Le vendite librarie, registrate da Gfk, segnalano la prevalenza di nomi italiani sia in narrativa sia in saggistica, mentre le signore inglesi del racconto, maestre della letteratura di genere, resistono con onore. La Rete rimodula la mediazione editoriale; i giovani lettori alimentano il mercato; l’affabulazione romanzesca non è più tanto di moda; piccoli editori di qualità si affacciano sulla scena.
I dati: raccolta ed elaborazione
L’almanacco è basato sui dati di vendita raccolti da Gfk, la multinazionale di indagini di mercato che, come Nielsen, fornisce ad alcuni dei maggiori quotidiani nazionali i dati delle classifiche settimanali dei titoli più venduti, ricavati da un nutrito campione di librerie equamente distribuite sul territorio, escludendo le vendite della grande distribuzione e di Amazon. Come già sanno i lettori di «Tirature», la graduatoria assegna al titolo più venduto della settimana un indice di vendita di 100 punti mentre attribuisce, alle posizioni inferiori, un punteggio che rispecchia, in proporzione, il distacco dal primo posto. L’indice non addita dunque un valore assoluto (la reale entità delle vendite non viene resa nota) bensì relativo: la prima posizione nelle settimane centrali di dicembre, per esempio, vale un numero di copie molto più alto rispetto alla stessa posizione in febbraio, per le ovvie ragioni legate ai flussi delle stagioni commerciali.
Abbiamo pertanto sommato gli indici di vendita settimanali di ogni libro, dalla prima settimana dell’ottobre 2016 all’ultima del settembre 2017, come risultano ogni domenica da «la Lettura» del «Corriere della Sera», sia per ricavare la top 10 dei maggiori successi mese per mese, sia per calcolare i primi dieci titoli dell’annata considerata: il numero dopo il titolo, dunque, rappresenta la somma complessiva degli indici di vendita registrati da Gfk settimana per settimana. Per tradurre in termini più chiaramente palpabili il valore di tale coefficiente di successo, come lo possiamo chiamare, teniamo presente che il numero 100 equivale alle vendite di un primo posto per una settimana: un numero come 400, allora, avrà il valore di un primo posto per un mese; 1200 per tre mesi e così via.
I primi dieci della stagione: signore (inglesi) e signori (italiani)
Vediamo allora i dieci titoli più venduti dall’ottobre 2016 al settembre 2017:
1) Francesca Cavallo, Elena Favilli, Storie della buonanotte per bambine ribelli, Mondadori, 1750;
2) Alessandro D’Avenia, Larte di essere fragili, Mondadori, 1419;
3) Andrea Camilleri, La rete di protezione, Sellerio, 1265;
4) Roberto Saviano, La paranza dei bambini, Feltrinelli, 900;
5) Valter Longo, La dieta della longevità, Vallardi, 891 ;
6) Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi, 749;
7) J.K. Rowling, Harry Potter e la maledizione dell’erede, Salani, 686;
8) Paula Hawkins, Dentro l’acqua, Piemme, 681 ;
9) J.K. Rowling, Animali fantastici e dove trovarli, Salani, 514 ;
10) Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi, 461.
A un primo colpo d’occhio, i dati sembrano esibire un complessivo stato di solida salute editoriale della narrativa italiana, presente con ben cinque vistosi successi nelle prime sei posizioni: due titoli Mondadori (Cavallo e Favilli, D’Avenia), un titolo Sellerio (il Camilleri di Montalbano), uno Feltrinelli (Saviano, al suo esordio come romanziere puro), uno Einaudi (Cognetti, premio Strega 2017). Prima di vederli più da vicino, osserviamo che la pressoché totale italianità dei successi dell’anno balza all’occhio in modo particolarmente notevole in quanto la stagione ha registrato numerose uscite di superstar letterarie internazionali, come John Grisham (Il caso Fitzgerald, Mondadori, uscito in giugno, complessivamente 177 punti), Daniel Pennac (Il caso Malaussène. Mi hanno mentito, Feltrinelli, da aprile, 292), Wilbur Smith (L’ultimo faraone, Longanesi, da aprile, 424 punti), Nicholas Sparks (La vita in due, Sperling & Kupfer, da luglio, 434 punti). Titoli tutti che, benché entrati di volta in volta nelle classifiche settimanali dei primi dieci e, nel caso di Smith per esempio, restatici anche a lungo (da aprile a giugno inoltrato), non hanno accumulato, per la breve permanenza tra i primi dieci o per la (relativamente) bassa posizione occupata, un punteggio cumulativo sufficiente per entrare nell’hit parade annuale.
