Atlante americano


Nel 1931 Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952), critico letterario e docente universitario, romanziere e giornalista, figura di intellettuale fra le più poliedriche del nostro Novecento, si imbarca per gli Stati Uniti dove lo attende un ciclo di conferenze. In seguito al rifiuto di giurare fedeltà al Partito nazionale fascista, il suo soggiorno si trasforma in una sorta di auto-esilio, durato fino al 1948, dal quale invierà al “Corriere della Sera” le sue cronache dal Nuovo Mondo.
Dopo un lungo oblio editoriale Atlante americano presenta, ordinato come in un atlante, materiale scelto tra una cinquantina di queste lettere, scritte tra il 1931 ed il 1934. È un’America in bianco e nero quella che emerge dalle cronache di Borgese, nitida come certe fotografie di un tempo, senza il maquillage del colore.

Dopo lo smarrimento e la diffidenza iniziali, l’autore descrive la sua avventura americana scansando i luoghi comuni. Con occhio da sociologo, dapprima prudente, poi conquistato dalla scientificità e dal pragmatismo della società statunitense, così diversa dall’immagine diffusa in Italia dalla propaganda del regime, l’instancabile “pellegrino” ci svela spigolosi paesaggi urbani, tracciati ferroviari, sterminate campagne, ambienti universitari, modi di vivere. L’emancipazione femminile, il “vivere nell’energia”, l’uso del legno per costruire case semplici che nulla hanno di definitivo, la snellezza dei rapporti sociali, una sorta di severa semplicità, l’assenza di preconcetti, sono elementi di questo affresco che il lettore scruta con affettuosa partecipazione.

La prosa classica ed elegante, la ricchezza del linguaggio, le divagazioni linguistiche sull’uso dell’inglese, danno alle pagine il fascino di una letteratura ormai inabituale.
Merita un’attenzione particolare la meticolosa introduzione di Ambra Meda, curatrice di questa bella edizione Vallecchi. Avvalendosi anche di materiale d’archivio conservato presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, la Meda ricostruisce, tra l’altro, le vicissitudini editoriali del libro, edito da Guanda nel 1946, ma del quale non si esclude la pubblicazione di poche copie “clandestine” nel 1936, sempre ad opera dell’editore parmense.

Maria Elena Daverio