei rischi di inflazionamento. Tra il 1994 e il 1996 sono due i titoli che appaiono annualmente. Tra novità e ristampe la cifra sale a cinque nel 1997 e a sette nel 1998 (a ridosso delle prime avvisaglie del trend positivo è il biennio di massimo sfruttamento delle risorse in giacenza, con relativo svuotamento dei cassetti e rilancio dei testi passati inosservati in precedenza) per ridiscendere a tre (di cui due novità) nel 1999, una cadenza comunque superiore agli standard cui ci hanno abituati i nostri narratori.
Certo, il consenso arriso all’epopea del commissario Montalbano trae vantaggio dai fattori di richiamo di una produzione congegnata in serie, secondo costanti proprie della narrativa di genere: per cui l’ apprezzamento concesso a un volume che ha saputo rispondere ai bisogni di ricreazione estetica dei lettori avrà una ricaduta positiva su tutta la serie inducendo il lettore a cercare le medesime fonti di piacere negli altri volumi, confezionati intorno a situazioni analoghe fantasiosamente ripetute e variate. Resta da domandarsi perché, tra i tanti scrittori di genere operanti in Italia, Camilleri riesca a conseguire risultati che appaiono impensabili per gli altri o, detto altrimenti, quali sono le peculiarità di scrittura e di contenuto che gli hanno permesso di imporsi sulla concorrenza andando a conquistare fasce eterogenee di lettori molto oltre la cerchia pur numerosa degli appassionati cultori del poliziesco.
Sarà poi da mettere in conto la poderosa spinta promozionale che l’opera letteraria di Camilleri riceve dalle fortunate trasposizioni per il piccolo schermo. Ma di nuovo viene da chiedersi perché lo scrittore siciliano raggiunge tirature da capogiro e gli altri autori che in una maniera o nell’altra traggono vantaggio dalla frequentazione televisiva si arrestano molto al di sotto delle fatidiche 100.000 copie.
Ciò che vale la pena sottolineare per intanto è che ci troviamo di fronte a un successo ottenuto senza sminuire le risorse di invenzione espressiva: le strategie di conquista del pubblico si accordano con il rispetto di una apprezzabile dignità letteraria di cui i testi di Camilleri appaiono indiscutibilmente provvisti. D’altro canto, nella strutturazione del racconto va messa in risalto la completa indipendenza dai modi del thriller all’americana, tradizionale dominatore del mercato dei successi. I modelli cui il nostro narratore si ispira sono piuttosto di manifesta impronta mediterranea: da Georges Simenon al catalano Manuel Vàzquez Montalban, passando per quella linea italiana che dagli anni Trenta a oggi si è distinta per aver portato uno sguardo pur blandamente critico sui fatti di costume (da Alessandro Varaldo e Augusto De Angelis fino a Mario Soldati, Piero Chiara, Loriano Macchiavelli).
Ancora più evidente appare la distanza rispetto agli americani sul piano della scrittura, sottoposta a una serie continua di torsioni di matrice plurilinguistica compiute non per impreziosire la pagina secondo il modello dell’illustre precedente gaddiano bensì per riscaldarla dando risalto agli elementi di indole regionalistica che connotano l’intera compagine narrativa, da certe costanti tematiche alla caratterizzazione dei personaggi. Tutto ciò in sintonia con i modi consueti a una fertile corrente del realismo otto-novecentesco, che attinge nel contempo alle forme dell’espressionismo e a quelle del bozzettismo novellistico.
Ma a questo punto è utile tornare ai dati. Passando in rassegna i primi venti posti dei libri più letti si incontrano soltanto cinque titoli di provenienza nordamericana: I confratelli di Grisham al quarto posto, Hannibal di Harris al sesto, Cadavere non identificato di Patricia Cornwell al settimo, Cuori in Atlantide di Stephen King al quindicesimo, Timeline di Michael Crichton al diciottesimo.
Pur nella sua disomogeneità di genere e di pregio la compagine italiana appare ben più agguerrita con sette presenze su venti: oltre i due libri di Camilleri, Vaniglia e cioccolato della Casati Modignani al nono posto, Spiriti di Benni al decimo, Nel momento di De Carlo al dodicesimo, Odore di cipria di Enzo Biagi al diciannovesimo e al ventesimo il pur esilissimo Amici Ahrarara dei Fichi d’India, duo lombardo composto dai cabarettisti Bruno Arena e Max Cavallari. Se nel computo aggiungiamo La recita di Bolzano di Marai (quinto posto), Nefer di Jacq (undicesimo), il Doppio sogno di Arthur Schnitzler e Gli intrusi di Simenon (rispettivamente al sedicesimo e al diciassettesimo posto), bisogna concludere che la produzione europea si è comportata più che egregiamente dimostrandosi in grado di tenere testa alla più poderosa concorrenza d’oltreoceano: un fenomeno, questo, che si era già registrato nella stagione 1998- 1999 ma che ha assunto aspetti ancora più significativi nell’annata appena tra- scorsa.
