Splendida e cruenta come un thriller di classe, l’annata editoriale internazionale è stata costellata da piccoli e grandi avvenimenti, apparentemente senza una stretta relazione tra loro. Ma è chiaro come andrà a finire. Oggi è pronta solo una traccia della trama: la rivoluzione strutturale del mercato del libro e la fine del consumo di lettura. Come sfondo un’economia decadente, personaggi senza scrupoli, nostalgici che lanciano strali ideologici, editori che ingaggiano un corpo a corpo con le grandi catene del retail. Dietro l’angolo, i «mercati emergenti»: la volatile speranza che i cinesi leggano di tutto (e magari imparino che il copyright non è un optional).
J.K. Rowling è la scrittrice più ricca della storia. 250 milioni di copie vendute in cinque anni, diritti per il cinema, licenze per il merchandising. Solo nel 2002 ha messo in tasca 180 milioni di euro diventando la quinta Paperona del Regno Unito. I cinque libri di Harry Potter sono stati venduti in 150 paesi e hanno reso straricco anche il suo agente Christopher Little (27,5 milioni di euro). Bloomsbury, editore della Rowling in UK, era fino a cinque anni fa una media casa editrice di catalogo, poi ha comprato una mezza dozzina di sigle tra le quali, quest’anno, la piccola e prestigiosa Berlin Verlag, editrice di Nadine Gordimer, Margaret Atwood, Richard Ford, Ingo Schulze. Veniva via a poco, 3,6 milioni di euro.
I librai si aspettano che di tutto questo ben di Dio qualcosa cada anche nelle loro tasche, che Harry ripeta la magia di ripianare le vendite annuali anche se la situazione non è più quella di fine anni novanta: la quinta puntata della saga potteriana può aver risolto i problemi degli editori che la pubblicano ma non gli esiti commerciali di un anno molto difficile per tutti i mercati.
Veniamo ora alla situazione attuale utilizzando, per interpretare numeri e tendenze, alcune coordinate che si confermano ancora una volta efficaci. L’espansione del mercato del libro è da sempre legata (salvo qualche eccezione) all’indice di sviluppo umano (ISU, l’indicatore di una media ponderata tra speranza di vita, tasso di alfabetizzazione degli adulti e accesso ai livelli di istruzione, prodotto interno lordo reale per abitante), al PIL, all’andamento dei consumi, all’indice di lettura e alla politica culturale.
Libri & Belpaese (che vuol dire fiducia)
L’Italia, al riguardo, non ha niente di buono in cui sperare. Per quanto riguarda l’iSU il Belpaese è ancora al 21° posto nella graduatoria mondiale; penultimo tra le nazioni della vecchia Europa, stacca di due punti solo il Portogallo (Calendario Atlante De Agostini, 2004). Gli Stati Uniti, per avere un termine di confronto, sono in settima posizione. Gli altri indicatori economici segnalano burrasca. Il nostro paese è sceso dal 33° al 41° posto nella competitività; perde un punto nel PIL, 6 punti nel PIL procapite (iMD World Competitiveness Yearbook, 2003).
Detto questo, se il nostro mercato librario valeva 3,55 miliardi di euro nel 2002 (Aie) con una crescita dell’1,1% a valore corrente, è facile intuire che il 2003 sarà probabilmente uguale, se non peggiore. Questa situazione si protrae da anni; vuol dire quindi che il nostro mercato perde continuamente in dimensioni (escludendo il fenomeno dei libri abbinati ai quotidiani) perché la crescita non compensa l’inflazione.
Per di più abbiamo circa 10 milioni di quasi analfabeti e facciamo finta di niente. La più recente indagine sulla lettura, quella di Astra/Demoskopea (per i dettagli, si veda il paragrafo indagini sulla lettura 2003 in questa stessa rubrica) ci riporta infatti su dati che già conoscevamo, ma che noi, e soprattutto chi abbiamo eletto, ci eravamo forse dimenticati. Possiamo contare solo su 6,2 milioni di lettori «forti», il 13% della popolazione; non più dell’8% secondo precedenti indagini. Pochi? Tanti? Di sicuro lo «zoccolo duro» non è abbastanza per l’industria libraria.
