Vitti nu Crozza

Negli ultimi anni, la notorietà di Maurizio Crozza ha assunto dimensioni imponenti, che lo hanno consacrato star della cultura di massa: il suo Crozza nel Paese delle Meraviglie è arrivato a superare i 3.600.000 spettatori. Non si tratta però solo di un fatto quantitativo: il comico genovese penetra capillarmente anche nella Rete e, di più, tocca allegramente la vita quotidiana di moltissime persone, che ne citano battute e imitazioni, attraverso cui filtrano le vicende della politica reale. Sono addirittura i politici stessi a entrare in questa dinamica, arrivando a riprendere le imitazioni crozziane di loro stessi. Non ci sono dubbi: Crozza influenza l’opinione pubblica. Ma forse dire che fa tendenza non significa dire che fa opinione.
 
Da un po’ di tempo il martedì sera, quando su La7, dopo Otto e mezzo di Lilli Gruber, vengono messe in onda le pubblicità, in alto a destra sullo schermo compare una specie di timer, che fa il conto alla rovescia, segnalando quanti minuti e quanti secondi mancano alla Copertina di Maurizio Crozza, passata da Ballarò di Rai3 alla nuova trasmissione di Giovanni Floris, Di martedì. E un piccolo, ma significativo segnale. Nella guerra per l’audience, intrecciata con le declinanti vicende dei talk show, la presenza di Crozza può infatti essere decisiva. La media dello share del Ballarò di Floris negli ultimi anni è stata davvero notevole: 16,5% nel 2011; 13,3% nel 2012; 14% nel 2013. In alcune occasioni, Ballarò è arrivato a toccare addirittura uno share superiore al 20%, pari a oltre cinque milioni di telespettatori. Il nuovo Ballarò del 2014, condotto da Massimo Giannini sempre il martedì in prima serata, dopo un inizio incoraggiante a settembre, quando era riuscito a superare 1’ 11 %, si è attestato su cifre ben più modeste, dalle parti del 5-6%. Ma il nuovo talk show di Floris è partito ben peggio: con un modesto 3,5% a settembre, che a fine novembre (quando è stato scritto il presente pezzo) appare però in crescita. La puntata dell’11 novembre 2014 può ben servire da riferimento: all’inizio della trasmissione, Giannini ha come ospite Saviano, con il quale arriva fino al 7,9%. Ma dopo un po’ scatta in contemporanea anche la Copertina di Crozza, con la quale alle 21.26 Di martedì arriva fino all’8%. Alla fine della serata, la media dello share di Ballarò resta al 5,60% (1 milione e 336.000 spettatori), mentre Di martedì sale al 5,55%, comunque ormai quasi appaiato alla vecchia trasmissione di Floris. I numeri parlano chiaro: la Copertina di Crozza vale da sola circa il 2,5 % di share. I dati relativi al pubblico di Crozza nel Paese delle Meraviglie sono pure molto rilevanti, anche se a loro volta in calo: nella stagione da ottobre 2012 a maggio 2013 lo show del venerdì sera di Crozza aveva oscillato da un minimo di 2.149.000 spettatori (share 7,71 %) a un massimo di 3.603.000 (12,67%); nella successiva stagione, i risultati medi erano stati molto simili, anche se il picco era rimasto molto al di sotto (a inizio aprile 2.788.000 spettatori, con il 10,11% di share). La nuova stagione, apertasi il 3 ottobre 2014, registra al momento uno share tra 5,81 e 6,64%, pari a circa 1,6-1,7 milioni di spettatori.
