Le collaborazioni a Primavera dal 1911 al 1914 e a Giro girotondo dal 1922 al 1925, rappresentano due tappe fondamentali del percorso artistico di Angoletta, dalla sua precoce adesione ai movimenti secessionisti, prima della guerra, alla sua altrettanto tempestiva e qualificata partecipazione al nascente Decò, dopo il conflitto mondiale.
Le due riviste, per la loro originale ideazione, costituiscono di fatto un unicum nel panorama della editoria periodica per ragazzi che in Italia è un contesto relativamente povero, orientato a soddisfare un gusto “medio”, specie dal punto di vista della grafica.
Non mancano precedenti illustri di periodici di qualità, a partire dal Giornalino della Domenica stampato da Bemporad a Firenze dal 1906. Il periodico di Vamba segnò un’impronta grafica decisamente originale e innovativa, riuscendo a dar vita a un vero e proprio “stile giornalinesco”, che caratterizzò le illustrazioni di Scarpelli, di Finozzi e di tanti altri artisti della scuderia.
Primavera e Giro girotondo si distinguono dai precedenti in quanto sono il frutto di progetti editoriali e artistici estremamente unitari, realizzati in gran parte da un solo protagonista
- Angoletta, appunto - che si trova a operare come grafico e come illustratore in modo molto integrato rispetto ai testi, che, per quanto riguarda Giro girotondo sono anch’essi di un unico autore: Antonio Beltramelli.
Altro raro esempio di tale approccio unitario è Il Romanzo dei Piccoli, periodico nato nel 1912 a Forlì dal sodalizio tra lo stesso Antonio Beltramelli e Francesco Nonni. Contemporaneo all’Eroica, rivista di atmosfera tardo simbolista che segnò la rinascita della xilografia in Italia, era interamente decorato con xilografie a colori, con fregi testatine e tavole fuori testo di notevole qualità grafica e di stampa.
Primavera compare il 1° gennaio 1911 come pubblicazione mensile per fanciulli, con il sottotitolo Novelle, Racconti, Commedie, Arte, Scienza, Viaggi, Giuochi, edita dalla Casa Editrice Podrecca e Galantara, per la Tipografia Roma di Armani & Stein.
Ogni fascicolo di 80 pagine è messo in vendita al prezzo di 50 centesimi; i primi numeri sono quasi monografici e hanno titolo proprio, che compare ogni volta sulla testata della copertina,
ma ben presto i contenuti dei fascicoli si articolano in rubriche e articoli che trattano, a rotazione, i temi enunciati, con un approccio quasi enciclopedico ma non aridamente nozionistico.
Angoletta, chiamato a collaborare da Podrecca, da lui conosciuto nel suo soggiorno a Roma, è il dominatore assoluto dell’impronta grafica della rivista, dalla veste sobria ma mai banale.
Le copertine a colori privilegiano figure in primo piano dominanti, in genere un bambino o una bambina, e si collegano in parte alla contemporanea produzione pittorica di Angoletta.
All’interno le illustrazioni sono in gran parte al tratto, rigorosamente in bianco e nero. Solo in rari casi compare una nota di colore rosso, che accende non casualmente qualche particolare, come la stella sul pino di Rio Bo di Palazzeschi.
La partecipazione di Angoletta si colloca in un momento storico particolarmente felice per la storia dell’illustrazione in Italia, che vede l’affermazione quasi contemporanea di grandi artisti in grado di cogliere i frutti più maturi dell’art nouveau e i più recenti movimenti secessionisti. Nelle illustrazioni per le pagine di Primavera Angoletta è alla ricerca del proprio segno, del proprio personale modo di esprimersi. Tale percorso è emblematicamente rappresentato dalla compresenza di molteplici cifre espressive, la linea curva e il ricciolo, la linea nervosa e discontinua, con evidenti influenze di altri artisti del tempo: l’eleganza di alcuni disegni orientaleggianti ricordano Brunelleschi, la sinuosità e l’asimmetria di alcune figure alludono a Tofano, il tratto spezzato riecheggia Terzi.
Tale “eclettismo” sembra enfatizzato anche dall’utilizzo di molteplici modi di firmare le proprie composizioni, anche se in questa fase prevale la firma “Bruno”, morbida e tondeggiante.