E dovremmo anche poter contare su una legge per il libro annunciata da anni (e data come imminente da Alain Elkann all’ultima Buchmesse), ma della quale a novembre scorso ancora non si sapeva nulla. Intanto il decreto legge per il tetto di sconto al 15% è stato prorogato per la seconda volta in tre anni, fino al 3 1 dicembre 2004. In attesa di una legge dalla quale ci si aspetta non solo un numero percentuale sullo sconto massimo praticabile (giusto o sbagliato che sia) ma soprattutto un piano nazionale per il libro e la lettura, la creazione di un organismo ad hoc, iniziative per la scuola, le biblioteche, le librerie, gli editori. Qualcosa di ampio, articolato, serio. Sempre alla Buchmesse, il viceministro alle Attività produttive e al commercio estero Adolfo Urso si è impegnato a promuovere il libro italiano all’estero nell’ambito di un più vasto piano straordinario (125 milioni di euro) per sostenere il «made in Italy»: «Credo», ha detto Urso, «che in questo piano possa essere inserito anche il libro», insieme ai prodotti italiani di punta, ovvero cibo, moda, design e macchine di lusso; tra una forma di Belpaese e una Ferrari, tra un capetto griffato e il prosciutto di Parma. Il pubblico della conferenza stampa, tutto di professionisti e giornalisti, si è mantenuto educatamente composto. Premio di consolazione: arriverà per fortuna qualche spicciolo tramite l’ICE (Istituto per il commercio estero) per sostenere la partecipazione degli editori alle fiere internazionali.
Per adesso, 10 milioni di analfabeti e 6,2 milioni di adulti alfabetizzati ma «teorici della non lettura» ringraziano, perché il parlamento non sta perdendo tempo in cose inutili o addirittura sconosciute. Anche le minoranze vanno salvaguardate, no? Ma se aggiungiamo ai ringraziamenti quelli di 8,7 milioni che «non hanno tempo per leggere», tutti insieme diventano una maggioranza pari al 53,2% della base presa in considerazione: 47, 4 milioni di italiani tra i 14 e i 79 anni (si vedano i dettagli in Indagini sulla lettura 2003 in questa stessa rubrica). Sono i difetti della democrazia.
Catene padrone?
Per quanto riguarda gli altri mercati, non che altrove vada meglio che in Italia, anzi: c’è crisi dappertutto (si vedano i dettagli in Mercati internazionali 2003 in questa stessa rubrica). Va molto male la Germania, il secondo mercato occidentale (—4,9% per il 2003); piuttosto male la Spagna (stimata una flessione tra l’l% e l’1,5% per il 2003); ferma la Francia (+1,5% per il 2003), dove negli ultimi due anni i consumi librari erano sempre stati superiori alla media dei consumi, ma nel 2003 sono scesi fino a sovrapporre le due curve. E fermo anche il mercato del Regno Unito (+0,1%), mentre quello statunitense, secondo le indagini più accreditate, è «sluggish», pigro, pur rimanendo il più grande mercato del mondo, con un giro d’affari superiore alla somma dei principali mercati europei. La base dei lettori non è quindi destinata ad allargarsi. Come contendersi, allora, questa minoranza impenitente di consumatori di libri?
Nell’anno passato l’accento si è spostato molto visibilmente dal «come» al «chi» avrebbe giocato gli assi nella partita tutta interna alla filiera editoriale. Sulle due sponde dell’Atlantico oggi tengono banco le grandi catene librarie, in misura minore i grossisti e, negli Stati Uniti, anche le grandi catene generaliste di discount come Wal Mart. Era abbastanza prevedibile che si sarebbe giunti a questa situazione. Per tutti gli anni novanta le corporation dei media hanno rinforzato il loro potere in una girandola di acquisizioni: per far salire il valore azionario, conquistare maggiori quote di mercato, ridurre i costi, migliorare la redditività: fuori il personale, dentro gli azionisti, fuori qualche publisher, dentro i manager (nessuna nota polemica: tutte le aziende sono fatte così, cioè proprietà, amministratori, manager). In questo modo cresceva il loro potere contrattuale: di fronte a un retail ancora poco concentrato, i grandi editori dettavano legge. Questi equilibri sono durati finché le catene non sono diventate «grandi catene», con centinaia di punti vendita, dalle piccole librerie di provincia agli immensi megastore, e con un management che ha fatto proprio, adattandolo, lo schema gestionale della grande distribuzione.