Anche sotto il profilo dei valori estetico-letterari, il bilancio conclusivo appare tutt’altro che scoraggiante: a venire premiati dai lettori infatti sono anzitutto quei libri che pur volti all’intrattenimento risultano sorretti da una preoccupazione di decoro formale. A farla da padrone è insomma il best seller di qualità, a cui possono essere ricollegati quattro dei cinque primi classificati: La gita a Tindari, La figlia della fortuna, Gli arancini di Montalbano, La recita di Bolzano. Libri molto dissimili tra loro per impostazione e valore, che tuttavia si connotano prima di ogni altra cosa per l’attenzione volta all’esame di coscienza. Si direbbe una sorta di rivincita della psicologia sulla narrativa d’azione targata Usa: un dato che trova conferma, tra le posizioni ulteriori, nei buoni riscontri avuti dal romanzo esistenzialista di De Carlo, dal sensualismo erotico di Schnitzler, dalla torbide atmosfere di Simenon o, al di fuori degli ambiti europei, dal minimalismo nipponico della Yoshimoto.
All’apparenza le classifiche non sembrerebbero invece far affiorare grandi novità per quanto riguarda i rapporti di forza tra le diverse società editoriali. Pur costretta ad accontentarsi del terzo posto nella top ten, la Mondadori conferma il suo strapotere piazzando sei titoli tra i primi venti classificati, seguita da Adelphi, Feltrinelli e Sperling & Kupfer, che riescono a portare al vertice tre titoli, e Sellerio, Bompiani, Garzanti, Baldini & Castoldi e Rai-Eri con un solo titolo.
La casa di Segrate ha edito 41 dei 110 libri che sono riusciti nel corso dell’annata a fare almeno un ingresso in graduatoria, detenendo in sostanza una quota del mercato dei successi pari al 45,1%. Feltrinelli ed Einaudi portano in classifica 9 libri (9,9% ), Adelphi 8 (8,8%), Sperling & Kupfer 7 (7,7%), Longanesi e Rizzoli 5 (5,5%). Seguono Corbaccio, Guanda e Piemme con 3 libri, Baldini & Castoldi, Bompiani, Rai-Eri e Superpocket con 2, Frassinelli, Garzanti, Kaos, Laterza, il Saggiatore, Sellerio, Stampa alternativa e Walt Disney con 1.
A uguale numero di titoli corrisponde tuttavia un peso effettivo considerevolmente difforme. Vediamo che cosa succede sommando i punti di tutti i libri con cui un editore è presente in classifica. Il risultato è questo: Mondadori 6.113 punti, Feltrinelli 2.380, Adelphi 1.697 , Sellerio 1.472, Sperling & Kupfer 1.167, Bompiani 612, Einaudi 447 , Rizzoli 412, RaiEri 331, Baldini & Castoldi 319, Longanesi 301, Garzanti 269, Superpocket 269, Piemme 201, Kaos 110, Guanda 98, Frassinelli 85, Corbaccio 77, Walt Disney 64, il Saggiatore 35, Stampa alternativa 22, Laterza 5.
E ora proviamo a ricostruire la graduatoria in base alla media tra la somma complessiva dei punti e il numero dei libri con cui un editore figura in elenco: Sellerio 1.472, Bompiani 306, Garzanti 269, Feltrinelli 264,4, Adelphi 212,1, Sperling & Kupfer 166,7, Eri 165,5, Baldini, 159,5, Mondadori 149,1, Superpocket 134,5, Kaos 110, Frassinelli 85, Rizzoli 82,4, Piemme 67, Walt Disney 64, Longanesi 60,2, Einaudi, 49,6, il Saggiatore 35, Guanda 32,6, Corbaccio 25,6, Stampa alternativa 22, Laterza 5.
È soltanto un esperimento, da considerare con molta cautela. Gli esiti ottenuti alterano platealmente i rapporti di forza tra le case editrici, nondimeno lasciano affiorare il carattere relativo della fortuna editoriale, che acquista un differente rilievo a seconda del tipo di politica commerciale che l’editore è in grado di seguire.
La grande editoria in sostanza fa punteggio pescando a strascico e cioè ricoprendo tutti i settori del mercato con un numero quanto mai variegato di novità che vanno dalla narrativa straniera a quella italiana, dal prodotto di consumo a quello più letterariamente qualificato, dal saggio argomentativamente elaborato al resoconto giornalistico, dalla poesia alla raccolta di vignette. È una strategia di occupazione degli spazi, la cui efficacia nell’analisi delle classifiche dei best seller risulta dalla quantità dei titoli portati a segno ben più che dall’esito di ciascuno di essi.
Per gli editori di dimensione media o piccola risulta decisiva invece la capacità di selezionare le linee commerciali più redditizie, concentrando su di esse il lavoro di promozione e facendo perno talvolta su un rapporto privilegiato con un autore o un gruppo di autori ben più che su un’identità di marchio. A venire premiato in questo caso è chi sa meglio gestire le proprie risorse, riuscendo a ottenere il rapporto più conveniente tra dispiego dei mezzi e score finale. Anche un solo libro ben venduto basta allora a fare fatturato: il caso Sellerio rappresenta l’esempio più significativo, non il solo.