Questi numeri, certo molto rilevanti, vanno affiancati alle valutazioni strettamente economiche: la trasmissione di Crozza rappresenta un business approssimativamente di 12-15 milioni di euro l’anno, che dà lavoro a circa cinquanta persone. Ma da due o tre anni Maurizio Crozza è diventato qualcosa di più dei numeri pur imponenti che abbiamo visto, assumendo lo spessore di un vero e proprio cult. C’entrano, è chiaro, anche i nuovi media, che La7 cavalca programmaticamente, caricando su YouTube i video tratti dalle sue trasmissioni, video che a loro volta contano fra le 5.000 e le 400.000 visualizzazioni ciascuno. Bisognerebbe inoltre tenere conto della folla di persone che si prendono la briga di commentare i video di Crozza su YouTube anzitutto, e poi su infiniti altri blog e pagine web. In questo modo la sua satira inonda sistematicamente i social media, dove l’hashtag di Crozza nel Paese delle Meraviglie è da tempo insediato fra i cosiddetti trending topics, così che le sue battute vengono “cinguettate” senza sosta da un indirizzo all’altro. Capace di agganciare gli umori, i sentimenti, le idee di un pubblico al tempo stesso di massa e ramificato, Crozza fa insomma tendenza, ed entra così anche nel nostro privato, insinuandosi nei modi di dire e nei comportamenti. Sono ormai in moltissimi a confessare di non uscire più il venerdì sera, perché preferiscono guardare la puntata di Crozza nel Paese delle Meraviglie. E sempre più frequenti sono i fenomeni, pubblici e privati, di uso di espressioni e modi dei personaggi imitati, e reinventati, dal comico genovese. Per esempio il 9 dicembre 2012, all’uscita di un vertice del PdL, Formigoni prova a far fare ai giornalisti una gag di Crozza che lo imita; il comico commenta subito: «Formigoni imita me che imito lui. E teatro dell’assurdo». In quello stesso periodo, l’allora allenatore della Juventus e ora CT della Nazionale Antonio Conte dichiara: «La cosa che mi fa arrabbiare di più è sentire mia moglie che imita Crozza… lui mi deve offrire una cena, grazie a me è aumentata la sua popolarità». Roberto Giacobbo, conduttore di Voyager, ferito dalla bruciante ed esilarante satira di Crozza con Kazzenger, cambia registro e si fa più serio e prudente; commenta Aldo Grasso: «Devo ricredermi. Tempo fa avevo scritto che le parodie non servono a niente, che la beffa è una nuova forma di celebrazione, che lo sberleffo ringalluzzisce il deriso» («Corriere della Sera», 6 agosto 2014). Gli esempi potrebbero andare avanti a lungo: un’amica docente racconta per esempio di riuscire a interessare alle lezioni di Educazione civica i suoi studenti delle medie perché impiega frammenti degli sketch di Crozza. E chi scrive ha ormai perso il conto delle persone che riprendono i tormentoni del senatore Razzi in versione Crozza (specie nelle sequenze con la telecamera nascosta): «No, questo non lo credo», «Amico caro», «Da’ retta a me…», «E tutta malvivenza, è tutto senza controllo, è tutto illegittimo», fino al “classicissimo”, esemplarmente italico Leitmotiv «Fatte li cazzi tua».
Il fenomeno Crozza viene da una formazione teatrale serissima, allo Stabile di Genova, dove ha avuto come maestro Gian Maria Volonté. Dopo avere a lungo lavorato con i Broncoviz, insieme fra gli altri a Carla Signoris, con la quale è sposato dal 1992, Crozza raggiunge la popolarità mainstream con le sue imitazioni in dire gol, dal 1996 al 2000: fra le quali brillano quelle, memorabili, di allenatori come anzitutto Arrigo Sacchi, poi Serse Cosmi e Franco Scoglio. Dopo avere lavorato a Quelli che il calcio dal 2001 al 2004, il 25 aprile 2006 esordisce su La7 con Crozza Italia, il suo primo one man show televisivo, che dura fino al 2009, e sarà seguito dal 2011 al 2012 da Italialand. Con il 2012 prende avvio Crozza nel Paese delle Meraviglie, che lo consacra definitivamente, e per il quale ha firmato con Cairo nel 2013 un contratto fino al 2016. Intanto, dal 2007 gli è stata affidata su Rai3 la Copertina di Ballarò di Floris, che, come visto, si è ben guardato dal lasciarlo alla concorrenza quando l’estate scorsa è passato a La7.