Veniamo, dunque, all’oggi. Il caso inglese è in questo senso emblematico. Con la caduta del Net Book Agreement a metà degli anni novanta, il prezzo dei libri nel Regno Unito diventa libero. Waterstone’s (194 librerie) moltiplica i propri punti vendita, W H Smith (530) non è da meno; dagli Stati Uniti arriva Borders (390 superstore in USA, 900 librerie Walden nei centri commerciali) che ha perso la partita con Barnes&Noble (630 tra superstore e librerie) per la leadership in America; acquisisce Books Etc e apre librerie e superstore (40 punti vendita in UK). Ottakar’s (che ha acquisito lo scorso aprile 24 punti vendita della catena Hammicks, e ora conta un centinaio di punti vendita) si concentra sulla provincia e le zone non centrali delle grandi città. Queste quattro catene, ognuna con un format differente, rappresentano il 45% circa del mercato inglese e oltre il 55% del canale libreria (Book Sales Yearbook, BPI Communications/Bookseller Association). In uno scenario fortemente competitivo si innesca presto una guerra degli sconti senza esclusione di colpi; per aumentare il volume di vendite, conquistare potere contrattuale con editori e distributori, fidelizzare il pubblico. Una guerra che non è ancora finita. Lo scorso giugno, nel primo giorno della vendita di Harry Potter e l* Ordine della Fenice, a causa dello sconto applicato (in media il 38%) si sono volatilizzati oltre 11 milioni di sterline (Nielsen BookScan). Ma è una guerra che non può continuare perché ha eroso sensibilmente anche i margini delle publishing company, attrici attive e consapevoli della tenzone; nel periodo 1995-2002, infatti, gli editori hanno concesso un sovrasconto medio dell’8% (Key Note Research).
Dalla fine del 2002, Waterstone’s, W H Smith e Borders hanno deciso di correre ai ripari. Prima mossa, una decisa riduzione dello stock. Ovvero meno copie per titolo, ma anche meno titoli. Per i piccoli editori la vita inizia a farsi molto difficile, ma anche i grandi non possono più contare su porte completamente spalancate per i loro libri. Con la riduzione dello stock, in sei mesi circa l’indice di rotazione di Waterstone’s è passato da 3.2 a 3.4, il margine cresciuto dello 0,4%. Contestualmente la catena ha ridotto d’ufficio le visite dei promotori: non più di due al giorno per gli editori maggiori; una volta a trimestre per i piccoli e i medi. Borders è più audace. Quest’anno finisce il periodo di sperimentazione del «category management», un modello già largamente diffuso nei supermarket. Il sistema – avviato negli States con la collaborazione di alcuni editori come Random House, Penguin, HarperCollins – è stato concepito per migliorare la redditività di banchi e scaffali. Da Borders, libri, cd musicali e DVD sono stati divisi in 250 categorie, e in base ai risultati ottenuti per ogni categoria (provando per 20 settimane diversi tipi di assortimento anche sulla scorta di migliaia di interviste ai consumatori) si fanno girare i titoli, ottimizzando assortimento, display, stock.
Poi, a metà del 2003, due proposte esplosive: prima l’abolizione del diritto di resa, poi la soppressione del prezzo di copertina. Sono operazioni che, se andassero in porto, nel giro di qualche anno rivoluzionerebbero completamente i rapporti tra librai, distributori ed editori. La cosa singolare è che vengono da una catena libraria, ancora Borders, ovvero da un attore della filiera che ha sempre considerato la resa una garanzia inalienabile e il prezzo di copertina un indicatore imprescindibile per il commercio librario.
