Di fronte al «megaconcorso» l’editoria non si è fatta cogliere impreparata: ecco allora un fiume di libri, o meglio di cose in forma di libro, che vanno dalla manualistica di puro servizio ai volumi con ambizioni di trattato onnicomprensivo e panottico. Un grande ventaglio di offerte e, insieme, una grande frammentazione delle informazioni e dei saperi, il tutto condito dalla esiguità di indicazioni concrete sulla realtà del concorso e sulle modalità di svolgimento.
As long as learning is connected with earning, as long as certain jobs can only be reached through exams, so long must we take the examination system seriously. Edward Morgan Forster, 1927
Il decreto che a distanza di quasi un decennio ha riaperto le porte della scuola pubblica agli aspiranti insegnanti è stato salutato da un coro di iperboli: «ecco il megaconcorso», «il concorso di fine millennio», «l’occasione di fine secolo», e via discorrendo. Ma da qualsiasi parte la si rigiri, la realtà dei fatti porta in un’altra direzione. Metà dei posti disponibili, innanzitutto, è riservata ai cosiddetti precari: il legislatore ha taumaturgicamente trasformato i vizi privati in pubbliche virtù; inoltre non sono stati chiariti i criteri della selezione dei candidati, destinati dunque come d’abitudine a un’incontrollabile mattanza. Comunque («piatto ricco, ecc.») l’editoria non si è fatta cogliere impreparata di fronte all’appuntamento epocale. Ma prima di addentrarsi nella lettura dei singoli testi ammanniti ai candidati, non ci si può esimere da riflessioni frammentarie e preliminari sulla loro effettiva utilità. Chi scrive, se mai può essere assunto a specimen rappresentativo, non ricorda il contenuto delle famigerate prove d’esame: segno che si trattò della solita e formulaica parata di questioni abusate, alle quali rispondere senza particolari exploits interpretativi. Un esercizio di normale amministrazione del sapere medio. Assolutamente indimenticabile fu invece l’impatto con il mondo della «didattica», in parte prescrittivo e in parte fumosamente aperto alle novità. Il corso di formazione all’insegnamento si aprì, infatti, in una lontana primavera, con la simulazione di un metodo di sopravvivenza per astronauti abbandonati sulla superficie lunare. L’esercitazione venne assegnata senza la minima ombra d’ironia, come un naturale avvio al lavoro dei neodocenti. Il clima, come vedremo, forse non è poi così mutato.
A insegnanti non digiuni di questo tipo di didattica sembrano indirizzarsi infatti gli editori per la compilazione dei più vari sussidi in vista della scadenza concorsuale. Giova riproporre nel nostro caso la cinica ma non del tutto irrealistica distinzione, diffusa nelle redazioni, tra libri e cose in forma di libro. Per una ragione o per l’altra, le uscite editoriali finalizzate ai concorsi si inserivano limpidamente in quest’ultima categoria. Del resto, si tratta di merci niente affatto affini a quelle che costituiscono il sempre più fiorente sottobosco della manualistica di divulgazione (dai «bigini» in su), terreno, di recente, di fiera competizione (si vedano le collane, omologhe nei fini ma assai differenti nei contenuti, del Saggiatore, del Mulino, di Laterza, Garzanti, Bollati Boringhieri, ecc. ). I manuali per i concorsi si discostano altresì sia dalla più comune produzione parascolastica, sia dallo schietto, e a volte persino brutale utilitarismo dei volumi ormai molto richiesti per la preparazione ai test delle più disparate prove d’ammissione. Eppure, nell’insieme proprio questa offerta di un nozionismo agile e intelligente appare più idonea a una rapida ma non banale opera di rilettura e aggiornamento dei singoli campi di competenza.
