Felice Le Monnier (1806-1884) giovane proto
parigino del quotidiano "Le Temps", lasciò Parigi dopo aver
partecipato nel 1830 agli scioperi contro le leggi reazionarie di Carlo X e
giunse a Firenze come tappa
per recarsi in Grecia, per impiantarvi con un amico una nuova azienda
editoriale. La morte improvvisa del compagno con il quale aveva progettato
l'impresa e la fortunata
assunzione da parte del tipografo Pietro Borghi lo spinsero a rimanere a
Firenze dandogli l’opportunità di avviare una grande attività tipografica
prima, ed editoriale poi.
Pietro Borghi lo assunse per sfruttarne le
capacità tecniche e permettersi così di separarsi dal socio Davide Passigli
e costituire una nuova azienda, la "Borghi e C.".
Felice Le Monnier divenne direttore della
Tipografia e acquisì sempre
più influenza nell'azienda, orientata più all'attività di stampa per terzi
che all'attività editoriale, fino all'esaurimento della "Borghi e
C." e alla creazione, nel 1837, di una nuova società tra il Borghi e il Le Monnier: la
"Felice Le Monnier e C.".
La società nata nel 1837 portava già il nome di
Le Monnier, ma si basava ancora sui finanziamenti di Pietro e Giuseppe
Borghi. Passano pochi anni, i guadagni realizzati grazie alle numerose
commissioni di stampa e su un prestito del libraio Stefano Jouhaud
permisero a Le Monnier di rilevare interamente l'azienda per la cifra di
4.000 lire toscane.
La nuova società tipografica, fondata nel 1840,
portava l'indicazione soltanto del suo proprietario, "Felice Le
Monnier" che la trasferì in una sede più adeguata nel Monastero di San
Barnaba, all'angolo di via dell'Acqua con via Dei Maccheroni (oggi via
Guelfa angolo via Panicale), in Firenze.
Nei primi anni della "Felice Le Monnier e
C. " e della “Felice Le
Monnier” (1837-1842) l'attività editoriale è sporadica e totalmente su
commissione; sui frontespizi compare accanto al nome la sola indicazione di
Tipografo.
La
tipografia, come ricorda Gaspero Barbèra, allora giovane impiegato
di Le Monnier, assorbiva gran parte delle energie ed attenzioni del suo
direttore che aveva impresso alle pubblicazioni uno stile elegante e
nitido, privo di decorazioni inutili. Tra i principali lavori tipografici,
la stampa delle edizioni della "Società editrice fiorentina" di
Eugenio Alberi.
Nel 1842 la pubblicazione delle dispense delle
Storie italiane di Giuseppe Borghi, iniziate l'anno precedente su
commissione dello scrittore, spinse Le Monnier a farsi pienamente editore
formulando un contratto con l'autore e trasformando in Tipografo- Editore
la qualifica aziendale. Il successo premiò l'impegno di Le Monnier più che
per la qualità dello scritto per l'ostilità delle censure dei vari stati
italiani che resero "interessante" l'opera, peraltro rimasta
incompleta per le difficoltà di stesura e per la morte dell'autore nel
1845.
Le Monnier capì in quale settore poteva trovare
spazio: non seguì il suo importante committente Eugenio Alberi o
prestigiosi editori come Batelli e Passigli nell'editoria erudita e
sontuosa; escluse, in quanto straniero, di richiedere sussidi ai regnanti
locali, proponendosi di pubblicare testi letterari e politici che
parlassero a quel pubblico di giovani alfabetizzati e a quei ceti borghesi
che aspiravano a una maggiore libertà e vagheggiavano un nuovo assetto
nazionale.
Ogni impresa richiede un rischio e Le Monnier
lo assunse pubblicando nel 1843 l'Arnaldo da Brescia di Giovan Battista
Niccolini, un testo che evocava la libertà e la lotta contro la tirannide
straniera. Per le caratteristiche dell'opera la stampa venne effettuata a
Marsiglia dalla tipografia Feissat e Demouchy ad opera di un valente
compositore fiorentino Ferdinando Serafini, e clandestinamente introdotta
in Toscana.