È chiaro che la catena (con l’assenso di W H Smith, ma l’opposizione di Waterstone’s e Ottakar’s) vuole realizzare un modello gestionale della libreria molto simile a quello dei supermarket e finora completamente estraneo alle logiche del prodotto libro. Ma, se cambiano le logiche, perché non cambiare anche i modelli gestionali?
Philip Downer, managing director di Borders UK, ha aperto una recente convention aziendale con una lapidaria affermazione: «Gli editori non conoscono il reale valore commerciale dei propri libri», con un sottinteso “che lascino fare a noi”. Anne Roman di Borders USA ha sottolineato come il commercio librario sia uno dei pochi settori commerciali dove il prezzo è fissato dal produttore e ha sostenuto che questo non avvantaggia né gli editori né i librai.
Lanciato il sasso nello stagno, la catena sembra intenzionata ad aprire un ulteriore contenzioso con gli editori. Si tratta di quei titoli annunciati come sicuri bestseller ma che si rivelano poi dei flop: in questi casi, l’editore dovrebbe pagare una sorta di tassa, facendosi carico di una parte del rischio d’impresa. Non solo per non far gravare sul libraio una parte del costo della movimentazione del libro e della resa, ma anche perché quel titolo-flop ha occupato uno spazio che poteva rivelarsi redditizio con altri titoli.
Il futuro che verrà
Non è affatto escluso che queste proposte, tutte o in parte, anticipino quello che potrà essere in un futuro non molto lontano lo scenario del commercio librario internazionale. Ovvero: forte concentrazione nel retail, espulsione dalle grandi librerie dei titoli a bassa rotazione (e conseguente ridimensionamento di gran parte della media e piccola editoria), ridefinizione della proposta e delle tirature da parte dei grandi editori, diminuzione dell’assortimento, visibilità dedicata soprattutto ai bestseller, indipendentemente dal valore del loro contenuto. Non ultimo la possibilità che il fattore prezzo non sia più una forte leva di marketing: secondo un recente sondaggio sul pubblico inglese (Minitei Book UK), lo sconto indiscriminato è determinante solo per il 13% degli acquirenti.
Da un punto di vista strettamente commerciale le proposte di Borders sembrano un po’ azzardate se applicate alle librerie con assortimento medio e piccolo, ma non a format specifici come i superstore. Il «category management» vuole trovare il punto d’incontro ottimale tra propensione all’acquisto del lettore-consumatore e reperibilità/accessibilità del prodotto libro. Anche in assenza del commesso. Ma è ancora difficile dire se un libro (o certe categorie di libri) possa essere gestito come altri prodotti commerciali. Di certo questo modello ha bisogno di librerie grandi (non necessariamente di catena) e strutturate ad hoc; ed è già dimostrato che il «category management» applicato in altri settori commerciali incrementa la media delle vendite dell’ 11 %. Resta da vedere se altri canali, come le librerie indipendenti specializzate, il commercio elettronico, il print on demand, l’e-book o particolari club del libro ancora da inventare possano garantire una sufficiente varietà della proposta. Non bisognerebbe sottrarsi allo “spirito dei tempi” nel valutare questo possibile futuro scenario, ma è doveroso chiedersi se e in che misura questo possa essere interpretato in parte come riflesso di una crisi profonda del prodotto libro – e quindi un’estrema misura per la sopravvivenza – in parte come la deriva ideologica (malsana) del modello di capitalismo americano, che crede ciecamente nel “dio mercato”, senza regole e senza freni, plasmato sull’interesse di singole aziende, non a caso le più forti. Insomma se tutto questo è o sarà necessario. E quale può essere il punto di mediazione tra la varietà della proposta culturale e le non meno importanti esigenze della filiera.
In un periodo di crisi, il rimpallo di responsabilità tra editori e librai si accentua; e fra questi ultimi anche l’abolizione della resa potrebbe trovare un partito favorevole, mentre sconti e abolizione del prezzo di copertina (come capita già in paesi editorialmente avanzati come la Svezia) presuppongono una liberalizzazione del mercato, verso la quale è culturalmente contraria la maggioranza dei nostri editori e dei nostri librai, almeno in apparenza.