Difficile analizzare nei dettagli lo straordinario talento di Crozza, e la sua severa, quasi maniacale professionalità, ribadita anche nei momenti in cui sfrutta le risorse della sprezzatura: come quando si lascia trascinare irresistibilmente dalle risate, insieme alla spalla Andrea Zalone; o quando sbaglia l’intonazione di una canzone; non ricorda o finge di non ricordare qualcosa; o pare confondersi nel passare dall’imitazione di un personaggio a un altro non previsto in quel contesto, con effetti esilaranti. Per il resto, Crozza alterna con ritmo frenetico (meglio valorizzato quando la trasmissione viene accorciata, come nell’ultima versione) i monologhi critico-satirici al virtuosismo mimetico delle imitazioni, quasi sempre felicissime; ma anche canta, con una voce invidiabile specie nei timbri baritonali, e persino balla. Tuttavia Crozza è un attore, non un improvvisatore: nelle copertine dei programmi di Floris usa anche il gobbo, e se qualcuno lo interrompe appare talvolta in difficoltà. Anche Zalone sottolinea che Crozza non è un cabarettista: «Tutto quel che dice è scritto». Però, quando gli autori gli sottopongono i testi, improvvisa su quelli, li fa scrivere e riscrivere, facendoli elaborare molte volte, e li modifica a sua volta, in modo perfezionistico, quasi ossessivo. I testi nascono così da serrate discussioni, di ore e ore, a partire dalle notizie di attualità:
«Alla quinta ora cominciamo a cazzeggiare. E cazzeggiando viene fuori di tutto». A quel punto, Crozza si appropria dei testi, immedesimandosi completamente nei personaggi. Certo, la sua forza dipende moltissimo dai suoi autori, numerosi e di grande qualità. Al momento, i principali sono sette: il citato Andrea Zalone, Alessandro Robecchi, Francesco Freyrie, Alessandro Giugliano, Vittorio Grattarola, Claudio Fois, Luca Restivo. A questi si aggiunge più o meno stabilmente Luca Bottura. Altri collaborano meno regolarmente, o hanno collaborato e poi lasciato: Federico Taddia, Stefano Andreoli, Martino Clericetti, Stefano Disegni, lo stesso Michele Serra. Al lavoro degli autori va aggiunto quello dei tecnici, fra i quali spiccano i montatori dei siparietti dove Crozza interpreta simultaneamente più personaggi: specie Bossi e Maroni, cui si aggiunge Berlusconi. Nella puntata del 28 novembre il virtuosismo di Crozza e dei suoi tecnici ha raggiunto vertici inauditi, arrivando a mettere insieme ben cinque personaggi: Brunetta e Formigoni, che aspettano la cena, dove arrivano prima Bossi e poi Berlusconi, per incoronare Matteo Salvini, alias “tombini di ghisa”, nuovo leader del centro-destra, votato come il concorrente di una gara televisiva. Memorabile, nella puntata del 23 ottobre, anche rincontro di Renzi e Berlusconi, insieme in un cinema porno per stipulare nuovi accordi; ecco solo due battute dello pseudo-Renzi: «La mia vita senza Twitter sarebbe come la tua senza processi»; «Brunetta ha la stessa utilità dei fiori di Bach per curare l’Ebola». Il guizzo della battuta ha, è chiaro, un’importanza fondamentale, e condisce fittamente i discorsi dei personaggi, e più ancora i corrosivi discorsi del comico autorevolmente monologante, che a tratti riprende a imitare, come nelle copertine per Floris: «Parlare di precari a un sindacalista è come parlare di mp3 a Mozart»; oppure, Renzi e Obama sono «Barak e burattino»; e Renzi tra i leader del G8 «Era naturale come Al Bano tra i Pink Floyd». Ma il cuore della comicità di Crozza risiede anche, e forse soprattutto, nei frames