La via era tracciata e l'anno successivo Le
Monnier diede inizio alla "Biblioteca nazionale" una delle più
prestigiose collane del Risorgimento italiano nella quale raccoglie in
maniera molto libera generi diversi: romanzi storici, tragedie, classici della letteratura con
nuove ed accurate presentazioni e commenti, raccolte dei grandi scrittori
contemporanei a partire da Leopardi e Foscolo, memorialistica. Propose
Opere complete e edizioni critiche che permettono di dare una visione
d'insieme consapevole dell'autore contro l'uso di pubblicare singoli
inediti o curiosità. Adotta
inoltre un nuovo formato molto maneggevole ( il 16° grande), diremmo un
tascabile, a imitazione dell'editore francese Charpentier e della sua Bibliothèque.
Il programma della "Biblioteca nazionale"
era chiaro, anche se generico: dar risalto al pensiero italiano unendo al
concetto politico il criterio letterario per proporre le "migliori
opere dei più celebri scrittori italiani cominciando da Dante Alighieri
fino ai nostri giorni".
Molti sono gli autori presentati Tasso,
Machiavelli, Mazzini, Azeglio, Alfieri, Parini, Foscolo, Leopardi, Giordani
e ancora Muratori, Beccaria, Tommaseo, Mamiani, Pellico.
Felice Le Monnier utilizzò al meglio la fitta
rete di legami e conoscenze con il mondo intellettuale liberale moderato, a
partire da Vieusseux, realizzandone le istanze di rinnovamento dell'offerta
culturale e del mondo editoriale.
Le attrezzature della tipografia, dagli
iniziali 6 torchi manuali, crebbero fino a 3 macchine a stampa e 10 torchi.
La vecchia sede divenne insufficiente ad assicurare la stampa di tutte le
novità editoriali e dei nuovi periodici politici. Sull’onda dell’unità
Felice Le Monnier compì grandi investimenti e nel 1862 trasferì l’azienda
in una nuova e ampia sede in Via San Gallo 33, sempre in Firenze.
Le Monnier rappresentò indubbiamente il
prototipo del moderno editore, ma accanto ai tanti contratti onorati con
gli autori permasero in lui le caratteristiche comuni tra gli editori e gli
stampatori della prima metà dell'ottocento di un modo di agire “disinvolto”
nei confronti del diritto d’autore. Il conflitto con Manzoni per la
ristampa abusiva dei Promessi sposi, un autore che tra l'altro aveva negato
altre sue opere per la "Biblioteca nazionale", anche se sostenuta
da autorevoli consigli legali, fu pagato a caro prezzo da Le Monnier con la
condanna giudiziaria e un lauto risarcimento all’autore per le 16.500 copie dei Promessi sposi
illegalmente immesse in commercio.
Gli anni ’60 videro diminuire le vendite della
"Biblioteca nazionale" e dei testi politici stretti tra
l’espansione dei periodici e la caduta della tensione unitaria. Gli
investimenti per la nuova sede non erano quindi più coperti, la condanna
nella causa con Manzoni e il conseguente esborso finanziario misero in crisi
di liquidità Felice Le Monnier, che progettò nel 1864 la cessione della
Tipografia per potersi concentrare nell'editoria e nello sviluppo
commerciale.
La "Società anonima tipografica Successori
Le Monnier" rilevò nel marzo del 1865 la Tipografia acquistando tutte
le attrezzature tipografiche e prendendo in affitto i locali di via San
Gallo 33. Presidente della "Società successori Le Monnier" dedita
all'attività tipografica venne nominato Bettino Ricasoli con consiglieri
Francesco Protonotari e Ernesto Magnani e capitale sociale di 200.000 lire
suddiviso in 40 azioni.
La divisione dei due aspetti, tipografico ed
editoriale, non risultò funzionale a nessuna delle due attività e l'anno
successivo si realizzò un nuovo assetto: la "Società successori Le
Monnier" rilevò anche l’attività editoriale, i locali e il magazzino
librario con i relativi diritti e conferì l'incarico di direttore a Felice
Le Monnier che divenne anche consigliere onorario e vide confermato il suo
ruolo di azionista e gestore dell’azienda.
