Dalla televisione al libro. E dal libro alla televisione. Sceneggiatori che diventano scrittori. Scrittori che sceneggiano.
Sempre di più questi due mezzi di comunicazione entrano in contatto: si espande la ricerca di storie che possano raccontarsi in più modi.
In Italia è un fenomeno in crescita: soprattutto se si fanno confronti con l’estero, dove già da tempo si scrivono libri pensati per il mondo delle immagini e si traggono libri dalle serie televisive più viste e di maggior presa sul pubblico.
Accendete un libro, sfogliate la televisione. Alla ricerca di storie, di volta in volta raccontate con le parole scritte o con le immagini. Ma quali storie?
Ciò che conta, sullo schermo come sulla pagina stampata, è narrare. Ma i modi del narrare cambiano: cambiano i linguaggi, cambiano le trame. In questo senso il mutamento avvenuto nella recente fiction televisiva è esemplare. Sono ormai un ricordo di una televisione del passato le serie con trame generaliste, cioè con plot basati su grandi temi o fenomeni socio-culturali. La memoria corre a film tv come quelli sulla mafia, rappresentati nelle plurime serie della Piovra. E tradotte in altrettante plurime «novellizzazioni» (un termine quest’ultimo divenuto ormai ufficiale, tanto da venire impiegato persino nei contratti).
Oggi c’è una televisione che racconta soprattutto il quotidiano, soprattutto al femminile, anche quando la cornice è di respiro più ampio. E parallelamente anche la narrativa di intrattenimento di ambito italiano, dal rosa al giallo, riscopre il quotidiano, i piccoli grandi drammi di personaggi che devono lottare innanzitutto con la vita, piuttosto che cercare successo, miliardi, potere. Storie vicine, storie di tutti i giorni, che trovano nella capacità di rappresentazione e nel bisogno di immedesimazione le loro carte vincenti nei confronti del pubblico. I due mondi, quello televisivo e quello librario, tendono quindi ad avvicinarsi, a copiarsi, a rubarsi idee e autori.
Un fenomeno recente è l’interscambiabilità tra scrittori e sceneggiatori. Sceneggiatori che scrivono libri, scrittori che seguono come head-writers (cioè come responsabili della sceneggiatura) fiction televisive. Con una sottolineatura: difficilmente gli scrittori, se non sono già sceneggiatori, riescono a lavorare sulla trasposizione di un progetto proprio. In questo caso infatti gli scrittori tendono a difendere a oltranza il loro prodotto: un comportamento che contrasta con le esigenze della trasposizione. Diversa è l’ipotesi dello scrittore che elabora le linee narrative di un progetto originale non di sua ideazione.
Parecchi sono gli sceneggiatori che pubblicano, o hanno pubblicato, romanzi. Tra i casi più noti quello della sceneggiatrice Francesca Marciano, successivamente diventata autrice di narrativa, prima all’estero, poi in Italia (Rules of the wild, Pantheon Books, Cielo scoperto, Mondadori). O ancora quello di Paola Pascolini, head-writer delle due serie del Medico in famiglia, uno strepitoso successo con picchi di ascolto che superano i dieci milioni di spettatori, e a sua volta autrice per la Sperling&Kupfer del romanzo dal titolo La prima volta di mia figlia.
Ma il caso più clamoroso è ovviamente quello di Andrea Camilleri. Funzionario televisivo, esordisce a età inoltrata come narratore e diventa il più acclamato autore italiano di best e long sellers. I suoi gialli, grazie anche alla felice invenzione del commissario Montalbano, sono da anni ai primi posti delle classifiche di vendita. E, come era ovvio attenderci, una volta trasportati sullo schermo, raggiungono audience altissima. Così è stato per Il ladro di merendine, La voce del violino, La /orma dell’acqua e Il cane di terracotta. Tutti pubblicati da Sellerio, e tutti pubblicizzati con bella mostra delle copertine di ciascun libro, dagli spot televisivi dei tv-movie. Con l’effetto – prevedibile – di amplificare il già straordinario fenomeno Camilleri. Va comunque aggiunto che il prodotto televisivo era molto curato, oltre che fedele al contenuto dei libri, anche perché l’autore stesso ha supervisionato tutte le sceneggiature.
È un’equazione certa, una realtà costante quella per cui una buona trasposizione di un libro sullo schermo ne incrementa le vendite. È stato così per Disperatamente Giulia e Donna d’onore, due titoli di un’ altra autrice abituata alle vette delle classifiche, Sveva Casati Modignani, che già alla fine degli anni Ottanta furono due successi di vendite e di ascolti.