Le suggestioni tematiche e iconografiche dei cicli eroici e leggendari (in particolare Parsifal e Nao e Diamanti), spingono Angoletta a osare strade assolutamente inconsuete nel panorama dell’illustrazione italiana, che la relativa povertà editoriale della rivista non sacrifica, ma anzi per certi versi esalta: estrema semplificazione della figura e valorizzazione della linea, utilizzo di pattern decorativi geometrici fortemente stilizzati. Queste prove rappresentano forse l’apice e il momento di maggior concentrazione stilistica di Angoletta, che si mostra all’altezza delle innovazioni della grafica europea, a partire da un confronto inevitabile ma significativo, visto l’argomento, con I Nibelunghi di Czesska.
Altre presenze notevoli all’interno della rivista sono quelle di Virginio Retrosi, che evoca segni e atmosfere cambellottiane, a volte direttamente ispirate alle illustrazioni da lui eseguite nello stesso periodo per I Racconti di Sorella Orsetta di Teresah, di Sergio Tofano, autore e illustratore di Come fu che Papocchia non potè fare il ritratto a un bambino molto bello molto cattivo e molto tenero, con 4 illustrazioni che ricordano quelle eseguite per La Casa, e di Antonio Rubino, per Arrigo non torna più di Franco Ciarlantini, che riecheggiano quelle che l’artista realizza per uno splendido sillabario di Nugoli.
Filiberto Scarpelli è l’autore e illustratore di una lunga storia “pupazzettata” che si rifà al disegno infantile (1911), ripubblicata nel 1930 da Sonzogno con il titolo Pupi di Carta, con le stesse illustrazioni e l’aggiunta di due tavole a colori, senza citare la precedente comparsa nella rivista.
Primavera riserva numerose sorprese anche per quanto riguarda i testi, che esprimono un clima innovativo, artisticamente e socialmente “impegnato”, non soltanto finalità di svago o di pura evasione.
Per la divulgazione artistica viene scelto un approccio molto coinvolgente, che propone ai bambini la storia dell’arte attraverso opere d’arte ispirate ai fanciulli, nella rubrica Il Fanciullo nell’Arte: dai classici (Bronzino), al settecento (Sustermans), agli artisti e ai movimenti contemporanei (Filippo Palizzi, Daniele Ranzoni, lo scultore N. D’Antino collaboratore di della rivista ed espositore alla Mostra romana della Secessione).
Nel numero monografico del 1911 su Le Esposizioni di Roma, note e impressioni di un giornalista di dodici anni, è un ragazzo, Francesco Paoloni, a fare da cronista.
La divulgazione letteraria propone profili di letterati stranieri come Maurizio Maeterlink (Le Fiabe del Poeta, di Vittorio Podrecca, Giulio Verne e l’opera sua), ma anche italiani (Pascoli e i piccoli).
Di particolare rilevanza e qualità sono le proposte di nuovi poeti, da Piero Calamandrei a Piero Iahier, da Scipio Slataper (La mia Primavera Infantile, Dal Mio Carso) a Giovanni Cena, da Giuseppe Prezzolini (La favola della cicala e della formica moderne) ad Aldo Palazzeschi, con il già citato Rio Bo, da Ada Negri a Salvatore Di Giacomo.
Molto consistente e inconsueta nel panorama delle riviste per l’infanzia è la presenza di autori russi, da Tolstoi, con un bozzetto, Il Latte, scritto il 28 agosto 1910, due mesi prima della morte, a Vassili Morosov, contadino scolaro preferito di Tolstoi, a Osorghin, di cui vengono proposte traduzioni originali delle fiabe. Di particolare rilevanza gli scritti di Massimo Gorky, un racconto Al sole del Mezzogiorno, da Capri, pubblicato nel gennaio 1912.
Tra gli scrittori per bambini del tempo i grandi classici come De Amicis, Capuana, Nuccio, sono accanto a nuove leve molto vicine al clima culturale e politico della rivista: Fausto Salvatori, Franco Ciarlantini e Giovanni Capodivacca, Adone Nosari e Arturo Rossato, Alfredo Baiocco, Enrico Carrara, autore di un lungo racconto, Il cuore nascosto che con lo stesso titolo sarà riproposto da Paravia nel 1924.
Tra le scrittrici, Gina Lombroso, Hedda, che racconta l’avventura delle Bibliotechine Rurali di Zia Mariù (Paola Lombroso Carrara, sorella di Gina e moglie di Enrico Carrara).
Tra gli stranieri, Daudet, Dickens e Kipling, con traduzioni originali da Il libro delle bestie (1911), con le illustrazioni già utilizzate nel 1908 dal Corriere dei Piccoli.
