L’esplosione dell’offerta digitale

Netflix è solo l’ultima tra le compagnie che propongono contenuti multimediali online in abbonamento a essere sbarcata in Italia. Sono aziende giovani, cresciute e trasformatesi in fretta, dotate di una vocazione globale e in grado di offrire servizi su più canali, dal computer allo smartphone. La loro forza sta nella capacità di operare su più mercati e di differenziare le modalità di accesso ai contenuti. La lotta per l’attenzione del cliente/utente/lettore si fa sempre più serrata.
 
È arrivato Netflix in Italia. E, da consumatori, ne siamo contenti. Il servizio c’è e si apprezza facilmente: una ricca raccolta di serie televisive, film e documentari, sottotitolati laddove necessario, disponibili in tre forme di abbonamento mensile, in funzione del numero di schermi da cui si vuole accedere contemporaneamente. Inutile dire che il numero dei dispositivi disponibili è molto elevato: computer, smartphone e tablet, smart TV e set top-box, console per videogiochi, TV collegata a un computer. E naturalmente serve una connessione Internet, possibilmente veloce. Il servizio sottolinea la ricchezza dell’offerta di serie televisive – il prodotto video che più genera dipendenza – e di documentari – un genere sempre più apprezzato e non così rappresentato in altri canali; i critici mettono in risalto il fatto che il catalogo di film è invece abbastanza scarso, anche se riconoscono lo sforzo dell’azienda di arricchirlo velocemente. Con Netflix, si completa il panorama dei servizi in abbonamento di contenuti «branded» – ossia pubblicati da editori o realizzati da professionisti – per i bulimici dei contenuti: video a parte, gli appassionati di libri possono abbonarsi a Scribd (oltre un milione di titoli di libri, audiolibri, fumetti e musica e ottanta milioni di lettori), quelli di musica a Spotify (milioni di brani di band e artisti, oltre settantacinque milioni di utenti di cui una ventina di milioni a pagamento).
Se non ci bastasse tutto questo ben di dio, possiamo sempre ricorrere a piattaforme gratuite, come YouTube, dove ormai ci sono talmente tanti video e clip musicali e canali, che possiamo usare la piattaforma indifferentemente come canale televisivo, come archivio, come biblioteca, quasi come motore di ricerca. Oppure, se ci piace leggere, possiamo andare su Wattpad, la comunità di lettori e scrittori più grande del mondo, con oltre cento milioni di storie e quaranta milioni di lettori. E se è vero che su queste piattaforme ci sono moltissimi contenuti amatoriali, spesso di qualità molto scadente, è anche vero che rappresentano palestre imprenditoriali molto severe, in grado di restituire all’autore un feedback veloce sul gradimento da parte del pubblico, fondamentale per chiunque decida di intraprendere una carriera in campo artistico. E interessante notare come YouTube abbia determinato la crescita di generi diversi, dai video tutorial alle microanimazioni e allevato le proprie star, successivamente messe sotto contratto dalle aziende tradizionali. Anche in editoria succede lo stesso, in particolare con la letteratura di genere; l’interazione fra lettori ciarlieri e partecipi e autori prolifici genera prodotti editoriali che vengono successivamente importati, editati modificati e pubblicati da editori tradizionali. Uno dei casi più recenti è quello della serie After, di Anna Todd, nata come una fanfiction su Harry Style degli One Direction, e successivamente pubblicata da Simon & Schuster e – in Italia – da Sperling & Kupfer.
 
