Nella Lombardia di Gian Galeazzo e Filippo Maria Visconti, delle epidemie di peste e dei soldati di ventura, fece la sua comparsa tra Tre e Quattrocento la figura del capitano ducale Opizzino de Alzate .
Giovane nobile di un noto ma basso casato, seguì con fermezza e determinazione la carriera militare, ottenendo con le armi gloria, onori e ricchezze. Infaticabile, testardo, spietato, egli fu uomo di un tempo nel quale la morte degli esseri umani non contava poi molto e il tradimento era pane quotidiano.
In un ducato le cui terre erano state conquistate battaglia su battaglia, strappandole ad altri signori, gli uomini d’arme potevano avere grande fortuna.Opizzino seppe approfittarne con spregiudicatezza, combattendo al fianco di illustri condottieri e incassando i proventi dei molti incarichi che la benevolenza ducale elargì.
Ma così come gli stati si disfacevano alla morte del loro signore, per ricomporsi e dissolversi di lì a poco, in un gioco di tessere infinito, anche la fama e gli onori erano cosa labile e transitoria in quel tardo medioevo. La dea bendata era in grado, con lo stesso arbitrio usato per assecondare le fortune di alcuni, di abbandonare nel medesimo modo gli ignavi e i famosi, i principi e i prelati, perfino gli imperatori.
E uguale sorte poteva toccare anche ai capitani ducali.
Cristina Cenedella svolge attività di inventariazione e valorizzazione di archivi storici e si occupa di storia sociale ed economica. Ha curato pubblicazioni, convegni e mostre tra cui Dalla carità all’assistenza e La nascita del Pio Albergo Trivulzio (Electa 1993). Con Giorgio Cosmacini ha scritto I vecchi e la cura. Storia del Pio Albergo Trivulzio (Laterza 1994)
I documenti raccontano è un progetto della Regione Lombardia per la promozione degli archivi storici