Velocità della visione. Poeti dopo il Duemila


«Nel 2000 Mario Santagostini pubblicava l’antologia I poeti di vent’anni , primo atto di un’indagine sulla poesia delle nuove generazioni, dei nati cioè tra gli anni ’70 e gli ’80, che si affacciavano allora con molte speranze e ben poche pubblicazioni. L’operazione era stata poi proseguita nel 2004, con la Nuovissima poesia italiana , mentre la presenza dei giovani in gran numero era ormai un dato acquisito – se vogliamo sorprendente – confermato da altri interventi e altre antologie. Questa mappa di Marco Corsi e Alberto Pellegatta si propone di andare oltre i percorsi generazionali, suggerendo autori che si siano manifestati per la prima volta nel nuovo secolo, e quindi anche figure non presenti nei prece denti regesti solo per ragioni di età. In questo modo (essendo comunque stato posto almeno un limite, quello dei cinquant’anni di età) l’antologia presenta o scheda poeti nati tra la fine degli anni Sessanta e i secondi anni Ottanta. Tra questi avrebbero avuto ben diritto di figurare, sicuramente nella parte antologica, anche i due curatori, e invito dunque chi leggerà questo volume a munirsi delle loro opere, e in particolare L’ombra della salute e Ipotesi di felicità di Alberto Pellegatta e Pronomi personali di Marco Corsi.
Ma quali sono i caratteri più rilevanti della nostra nuova poesia? Sul piano che più conta, e cioè quello della ricerca e insieme di un rapporto con la tradizione e con le generazioni precedenti, direi che le proposte innovative non sono l’elemento di prima evidenza. In questo senso, peraltro, un dato interessante è una maggiore (e direi proprio necessaria) sensibilità alla prosa poetica, e dunque all’intreccio tra verso e prosa che, a mio avviso, non potrà non divenire sempre più importante e vivo, data la frequente ambiguità del verso libero e l’improponibile recupero pieno delle misure storiche. Non mancano, nel panorama generale, ingenue pretese di innovazione riferite a sperimentazioni di un’avanguardia importante ma ormai remota, pressoché archeologica, e dunque del tutto inadeguate o fuorvianti. D’altra parte la riflessione teorica – che era stata persino ingombrante negli anni Settanta e Ottanta – sembra del tutto assente, come se il dato acquisito di per sé potesse garantire un presente e un futuro. Va da sé che le figure maggiori, tra gli autori proposti da Corsi e Pellegatta, oltrepassano di netto il problema, mostrando dall’interno dei loro testi una consapevolezza linguistico-stlistica molto solida. E qui va introdotta quella novità costituita dai nuovi mezzi e dai cosiddetti social, divenuti un equivoco territorio di autoconsolazione e scambio, che per molti aspetti ha moltiplicato in misura abnorme quella che un tempo era la realtà, minore e sostanzialmente innocua, del sottobosco. In centurie si scambiano quotidiane informazioni e chiacchiere, nel mentre langue la riflessione vera sulla poesia, su quale poesia, su quali direzioni muoversi in un tempo quanto mai confuso, dove tutto sembra doversi svolgere prevalentemente nell’inganno della superficie. Ed è chiaro che in un contesto così poco stimolante possano trovare spazio in varie centinaia. Ma più che virtuale è in effetti uno spazio illusorio e consolatorio. Anche per queste ragioni è necessario esprimere nuove possibilità di scelta, affrontare il rischio della selezione, come hanno saputo lodevolmente fare i curatori di questa antologia. Ben consapevoli di andare incontro a rischi e critiche, come sempre avviene in casi del genere. Ma consapevoli anche che la poesia, da sempre, ha bisogno di incontri e scontri dialettici sulle cose, sui testi e sulle loro ragioni.»

Maurizio Cucchi

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