Pubblicato direttamente in “Oscar”, questo agile volume racchiude la preziosa testimonianza di una voce «altra» su Giulio Einaudi e il suo mondo.
Non sono mancati negli anni gli studi sulla storia – inestricabilmente connessa con quella del suo fondatore- della casa editrice torinese, spesso arricchiti da aneddoti più o meno gustosi sciorinati in tomi variamente ponderosi, scritti da letterati, professionisti dell’editoria, giornalisti, accademici.
Domenico “Mimmo” Fiorino in casa editrice aveva il ruolo di autista, non generico però, bensì di fidato chauffeur personale di Giulio Einaudi.
Raggiunta Torino dalla natia Palmi nel 1978, approda alla casa di via Biancamano l’anno seguente, grazie ad un mix di caso e determinazione.
Diverrà autista personale del principale nel 1986, dopo avere ricoperto altri incarichi aziendali.
Per anni sarà suo esclusivo compito quello di accompagnare il «Dottore» nei suoi viaggi di lavoro o di svago (il confine tra i due ambiti è quasi sempre sfumato), sopportandone le frequenti asprezze con una buona dose di pazienza, senza però rinunciare – fin dai primissimi incontri – a tenere ben piantati i paletti della propria personale dignità.
Questo, forse, il segreto della lunga corsa insieme su quattro ruote, interrotta solo dalla scomparsa di Einaudi nel 1999.
La convivenza nell’abitacolo alternativamente stempera e amplifica le differenze gerarchiche e caratteriali tra i due occupanti fissi: i passi dedicati alle reciproche punzecchiature non mancano, così come il sopraggiungere di inattesi momenti di complicità, vissuti magari lasciandosi andare al gossip sui dipendenti della casa editrice.
Ancor più gustosi, tra le pieghe di un racconto che ha sempre la coppia autista/passeggero come perno, i momenti relativi agli incontri di Fiorino con gli autori dello Struzzo, iniziando dai mostri sacri per giungere ai giovani che negli anni Novanta diedero la spinta iniziale al successo di “Stile libero”.
Particolarmente toccante il ricordo di Primo Levi, intense anche le pagine riguardanti Mario Rigoni Stern e Sebastiano Vassalli.
Squarci di memoria che l’autore non vira mai su binari di divismo o pettegolezzo, sottolineando invece l’arricchimento personale che ha potuto trarne.
Anche Einaudi avrà modo di fare scoperte inattese grazie al suo autista, come la mattina in cui viene guidato, per una volta senza auto, tra i banchi di in un mercato di Porta Palazzo già sulla via della multietnicità: qui toccherà all’immigrato calabrese dar mostra di conoscere aspetti della città ignoti al suo datore di lavoro.
In coda al volume una licenza poetica: la descrizione, non priva di rimpianto, di una cena più volte immaginata e mai concretizzata a casa Fiorino.
Appena prima la poesia aveva lasciato spazio alla cronaca con la riproposizione di alcuni articoli pubblicati sui quotidiani dopo la scomparsa di Einaudi: scorrendoli troviamo l’autore citato come “il mitico autista, il fedelissimo Mimmo”.
Marco Magagnin