Il successo degli italiani è confermato anche dalla saggistica: rivelando parecchio delle ossessioni della contemporaneità, la classifica vede al quinto posto un manuale su cibo e salute e si chiude con un saggio sulla natura fisica del tempo, scritti entrambi da scienziati di fama internazionale. Longo e Rovelli (quest’ultimo già inatteso caso editoriale nel 2015 con Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi) toccano allora sul vivo, come dimostrano i loro alti punteggi (rispettivamente 891 e 461), gli interessi e le paure di una società del benessere alla ricerca di autorevoli certezze sulla qualità della propria vita e sul proprio problematico rapporto con il futuro: in una fase storica in cui le più consolidate acquisizioni scientifiche vengono allegramente sbeffeggiate, l’àncora del razionalismo forse non ha perduto del tutto attrattiva ed efficacia.
Tornando nel campo dell’intrattenimento di genere, agli appannati re del bestseller internazionale sembra, quest’anno, essersi saldamente sostituita una trionfale coppia di regine inglesi. Da più di un punto di vista, potrebbero non stupire particolarmente gli alti numeri di J.K. Rowling che, con Harry Potter e la maledizione dell’erede (Salani, da settembre 2016, 686) e con Animali fantastici e dove trovarli (Salani, da gennaio 2017, 514), mantiene ben due posizioni tra le prime dieci: il folto pubblico dei fan e l’esistenza di una vera e propria cultura legata al mondo inventato dall’autrice alimentano il successo planetario di ogni nuova puntata della sua saga fantastica; bisogna però osservare che ciò, stavolta, avviene nonostante l’abbandono della convenzionale affabulazione romanzesca per forme di racconto meno frequentate dal grande pubblico: una pièce teatrale nel primo caso, una sceneggiatura cinematografica nel secondo. Merita una puntuale riflessione anche il caso di Paula Hawkins. Dal giugno 2015 (data di uscita di La ragazza del treno, Piemme), l’autrice si è infatti affermata anche sul mercato italiano come nuova stella internazionale del thriller, e ottiene ora l’ottavo posto con il suo nuovo titolo: uscito in primavera, Dentro l’acqua (Piemme, 681) ha riportato nelle classifiche anche l’edizione in brossura di La ragazza del treno, che ha accumulato in questa veste 155 punti a ridosso dell’estate. I quali, se venissero sommati ai 422 già ottenuti in inverno dall’hard cover, manterrebbero La ragazza del treno, già terzo libro più venduto del 2016 («la Lettura» del 31/12/2016), tra i primi dieci per quasi due anni di fila, collocandolo virtualmente al nono posto con 577 punti. Una conferma importante per un’autrice che coglie nel segno con le sue antieroiche figure di donne emarginate e perdenti, e sa sottoporre al pubblico trame anche molto intricate (oltre dieci diversi punti di vista si alternano in Dentro l’acqua), coniugandole a un’efficace rappresentazione della psicologia e della complessa condizione femminile nella società contemporanea.
E dunque il made in Italy… o no?