Ma vediamo più da vicino le proposte, ben distinte anche in quanto a sbocchi distributivi, a prezzi e impostazione grafica. Esiste innanzitutto il grado zero di una manualistica concorsuale di puro servizio. Basterà qualche esempio (tratto, come in seguito, dall’area delle materie linguistiche e letterarie): i Quesiti strutturati in preparazione alle prove di inglese degli esami di Stato e dei concorsi secondo i nuovi Programmi (autrici Susan Taylor e Carla Bertacchini), supplemento al mensile «Oggiscuola» stampato dal Centro Programmazione Editoriale di S. Prospero (Modena); i testi di preparazione ai concorsi, nei vari ambiti disciplinari, proposti come supplemento alla rivista «Scuolainsieme» da «La Tecnica della Scuola» di Catania (gli autori del fascicoletto per le materie letterarie sono Gabriella Alfieri, Ray Bonetta Attanasio, Antonino Indelicato, Agata Sanfilippo Lo Faro, Giovanna Mezzatesta, Antonino Torris); Concorsi 1999, serie di dispense edite da La Scuola di Brescia, con fotocopie dei decreti di legge e bibliografie stringate (e autopromozionali) di orientamento generale. Meri sussidi informativi di cui non va tuttavia disprezzata l’utilità.
Dal piccolo al grande, o meglio all’enciclopedico. Una nicchia spaziosa è occupata dal manuale con ambizioni di trattato onnicomprensivo e panottico. Mole e prezzo dei volumi tradiscono spesso già a una prima occhiata l’altezza degli obiettivi. Si noti, en passant, che questa tipologia prevale largamente nel campo contiguo della scuola dell’obbligo, dove le guide per il concorso magistrale non possono non sbalordire per la complessità delle proposte e l’affastellamento delle indicazioni concrete (mi limito a menzionare Enzo Fresolone – Pina Martone, Guida al Concorso Magistrale. Programma completo d’esame per la prova scritta e orale; e Vito Piazza – Dario Ianes, Insegnare domani. Guida al concorso magistrale). Con modalità simili opera Maurizio Tiriticco (Il concorso a cattedre. Guida per una preparazione conforme alle «Avvertenze generali» ai programmi), autore di quello che si potrebbe definire un trattato di insegnantologia, i cui riferimenti non si limitano all’ area psico-pedagogica, ma comprendono spunti gnoseologici e schegge di quel «sapere relazionale» diffuso nei volumetti per manager aziendali; scontate ma da annotare le dovute aperture alla multiculturalità, al contesto europeo unitario, all’inserimento dei disabili in classe. Uno sforzo a suo modo ammirevole di sintesi, anche se discutibile pressoché in ogni suo punto specifico. Rimane però forte la sensazione di una scarsissima attinenza ai bisogni del candidato.
Di più basso profilo (il che non costituirebbe di per sé un limite), e maggiormente sbilanciato in senso psico-pedagogico il Manuale per il concorso della scuola secondaria a cura di Cosimo Guido (con scritti di autori vari), che utilizza senza mezzi termini alcuni popolari passe-partout del «didattichese» (la modularità, la programmazione, l’autonomia): realtà (o speciosità) che il neodocente è destinato ad apprendere, per utilizzare un’altra espressione del settore, in itinere, e che non ha molto senso assorbire astrattamente prima del proprio ingresso nella scuola.
Fortemente specialistico risulta anche un vivace e polemico manualetto concentrato sulle tecniche di scrittura: Maria Famiglietti – Giacomo Giustolisi – Rolando Secchi, Il tema di concorso per la scuola secondaria. Tecniche, strumenti, modelli per preparare la prova scritta. Esempio interessante di delimitazione del campo, aduggiato però da una fiducia eccessiva nella scomposizione del cosiddetto «elaborato scritto». È pur vero che il «tema» rimane un delicato strumento di retorica da adoperare con accortezza, tanto più nelle ore decisive del concorso; ma anche limitatamente alla prova scritta, le priorità del candidato sono assai più sostanziali. L’accento, insomma, viene posto sull’ «argomentazione»: ma resta al lettore il compito ben più arduo di trovare gli argomenti. Dopo tutto, il concorso è una prova da superare, non un esercizio di raggiunta maturità retorica.