narrativi creati con i personaggi imitati, trascinati nei loro tic, nelle loro espressioni ricorrenti, nei modi, nelle posture fisiche e ideologiche, fino ai confini del surreale, ma proprio così rivelatori di un assurdo troppo vero per essere ignorato. La galleria delle parodie, straordinariamente ricca, alterna personaggi imitati con un travestimento accurato, con pochi elementi emblematici (i denti di Renzi, il sigaro di Bersani, gli occhiali, la folta capigliatura e i baffi di Razzi) o solo con la voce: sono prevalentemente politici, ma anche imprenditori, personaggi dello spettacolo e dell’entertainment di massa, sportivi, qualche intellettuale. Difficile non ricordare il Presidente Giorgio Napolitano («è con viva e vibrante soddisfazione»), con i suoi corazzieri (che Razzi confonde con i «carrozzieri»), e naturalmente Silvio Berlusconi (atrocemente memorabile la scenetta della sua prima volta alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone). Inesauribile, e assai divertente, è la gara di metafore colorite intrapresa da anni con Pierluigi Bersani, a cominciare dal refrain «Dobbiamo bere quest’acqua qua!»; «Quando un funambolo si stufa, mica taglia la corda»; «Oh, ragazzi, siam mica qui a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole»; «Oh ragazzi, siam pazzi? Siam mica qui a pettinare le comete…» (che venne anche stampato sulle magliette per la campagna elettorale 2013 di Bersani), e l’ancora più celebre «Siam mica qui a smacchiare il giaguaro», ripreso ancora da Bersani stesso dopo la vittoria di Pisapia alle comunali di Milano 2011 : «Abbiamo smacchiato il giaguaro ! ». E ancora ricorderò, raggruppati a spanne per generi e prospettive politiche, politici di sinistra come Nichi Vendola, Antonio Ingroia (che ebbe a commentare: «Crozza non lo sopporto più»), Walter Veltroni; o i sindacalisti Maurizio Landini e Susanna Camusso (quasi sempre in coppia), rappresentati come irriducibilmente attardati. Politici di destra come il citato Brunetta o Angelino Alfano; ma anche professionisti e imprenditori come Sergio Marchionne, Flavio Briatore, Luca Corderò di Montezemolo, Niccolò Ghedini. Sospettato a lungo di non toccare l’amico e conterraneo Beppe Grillo, ormai da tempo Crozza ne ha prodotto una caricatura feroce, cui si affianca quella di Gianroberto Casaleggio, estaticamente proteso in profezie deliranti. Possiamo poi ricordare intellettuali, studiosi, giornalisti: come Massimiliano Fuksas, diventato l’architetto Fuffas, Antonino Zichichi, Alan Friedman, Gigi Marzullo, usato a lungo «come un format» (parola di Crozza) per interviste con politici veri. E ancora personaggi dello spettacolo come Antonio Banderas (impegnato in pubblicità a inequivocabile sfondo sessuale per il Mulino bianco) o Vasco Rossi; o ancora figure a vario titolo note, come lo chef Joe Bastianich, rappresentato in un Masterchef tarocco di inaudita crudeltà, ma anche l’ultrà napoletano Genny ’a carogna, o il capomafia immaginario del Padrino, Don Vito Corleone. Un bersaglio costante, come già accennato, è Roberto Giacobbo, con le pillole di pseudo-sapere, dai modi insieme stentorei e interrogativi, arruffoni e scandalistici, di Kazzenger. «Sotto Cinisello Balsamo hanno trovato i resti della città che c’era prima: Cinisello Shampoo!»; «Reality e Sacre Scritture: davvero l’Ultima cena era la puntata-pilota di Masterchef?»; «La velocità della luce, di quanto diminuisce sulla Salerno-Reggio Calabria?»; «Se lo spazio è curvo, che mensole metti?».