Realizzato il nuovo assetto societario nel
1865-66, l’attività si rinnovò guardando alla sviluppo dei periodici e al
settore scolastico, trasformando un interesse fino ad allora episodico in
una linea editoriale definita. Venne creata una apposita commissione di
valutazione dei testi scolastici che univa la grande professionalità ai
rapporti con il Ministero della Pubblica Istruzione. Come consiglieri vi si
succedettero Pasquale Villari, dell’Istituto di studi superiore fiorentino,
Francesco Protonotari, Giacomo Dina, Enrico Betti (consigliere del Ministro
Coppino per la revisione dei programmi). Nel 1867 prese il via la
“Biblioteca scolastica” con numerosi classici latini e greci ai quali
seguirono negli anni successivi manuali scientifici, grammatiche, antologie
e l'importante settore dei dizionari iniziato con il Vocabolario della
lingua italiana di Pietro Fanfani nel 1855, ripreso nel 1869 con il Piccolo
vocabolario italiano dello stesso autore e
proseguito con successo fino ai nostri giorni. Si cercò inoltre di
raggiungere un nuovo pubblico con la "Biblioteca nazionale
economica" che ripropose a prezzi contenuti le opere della collana
maggiore e si produssero opere destinate ai fanciulli come la
"Biblioteca per le giovanette".
Il settore scolastico, con la consulenza di
Pasquale Villari, divenne il settore trainante della società e la sua
caratteristica principale, rimasta immutata fino ad oggi, con una egemonia
nel campo della cultura classica, accompagnata dall'edizione delle
"Pubblicazioni del r. Istituto di studi superiori e di
perfezionamento", manuali
e studi universitari. La crisi della "Biblioteca nazionale" e del
settore della varia, nonostante gli investimenti, continuò ad accompagnare la società anche
per i primi decenni del novecento.
Tra i periodici stampati si distinsero:
"La Gazzetta del popolo", la «Nuova Antologia» e «La Nazione»
strappata a Barbèra nel 1870.
Nel 1879 Bettino Ricasoli sostituì alla
direzione della tipografia, l’anziano Felice Le Monnier con Niccolò Nobili
(proprietario di molte testate stampate dalla Successori) e tentò una
ulteriore concentrazione proponendo la fusione della società editrice
con «La Nazione», organo dei
liberali moderati toscani e con altre testate stampate dalla tipografia dei
"Successori" per creare una nuova e più dinamica azienda
editoriale. L'impresa, nonostante il prestigio di Ricasoli e il suo impegno
economico, non riuscì e l'anno successivo la Presidenza venne assunta da
Temistocle Pampaloni.
La “Successori” mantenne un impegno editoriale
continuo e una presenza sul mercato importante, ma la gestione finanziaria
rimase in debito. Nel 1881 i debiti ammontarono a 75.000 lire e la crisi di
liquidità fu affrontata con il ricorso alla ricapitalizzazione della
società che portò il capitale sociale a 400.000 lire.
I nuovi capitali permisero l’espansione
dell’offerta editoriale con collane scolastiche rivolte alle scuole
inferiori e con l’acquisizione della stampa del Vocabolario della Crusca
finanziata dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Nel 1892 nuove difficoltà economiche
costrinsero il consiglio di amministrazione a vendere la Tipografia e a
proporre il cambiamento della ragione sociale. Non trovando un acquirente,
la tipografia aziendale viene rilevata dal socio e direttore Niccolò Nobili
che uscì così dalla Società Successori Le Monnier, costituendo nel giugno
1892 una azienda autonoma sotto il nome di "Stabilimento tipografico
fiorentino”. Stabilimento che
da solo si poneva ai vertici cittadini con 87 operai, due motori a gas che
muovevano 8 macchine tipografiche semplici, 1 macchina doppia, 1 macchina a
reazione e un più antico torchio a mano.
