Si sa che alcuni autori sono difficili da gestire, soprattutto quelli sperimentali, e ancor di più quelli sperimentali e grafomani; ma quelli sperimentali, grafomani e polemici sono un caso ancora più arduo. Soprattutto se la casa editrice che li pubblica non ha una vocazione sperimentale. C’è sempre qualcuno che li sostiene e aspetta…
Nel febbraio 1960 scrive Vittorini: «Ho faticato a leggerlo quanto faticai anni fa a leggere la fenomenologia di Hegel. Faccio anche presente che la critica francese ha accolto con altissimi fischi questo romanzo, ogni pagina del quale è come mangiare un uovo duro senza che si abbia nulla di liquido da berci sopra». Si riferisce a Degrés, il nuovo romanzo di Michel Butor, arrivato in casa editrice dritto dritto dalle sperimentazioni francesi del cosiddetto nouveau roman, che Mondadori si era “accaparrato” per avere una voce in competizione con Feltrinelli, che aveva Nathalie Sarraute, ed Einaudi, che pubblicava Alain Robbe-Grillet.
«Non abbiamo modo di rinunciare alla pubblicazione di questo libro senza rischiare di perdere il prossimo che sarà certamente ottimo? Oppure di comprarlo e cederlo noi ad altro editore di scelta nostra che non possa toglierci di mano l’iniziativa? Comunque; l’opera vale che ci s’inchini riverenti dinnanzi ad essa ma l’idea di stamparla in MEDUSA dopo che si sarà stampato l’EMPLOI DU TEMPS, mi riempie di perplessità le vene (non ce lo vorrei)» (Copyright Eredi Vittorini. Published by arrangement with The Italian Literary Agency).
Indeciso sul da farsi, Vittorini chiede un giudizio esterno su Degrés. E lo chiede nientemeno che a OdB, che Butor l’aveva sostenuto e tradotto, proprio per Mondadori, con La Modificazione (1959), che aveva ottenuto un buon riscontro di pubblico e critica, e con L’impegno del tempo, che sarà pubblicato di lì a breve.
La risposta di OdB non si fa attendere, ed è quella che potete leggere anche voi: «Si tratta di un libro indubbiamente molto importante, ma più per gli scrittori che per i lettori normali», «ossessionato dall’idea di superarsi, ha fallito la prova proprio sul piano del ‘nouveau roman’. […] Mi pare di non poter aggiungere altro».
Nonostante ciò, pur di non perdere il treno nouveau roman, la casa editrice acquista il titolo.
Ma non lo pubblica.
Passiamo al 1967, OdB ha già assunto il suo incarico fisso in Mondadori. Arriva Portrait de l’artiste en jeune singe, un oggetto strano, difficile da maneggiare in Mondadori. Così si pronuncia al riguardo: «Tra gli ultimi libri di Butor di difficile composizione e di non eccessivo valore per il pubblico italiano, questo, recentissimo, mi pare staccarsi e meritare attenzione. La tecnica è sempre quella del bricolage, ma sotto tante nozioni disparate corre un sicuro filo d’interesse. […] Un buon risultato, insomma, che consiglierei di non lasciar perdere. E, nel caso che fosse acquistato […], lo tradurrei anche volentieri come gli altri di Butor».
Portrait de l’artiste en jeune singe, tuttavia, è troppo sperimentale per Mondadori, tanto che a pubblicarlo sarà Einaudi nel 1969, con il titolo Ritratto dell’artista da scimmiotto. Traduzione, guarda un po’, di Oreste del Buono.
Ancora, 1968, Essais sur les essais. Butor sembra aver abbandonato la forma romanzo: «Solito Butor saggista (degli ultimi tempi): intuizioni non portate avanti, non vissute fino in fondo, scrittura elegante e distratta, giornalistica. Un intrattenimento culturale che, nonostante l’altezza del suo tema (e l’interesse di alcune soluzioni prospettate) non mi pare meritare una traduzione italiana». Parola di OdB.
