Nel 2005 Franco Quadri era presidente di giuria al Premio Riccione per il Teatro. Manteneva l’incarico dal 1995 (e l’avrebbe conservato fino al 2007). Uno dei compiti che amava di più, nonostante la delicatezza del ruolo, o forse proprio per il rischio della scommessa critica, era l’assegnazione del Premio Pier Vittorio Tondelli al miglior autore under trenta. La segnalazione degli autori avveniva in base a un solo testo, messo in scena nell’ultima stagione. Qui stava il problema, e la prova per l’acutezza d’intuito del critico: a maggior ragione per Franco Quadri, che non concepiva l’episodio drammaturgico se non all’interno del contesto più ampio dell’intera produzione di un autore. Soprattutto se giovane.
Nel 2005, il premio Tondelli era stato assegnato a Stefano Massini, per L’odore assordante del bianco. Per la sua «scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, che riesce a ridarci anche visivamente il tormento con feroce immediatezza espressiva». Franco Quadri chiese a Massini di fargli avere «tutto il resto». Per soddisfazione della sua insaziabile curiosità. E per verificare che il testo premiato non fosse stato frutto di «un singolo stato di grazia». O più semplicemente, per il suo fiuto del talento.
Quadri svolgeva il mestiere di critico (la sua «attività primaria») all’interno di un «rapporto di amicizia, […] insieme ai protagonisti della scena»: come un «compagno di strada di chi fa teatro» (Franco Quadri in una conversazione con Lorenzo Donati. Aveva un rapporto speciale con Luca Ronconi. Lavorava con lui «un po’ come fa in Germania il Dramaturg» (Luca Ronconi in un’intervista di Oliviero Ponte di Pino). Anche nel modo più discreto. I testi che avrebbe voluto vedere rianimati e riportati sulla scena non tanto li proponeva: li pubblicava. Dalla Ubulibri, poi, il regista poteva rubacchiare. Affidandosi ad un catalogo montato con gusto autorevole. Questo valeva soprattutto per la drammaturgia contemporanea.
Franco Quadri arricchiva via via il repertorio di Ubulibri delle nuove scoperte emergenti dalla contemporaneità teatrale. Ne seguiva con passione la crescita, nella proposta di un continuo aggiornamento, e continua rivivificazione, della drammaturgia – specie italiana. È in questo clima che si inserisce la scoperta e promozione di giovani autori come Fausto Paravidino, Davide Enia, Letizia Russo – tutti vincitori del Premio Tondelli con Franco Quadri. Come Stefano Massini.
Ubulibri pubblicò volta per volta, dal 2006, tutto il teatro scritto da Massini. Una Quadrilogia (2006), Donna non rieducabile (2007), Trittico delle gabbie (2009). Nel frattempo, Quadri passava i testi inediti a Ronconi.
Nel 2009 Massini cominciò a lavorare al nuovo, vasto progetto di Lehman Trilogy: ne accennò a Quadri: lui fu sicuro: «lì c’era il futuro». Lo sguardo di Quadri era sempre stato rivolto al futuro: e sempre fisso vi rimase. Nella convinzione che il futuro non potesse essere che una consegna fatta dal racconto dell’esperienza ai giovani: «credo che per non essere ridicoli, sia essenziale la presenza [nello speciale del Patalogo trenta. Quale futuro per il teatro?] di voi giovani che del resto di questo avvenire sarete i soli a fruire. È naturale che sia così. Tutto quello che posso dire è che il riscontro del passato vi sarà altresì importante, e penso che sia opportuno, da parte d’uno come me, sollecitarlo con le testimonianze dei grandi spettacoli che ho visto e sentito» (mail del 2007 di Franco Quadri a Stefano Massini).
Massini rimane una delle ultime grandi scoperte di Franco Quadri e della sua Ubulibri. Sostenuto da una ricerca e da una scommessa sul nuovo giocata con audacia e consapevolezza. Affidato di una grande eredità al tramonto di una generazione e di una stagione di teatro: di proseguimento in un’attività creativa privata del consiglio di Franco Quadri e del gusto editoriale della Ubulibri – con la pubblicazione nella “Collezione di teatro” Einaudi di Lehman Trilogy (2014, con una prefazione di Ronconi, regista della colossale messa in scena); di nuova guida, con passo misurato sulla lezione del grande maestro, per il “teatro che si fa” – con la successione a Luca Ronconi alla consulenza artistica del Piccolo Teatro di Milano.