Grandi successi italiani, si diceva. Ma è veramente così? Se infatti l’etichetta made in Italy si addice senza problemi al poker D’Avenia, Camilleri, Saviano e Cognetti, possiamo applicarla serenamente anche al primo libro in classifica? Benché infatti Francesca Cavallo sia pugliese e abbia studiato a Milano, mentre Elena Favilli è toscana e bolognese di formazione, l’ideazione e la realizzazione del libro sono integralmente avvenute sul mercato americano, dove le giovani autrici operano già da qualche anno: il testo originale, pubblicato negli Stati Uniti nel novembre 2016, è, pertanto, in inglese e l’edizione Mondadori propone al pubblico italiano una traduzione (di Loredana Baldinucci), come avviene per i bestseller stranieri. Per di più, la peculiare struttura del libro, che affianca alle cento vite di donne straordinarie i loro rispettivi ritratti illustrati, ha previsto la collaborazione di sessanta artiste da tutto il mondo. Ma ancora non basta: come forse è ben noto, visto che il marketing del libro l’ha sottolineato con enfasi, l’iniziativa ha visto la luce grazie a un crowdfunding, come si chiamano le sottoscrizioni collettive nell’epoca della Rete, particolarmente fortunato: la raccolta di contributi per la realizzazione del progetto, lanciata e gestita attraverso un’apposita piattaforma su Internet (in questo caso Kickstarter), ha infatti coinvolto migliaia di persone in varie parti del mondo, convinte dell’opportunità di sostenere una pubblicazione per bambini in cui si proponessero modelli di donne forti e determinate (scienziate, sportive, politiche e via dicendo), e come tali lontane dagli stereotipi e dai pregiudizi di genere che impongono alle bambine modelli remissivi di docile femminilità. Le cronache parlano di un grande risultato in termini economici – l’iniziativa ha messo insieme oltre un milione di dollari in sei mesi – che ha permesso, contrariamente al progetto iniziale che prevedeva di affidare produzione e stampa a un editore esterno, di mantenere all’interno della Timbuktu Labs, la società di produzione di contenuti multimediali per bambini fondata dalle due autrici nel 2012, la realizzazione e la stampa del volume in America. Volume che, ha dichiarato Elena Favilli, nasce da «sei anni di ricerca su queste storie, i personaggi, il formato su cui raccontarle e il dialogo con il nostro pubblico», pubblico al quale è stato chiesto di suggerire alcuni dei nomi raccolti in questo De mulieribus claris postmoderno.
E dunque a posteriori, come sempre succede, si capiscono direi molto bene le ragioni degli oltre 1700 punti di Storie della buonanotte, numero che somma all’incontrastata prima posizione da marzo a maggio gli ottimi piazzamenti nei mesi successivi: siamo di fronte a un prodotto editoriale dalla innovativa fisionomia internazionale, che favorisce – data l’efficacia della formula “favola breve + illustrazione” – una leggibilità agile e, se il caso lo richiede, anche discontinua, capace di abbinare alla scorrevolezza delle soluzioni testuali (dichiaratamente rivolte a un pubblico giovane) l’impegnativo problema, al centro della riflessione collettiva, della ristrutturazione dei modelli di genere e dei rapporti tra i sessi, oggi che la cronaca, fitta di vicende di abusi e violenze sulle donne, impone la questione.
Come tutti i clamorosi successi di vendita, Storie della buonanotte ha suscitato discussioni e polemiche: autorevoli voci hanno infatti parlato di “occasione mancata”, sottolineando la banalizzazione e la semplificazione delle biografie, o hanno criticato l’astuzia di un’operazione che, sostanzialmente, riconducono a una riuscita strategia di marketing. Si può con legittimità entrare moralisticamente nel merito del libro, ma il lettore di «Tirature» è forse più interessato alle domande che Storie della buonanotte solleva vistosamente all’attenzione di chi osserva il mondo della produzione libraria: gli editori, infatti, sono Favilli e Cavallo, che sono però contemporaneamente anche gli autori. Si può allora parlare di un particolare caso di self-publishing? In che termini? E il pubblico che, già prima dell’uscita del volume, è stato creato dal crowdfunding che ha poi permesso la realizzazione del progetto, si può veramente considerare solo come destinatario del lavoro o, in quanto vi ha anche investito, è soprattutto il diretto committente? E poi, che ruolo ha avuto il dialogo tra autrici e pubblico nella scelta delle biografie? La community che ha sostenuto il progetto può essere considerata co-autore? E come valutare il sostanziale contributo delle illustratrici, difficilmente riducibile alla pura e semplice decorazione?
Come si vede, una serie di quesiti che rimandano alla riconfigurazione dei ruoli tra gli attori della tradizionale filiera libraria, e alla complessa ri-mediazione dei rapporti editoriali, che la rete sta rimaneggiando e confondendo… Vedremo in futuro in quale modo esattamente e con quali esiti finali.
