In certe epoche non bisognerebbe mai avere vent'anni
Durante il ventennio fascista, si afferma definitivamente in Italia il genere romanzo: un romanzo che non è più quello del modernismo, ad alto tasso saggistico, né quello realista ottocentesco, ma ha qualcosa di entrambi. La battaglia per il romanzo viene condotta dalla generazione dei "giovani scrittori", e la giovinezza diventa anche una costante tematica fondamentale, influenzando in modo decisivo e duraturo la forma stessa del genere.
In modo inedito, questo saggio esamina le tensioni e le lotte nel campo letterario all'ingresso dei nuovi narratori, per poi passare all'analisi delle loro opere, offrendo al lettore un articolato panorama di autori maggiori e minori fotografati agli inizi della loro carriera letteraria, Moravia e Brancati, Vittorini e Pavese, Bernari e Jovine, de Céspedes e Buzzati, seguito dall'analisi di quattro opere in diverso modo esemplari: Gli indifferenti, Tre operai, Il deserto dei Tartari e Gli anni perduti.