1969, Illustrations II; questa volta sono «Poesie, e cose simili a poesia […]. Butor ha dichiarato che, quando nel 1954 scrisse il suo primo romanzo Passage de Milan, lo fece per conciliare le sue due tendenze opposte, quella alla poesia e quella al saggio. Dopo aver distrutto il romanzo, negli ultimi nove anni […] è tornato prepotentemente alla poesia e al saggio. Come saggista è eccezionale, sebbene molto dispersivo (e disperso), come poeta mi pare essere piuttosto enfatico e ridondante. […] Per quanto mi riguarda (ignoro se vogliano dargli un’occhiata altri per lo «Specchio») inclinerei a scartare, senza timore di contestazioni e pentimenti». «Altri», cioè Marco Forti, direttore della collana di poesia mondadoriana, rifiuta sia da un punto di vista puramente letterario sia editoriale, considerati «i commenti negativi di Del Buono che, un tempo, fu il maggior avvocato di Butor presso di noi». Povero Butor.
Poi è la volta di La Rose des Vents. Ma pare che questa volta l’autore voglia dare la prima opzione a Einaudi, seccato per la mancata pubblicazione delle sue opere acquistate tempo prima da Mondadori. Addirittura, sembra che Butor parli di «sabotaggio». Scrive, infatti, Sereni nel maggio 1970: «È evidente che Butor ha ragione di essere soddisfatto di Einaudi e non di noi. Ha torto se pensa di essere stato sabotato (e da chi poi?). Tant’è vero che Oreste del Buono, uno dei suoi primi estimatori in Italia e suo traduttore, lavora per noi con precise responsabilità di scelta. Einaudi si è semplicemente inserito in un vuoto che né noi né il Saggiatore riuscivamo a colmare. Vorrei che qualcuno a Parigi spiegasse queste cose a Butor. Serve per quando […] non pretenderà di farsi tradurre qualunque cosa egli scriva ed Einaudi, come noi a suo tempo, non riuscirà più a stare al passo con quanto Butor produce». Per il Saggiatore erano usciti Repertorio. Studi e conferenze (1961) e Una lettera di Baudelaire: saggio su un sogno di Baudelaire (1961).
Era un dato di fatto che c’erano vecchi contratti rinnovati e mai integralmente rispettati.
Per Sereni, al di là di tutto, si trattava di «Togliergli di testa l’idea del sabotaggio (quando uno scrittore parla di sabotaggio suppone sempre o quasi sempre ragioni di ordine ideologico o bassamente letterario; e non mi stupirei se qualcuno dei nostri avanguardieri che bazzicano Parigi gli avesse messo in testa una cosa del genere)». Sulla questione entra anche OdB con un commento caustico: «Se Butor parla di sabotaggio, il colpevole è uno solo: lui stesso. È intelligente, scrive bene, sa comunicare, d’accordo, ma parla di tutto, anche delle cose che non interessano per nulla. Orio Vergani produceva, meno di lui, e aveva una terribile fama. Eppure si occupava di cose se non altro relativamente interessanti».
Per La Rose des Vents non se ne fa nulla. Poi, però, è pronta la traduzione di Degrés («Gradi»), quel romanzo acquistato dieci anni prima che Vittorini proprio non voleva. Arriva in visione a OdB, che continua a ritenerlo un romanzo «noioso», ma questo conta poco perché è sicuro che «dopo sei anni di corbellerie sperimentali» presto avrà tra le mani il nuovo romanzo di Butor, non l’ha ancora letto, ma ne ha avuto notizia dall’Ufficio stampa: «una specie di feuilleton pornonero che si svolge a New York, pare divertente».
Propone di comprare i diritti di «Gradi», per pubblicarlo o almeno per una promessa di pubblicazione, tutto pur di mettere le mani su questa nuova prova romanzesca di Butor, un ritorno tanto atteso.
A questo punto anche noi siamo in trepidante attesa per questo ritorno. Il ritorno ci sarà, ma sarà un ritorno alla realtà, perché la risposta di Sereni non si farà attendere: «Come abbiamo visto, la segnalazione di un nuovo romanzo di Butor è erronea […]. Si tratta di un lapsus dell’Ufficio Stampa. A questo punto è meglio chiudere l’annosa questione Butor. Non possiamo certo pubblicare Degrés solo in omaggio a un’ipotesi».