Far parlare le cose

I collezionabili rilanciano in chiave aggiornata l’ambizioso progetto editoriale delle grandi opere a fascicoli degli anni sessanta: l’allargamento del mercato della conoscenza. E, dal punto di vista degli editori, sono anche un ritorno alle grandi forme organizzative e alle grandi risorse imprenditoriali, con l’adozione di un linguaggio radicalmente multimediale che include anche gli oggetti materiali. Ideazione e progettazione originale sono un elemento critico: un oggetto collezionabile – tazzine da caffè, modellini di automobili, riproduzioni di insetti – viene concepito così come un editor sviluppa un’idea editoriale. Perché quella dei collezionabili è un’anima divisa in due (e moltiplicata per sessanta uscite settimanali).
 
Che c’entrano con i libri le tazzine di porcellana in miniatura appese in blister fuori dalle edicole? E i modellini funzionanti di automobili in scatola di montaggio non sono cose da negozi di giocattoli? Perché gli editori dedicano cura e risorse a questi prodotti? E non sono forse davvero più «prodotti» che «opere»?
Perché gli editori se ne occupino lo ha chiarito Giovanni Peresson sul «Giornale della Libreria» (Il mondo collezionato in fascicoli, novembre 2005): il settore dei collezionabili rappresentava nel 2004 il 36,3% del fatturato delle 38.000 edicole italiane, per la rispettabile cifra di circa 427 milioni di euro. Si conferma dunque il ruolo dell’edicola come canale importante per raggiungere con prodotti editoriali «librari» il pubblico che acquista quotidiani e periodici.
Ma mentre la vendita di libri in abbinamento ai giornali conserva un’impronta di tradizione relativamente forte (l’ordinamento tematico dei titoli in collane), qui il territorio appare molto più vasto e dai confini meno definiti.
 
Ibridi autonomi
Innanzitutto si tratta di ibridi per definizione: volumi, fascicoli, cd musicali o dvd multimediali, pezzi meccanici, elementi di costruzioni, piccoli oggetti da cucina, strumenti di lavoro: conta l’oggetto o conta il testo?
Inoltre non si tratta solo di far fruttare un patrimonio di catalogo: qui occorre inventarsi l’idea guida del prodotto editoriale ogni volta (e investire le relative risorse), con un atteggiamento che ricorda più la redazione di un settimanale che il lavoro di un editor librario.
Infine manca l’appoggio del giornale di abbinamento: il titolo deve trovare la sua strada da solo, il pubblico è vasto ma fortemente segmentato, da individuare – si direbbe da costruire – ogni volta, la fidelizzazione è un problema di base. L’attenzione e la reazione rapida alla risposta del pubblico sono fattori centrali.
«La gente non sa di voler comprare un collezionabile: è un mercato di offerta, non di domanda», chiarisce Marco Giraudi, direttore generale del Collezionabile Italia di De Agostini. Occorrono attenzione nell’ascoltare la risposta del mercato ed elasticità nell’adattarsi: ogni titolo si completa in media in un anno e mezzo ma, in casi di accoglienza particolarmente buona, la collezione può allungarsi. La leva fondamentale, precisa Elisabetta Cametti, che del settore Collezionabile Italia di De Agostini è direttore publishing, è l’offerta di «qualcosa che sul mercato non esiste, in termini di qualità e di rapporto qualità/prezzo».
«Siamo per così dire dei “compilatori”, conclude Giraudi:
«Offriamo al grande pubblico delle compilation di conoscenza originali ed espandibili». Come le grandi opere degli anni sessanta?
«No, il canale di vendita tipico in quel caso era il rateale, e il collezionabile coesiste benissimo con le grandi opere: oggi per De Agostini al collezionabile vanno poco più di due terzi del fatturato complessivo dei due generi. Le grandi opere della Utet, che fa parte del gruppo, conservano la loro fisionomia professionale e la loro rete di vendita». «Il nostro pubblico» distingue Cametti «ama recarsi in edicola regolarmente e ha un rapporto di fiducia con l’edicolante. È caratterialmente diverso da quello del rateale o degli abbonamenti: il collezionabile si compra per sé, non per gli altri membri della famiglia – bambini a parte». Anche per questo De Agostini ha inventato una formula – anch’essa ibrida – di abbonamento: il fascicolo (o il blister) viene personalizzato con il nome del collezionista, ma arriva ogni settimana in edicola, non a casa, e senza obblighi di continuità.
 
Due anime in un solo blister
«Da dieci anni a questa parte abbiamo fatto cambiare molto il mercato», afferma con non celato orgoglio di marchio Elisabetta Cametti. «Oggi il collezionabile ha due anime: una cartacea, di contenuto forte, e una di promozione. Ma quest’ultima non è l’aggiunta di un gadget per spingere le prime uscite: la continuità nella collezione – che è il nostro obiettivo fondamentale – poggia su entrambe le componenti.» «La multimedialità che caratterizza il collezionabile» precisa Giraudi «rappresenta comunque un’attenzione per il contenuto: è una risposta a un desiderio di conoscenza da parte del pubblico – a livello divulgativo, anche di semplice curiosità, ma reale.»
La parte editoriale è preponderante nel sottogenere reference (corsi, opere di storia, geografia ecc.), con il sostegno di cd, dvd o strumenti di lavoro. Nell’area Donna l’equilibrio è al 50% per la cucina e i lavori femminili – non si vende un piatto decorato senza un ricettario; mentre per le collezioni strettamente intese (bambole, ceramiche) l’oggetto è preponderante, fino all’80% del prodotto. «Ma quest’ultimo settore» precisa ancora Elisabetta Cametti «è una parte minima del nostro catalogo. Nell’area Hobby-adulti, dove si tratta per lo più di oggetti radiocomandati da costruire, la parte cartacea più che un manuale di montaggio è una specie di rivista tecnica specializzata. Per i bambini l’equilibrio è ancora paritario, come in ogni prodotto di edutainment».
Nell’insieme questo mondo è fatto in parti uguali di carta e di oggetti. E Marco Giraudi mostra, come esempio tipico, gli insetti (di plastica, in scala 1:1, ideati e realizzati in Estremo Oriente) che costituiscono la collezione «Insetti del mondo», entomologicamente inappuntabile. Ideazione e progettazione originale degli oggetti sono un elemento critico: un oggetto collezionabile viene concepito come un editor sviluppa un’idea editoriale, all’interno della casa editrice.
 