Di grande efficacia e insieme di grande rispetto è la parodia di papa Francesco: memorabile, fra le altre, la scena in cui Bergoglio porta sulle proprie spalle il frigo alla vedova Crocetti che ne è rimasta priva, percorrendo a piedi l’interminabile Salaria. Fra i personaggi scoperti di recente, si è guadagnato subito un posto di spicco Massimo Ferrero, “er viperetta”, imprenditore prima delle caciotte e poi del cinema, diventato padrone e presidente della Sampdoria, che «ha tante idee, solo che escono tutte insieme e producono un effetto tamponamento sull’autostrada». Ferrerò, come Razzi, apre la strada a una comicità di parola fondata sulla sottolineatura e sulla fantasiosa invenzione di errori di lingua e manifestazioni di crassa, inconcepibile ignoranza. Si pensi a una piccola perla come «il sindaco di Genoa si chiama Doria», o al memorabile intercalare di Ferrerò all’intervistatore: «me la fai dirmela?». Antonio Razzi è il campione di questo genere di comicità: confonde per esempio export ed escort, titanico e antitetanico, fake e fica, corazzieri e carrozzieri, obnubilato e nubilato («si può fare una torta con lo sportello di lato, come le vasche per gli anziani»), suggerisce di «prendere un volo Lacoste», ricorda «i tre Re Magi, Gasparri, Marchionne e Baldan Bembo». E certo Razzi, che incredibilmente esiste davvero, e, come Ferrerò, nella realtà riesce a gareggiare persino con la parodia, è una delle invenzioni più efficaci e felici di Crozza e della sua squadra, capace di sintetizzare in un simbolo di folgorante evidenza l’italico individualismo e l’uso privatistico delle cariche pubbliche: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul fatte li cazzi tua». Tra i passaggi memorabili delle pseudo-interviste di Zalone con Razzi c’è solo l’imbarazzo della scelta: «Esci dall’Euro per conto tuo»; «Fatti una cabina elettorale a forma di bancomat»; «La Svizzera non è come l’Italia, che è proprio un rovinatolo naturale» (a proposito di Pompei); «L’Europa è bella, ci sono stato, però non ci vivrei». O si riveda questa travolgente, delirante sequenza: «Prenditi un camion di donne indonesiane con le dita piccole, ti fai fare i tortellini di notte, al posto del ripieno ci metti i feltrini dei tavoli, e li rivendi in Indonesia e ci fai un sacco di grana, tanto di tortellini non capiscono un cazzo».
Ormai da parecchio tempo, Crozza però non si limita a far ridere, o a mettere in luce coloritamente i vizi e gli orrori dell’Italia di oggi: come abbiamo visto, ci sono persino politici che lo imitano. Il giornalista Jacopo Iacoboni («La Stampa») ha coniato il neologismo “crozzismo”, proprio per parlare di quei politici che, imitati da Crozza, si appropriano della sua satira e cercano di usarla a proprio vantaggio per influenzare l’elettorato: anche e proprio col mostrarsi aperti e democraticamente tolleranti nei confronti degli sfottò. Il caso di Bersani è emblematico, ma tutto sommato innocuo, oltre che ilare; ma in generale non è rassicurante il fatto che i politici imitino i comici. E poi ovviamente anche accaduto molte volte che i politici se la siano presa con Crozza, arrivando talvolta alla querela. Un paio di episodi rilevanti: nel 2011 Crozza ribattezzò Berlusconi “Al Tappone”, e, dopo la sconfitta disastrosa nei referendum, l’allora premier si lamentò, addirittura in un Consiglio dei Ministri, che il crollo dei consensi era «colpa di Annoierò, di Ballavo e di quel Crozza su La7». Antonio Di Pietro, dal canto suo, dopo un monologo del comico genovese nel novembre 2012, lo accusò nientemeno che di «killeraggio […] per conto del padrino politico di turno».
Evidentemente, il fenomeno Crozza influenza, in modo soft ma costante, la vita politica italiana. Tuttavia non pare agevole, né utile, attribuirgli un ruolo di opinion maker, al quale onestamente e dichiaratamente non aspira: egli si definisce senz’altro un «guitto», e ribadisce di essere «un cazzone» (parole sue), disadatto a qualsiasi avventura politica. Il suo atteggiamento permanentemente antagonista lo ha fatto a un certo punto accostare al Movimento 5 Stelle: al quale tuttavia ormai da tempo non risparmia critiche feroci. Intendiamoci: non che il comico non sia ideologico; al contrario, ogni battuta appare evidentemente sorretta da valori e opinioni sul mondo. Ma il modo comico di metterli in scena non smette di essere costitutivamente ambiguo. E anche per Crozza è certo così. Nella comicità, nel suo gaudioso mistero, c’è sempre una rivelazione del mondo, una piccola epifania. Ma rivelare dissacrando è tutt’altra cosa dal rivelare consacrando, e per questo il comico non funziona bene su nessuna bandiera.