A casa di Alba de Céspedes: l’incontro con Luchino Visconti e il balletto Mario e il mago
«A suo tempo avevamo pensato di venire anche a Milano alla prima del balletto sul “Mario”. Forse ricorda che durante quel cocktail memorabile il compositore e il regista si erano presentati e avevano prospettato con certezza la rappresentazione del balletto alla Scala per l’inizio della stagione».
Questa è l’unica testimonianza, ad oggi certa, di un incontro tra Thomas Mann e Luchino Visconti, avvenuto durante un ricevimento organizzato da Alba de Cèspedes, la scrittrice che, insieme ad Alberto Mondadori, ha accompagnato Thomas Mann nella sua visita a Roma e dintorni. Thomas Mann ha incontrato Luchino Visconti insieme al compositore Franco Mannino ed è stato da loro informato sul progetto di un balletto ispirato alla novella Mario e il mago del 1930, in cui lo scrittore opera una profonda metafora del fascismo e dei suoi leader.
Il progetto è stato realizzato soltanto nel 1956, dopo la morte di Thomas Mann, in una rappresentazione di grande successo alla Scala, cui ne sono seguite altre sette. Jean Babilée nel ruolo di Mario, Salvo Randone nel ruolo del mago Cipolla e Luciana Novaro nel ruolo di Silvestra hanno senz’altro contribuito alla riuscita del balletto. Grandi lodi hanno ricevuto anche i costumi di Lila de Nobili. L’anno successivo lo spettacolo è stato ripetuto al Teatro Quirino di Roma. La messa in scena ha trovato la piena approvazione di Erika Mann e di Elisabeth Mann Borgese, che hanno visto nell’opera di Visconti una lettura della novella che sicuramente avrebbe trovato il compiacimento di Thomas Mann. Nel balletto non vi è alcun riferimento apertamente politico; ampio spazio viene dato invece all’occulta forza di persuasione del mago, privilegiando così la seconda parte della novella. La particolare relazione tra l’ipnotizzatore e il suo pubblico trova espressione attraverso un particolare mezzo coreografico: l’unico personaggio che non danza ma declama soltanto è il mago. In questa scelta di Visconti si può leggere un riferimento all’importante saggio di Thomas Mann del 1939, Fratello Hitler. In esso Mann analizza l’affinità tra la forza di persuasione dell’artista e quella dei dittatori e si chiede dove sia la differenza tra «una danza sacra degli abitanti di Bali, che [termina] con un’estasi e spaventose convulsioni dei giovani, ormai esausti (…) e ciò che succede in un’adunanza politica in Europa».
Lettera di Thomas Mann ad Alberto Mondadori, 23 novembre 1953