Harry Potter & Suor Germana
Per questo il catalogo e il patrimonio editoriale dell’editore contano molto, non per riproporre titoli preesistenti («Enciclopedie fatte a fette», sorride Giraudi), ma come risorsa per nuove opere: il gruppo, presente in 30 paesi, ha cinque centri di sviluppo per i collezionabili (oltre che in Italia, in Francia, Spagna, Inghilterra, Giappone). Un centro di sviluppo globale studia prodotti con caratteristiche valide per tutti i mercati del mondo. «Per funzionare bene la nostra offerta deve essere ben equilibrata tra globale e locale: il corso di scacchi di Harry Potter e le ricette di Suor Germana, con uno scambio regolare di idee e di prodotti tra i centri del gruppo.»
Date le risorse necessarie allo sviluppo e le dimensioni del mercato, lo scambio, o meglio l’alleanza, pare il tratto produttivo principale dei collezionabili, in senso geografico ma anche in senso produttivo: sono il punto di incontro sul mercato di componenti editoriali, di comunicazione, di marchio industriale.
Anche dove la componente editoriale ha sempre conservato un fondamento forte, come nei collezionabili Fabbri del gruppo Rcs, il successo nasce congiuntamente dalla cura editoriale, dal collegamento con i media, dalla collaborazione con aziende non editoriali. Giuseppe Orlando, direttore dei Collezionabili Italia di Rcs Libri, cita il successo recente della Prova del cuoco’.
1.000.000 di copie vendute fino al giugno 2006 (oltre due anni di vita). «Si è verificata una coerenza eccellente fra tutti i fattori del prodotto: ricette di qualità, semplici e moderne; una trasmissione televisiva con Antonella Clerici come testimonial e come gadget un utensile di cucina quasi specialistico, a volte difficile da reperire in commercio.»
 
Il successo dipende dalle idee
«La chiave del successo» sottolinea Orlando «è la capacità di generare idee: ogni anno realizziamo circa 40 lanci, di cui almeno 30 completamente nuovi, non basati sul patrimonio di contenuti dell’editore. Significa realizzare 30 test di mercato su edicole selezionate (anche per questo gli in vestimenti in questo settore sono forti). Significa partire da un ventaglio di qualche centinaio di idee.»
Il punto critico è ovviamente la fidelizzazione: «L’aumento dell’offerta in edicola dovuto all’avvento dei collaterali distrae l’acquirente moltiplicando le tentazioni, e gli strumenti come le raccolte a punti e gli abbonamenti servono tutt’al più a diminuire le rese, non ad allargare il mercato. C’è molto da fare per migliorare, ma occorrono forti investimenti pubblicitari non solo al lancio e sui primi numeri, ma per tutto l’arco dell’opera; il che è pericoloso per i conti economici».
Giuseppe Orlando, che ha lavorato nell’editoria scolastica, confessa però che amerebbe promuovere i collezionabili con strumenti interni al prodotto, più che con promozioni esterne; e ricorda uno dei grandi, poco noti successi Fabbri: la collezione «I classici della poesia» che nel 1997 totalizzò 950.000 copie, più 700.000 nella seconda uscita del 1999. Analoghi, impensati grandi numeri sono stati raggiunti dalle opere teatrali (per Eduardo quasi un milione di copie di videocassette nel 2000; ma, forse più significativo, ben 200.000 copie per le interpretazioni di Gilberto Govi e ancor di più per i Legnanesi). «Il bello di questo mestiere» conclude sorridendo Orlando «è che dà la possibilità di spaziare in un campo molto vasto, che l’editoria tradizionale non copre.»
Dagli insetti di plastica al teatro di qualità, i collezionabili incarnano forse meglio di ogni altro genere l’idea più attuale dell’editoria: la distribuzione di contenuti su più media e su più canali di diffusione, senza confini di linguaggio, anzi con la capacità di utilizzare anche il linguaggio degli oggetti e di attuare una sinergia con i loro produttori.
E infine, dal punto di vista del lettore/consumatore cui si rivolgono, permettono di azzardare un’interpretazione sull’evoluzione del linguaggio con cui la cultura viene trasmessa: se Internet ha spazzato via la produzione di enciclopedie universali su carta destinate al grande pubblico, la fortuna dei collezionabili può forse essere compresa attraverso la sua capacità di controbilanciare, nelle abitudini dei fruitori, la virtualità estrema della comunicazione digitale con la materialità altrettanto estrema della comunicazione attraverso gli oggetti.