Giorgio Scerbanenco - Racconti e romanzi per il «Corriere» 1941-1943
2 tomi
A cura di
Cesare Fiumi
Milano
: Fondazione Corriere della Sera
, 2012
785 pp.
€ 25,00 cad.
Dal novembre del 1941 all'agosto del 1943 Giorgio Scerbanenco collaborò con il «Corriere della Sera» pubblicando trentotto racconti e due romanzi. Per un giovane narratore come lui, innamorato della città in cui era cresciuto, desideroso di accoglienza e accettazione, passare per le pagine del «Corriere» fu un riconoscimento importante.
Ora i suoi scritti sono stati raccolti nei due volumi pubblicati dalla Fondazione Corriere della Sera.
Nel pieno della seconda guerra mondiale queste storie, apparentemente "rosa", rappresentano anche un vero e proprio diario di guerra, una cronaca dei tempi, dove la triste realtà del conflitto e la miseria emergono dietro le trame rassicuranti. Scerbanenco non fa mai sconti alla realtà. La sua Italia non è mai una trasposizione falsificata, da cartolina. L'umanità che descrive ci restituisce il clima di un'epoca di profonde trasformazioni sociali. Singolare è il racconto "Lingua morta", rimasto inedito e oggi ritrovato nell'archivio del «Corriere», che evoca la caduta del regime attraverso la morte del linguaggio dell'epoca. Muovendosi tra le lapidi di un cimitero, l'autore si diverte a distruggere la retorica del "vibrante parlare" fascista.
«Non c'è una riga di sciatteria in Scerbanenco e anzi, nella sua scrittura lineare, rasata a meraviglia, spunta in continuazione, come da un prato, una fioritura d'immagine, di tratto, di psicologia del personaggio che lascia incantati», sottolinea Cesare Fiumi nell'introduzione.
Ora i suoi scritti sono stati raccolti nei due volumi pubblicati dalla Fondazione Corriere della Sera.
Nel pieno della seconda guerra mondiale queste storie, apparentemente "rosa", rappresentano anche un vero e proprio diario di guerra, una cronaca dei tempi, dove la triste realtà del conflitto e la miseria emergono dietro le trame rassicuranti. Scerbanenco non fa mai sconti alla realtà. La sua Italia non è mai una trasposizione falsificata, da cartolina. L'umanità che descrive ci restituisce il clima di un'epoca di profonde trasformazioni sociali. Singolare è il racconto "Lingua morta", rimasto inedito e oggi ritrovato nell'archivio del «Corriere», che evoca la caduta del regime attraverso la morte del linguaggio dell'epoca. Muovendosi tra le lapidi di un cimitero, l'autore si diverte a distruggere la retorica del "vibrante parlare" fascista.
«Non c'è una riga di sciatteria in Scerbanenco e anzi, nella sua scrittura lineare, rasata a meraviglia, spunta in continuazione, come da un prato, una fioritura d'immagine, di tratto, di psicologia del personaggio che lascia incantati», sottolinea Cesare Fiumi nell'introduzione.
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