Lettori giovani…
La classifica mette inoltre in evidenza il ruolo decisivo del pubblico giovane e giovanissimo sul mercato librario. Per lo meno stando, ancora una volta, ai risultati di Storie della buonanotte, che si rivolge esplicitamente alle bambine del titolo, e alla presenza di ben due libri di J.K. Rowling dei quali si sottolineava, qualche riga fa, l’atipicità formale. Tre titoli tra i dieci più venduti dell’anno, dunque, ci fanno riflettere, in tempi di crisi generale della lettura, sulla vitalità della produzione editoriale per ragazzi nonché sulla sua capacità di intercettare, con tutta evidenza, un pubblico più ampio di quello immaginato in partenza. Nel caso di Favilli e Cavallo, infatti, il libro è stato promosso soprattutto dalle mamme o dai genitori in genere, che hanno creduto nell’efficacia educativa della proposta e hanno piacevolmente letto essi stessi le cento biografie. Ma la dialettica intergenerazionale mi sembra un elemento importante anche per capire il successo dei due titoli della Rowling, perché non sembra del tutto agevole immaginare un lettore undicenne alle prese con l’inconsueto linguaggio di una pièce teatrale, o della sceneggiatura cinematografica: anche se mai sottovalutare i ragazzini, l’impressione molto netta è che, alla vigilia del ventennale della saga di Harry Potter, i piccoli lettori di allora, oggi pienamente adulti, manifestino, attraverso l’acquisto, la fedeltà all’eroe delle loro prime letture.
Tra i libri per ragazzi in senso più stretto, inoltre, va segnalato, parlando di successi commerciali, il fenomeno dei «Superpigiamini». Molto note tra i bambini italiani per una serie anglo-francese di cartoni tv, tratta dai libri Les Pyjamasques (Gallimard) di Romuald Racioppo, sono le storie di tre normalissimi scolaretti (due maschietti e una femminuccia) che di notte si trasformano in supereroi zoomorfi (un gattino, una gufetta e un piccolo geco) per combattere i loro cattivi nemici. La Coccinella pubblica, basata sui cartoni, un’intera collana dedicata ai tre personaggi: tre titoli soprattutto lasciano vistose tracce nelle top 10 settimanali, che registrano, da aprile a luglio, PjMasks. Colora e gioca!, PjMasks. Superpigiamini, pronti all’azione! e PjMasks. Super adesivi. Si tratta di libri giocattolo o cartonati di poche decine di pagine: non li vediamo nella classifica dei primi dieci dell’anno ma, unendo i punteggi settimanali dei tre titoli, la serie accumulerebbe un indice totale di vendita di 565: un coefficiente che porrebbe i «Superpigiamini», virtualmente riuniti nel nostro calcolo, più in alto ài Animalifantastici.
…e pochi romanzi
E prendiamo spunto dalla Rowling per notare che la più convenzionale diegesi romanzesca trova, a ben vedere, poco spazio nella classifica finale. In senso stretto, infatti, nella categoria “romanzo” rientrano solo quattro dei dieci titoli elencati, vale a dire quelli di Camilleri, di Saviano, di Cognetti e della Hawkins. Oltre alle due narrazioni da vedere dell’autrice di Harry Potter, infatti, due dei dieci titoli appartengono alla saggistica; le Storie sono, poi, una raccolta di brevi biografie. D’Avenia, inoltre, rientra certo nella narrativa ma propone una formula di fiction non-fction secondo la quale un narratore/saggista immagina di rivolgersi con una serie di lettere a Giacomo Leopardi, mescolando da un lato critica e analisi letteraria e dall’altro un saggismo moralistico-sapienziale volto a illustrare agli adolescenti come la grande letteratura possa tornare buona per la vita, che, nelle sue diverse fasi, può sempre trovare una risposta negli eccellenti poeti e in chi sa porgerceli con il fuoco della passione disinteressata.
L’andamento di vendita del libro illumina la fisionomia del pubblico che ha assegnato a L’arte di essere fragili gli oltre 1400 punti che ne fanno il secondo titolo dell’annata editoriale: secondo Gfk, D’Avenia è uno dei protagonisti della campagna natalizia, visto che, uscito nel novembre 2016, appare nelle classifiche di dicembre direttamente al terzo posto, è primo a gennaio e secondo a febbraio, con una curva di lunga durata che lo tiene nelle prime posizioni fino ad aprile quando, fisiologicamente, esce dalla top 10. Alla classifica si riavvicina vistosamente, però, in giugno, allorché risale fino alla dodicesima posizione e, secondo Ibuk (www.ibuk.it), che elabora in classifiche le movimentazioni di Arianna (il sistema di teleordinazione cui si connettono circa 1600 librerie e cartolibrerie), conquista addirittura il nono posto. In assenza di altri eventi (come l’assegnazione di un premio nel caso di Cognetti, per esempio, o l’uscita di un film tratto dal libro – o di un libro tratto dal film), il ripescaggio in classifica a così tanti mesi dall’uscita (e dal successo) appare del tutto stravagante. Ma se facciamo mente locale sul fatto che giugno è il mese in cui si assegnano i libri per le vacanze, e che circa il 20% dei punti vendita collegati ad Arianna è costituito da librerie scolastiche, si vede con chiarezza, in particolare dalla classifica Ibuk, che L’arte di essere fragili è stato promosso e canonizzato da un cospicuo numero di insegnanti i quali, insieme ai consueti Levi e Calvino periodicamente presenti nelle classifiche di giugno, l’hanno selezionato come lettura formativa dei loro studenti nella pausa estiva.
