Ma torniamo al libro di Remarque e a Mondadori. La fase successiva fu piuttosto complessa, e già è stata descritta in maniera documentata.[1] Per questo qui viene solo brevemente riassunta. Nell’agosto 1929 Telesio Interlandi scrisse sul «Tevere» un articolo in cui parlò del successo di Niente di nuovo, che però era stato appena vietato nelle biblioteche militari austriache. Il giornale annunciò anche la prossima pubblicazione da Mondadori e l’Interno segnalò l’articolo al prefetto di Milano, chiedendogli di fermare quella traduzione. Mondadori in un primo tempo accettò, ma poi ci ripensò e chiese un intervento positivo di Mussolini. Poco dopo, il 31 ottobre, il fratello del duce, Arnaldo, in un discorso, a sua volta lanciò un vero e proprio attacco contro Remarque e altri due autori (uno era Moravia), chiedendo «misure severe» su quei libri. Iniziò così il lungo percorso di Arnoldo in difesa del suo Remarque e seguirono i suoi incontri col duce nel tentativo di pubblicarlo. Quanto al duce, per sei mesi fece leggere e controllare il libro dal suo staff, insieme alle varie recensioni e discussioni che aveva provocato. Ne parlò perfino con un importante generale, Francesco Saverio Grazioli. Il risultato fu che le decisioni sul libro rimasero sospese fino al maggio del 1931.

Intanto, in Germania era uscito il nuovo libro di Remarque, Der Weg zurück. Mondadori aveva acquistato anche quello e iniziò a occuparsi della traduzione, mentre il titolo era La via del ritorno. Non è ancora chiarissimo (altro segmento della Mondadori per cui manca la documentazione), ma sembra che essa fu affidata subito non a Jacini, ma a un altro amico di Rusca, l’istriano Ervino Pocar.[2] Invece per Niente di nuovo seguirono vari divieti per le edizioni estere: tra l’altro, Mondadori aveva acquistato la vendita in Italia di quella francese, che, fino a un definitivo sequestro, vendette in migliaia di copie (e non fu colpita).

Dopo mesi, poco prima del 21 maggio 1931 arrivò la decisione definitiva per Niente di nuovo: Mussolini, dopo ben due colloqui con Mondadori, accettò che il libro fosse tradotto in italiano, ma solo per l’estero. In particolare per la Svizzera, perché Arnoldo fece sapere che in Svizzera c’era una casa editrice che avrebbe potuto pubblicarlo; e furono permesse 20.000 copie. Così la Mondadori lo stampò ad agosto, in realtà non in Svizzera ma a Verona: in 10.000 copie, come si vedrà meglio nelle pagine successive; e fu quindi cauto. Il piatto anteriore, la copertina esterna, fu disegnato da Bruno Santi, l’illustratore che aveva composto tutte le drammatiche ed efficaci copertine della stessa collana «I romanzi della guerra»:[3] questo fu il n. 12.

Per La via del ritorno Mussolini, nel luglio 1931, due mesi dopo, diede invece solo un mezzo permesso, perché subito i suoi uffici (e doveva essere stato Mussolini a suggerirlo) spiegarono alla casa editrice che questo non voleva dire che il ministero dell’Interno non sarebbe intervenuto con un suo sequestro (e il duce era il ministro). Così Mondadori anche in questo caso decise di stamparlo per distribuirlo in Svizzera, questa volta col n. 13 dei «Romanzi della guerra», ma senza una copertina di Santi. Eppure ci mise ancora molti mesi. La stampa avvenne solo nel maggio 1932. Anche di questo romanzo furono subito vietate le edizioni straniere e in particolare quella originale tedesca. E fu l’ultimo numero della collana.

Infine bisogna sottolineare che non fu l’ultima operazione di Arnoldo a favore dei libri contro la guerra e in sostanza pacifisti. Infatti, in modo piuttosto incredibile, Arnoldo nel 1937 tornò a cercare di tradurre e pubblicare un nuovo libro di Remarque, Drei Kameraden: allora però non ci riuscì. Ma soprattutto ristampò un vecchio titolo dei «Romanzi della guerra». Si trattava di La questione del sergente Grischa di Arnold Zweig, il n. 1 della collana. Mondadori lo inserì e ristampò nel 1938 nella nuova «Medusa». E questa volta fu sequestrato insieme ad altri romanzi dello stesso autore. Ma, a quel punto, i motivi erano diversi e nuovi: Zweig ora risultava un autore ebreo.

 


[1] Giorgio Fabre, Il censore e l’editore, cit., pp. 88-92, 117-133, 370-373.
[2] Cfr. Anna Antonello, Ervino Pocar. Una vita fra le righe, in Gian Carlo Ferretti (a c. di), Protagonisti nell’ombra. Bonchio, Brega, Ferrata, Gallo, Garboli, Ginzburg, Mauri, Pocar, Porzio, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori-Unicopli, 2012, p. 156.
[3] Cfr. http://www.letteraturadimenticata.it/illustratori%20s-z.htm (ringrazio Annalisa Capristo per l’identificazione). Bruno Santi illustrò diverse copertine di Mondadori. Durante la Grande Guerra era stato capitano mitragliere, ferito e decorato al valor militare.