La divulgazione musicale propone vite di musicisti, presentate ancora da Vittorio Podrecca (Rossini, Verdi, Mozart), un interessante gioco musicale (Zia Emma, La Musica, gioco del maestro Perlasca), La danza educativa di Rita Sacchetto.
La divulgazione scientifica è affidata in particolare a Carlo Anfosso, con un intero numero monografico di 80 pagine su Mille e una curiosità (1911), un articolo su La chimica divertente (1912), biografie di scienziati come Maria Curie (Le meraviglie del radio, 1911).
L’impegno per lo sviluppo di una coscienza civile e per una morale laica, fortemente politicizzata, si evidenzia soprattutto in alcuni editoriali di Goliardo (probabilmente lo stesso Podrecca), dai titoli molto eloquenti: La bestemmia, Rispetto per il prete, Il perché non bevo.
L’internazionalismo è ben presente in articoli come Le città colossali o Le flotte aeree dei diversi stati in cui, nel confronto, la realtà italiana appare ben modesta.
L’antimilitarismo è esaltato in un crudo articolo di Alete Dal Canto La guerra (1912), sugli effetti devastanti dei conflitti.
Il tema anticolonialista è evidente in un Racconto autentico dei “Pelli – Rosse”, La mia prima caccia al bufalo di Giuseppe Barone, in cui si denuncia la distruzione della cultura autoctona americana.
Argomento ricorrente, dati gli stretti collegamenti con Podrecca, è il teatro per l’infanzia.
Già nel 1911 vengono proposti due fascicoli monografici dal titolo Commedie e maschere italiane con testi di Gina Lombroso e Teatro Minimo, con testi di F. Ciarlantini e Giuseppe Fanciulli.
Successivamente un intero numero è dedicato al Teatro dei Piccoli.
Del grande drammaturgo spagnolo Giacinto Benavente, viene proposta la sua opera per ragazzi più importante, Il Principe che tutto apprese nei libri (1913) , ristampato negli anni ’20 da Carabba di Lanciano.
La rivista subisce una evoluzione grafica nel 1914, pur mantenendo un buon livello qualitativo, ma abbandona il bianco e nero, sostituendolo con disegni al tratto ad un colore, forse per tentare un approccio più “accattivante” per il pubblico, ma nello stesso anno viene definitivamente chiusa.
Dopo la parentesi della guerra e la forzata interruzione della sua attività di illustratore, Angoletta riprende nel 1921 un progetto per realizzare insieme ad Antonio Beltramelli una nuova rivista per bambini, la cui ideazione probabilmente era già avvenuta qualche anno prima.
Nasce così, il 15 Maggio 1921 Giro giro tondo…, periodico mensile “Per i più piccini”, edito dalla Casa Editrice Mondadori, di 16 pagine, stampato su carta porosa, ruvida e pesante, in formato quadrotto, con illustrazioni a tre colori. Il prezzo è fissato a lire 1.50 il numero, l’abbonamento semestrale costa lire 8, l’annuale lire 15.
Beltramelli, ampiamente citato in copertina, è onnipresente se pur celato sotto pseudonimi e sigle: oltre a quella “trasparente” BELT, ne inventa tutta una serie, da ZA a Verdeliò, da Cobò a Folchetto.
La collaborazione di Angoletta non è invece minimamente evidenziata, sebbene egli sia stato non solo l’illustratore unico della rivista, ma l’ideatore del progetto grafico globale, come si desume da una lettera del 10 febbraio 1921 indirizzata al “carissimo Mondadori”. Con la discrezione che gli è consueta, Angoletta propone oltre all’impianto illustrativo del primo numero, anche indicazioni sul formato, che vorrebbe “un pochino più grande di quello da voi datomi come modello” e sul tipo di carta, che preferirebbe “ruvida” come il modello che acclude alla lettera stessa. La notazione sottolinea l’attenzione su aspetti come la tattilità e la sfogliabilità, importanti per una pubblicazione destinata alla prima infanzia, e sulle proprietà di tale supporto in grado di far risaltare le tinte piatte e squillanti caratteristiche del suo stile.
