Responsabile della Biblioteca Universale Rizzoli per trent’anni, Evaldo Violo è testimone privilegiato di oltre quarant’anni di editoria milanese: esordisce proprio in Rizzoli dopo la laurea in filosofia con Enzo Paci per poi transitare presso il Saggiatore tra gli anni sessanta e settanta – il travagliato periodo della liquidazione e della difficile rinascita della casa editrice; lavora per Spagnol in Mondadori cimentandosi con la riorganizzazione degli Oscar e infine approda nuovamente in Rizzoli per dedicarsi al rilancio della BUR, quella «vecchia BUR» che, ideata da Luigi Rusca e Paolo Lecaldano nel 1949, ha lasciato una traccia decisiva nella cultura e nella società italiana del secondo dopoguerra.
Nella forma del libro-intervista, Violo racconta a Marco Vitale la sua esperienza nell’editoria tascabile presentando non solo una galleria di personaggi, alcuni poco noti ai non addetti ai lavori ma meritevoli del più vivo interesse (un esempio su tutti il pirotecnico Edmondo Aroldi), ma anche, e questo è tra i meriti maggiori del volume, un excursus che introduce il lettore nella filiera editoriale, dalla progettazione alla stampa, senza dimenticare quello che accade dopo (un capitolo è intitolato Fuori catalogo). La rinascita della BUR, ma non solo, è l’occasione infatti per riflettere dall’osservatorio di una collana «universale» sulla selezione dei titoli, l’assegnazione delle curatele, la promozione (Violo condivide con Oreste del Buono una scarsa simpatia per l’avvento del marketing in editoria negli anni settanta-ottanta), il ruolo determinante della grafica (le celebri copertine di Alcorn), e, last but not least, sul travaglio che accompagna e segue la scelta di non pubblicare un volume. Ma siccome l’editoria che lascia una traccia non può prescidere dagli editor e dai letterati-editori, a Violo spesso bastano poche righe per tratteggiare figure d’eccezione come Giampaolo Dossena, Franco Fortini, Vittorio Sereni, Pietro Citati e, più diffusamente, Anna Maria Ortese, Giorgio Manganelli, Oriana Fallaci, Guido Ceronetti.
Vittore Armanni