OdB fornisce i suoi pareri di lettura in un periodo cruciale del suo percorso. All’inizio dei sedici anni cui si riferiscono le schede di cui abbiamo qui dato conto, è un intellettuale italiano sensibile ai molti fermenti della nostra cultura nel dopoguerra, ma anche attento alle suggestioni che ci arrivano (dopo la parentesi del regime) dai paesi stranieri più o meno evoluti. Alla fine, è diventato l’emblema nazionale di un’inevitabile necessità del nostro tempo: quella di non relegarsi in un’ottusa gerarchia fra i diversi generi culturali, quella di saper maneggiare con pari competenza i registri high come quelli low. Facilmente, si può individuare il simbolo della mutazione: è il varo, nel 1965, della rivista «Linus», con quel testo di presentazione a sei mani che raccoglie Elio Vittorini e Umberto Eco assieme a lui. Ma i pareri che qui abbiamo in parte presentato danno il senso di come il processo si articoli al di là del momento emblematico. Sono innumerevoli gli spunti da cui emerge la modernità di OdB: dalla sinteticità talvolta brutale contrapposta a un approccio paludato o accademico all’interesse per la complessità dell’azienda editoriale – si veda il rapporto non sempre facile con Sereni – o all’attenzione per gli intrecci fra settori diversi di un’industria culturale che sta divenendo sempre più totalizzante.
Enrico Mannucci
Indice del volume: «Non è un libro per noi». Oreste del Buono lettore in Mondadori, di Enrico Mannucci; OdB negli archivi conservati da Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, di Anna Lisa Cavazzuti