Rispetto alla proposta illustrativa, ne sottolinea l’estrema versatilità “Pensate quanti argomenti vi sono per illustrare in questo modo una rivistina di questo tipo e darle un carattere di attualità, riferendoci alle stagioni, alle ricorrenze, alle solennità, ecc, in ciò che queste cose possono aver rapporto con i piccoli” e la capacità dei suoi disegni di soddisfare tutti i gusti, quello di Mondadori, quello dei piccoli lettori e soprattutto quello delle mamme, che “possono trovare in una serie di disegni così fatti, una quantità di modelli e ispirazioni per decorazioni e ricami.”
Ribadendo poi le caratteristiche di continuità dell’impegno previsto nella collaborazione alla rivista, non esita a riproporre la sua esigenza di un rapporto di lavoro più stabile: “Io sarei lieto di stipulare con voi, data la continuità del lavoro, quell’accordo a cui avete spesso accennato per cui io mi impegnerei di eseguire per la vostra casa un certo numero di lavori in cambio di un mensile fisso.”.
Nessun accenno alla innovatività della sua produzione rispetto a quella corrente, e anche il riferimento ai legami tra illustrazione e arti decorative, in particolare ai disegni per tessuti e ricami, è accennato nella sua componente più casalinga e dimessa, quasi a sottolineare la difficoltà di Angoletta ad assumere consapevolezza del valore artistico della propria opera.
Ben diverso è il tono con cui Beltramelli avoca a sé ogni merito del successo, per altro solo auspicato in futuro, della rivista:“Il Girotondo va molto bene, almeno a Roma; o meglio andrà perché vi lavoro con entusiasmo e me lo scrivo tutto io. Non perde per altro la possibilità di sottolineare il basso riconoscimento economico per la sua insostituibile collaborazione :“per meno di 1000 lire al mese”.
Beltramelli, sicuramente molto attento ai suoi interessi economici, evidenzia comunque in un’altra lettera la funzione che Giro giro tondo può avere per avvicinare i bambini di tutta Europa, vantando anche contatti con editori tedeschi, francesi e spagnoli: “ho ricevuto una lettera dall’editore Lasche di Lipsia per una edizione in tedesco di Girotondo” (…).“La mia idea che è piaciuta moltissimo, e che ho comunicato già in Francia (al “Matin” e precisamente all’amico mio Daireaux) e in Spagna è di fare di Girotondo un giornale per tutti i bimbi d’Europa, voglio che i bimbi incomincino a conoscersi e a comunicare fra di loro in modo da stabilire così tante relazioni di affetto che potranno dare, in avvenire, frutti incalcolabili.”.
Di tali contatti e interessi, successivamente non resta traccia, anche se l’idea poteva essere affascinante e mostra come per Beltramelli il progetto non fosse privo di idealità, tanto che la rivista resta forse una delle opere da lui più emotivamente partecipate.
Ma ad essere il più europeo è sicuramente proprio Angoletta, che nelle sue proposte grafiche, sia per le copertine, sia nell’impaginato interno, dove i suoi disegni contrappuntano impeccabilmente le strofe o le favolette di Belt, si mostra ancora una volta attento e aggiornato rispetto ai migliori artisti attivi nel campo della decorazione del libro.
Notevole affinità e mostra in particolare con il francese Andre Hellè (1870 – 1945), decoratore di teatro, di tessuti, giochi e mobili per bambini che aveva elaborato fin dagli anni 1910 “un grafismo molto personale, basato su forme semplici, stilizzate e funzionali.”
Hellè fu autore delle straordinare illustrazioni realizzate a pochoir per il volume Grosses betes et petites betes, L’Arche de Noè, ideato prima della guerra ma stampato dal prestigioso editore Tolmer solo nel 1920 e delle splendide tavole litografiche a colori per il balletto di Claude Debussy La boite à joujoux, Parigi, A. Durand, 1913, data della prima esecuzione del balletto, in realtà stampato nel 1919.
Considerando l’eccezionale livello qualitativo delle edizioni citate, la corrispondente relativa povertà di Giro giro tondo non fa che mettere in evidenza l’intrinseca qualità degli apparati illustrativi di Angoletta, che ben regge il confronto con i capolavori d’oltralpe.
Lo schema base della rivista è ben fissato fin dal primo numero: grande illustrazione in copertina, preferibilmente con un viso stilizzato di bambino in primo piano, in seconda di copertina una presentazione in rima dei contenuti e dei personaggi, poi l’alternanza di poesie, filastrocche, brevi novelle, con le illustrazioni di Angoletta che incorniciano o rincorrono le strofette, a volte anche a piena pagina, ma sempre caratterizzate dalla stessa felicità di sintesi grafica. Nell’ultima di copertina, pubblicità editoriale per le Filastocche, collanina raffinata e preziosa con poesie di Schwarz illustrate dallo stesso Angoletta
La pubblicità vera e propria compare dal numero del 15 luglio 1921, relativa ai giocattoli di carta della ditta PIEGA realizzati da Forbicicchio, e poi continuerà con disegni per la Gi Vi Emme, per i saponi, per la Rinascente, ecc.