Nel 1893 venne approvato il nuovo statuto della
"Società anonima editrice dei Successori Le Monnier", che ebbe
per solo scopo l'attività editrice avendo perduto l’originaria attività
tipografica. Temistocle Pampaloni, confermato alla presidenza e Felice
Schmitz nominato amministratore si posero come primo obiettivo
l'amministrazione accorta e il risanamento finanziario, consulente per la politica editoriale
venne nominato Isidoro Del Lungo al quale fu affidato anche lo smaltimento
del magazzinopoichè continuavano le difficoltà di vendita e diffusione di
larga parte della produzione varia e della "Biblioteca
Nazionale".
Mancò in quegli anni il contatto verso la nuova
cultura che si stava elaborando a cavallo del secolo proprio a Firenze e
che avrebbe permesso di rinnovare l'offerta delle collane di varia della
casa editrice e il Novecento si aprì con i magazzini editoriali pieni di
invenduti e una netta fase di decadenza, insidiata anche nel settore
scolastico dei classici dalle più dinamiche Barbèra, Sansoni e soprattutto
dalle case editrici torinesi.
Nel 1903 la "Società anonima editrice dei
successori Le Monnier" venne prorogata per altri 10 anni, Temistocle
Pampaloni confermato ancora presidente, mentre direttore fu nominato Luigi
Villoresi. L'attività editoriale proseguì per i primi due decenni del
novecento consolidando le vecchie collane e ampliando le collane
scolastiche per le scuole superiori e l'università.
Nel 1919 si costituì una nuova società la
"Società anonima editrice Felice Le Monnier": le azioni passarono
a nuovi proprietari e azionista di maggioranza divenne la casa editrice
Zanichelli di Bologna che nominò direttore Oliviero Franchi e presidente
Isidoro Del Lungo.
Negli ultimi anni del secolo Enrico Ariani
aveva preso in affitto da Niccolò Nobili una parte dello "Stabilimento
tipografico fiorentino" e vi aveva trasferito l’omonima Tipografia
editrice. Alla morte di Enrico Ariani la tipografia passò alla figlia Rita
che aveva sposato nel 1900 Armando Paoletti, un giovane che crescendo con
il lavoro tipografico, si trovò a rinnovare nel nuovo secolo la tradizione
di Felice Le Monnier.
La “Società anonima” contrasse un consistente
debito con la Tipografia Enrico Ariani per la stampa e soprattutto per il
subaffito dei locali del magazzino editoriale. La situazione di bassa
redditività dell’azienda e la necessità di ricapitalizzazione portarono al
disimpegno di Zanichelli che cedette nel 1923 le azioni in suo possesso ad
Armando Paoletti (genero di Enrico Ariani) che diviene così il nuovo
azionista di maggioranza.
L’ingresso di Paoletti coincise con la Riforma
della scuola e il grande rivolgimento dei programmi scolastici a cui la Le
Monnier seppe rispondere prontamente aggiornando manuali e testi e aprendo
nuove collane di cultura come la collezione “Studi e documenti di storia
del Risorgimento” diretta da Giovanni Gentile iniziata nel 1928.
La trasformazione dell’assetto aziendale si
completò nel 1926 con la nomina a presidente di Enrico Corradini (che aveva
dato vita al movimento nazionalista e alla rivista il «Regno») e a
direttore di Armando Paoletti. Numerosi intellettuali si avvicinano alla
casa editrice fornendo impulso e linfa all’attività editoriale ricordiamo
tra gli altri: Michele Barbi a cui viene affidata la “Biblioteca
nazionale”, Niccolò Rodolico che cura il settore scolastico, Ugo Enrico
Paoli, Giuseppe De Robertis, Giorgio Pasquali e Ugo Ojetti.