Dobbiamo a un manipolo di aziende l’esplosione dell’offerta digitale organizzata e intermediata di contenuti: vediamone le caratteristiche.
Si tratta di aziende giovani, che sono cresciute e si sono trasformate in fretta, con una vocazione globale e una massiccia (quando non esclusiva) presenza digitale; Scribd è nata negli Stati Uniti nel 2007 come servizio per la con divisione di documenti; Spotify è stata fondata in Svezia nel 2008 come sito di streaming musicale; Netflix è l’azienda più agée, poiché è stata fondata nel 1997 negli Stati Uniti per il noleggio di DVD e videogiochi via Internet, la distribuzione via posta e la riconsegna in una rete capillare di contenitori rossi sparsi per il paese. Dal 2008, però, offre servizi in streaming online on demand. Ed è il servizio digitale, ovviamente, a guidare l’espansione internazionale. Scribd è accessibile da tutto il mondo, ma la disponibilità di titoli sui singoli mercati è condizionata dagli accordi in essere con editori e autori nei diversi paesi e il sito e i titoli sono in lingua inglese.
Si tratta di aziende multicanale: i contenuti sono fruibili da computer, da supporti in mobilità, da console per videogiochi. Spesso da più persone appartenenti alla stessa famiglia o che vivono sotto lo stesso tetto, incentivate però a «farsi riconoscere», così da permettere alla piattaforma di profilare con accuratezza i gusti e i comportamenti di ciascuno, oltre che dell’account che ha sottoscritto l’abbonamento.
Come tutte le piattaforme digitali, la loro sostenibilità si lega alla capacità di operare contemporaneamente su più mercati: quello degli abbonati, naturalmente, ma anche quello degli autori e degli editori, ad esempio. E così Spotify e Scribd permettono agli autori e agli artisti di caricare i propri contenuti, mentre nel caso di Netflix, l’azienda produce serie televisive, così da avere contenuti originali da proporre ai suoi clienti, ma anche da attirare l’ecosistema di chi produce contenuti video: sceneggiatori, autori, registi e così via. In questo modo, la crescita della piattaforma su uno dei mercati stimola inevitabilmente la crescita e la permanenza attorno alla piattaforma anche degli altri mercati.
Si tratta di aziende con sistemi di offerta un po’ diversi l’una dall’altra, pur all’interno di una logica di business multimercato: in alcuni casi la piattaforma ospita indifferentemente contenuti amatoriali e contenuti «branded», come nel caso di YouTube o Scribd; in altri casi – Spotify e Scribd – l’accesso ai contenuti avviene in modalità freemium (parte del catalogo è disponibile gratuitamente, parte in abbonamento); in altri ancora – Spotify – la piattaforma reindirizza l’utente verso un sito di e-commerce per l’acquisto. Insomma, l’abbonamento è una delle possibili modalità di accesso a pagamento ai contenuti, ma non l’unica.
Tutte le piattaforme sbandierano la loro ossessione per il cliente e il loro più vivo desiderio di soddisfarne i capricci. Ed effettivamente, abituati come eravamo a non essere tenuti in particolare conto dagli operatori tradizionali, non possiamo non apprezzare la nuova filosofia di servizio: vuoi mettere poter guardare di fila venti puntate della tua serie TV prediletta senza pubblicità invece di organizzare la tua serata attorno al palinsesto televisivo sorbendoti ammiccanti consigli per gli acquisti di prodotti inutili o inarrivabili? Vuoi mettere avere un algoritmo che ti propone centinaia di titoli affini ai tuoi gusti a portata di click invece di segnalazioni di amici e di esperti che poi dimentichi al momento buono o che non si rivelano disponibili? Vuoi mettere i tempi biblici di spedizione e consegna, rispetto alla promessa di una consegna a casa in un’ora (ammesso che tu desideri ancora il prodotto fisico, perché se invece passi al digitale bastano due click e il gioco è fatto)? Vuoi mettere ingolfare la casa di libri, cd e dvd, quando puoi avere tutto non nel tuo computer, ma addirittura nel tuo account? Certo, i tuoi figli erediteranno la tua collezione di libri e di dischi, mentre non è chiaro quale sia il destino della tua collezione di titoli di Kindle (si eredita una password?), certo nessuno potrà smascherarti se affermi di avere letto un libro su carta e non è vero, ma il servizio è servizio. E se abbiamo una connessione Internet decente, possiamo davvero accedere a una mole impressionante di titoli catalogati, aggregati, segnalati, recensiti e facilmente ricercabili.
Ma come faranno queste aziende a fare in modo di rimanere l’intermediario di riferimento?
Per ora, la preesistenza di contratti specifici per nazione e per canale, unita alla concorrenza fra piattaforme, rende l’offerta di ciascun operatore incompleta e limita il servizio, però è indubbio che con una offerta così ricca e accessibile, la lotta per l’attenzione dell’utente crescerà ulteriormente, a beneficio degli attori che più sono vicini al mercato rispetto a quelli con più livelli di intermediazione. E intanto Amazon si propone anche in Italia come editore, e Netflix pubblica serie televisive originali… Una volta a Milano si diceva ofelée fa ’l tò mestée. Ma qui tutti stanno facendo il mestiere di tutti.