Il Vate e lo Sbirro
Quasi un secolo dopo torna alla luce una strana e intrigante vicenda che colora ancor più la sovrabbondante biografia di Gabriele d’Annunzio. Il libro racconta infatti una storia poco nota e quasi mai riportata nelle biografie del Vate: il “volo dell’arcangelo”. Quanto accadde fu al centro di un'accurata indagine del Commissario Giuseppe Dosi, l'integerrimo poliziotto-artista che inventò l'Interpol italiana e che seppe fare della investigazione un'arte.
Ecco i fatti: il 13 agosto 1922 Gabriele d'Annunzio cadde dal balcone nella sua villa di Cargnacco, a Gardone Riviera. Il 15 agosto avrebbe dovuto incontrarsi riservatamente in Toscana con Benito Mussolini e Francesco Saverio Nitti. Caduta accidentale o complotto? Il commissario Dosi indagò segretamente, sotto il falso nome di Karol Kradokwill, artista e mutilato cecoslovacco.
«Ventiquattro giorni dopo la presentazione del mio rapporto avvenne la marcia su Roma… Soltanto a distanza di qualche anno Gabriele d’Annunzio seppe che l’artista e mutilato cecoslovacco che egli aveva accolto nel suo “rifugio” era un funzionario di Pubblica Sicurezza italiano. Mi qualificò scherzosamente “lurido sbirro”.» Così dichiarò il Commissario Dosi a Renzo Trionfera in un’intervista rilasciata nell'agosto 1956 al settimanale «L’Europeo» .
Nella presentazione, lo storico Luciano Canfora afferma: «Questo non bastava ovviamente a suggerire che la caduta del Vate dalla finestra fosse effetto di un attentato e tanto meno ad individuare in Mussolini il mandante. L’inchiesta del commissario Dosi su quell'oscura vicenda si dovette muovere in questo scenario inquietante».
E, nell'introduzione, il prefetto Franco Gabrielli sottolinea: «Mi auguro che questo libro, che unisce la scorrevolezza del racconto a precisi riferimenti storici, possa far conoscere, attraverso la figura di Dosi, il lavoro affascinante e complesso che i tutori dell’ordine svolgono nell'interesse della collettività e delle istituzioni democratiche».
La fotografia di copertina e la maggior parte delle immagini contenute nell'inserto sono tratte dal rapporto autografo che Dosi inviò al capo della Polizia il 4 ottobre 1922, ora conservato presso l'archivio storico di Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.