Una quadrilogia
Con L’assordante odore del bianco Stefano Massini aveva vinto il Premio Tondelli 2005. Franco Quadri, presidente della giuria, premiandolo gli chiese di leggere tutto ciò che di altro avesse scritto.
Tra il 2004 e il 2005 Massini aveva composto quattro testi che erano quasi un’autobiografia narrata attraverso vite altrui: di quattro giovani artisti o scrittori dai nomi reali e celebri (oltre a Vincent Van Gogh in L’assordante odore del bianco, Franz Kafka e Jitzach Löwi in La fine di Shavuoth e Honoré de Balzac in Memorie del boia), o inventati (Elga Firsch in Processo a Dio).
Massini accontentò la curiosità di Quadri dopo un mese di correzioni. Gli inviò i testi. E l’editore non ebbe dubbi. Rispose proponendo già un titolo per il volume che sarebbe uscito da Ubulibri: «Una quadrilogia, seguito dai titoli, perché Quartetto l’abbiamo già usato per Norén, mentre intitolare il volume a una delle opere come quella di Riccione potrebbe essere commerciale ma anche generare preferenze non del tutto giustificate». Una quadrilogia uscì nel 2006.
Il libro si apre con un’introduzione di Quadri, A cavallo del tempo e della storia in cerca di artisti che insegnino la vita. Marca l’alto livello cui giungono gli esiti di queste pièce, «diversi passi più in là dei lavoretti già disorganicamente svolti su ordinazione». Riconosce una linea dorata nella produzione del ragazzo che aveva deciso di «diventare un vero drammaturgo affrontando i temi che gli stavano più intimamente a cuore». Segna una via.
Al momento della lavorazione al volume, lo sguardo dell’editore era già diretto lontano: «a ciò che non era mai stato scritto. Appunti, progetti, traiettorie per future drammaturgie» (Stefano Massini). Scovato il talento, andavano tentate tutte le sue possibilità, per indirizzarlo verso la migliore originalità. Il testo fatto era fatto. Ormai meno interessante. Una volta pubblicato, restava indietro, spostato in un posto diverso dal laboratorio, il luogo dell’invenzione futura. «Era come se al Quadri editore, mentre interessava piuttosto poco il testo ben confezionato e revisionato, premesse molto di più cogliere la giungla fuori dal giardino, consapevole non solo che i due fossero strettamente dipendenti, ma soprattutto che a lui spettasse il ruolo di intuire – dentro la giungla – sentieri per ben più floridi ennesimi giardini» (Stefano Massini).
Donna non rieducabile
Il 7 ottobre 2006 veniva uccisa a colpi di pistola Anna Politkovskaja. Aveva provato a far luce tra le nebbie della Cecenia e della Russia di Putin, raccogliendo in prima persona i frammenti della realtà disgregata di uno e tanti incubi, e ricomponendoli in inchieste pericolose. L’esplodere di quei colpi al cuore e alla testa della giornalista, e della libertà di informazione russa, echeggiarono dal silenzio russo sulle pagine della stampa internazionale.
Ne lesse Massini. Intravide lo spazio per una forma teatrale di racconto. E cominciò a costruire, per schegge e frantumi, i riflessi spaccati di una realtà tenuta insieme solo dall’occhio e dalla penna «di questa donna che osserva e racconta. Vede e dice. Raccoglie e moltiplica» in un «taccuino di appunti impazzito, con i fogli strappati e gettati in aria. Un frullatore di drammi umani, vita e morte, tragedie piccole e grandi, macrocosmo e microcosmo. Immagini e fermo-immagini da un mattatoio odierno, galleria di strazi e squarci (passare in rassegna gli spasmi plastici di Niccolò dell’Arca piuttosto che le tele lacerate di Burri)» (Stefano Massini).
