Ottobre 1966, un samizdat sovietico tradotto in italiano arriva in casa editrice all’insaputa dell’autrice stessa, Evgenija Ginzburg, allora sconosciuta in Occidente…
Il titolo è Itinerario vertiginoso.
Franco Fortini riceve il dattiloscritto per una prima valutazione da Vittorio Sereni, allora direttore letterario.
A fine lettura lo definirà un «documento» eccezionale sul periodo del terrore staliniano (1935-1938) e sul suo prolungamento negli anni successivi, testimonianza in prima persona della brutale esperienza del Gulag, in cui l’autrice mette nero su bianco la sua terribile storia, dall’espulsione dal partito alla condanna a dieci anni di carcere fino ai campi di prigionia. Fortini sottolinea la schiettezza e l’intelligenza di un testo di un personaggio non comune e dalla «forza polemica enorme», che potrebbe configurarsi come “caso” in Urss e in Occidente (in quegli anni poco si sapeva dei campi di prigionia sovietici). «Nessun falsario sarebbe capace di dire e non dire, di dire in quel modo così schiettamente sovietico e da giovane sovietica degli anni Trenta. Tutte le referenze culturali, e gli inconsci riferimenti, tutto torna». Non ha dubbi sull’autenticità del documento.
Sereni chiede una seconda lettura. I due pareri successivi dei lettori incaricati stroncano il manoscritto. Vicende narrate in maniera prolissa e uno sfoggio di cultura disarmante; datane per scontata l’autenticità, il racconto appare ai due lettori come ricostruito, fabbricato, verosimile più che autentico, romanzato. Al contrario di Fortini, i due sono convinti che si tratti di un ritardo storico, più che di una novità, per un pubblico ormai stanco di crudeltà rievocate senza una rielaborazione critica.
La quarta lettura tocca a Oreste del Buono.
Senza esitazioni, OdB si espone in favore della pubblicazione premiando i meccanismi del “romanzo popolare”, mettendo in secondo piano la questione dell’autenticità a fronte di una singolare vicenda personale narrata con notevolissimo vigore, destinata a un pubblico il più vasto possibile.
OdB eredita da Elio Vittorini la cura della collana «Nuovi scrittori stranieri» che doveva ospitare una narrativa dalla forma vivace, fuori dagli schemi, portando una ventata di novità. Al di là dello sperimentalismo innovativo della forma, qui OdB punta sul romanzo. Sulla capacità di testimoniare con la forza del racconto (e quindi anche attraverso le finzioni che la letteratura mette a disposizione) la tanto complicata storia contemporanea. Il romanzo come possibilità di dare conto delle dinamiche storiche e collettive, in modo diretto ed emotivo per un pubblico il più ampio possibile.
La Mondadori pubblicherà lo scritto della Ginzburg con il titolo Viaggio nella vertigine, in prima edizione mondiale, all’insaputa dell’autrice stessa. Il libro uscì poi anche a Londra, Monaco, Parigi, New York e Stoccolma, diventando un caso editoriale.
Vittorio Sereni aderirà alla visione di OdB, come mostrano le sue indicazioni per il lancio pubblicitario: «Bisognerà puntare sul carattere appassionante della lettura più che sulla portata del documento. […] Il parere di Del Buono è indicativo in questo senso, anche se l’operazione appare piuttosto eccentrica rispetto ai caratteri che hanno avuto sin qui i Nuovi Scrittori Stranieri, impostati essenzialmente sulla ricerca letteraria odierna in senso prevalentemente stilistico o d’innovazione formale».
Il seguito verrà raccontato nel secondo volume, che Mondadori pubblicherà nel 1979. L’autrice non avrà mai un contatto diretto con la casa editrice, ma in un secondo momento sarà suo figlio, lo scrittore Vasilij Aksënov, a curare i suoi interessi. Solo nel 1990, tredici anni dopo la scomparsa dell’autrice, Viaggio nella vertigine poté uscire anche in Urss, quando ormai era conosciuto dalla maggior parte del pubblico, che già aveva assistito alla riduzione teatrale, messa in scena nel 1989.