Prima di addormentarsi a notte fonda, una bambina di otto anni legge tutto quello che trova in casa nella convinzione che i libri si scrivano da sé, che non abbiano autore, che vivano di vita propria. Solo più tardi, negli anni Sessanta del Novecento, scegliendo le letture dalla biblioteca scolastica per sfuggire alla scarsa attrattiva dei libri di testo, scopre che il nome dell’autore è una chiave, e che se non lo conosci non puoi ritrovare storie infantili bellissime di cui ricordi solo trama e protagonisti. E che gli autori sono anche donne, autrici, delle quali poco ci si è occupati.
In questo saggio autobiografico Elisabetta Rasy, scrittrice, saggista e giornalista, esperta di letteratura femminile, ci presenta le sue scrittrici predilette, donne che con le loro parole hanno plasmato il Novecento e cambiato la nostra coscienza. L’autrice ci ricorda come si diventava scrittori prima delle scuole di scrittura «leggere leggere leggere, e poi scrivere, come un travaso naturale di un atto nell’altro, una necessità fatale…». E parla di questo suo lavoro come «una testimonianza di questo apprendistato nei libri degli altri – in questo caso nei libri delle altre – non un autore singolo, naturalmente, ma la polifonia delle voci amate, invitanti, tentatrici come quelle delle sirene».
È un viaggio affettivo e culturale dall’America di Carson McCullers e Flannery O’Connor alla Russia di Anna Achmatova, Marina Cvetaeva e Nina Berberova alla Cina di Zhang Ailing, attraverso le nostre Elsa Morante, Anna Maria Ortese, Cristina Campo e l’italo-svizzera Alice Ceresa. Una protagonista dei primi anni del secolo come Edith Wharton ci introduce a scrittrici contemporanee come Agota Kristof e Jamaica Kincaid. La morte di Etty Hillesum trentenne ad Auschwitz e le sfortunate esistenze di Sylvia Plath e di Ingeborg Bachman. E ancora la polacca Wanda Szymborska, premio Nobel 1996, le due Marguerite, Duras e Yourcenar, l’ungherese Magda Szabó e la canadese Alice Munro, le britanniche Barbara Pym e Muriel Spark. È un album di famiglia, con tanto di fotografie, ma anche una guida, suggerita dalla convinzione che il ventesimo secolo è stato il secolo del talento delle donne, l’epoca in cui la loro voce, rompendo un lungo silenzio, ha aperto prospettive inesplorate. Non a caso nella galleria di ritratti c’è anche una pittrice, Frida Kahlo che, lavorando sul suo corpo, ha proposto un’immagine sconosciuta e sorprendente della femminilità. Chiude il volume un omaggio a Ovidio che, duemila anni fa, nelle sue Lettere di eroine ebbe l’idea di spostare la parola dalla parte delle donne.
Maria Elena Daverio