Nel caso di Le otto montagne (749), poi, è proprio l’evento “esterno” che si fa promotore dell’ingresso in classifica del titolo. Uscito infatti nel novembre 2016, il romanzo Einaudi non lascia tracce nelle top 10 settimanali fino a luglio quando, secondo Gfk, appare improvvisamente al secondo posto della classifica mensile. Improvvisamente si fa per dire: a luglio, infatti, risale l’assegnazione del prestigioso premio Strega il quale, come mostra il dato, esibisce una forza promozionale notevole. Che poi il romanzo resti in classifica per così tante settimane (risulta ancora nei primi dieci alla fine di settembre), questo veramente non può più essere attribuito solo alla spinta propulsiva del premio in sé: altri importanti riconoscimenti (Campiello 2016, assegnato in settembre; Bancarella 2017, assegnato in luglio), nei mesi considerati, hanno lanciato titoli che, entrati in classifica nelle settimane di proclamazione, ne sono presto usciti senza lasciare tracce nella classifica annuale. L’indiscussa efficacia di lancio del premio, allora, nel caso di Cognetti si accompagna a una reale capacità di captare specifici e diffusi fantasmi dell’immaginario collettivo: la montagna come luogo incontaminato, dall’intensa carica simbolica; il rapporto padre-figlio; l’antico topos dell’amicizia virile… Sarà interessante vedere, nei prossimi mesi, se il filone della narrativa di montagna, tradizionalmente ristretto nella piccola ma solida nicchia degli appassionati, avrà trovato in Cognetti il suo efficace sdoganatore.
Grandi e piccoli editori
Per concludere, merita di essere richiamato un ultimo dato, invisibile nella top 10 annuale ma apparso localmente nella classifica del mese di marzo. I libri più venduti, come si può constatare, appartengono tutti ai grandi e grandissimi marchi storici dell’industria editoriale italiana: si capisce, così, che l’ingresso e la permanenza in classifica richiedono, accanto alle qualità intrinseche dei testi (riconosciute di volta in volta dai lettori sulla base delle diverse esigenze di intrattenimento estetico che li spingono all’acquisto), un apparato aziendale in grado di fare tempestivamente fronte alle richieste e agli imprevisti del mercato: comunicazione efficace del prodotto a promotori e consumatori, tirature e ristampe valutate al momento giusto, tempestività operativa nella reazione ai segnali del pubblico, distribuzione agile e capillare. Sono tutte cose non facili, più agevolmente fronteggiate da chi è dotato di una struttura articolata e consolidata nel suo funzionamento che, ovviamente, dalle strutture meno complete. Quindi nessun complotto contro i piccoli che, quando riescono a centrare il titolo e a reagire con abilità e mestiere alle sollecitazioni del mercato, possono certamente ambire alla classifica.
Lo ha dimostrato, quest’anno, il caso di NN Editore. Fondata a Milano nel 2015, la casa editrice ha piazzato al quarto posto di marzo (terzo secondo Ibuk) Le nostre anime di notte (232 punti complessivi secondo «la Lettura»), dell’americano Kent Haruf. Risulta, se non abbiamo sbagliato i calcoli, il 34° libro dell’anno. Il che, se consideriamo che Grisham si assesta al 43° posto e Renzi al 41°, ci dice che non è proprio del tutto vero che dalla classifica i piccoli sono esclusi. Specie se, come nel caso di NN, al fiuto per la qualità del testo si accompagna la profonda conoscenza, maturata dai fondatori in anni di lavoro nell’ambiente editoriale, dei meccanismi e delle funzioni della produzione libraria, nonché dei gusti del pubblico. Conoscenze che continuano a valere, come in questo caso, più di un intenso bombardamento pubblicitario.