Dal gennaio 1922, la rivista diventa quindicinale, e da numero 4 viene inserita una rubrica di posta con i lettori e la pagina dei perché, domande strane con risposte “assurde”, una trovata intelligente e divertente.
Malgrado queste innovazioni, l’andamento delle vendite non soddisfa le previsioni dell’editore, che in una fredda e dura lettera del 30 settembre 1922, a firma del funzionario Fracchia, comunica a Beltramelli la decisione irreversibile di modificare radicalmente il taglio della rivista per “renderla ben accetta a tutti i gusti”, intervenendo sia nei testi, sia nell’apparato illustrativo, stravolgendo completamente il progetto unitario iniziale.
Egregio Sig. Antonio Beltramelli Forlì
Abbiamo esaminato con la più grande attenzione – avendo raccolto tutti i dati relativi all’andamento delle vendite di Giro Girotondo – le condizioni di questa piccola rivista dopo un anno di vita, abbiamo dovuto purtroppo constatare che i risultati ottenuti non sono stati quali ci aspettavamo e come l’inizio della pubblicazione lasciava sperare.
Siamo stati soprattutto colpiti dalla costante diminuzione che la vendita ha subito di mese in mese, la quale avendoci già costretti più volte a ridurre la tiratura da 8 a 6, e da 6 a 5 ci obbliga ora ridurre quest’ultimo quantitativo già di per se stesso insufficiente ad una cifra ancora inferiore.
(…..) trovare un rimedio che salvi Giro Girotondo da una lenta ma inevitabile fine.
(…..) siamo venuti alla determinazione di dare a Giro Girotondo con il 23 una struttura tutta diversa dall’attuale, che tanto originale per sé stessa, non basta ad assicurare alla rivista una larga fortuna.
Così mentre crediamo opportuno ricorrere all’opera di altri pittori, oltre all’Angoletta per dare ad ogni numero una maggiore varietà di illustrazioni, crediamo che il solo mezzo di ben assicurare alla rivista una maggiore varietà di contenuti sia quello di aprirla alla collaborazione di diversi scrittori, e cioè di renderla ben accetta a tutti i gusti. Una parte notevole di pagine dovrebbe essere riservata ai giuochi.
Questo criterio implica un mutamento radicale nella redazione di ogni numero e quindi nella parte attiva che Ella può avere stando lontano.
Noi desidereremmo tuttavia che Ella ne conservasse la direzione e in molta parte continuasse a dare a Girotondo una collaborazione attiva regolare, e preponderante rispetto a quella di ogni altra collaborazione.
Nella conseguente radicale rielaborazione della “rivistina” le copertine restano ancora interamente affidate ad Angoletta che, cercando di mostrare capacità di innovazione e di differenziazione stilistica, alterna immagini a piena pagina isolate su ampie campiture, di consistenza volumetrica quasi novecentista, con altre di prevalente gusto decorativo, costituite da figurine che si alternano con simmetrica cadenza lineare o fluttuano nello spazio con imprevedibili movimenti spiraliformi.
Per le illustrazioni interne, divenute a due colori, sono attivi, oltre ad Angoletta, Enrico Mauro Pinochi, autore di grandi tavole di raffinato gusto tardo liberty, di notevole effetto, ma anche di
storielle a strisce, a lui inconsuete, e Bruno Santi, le cui figure stilizzate sono quasi indistinguibili da quelle di Angoletta, oramai sempre più utilizzate con funzioni di fregi e vignette, per incorniciare il testo, sempre più consistente ed esteso. La rivista ha perso il suo “target” iniziale di pubblicazione destinata alla prima infanzia, elemento che ne determinava l’assoluta originalità – non soltanto in Italia – e si avvia a diventare un “prodotto” a più ampio spettro di destinatari.
Nel numero 12 del dicembre 1924, bruscamente, nella seconda di copertina, sotto l’accattivante titolo Il più bel regalo che “Girotondo” offre ai suoi lettori, si annuncia con un lungo scritto la fine della rivista e la sua confluenza nel Giornalino della Domenica del 1925, rilevato da Mondadori.
