Portatore sano del morbo di Gutenberg sin dall’infanzia, Ambrogio Borsani, art director pubblicitario con la passione per la scrittura e l’editoria, contrae l’attacco acuto della malattia aiutando un amico bibliotecario a scovare romanzi russi in una bancarella di Foro Buonaparte. Corre l’anno 1980 e il nostro si ritrova a casa con due furgoni di libri vecchi acquistati d’impulso a un prezzo conveniente: la certezza di trovare in quella montagna di carta un libro raro scatena in lui la “first edition fever”, manifestazione inguaribile del morbo.
Setacciando volume per volume, il malato constatata che esistono libri con una vita limitata (manuali, testi scolastici e altro), e li brucia, e preziosi gioielli. Borsani non sospetta che Vittorio di Giuro, poi direttore editoriale Bompiani, e Giansiro Ferrata, giocatore di scacchi e critico, a loro volta portatori sani del morbo, lo avevano già contagiato narrandogli di prime edizioni talmente bramate da fargli pensare persino a una libreria antiquaria che le mostri ad altri appassionati. Ma un collezionista non può separarsi dai suoi libri: perché farli rifiorire per poi venderli a uno sconosciuto che ti chiede lo sconto?
Gli anni che seguono sono un pellegrinaggio instancabile tra mercatini, magazzini, rigattieri, biblioteche di conventi dove si celano rari tesori. Non manca qualche “appropriazione indebita”, manifestazione dalla quale nessun malato è immune. Su e giù per l’Italia e con puntate all’estero, anche in luoghi esotici, Borsani raccoglie prime edizioni di Alda Merini, Volponi, Tondelli, disegni e riviste della casa editrice East 128, una vera rarità concepita nel 1962 nell’ospedale americano di Palo Alto durante la malattia di Ettore Sottsass assistito dalla moglie Fernanda Pivano. E ancora Raboni, Vitaliano Brancati, Zanzotto, Fenoglio, la curatela delle “Edizioni di libri d’artista Vanni Scheiwiller” (una vera meraviglia ora al MART di Rovereto), Apollinaire,Lamarque, Aldo Busi, Chateaubriand. Persino una prima edizione francese de “Le due orfanelle” del 1874.
Tra un’acquisizione, un ritrovamento, un viaggio, nel 2002 nasce la rivista Wuz. È di quegli anni la collaborazione con Enrico Decleva, rettore dell’Università degli Studi di Milano e lettore di Wuz, per Apice, il centro di documentazione per la storia dell’editoria da lui fondato.
Nel 2006, una puntata a Cuba nella casa di Hemingway: mentre sogna Ava Gardner che si bagna in piscina, può ammirare le prime edizioni di Dos Passos e di Fitzgerald ed evitare una falsa (o autentica?) prima edizione di “Fiesta”, autografata, offertagli all’incredibile prezzo di 250 dollari.
Rinviene altre perle, custodite dalla ”libraia d’Italia” signora Adriana, nella stanza segreta della libreria Carù di Gallarate. Poi un docente di chimica-fisica compra una parte della biblioteca di Henri Poincaré e gli chiede di valutarla. Occorrono scienziati: un medico chirurgo, Francesco Gandini, e un professore di fisica nucleare, Stelio Villani, entrambi bulimici collezionisti in pensione, lo aiutano nell’impresa. Sulla scena si affaccia anche Roberto Cerati «untore ufficiale del morbo di Gutenberg».
Negli anni che seguono l’accessibilità di cataloghi e librerie on-line rende più difficile trovare occasioni, anche se il vero malato spera sempre di individuare un tesoro finito altrove per sbaglio. Ci sarebbe però un rimedio per il collezionista disorientato dalla rete: frequentare biblioteche, archivi e fondazioni letterarie dove sono sapientemente conservati e messi a disposizione di amatori e studiosi documenti e opere altrimenti introvabili.
Il saggio si chiude con un fantasioso racconto composto da citazioni dei libri più amati, quelli di cui ci si ricorda dove e quando li abbiamo letti. E scorrono così sotto i nostri occhi Avere e non avere, La metamorfosi, Delitto e castigo, Le botteghe color cannella, Tempo di uccidere, Le confessioni di Rousseau, Uno, nessuno e centomila, Luce d’agosto, L’autunno del patriarca.
Con sagacia e leggerezza Borsani ammonisce i malati cronici… «ma senza lettura non c’è bibliofilia» perché «in fondo noi lettori siamo tutti maniaci».
Maria Elena Daverio