Su uno scaffale ancora diverso troviamo le due collane espressamente concepite per i concorsi da Mursia e da Simone. Prendiamo in considerazione due volumi: Guglielmina Morelli, Per superare il concorso di Italiano e Latino; e Amelia de Angelis – M. Gisella Fizzarotti, Ambito disciplinare 5. 45/A Lingua straniera. 461 A Lingua e civiltà straniera. Inglese. Programma per la prova scritta e orale di analisi del testo. I singoli punti di forza andranno ricercati tra le pieghe dei testi, nelle scelte più particolari: l’impostazione di fondo, infatti, è piuttosto simile, anche se i manuali Simone hanno l’onestà e la furbizia di proporre scheletriche rassegne sui fatti e le nozioni basilari delle singole materie. Altri spunti interessanti a loro favore sono una maggiore enfasi sulla delicata pratica della valutazione, la decisione di non riempire le pagine di disposizioni ministeriali e, in generale, una scansione più netta nelle analisi testuali. Il resto si ripete da un manuale all’altro: alcune considerazioni introduttive sulla specifica applicazione didattica di un determinato sapere (per l’italiano, «che cosa, in concreto, si deve insegnare»); un’introduzione al metodo dell’insegnamento, tanto nei suoi risvolti più quotidiani e relazionali, quanto sotto il profilo più ampio e generico dell’ «educazione» (manca di solito una riflessione sul ruolo del docente come figura intellettuale e operatore culturale). Ma qui la presenza dei triti eufemismi e delle circonlocuzioni del «didattichese» introduce note di involontaria comicità che non possono essere sottaciute: il docente attento e responsabile potrà notare, verbigrazia, «una certa refrattarietà dei suoi allievi nel partecipare alle sue proposte», e si porrà quesiti del seguente tenore: «Favorisco l’attivazione di eventi comunicativi circolari?»; «Attivo momenti di co-costruzione di conoscenze?».
Peraltro, quando la didattica si fa da parte e ci si piega sulle res, le due collane non sono affatto avare di stimoli e suggerimenti: è il momento, appunto, in cui gli autori rivestono finalmente i loro panni di insegnanti e dismettono quelli di teorici dell’apprendimento, sociologi dell’adolescenza, esegeti dei più disparati papiri programmatici (ah, il formidabile Brocca!).
Cosa ci segnala questa frondosa varietà di offerte votive? Certo, l’esistenza di un ventaglio ampio di esigenze da parte dei candidati che devono in qualche modo essere soddisfatte; ma, subito dopo, l’eccessiva frammentazione delle informazioni e dei saperi che ci si sforza di comunicare; la povertà di indicazioni concrete sulla realtà del concorso e sulle modalità del suo svolgimento; la vaghezza dei suggerimenti sull’effettiva preparazione. Da un certo punto di vista non c’è da stupirsi, non solo vista la media della riflessione sulla didattica dominante da anni, ma anche, obiettivamente, data l’eterogeneità delle domande possibili: da bravi manuali-omnibus, anche quelli per il concorso presuppongono una fruizione scaglionata nel tempo, diluita per «pillole» di lettura, nello spirito di un avvicinamento lento e progressivo al giorno fatale. Ma così facendo essi sembrano ignorare bellamente che il concorso conserva una sua fortissima unità drammatica (proprio di tempo, luogo e azione), e che un serio e solerte collega anziano dovrebbe sentire il bisogno di preparare il candidato innanzitutto a quella rappresentazione su cui convergono, più che le preoccupazioni intorno al proprio ruolo ancora inesistente di insegnante, svariate motivazioni intellettuali, emotive, esistenziali (per un ventenne-trentenne il concorso è anche uno dei tanti tentativi di trovare un lavoro purchessia). Dire che così come sono confezionati questi manuali offrono comunque uno specchio sui pretenziosi volontarismi e sull’insufficiente curiositas di tanta nostra scuola non deve essere motivo di soddisfazione. D’altro canto, lamentarsi per l’occasione mancata suona enfatico e falsamente ingenuo, data la palese natura composita e compilatoria dei volumi, nati dalla concrezione di idées reçues attribuibili tanto agli autori quanto alle redazioni editoriali.
Resta la considerazione più superficiale e immediata: queste «cose» di carta equivalgono, almeno nelle intenzioni, a preparati ansiolitici. Sono cachet bizzarri da acquistare comunque, da passarsi tra amici nei giorni di poco precedenti le prove: come poi si è sempre fatto, tra nervosismi e risate liberatorie.