Ma cosa accade quando dal prodotto televisivo si passa a quello stampato? Se prendiamo in analisi alcuni sceneggiati di successo notiamo che non altrettanto fortunati sono stati gli adattamenti romanzati.
Un clamoroso flop è stato ad esempio la novellizzazione dello sceneggiata tv Il maresciallo Rocca, interpretato sullo schermo da Proietti con buoni risultati di ascolto. Le vendite del libro, pubblicato da Mondadori e scritto da Laura Toscano, sceneggiatrice della serie televisiva, non rispecchiarono l’alto numero di spettatori. Se il maresciallo incantava dal tubo catodico, le sue avventure non catturavano dalla pagina stampata.
Anche la traduzione, in un volume pubblicato da Sperling&Kupfer, della «serie evento» degli ultimi due anni, Un medico in famiglia, trasmessa da Rai uno, non ha raggiunto risultati di vendita significativi.
Un buon esito si è avuto invece con Mistero in blu, scritto da Carlo Lucarelli per Einaudi Stile Libero. È questo però un esempio di non-fiction, in quanto il testo raccoglie, riproponendoli e riadattandoli, alcuni «casi» precedentemente raccontati dallo stesso Lucarelli nelle trasmissioni Mistero in blu e Blu notte condotte dagli schermi di Rai due e Rai tre. La popolarità dell’autore è certo un fattore che ha contribuito alle buone vendite del libro, ma non è sicuramente l’unico motivo. Mistero in blu è un libro vero, non una semplice trasposizione sulla carta di un prodotto televisivo. Lucarelli ha rivisto il materiale a sua disposizione, rimodellandolo in rapporto alla sua nuova utilizzazione. L’effetto finale è che chi ha seguito le puntate trasmesse in tv e ha successivamente letto il libro trova gli stessi casi di omicidio ma raccontati diversamente. Sempre e comunque nel rispetto della voce personalissima dell’autore.
Ma se in Italia la fortuna editoriale di Mistero in blu rimane un caso isolato fra gli esempi di trasposizione dalla trasmissione televisiva alla pagina scritta, ben diverso è il fenomeno all’estero. Eventi televisivi come X-files, Beverly Hills e il più recente Dawson’s creek sono stati anche successi editoriali. Certo, in questi casi non è corretto parlare di romanzi, in quanto si tratta piuttosto di tie-in, cioè di prodotti editoriali confezionati ad hoc per serie di culto. Sono prodotti rivolti a un pubblico di giovanissimi che, dopo aver seguito le puntate televisive, cercano nei volumetti i visi e le avventure dei loro idoli. E a conferma della loro natura di “libri non libri”, i dati più significativi di vendita sono stati raggiunti in edicola e non in libreria.
Tornando alla vera e propria narrativa, bisogna segnalare che già da tempo all’estero si scrivono romanzi pensando al cinema e alla televisione, si creano strutture narrative che possano funzionare in entrambi i casi. E da noi, non a caso, il successo editoriale del commissario Montalbano si tramuta anche in successo televisivo: Camilleri, infatti, ha a lungo lavorato in televisione.
In conclusione, negli ultimi anni, sulla scia dell’esperienza straniera, non solo americana ma anche europea, libri e televisione entrano sempre di più in contatto, rendendo via via più evanescente la linea che segna il confine tra fiction alta e bassa.
Nell’editoria libraria viene premiato il romanzo-romanzo e corrispettivamente il romanziere vero, colui che, con una felice espressione inglese, viene definito story teller, ossia narratore di storie. E se sono le storie a catturare sia i lettori sia i telespettatori, si affievoliscono i preconcetti sulla dignità o meno delle storie di genere. In questo senso va sottolineato che di recente, proprio grazie all’utilizzo dei generi, quello giallo in particolare, la narrativa italiana è tornata a essere protagonista dei vertici delle classifiche di vendita. Un genere che, per merito degli autori bolognesi – Carlo Lucarelli, Marcello Fois, Lariano Macchiavelli – e di quelli milanesi – la cosiddetta «Scuola dei duri» capitanata da Andrea Pinketts -,
ha prodotto libri che avvicinano e raccolgono diverse tipologie di lettore: da quello che semplicemente è attratto dalla trama a quello che, nelle pieghe della vicenda, è interessato ai fenomeni culturali, sociali o politici che possono emergere dall’intreccio giallo.
Ma anche nell’editoria televisiva – soap opera, tv movie, seriai, sceneggiati – ciò che fa la differenza, l’audience, è la buona fattura del prodotto, basato sulla sua tenuta narrativa. Nell’attesa di vedere se questo nuovo millennio consacrerà il matrimonio tra immagini e scrittura: magari fino a costringere anche i più restii, gli irriducibili della carta stampata, a leggere romanzi dallo schermo. Di un computer.