Nell’iniziativa mondadoriana confluisce anche un’altra rivista, Ragazzi d’Italia, nata a Bologna nel 1923, diretta da Aldo Valori, con impostazione generale e veste grafica analoga a quella del Giornalino di Vamba (le “pagine rosa”, la “Posta della Zia”, ecc.), con collaboratori come Sergio Burzi, Alessandro Cervellati, Anton Maria Nardi, Bice Bonamico.
Il periodico bolognese era andato in crisi già nel secondo anno di vita, anche a seguito della comparsa di testate di regime, come Il Giornale dei Balilla (1923) e all’affermazione di riviste con storie quadrettate, sul modello del Corriere dei Piccoli, vincente rispetto al modello più scritto, tipico del Giornalino della Domenica.
L’operazione di rilancio del Giornalino, prettamente nostalgica, schiera in prima linea l’entusiastica partecipazione e “benedizione” dei figli di Vamba. Altrettanto patetici e stiracchiati sono i tentativi di replicare il clima dei Comunicati e dei Proclami che vorrebbero sottolineare la ritrovata vitalità della confederazione giornalinesca, delle feste dei grilli, ecc.
La nuova veste editoriale si caratterizza soprattutto per l’alta qualità delle copertine di Angoletta, veri e propri manifesti di una grafica straordinaria che esaltà il Decò e accenna al Futurismo, sempre giocando con estrema bravura sui motivi geometrici elementari cari ad Angoletta, in particolare il cerchio e il triangolo.
Giro Girotondo viene collocato all’interno della rivista come un inserto autonomo, all’inizio con frequenza quindicinale poi con frequenza mensile (giustificata dal direttore come una necessità per non affaticare troppo i piccoli lettori!), riprendendo, anche se in modo completamente diverso, la tradizione del Passerotto, di Omero Redi, inserto del Giornalino destinato ai più piccini interamente scritto e illustrato dai bambini.
Tuttavia, nelle pur numerose lettere che i giovani (ma soprattutto non più giovani) lettori mandano nei dodici mesi di vita della rivista al redivivo Fra Bombarda (Filiberto Scarpelli), nessuna menzione si fa all’inserto di Giro Girotondo. Come un “corpo estraneo”, esso verrà definitivamente espulso nell’ultimo e triste tentativo di mantenere in vita il Giornalino che Mondadori effettuerà l’anno successivo, in una versione stampata in rotocalco e in formato tabloid che manterrà il nome ma stravolgerà completamente il carattere originale della rivista.
Proprio la non riconoscibilità della veste grafica rispetto al modello datole dal fondatore, sarà la motivazione dichiarata dai figli di Vamba per ritirarsi dalla nuova impresa che proseguirà stancamente fino al 1927 per poi definitivamente concludersi.
In questa atmosfera un po’ nostalgica e niente affatto innovativa, la sequenza straordinaria delle dodici copertine realizzate da Angoletta per Il Giornalino della Domenica del 1925 sono una specie di fuoco d’artifizio, un galop finale travolgente, prima che si spengano le luci della ribalta
Le luci di Giro girotondo vengono ancora riaccese quando le inconfondibili figurine di Angoletta saranno riultilizzate in parte, verso la fine degli anni ’20, nella edizione mondadoriana della Children’s Encyclopedia di Arthur Mee , nei volumetti della Bibliotechina del “Giro Tondo” , e quasi trent’anni dopo, nel 1956 , quando Mondadori le riproporrà in una versione dalla accurata veste grafica realizzata a schede, raccolte in una scatola ad astuccio.
Le storielle di Beltramelli divise in sezioni (Cantilene, Filastrocche, Le storie di Secchi e Sberlecchi, Le storielle di Picicci e Passerotto, Favolette gaie, Panzane e scioglilingua), rinascono dunque rese attuali dalla persistente modernità delle immagini di Angoletta, che, come un misterioso burattinaio dietro le quinte, continua magicamente a incantare i bambini.
In una lettera indirizzata a Belt pubblicata nel Giro girotondo del 1923 un piccolo curioso lettore aveva chiesto: Qual è il vero nome di Angoletta?
Il vero nome di Angoletta è Angoletta, e ne è felice, aveva risposto Beltramelli.
La felicità che traspare dalle molte figurine di Giro girotondo rispecchia forse la sua gioia per aver aver ritrovato se stesso nel suo colloquio con l’infanzia.