I primi frammenti furono composti per un convegno su teatro e impegno civile. Massini partecipò con la scrittura di un pezzo teatrale letto in abbozzo. E continuò, nelle settimane successive, ad accumulare frammenti teatrali che erano la riscrittura di interviste, denunce, articoli e reportage ceceni della Politkovskaja. Pagine sparse: senza un filo conduttore, o linearità. Appunti per una drammaturgia da farsi.
Massini ne accennò a Franco Quadri nell’estate del 2007. L’esistenza di materiale grezzo di così bruciante attualità solleticò la sua curiosità. Quadri volle leggere quel magma drammaturgico ancora liquido tra scrittura al computer in tanti documenti separati e pagine illeggibili di Moleskine. A Massini serviva un parere. Anche per tastare la tacita ipotesi che quella potesse già essere una forma drammaturgica. Inviò tutto, in una mail dall’oggetto «Appunti su Anna Politkovskaja».
La sera stessa, la risposta di Quadri: «non fare cose sciagurate, non metterci mano, il testo è perfetto così com’è, rarissimo e sublime, mostruosamente vero ma poetico, ti sei inventato un modo di scrivere tutto tuo e c’è dentro un ritmo forsennato, oltre a essere bello assai il fatto che sono frammenti, è una narrazione disperata e funziona proprio il fatto che non si capisca mai chi racconta. Ti dirò di più, lo pubblico nella Collanina, ho già deciso, lo faccio uscire tra tre mesi, a un anno dall’omicidio, lunedì ti faccio chiamare dalla Ubu per il contratto. Se mi autorizzi ne lascio una copia stasera a Ronconi dopo le prove di Strauss. A proposito: se ne capisco ancora qualcosa, questo testo andrà una bomba all’estero, sono disposto a scommettere 50 euro. Pensa a un titolo, però, hai 48 ore. E per favore, che non sia Anna Politkovskaja» (mail di Franco Quadri riportata da Stefano Massini).
Uscì così nel 2007 Donna non rieducabile. Memorandum teatrale su Anna Politkovskaja. «Memorandum inteso allo stesso tempo come promemoria civile e come riflessione sulla memoria» (Massini). Testo politico di estrema e delicatissima attualità di «un drammaturgo attento ai problemi della libertà individuale» (quarta). Sostenuto e promosso da Quadri soprattutto all’estero. Dove secondo lui sola poteva stare la vera conferma delle sue scelte editoriali, nella condivisione della «necessità di quelle drammaturgie come veri segmenti di letteratura del presente». Donna non rieducabile fu un successo internazionale strepitoso.
Trittico delle gabbie
Il “frammento teatrale” della Gabbia (figlia di notaio) era stato portato in scena nel 2006. Indagava, nel colloquio di una madre borghese e scrittrice mondana con la figlia carcerata ex-brigatista non pentita, le potenzialità della struttura della gabbia come spazio metaforico delle costrizioni alla vita, dello scambio specchiato tra dentro e fuori, del trinceramento dei rapporti tra le persone, di quel «“parlare senza comunicare” che ha davvero del grottesco nella cosiddetta “epoca della comunicazione”» (Massini). Inizialmente era stato concepito come una provocazione della ricettività del pubblico, in pezzo singolo. L’entusiasmo con cui era stato accolto suggerì a Massini di ampliare il progetto di indagine in una trilogia, che desse il senso di una riflessione politica sulla socialità. Nascevano così, chiusi dietro altrettanti recinti metallici, gli altri due testi del Trittico delle gabbie («sottotitolabile “istantanee dal caos”», Massini): Zone d’ombra, Versione dei fatti.
«Fra i pilastri fondanti di questo Trittico annoterei quindi la sensazione, molto marcata, che ogniqualvolta ci si avvicina a temi per così dire scottanti, le incertezze superino di gran lunga ciò che si credeva acquisito» (Massini). Il tema suggerisce il metodo. In una continua sfida a ciò che si è già fatto, ormai superato. Un percorso sul filo del dubbio e della totale rimessa in discussione. Prova su altra prova, e rischio della scommessa. Guardando dove «c’è il futuro». Lungo la linea sottile dello sguardo di Franco Quadri.