Gli anni ’30 videro la crisi generale
dell’editoria fiorentina colpita ulteriormente dalle nuove norme sul libro
di testo unico per il ciclo elementare. I Paoletti e Orzalesi seguirono e sostennero
finanziariamente Giovanni Gentile nell'ingresso nelle case editrici Bemporad e Sansoni. L’amicizia con
Gentile si consolidò con la nomina del filosofo a presidente della Le
Monnier nel 1932. Un complesso passaggio azionario intrecciato con i
finanziamenti IRI portò alla cessione da parte della famiglia Paoletti
delle quote in loro possesso della Sansoni a Giovanni Gentile in cambio del
pacchetto azionario della Tipografia dell'Arte della stampa e al
consolidamento nella Bemporad di Orzalesi e la nomina a direttore di Renato
Giunti un giovane cresciuto nella Le Monnier che porterà un nuovo impulso
all’editoria fiorentina riproponendo nel dopoguerra con la competizione
Paoletti-Giunti il conflitto tra Gaspero Barbèra e Felice Le Monnier.
Con la morte di Armando Paoletti nel 1939 e lo
scoppio della guerra emerge tra i fratelli Paoletti, Vieri che si ritrova a
gestire una casa editrice in pareggio, ricca di ben 12 collane di alta
cultura e un’ampia offerta scolastica superiore.
Il dopoguerra vide la società saldamente in
mano ai fratelli Paoletti: Vieri, Aldo e Arrigo e con loro Pietro Pancrazi
nominato Presidente, Vittore Branca, Adone Zoli e Ugo Enrico Paoli continuano a sviluppare i settori
di forza: l’italianistica, la storia, le lingue classiche, latino e greco,
mentre abbandonano, dalla metà degli anni ’50, la produzione scolastica per
la scuola primaria. Tra gli
autori del nuovo ciclo, Attilio Momigliano, Gianfranco Contini, Paolo
Lamanna, Giacomo Devoto, Luigi Salvatorelli. Tra la fine degli anni ‘50 e
l’inizio dei ’60 entrano in consiglio Giovanni Spadolini allora giovane
storico strappato alla Vallecchi e Salvatore Valitutti studioso della
scuola destinati ad assumere importanti cariche nell’azienda e nella
politica nazionale. Le edizioni Le Monnier accompagnarono il rinnovamento e
la sperimentazione della scuola italiana (medie inferiori e superiori)
affiancando significative collane pedagogiche quali “Insegnare” e collane
storiche come i “Quaderni di storia” diretti da Spadolini. Il 1966 vede due
gravi perdite per la Le Monnier la morte di Vieri e l’alluvione dei
depositi editoriali e degli stabilimenti tipografici riuniti nella Armando
Paoletti spa. Alla direzione dell’azienda affiancarono Arrigo la terza
generazione dei Paoletti: Enrico figlio di Aldo, Pierluigi e Marco figli di
Vieri, Vanni figlio dello stesso Arrigo. La crisi venne superata con
impegno realizzando tra l’altro due novità di successo l’Avviamento
all’etimologia italiana di Devoto e Firenze Capitale di Spadolini e dando
un forte impulso al tradizionale settore dei Dizionari dove i nomi di
Devoto e Oli continuano a registrare un successo di vendite e di
pubblico. Alla presidenza si
succedettero Mario Vinciguerra, Giacomo Devoto, Alessandro Bonsanti e
Giovanni Spadolini segnando un’espansione continua che portò alla
realizzazione della nuova sede di Grassina nella periferia fiorentina nel
1981. Nel 1987 i 150 anni dell’azienda sono festeggiati in grande stile e
con la giusta soddisfazione per la mantenuta solidità finanziaria, ma la
denatalità e la conseguente diminuzione del mercato scolastico da una parte
e l’evolversi del mondo editoriale tra concentrazioni e nuovi media portò
necessarie modifiche nell’organizzazione interna. La direzione venne
assunta da Vanni Paoletti al quale si affiancarono il figlio Guglielmo e il
nipote Simone e la società venne suddivisa in divisioni operative: la Casa
editrice Le Monnier, l’Editoriale finanziaria Le Monnier per la
comunicazione, l’Armando Paoletti azienda grafica, la Libreria
internazionale e la Fin-Felix per l’editoria multimediale.
Nel 1999 la casa editrice Le Monnier viene acquisita
dal Gruppo Arnoldo Mondadori che la conferisce in gestione alla Elemond che
da nuovo impulso all’editoria scolastica rinnovando i manuali in catalogo e
riservando particolare attenzione ai dizionari speciali e generali.
|