Non si può dire altrettanto della riduzione dello stock. A prescindere dalla normativa nazionale sugli sconti, tutte le grandi catene si stanno orientando a favore di questa politica gestionale. Secondo alcuni editori la catena Feltrinelli sta già attuando la riduzione dello stock, compensandola con una maggiore vendita dei titoli di punta. Visto quello che faremmo volentieri a meno di trovare sui banchi delle librerie, questo discorso non fa una grinza. Però sarà sempre più difficile che il titolo di un autore poco conosciuto possa trovare uno spazio a banco, con la sua brava pignetta (e non finire, invisibile, con due copie a scaffale), ovvero possa trovare nella libreria un trampolino di lancio visto che, tranne rare eccezioni (i “lanci” di D’Orrico sulle pagine di «Sette» per Faletti o per Avoledo, le comparsate televisive di Melissa P. al Maurizio Costanzo Show, solo per fare alcuni esempi), recensioni, passaggi sui media e pubblicità danno risultati piuttosto aleatori come volano delle vendite. Sia presa come una boutade: non sarebbe così paradossale trovare Harry Potter ancora in classifica nel 2020. E sia presa come una probabilità: le catene potrebbero (pesantemente?) condizionare le scelte degli editori. Negli Stati Uniti è già una realtà. Secondo il «New YorkTimes» (30 giugno 2003) senza la benedizione di Wal Mart o di “price clubs” come Costco alcuni bestseller non diventerebbero tali; e forse gli editori potrebbero arrivare a non pubblicarli neppure. Qualche esempio: nei primi giorni dopo la pubblicazione, la biografia di Hillary Clinton, l’ultimo Harry Potter e La valle dell’Eden di John Steinbeck rilanciato dal nuovo book club di Oprah Winfrey, hanno realizzato metà delle vendite nei «big discounter». E siccome Wal Mart vuol dire mass market, e mass market vuol dire valori religiosi, senso nazionale e tutto ciò che sono i valori americani, perché di questi sono pervasi gli avventori della mega catena di discount (che vende qualsiasi merceologia con un solo imperativo: «da noi costa meno»), un libro non in sintonia con questi valori non sarebbe messo in commercio. Siamo nel paese più libero del mondo, no?
C’è infine un terzo fenomeno che rende alcune catene ancora più forti, il fatto che abbiano creato o acquistato case editrici le cui sigle godono di posizioni privilegiate nei punti vendita. Due esempi. Nel Regno Unito W H Smith controlla Hodder Headline (fatturato: 210 milioni di euro circa, dei quali 30 nelle librerie W H Smith), ha tentato di acquistare Time Warner Book Group (giugno 2003 ), e vuole comunque sbarcare negli Stati Uniti. In America, Barnes&Noble, che ha il 16,2% del mercato consumer, circa 3,85 miliardi di dollari di fatturato nel 2002 («Publishers Weekly»), con la sola divisione librerie – che vale più di tutta l’editoria italiana – aveva già acquisito alcune sigle di packagers e dato vita a B&N Books (manualistica, libri di cucina, atlanti, narrativa). Poi ha lanciato una collana di classici a prezzi imbattibili (50% in meno di analoghe edizioni di Random House o di Penguin) e ha acquistato Stinger (giardinaggio, cucina, hobbystica) riservando l’esclusiva di alcuni titoli alle proprie librerie. I big discounters hanno fatto muro, respingendo i libri di B&N; lo stesso le catene concorrenti come Borders (che nel 1995 aveva avviato un analogo progetto, finito male) e Books-A-Million. Il publishing di B&N è solo il 3,5% delle attività complessive del gruppo. Ma se teniamo conto che il consolidato è di 5,27 miliardi di dollari per il 2002 («Publishers Weekly»), vuol dire che Barnes&Noble ha un gruppo editoriale da 185 milioni di dollari. Come tutta l’editoria di varia del Gruppo Mondadori.
Media mogul: sinergie? Neanche per sogno
Il 2003 è stata la fine di un’epoca breve, quella dei mega merger, delle acquisizioni che cavalcando il capitalismo finanziario hanno inseguito il «tutto, subito e ovunque». Il tracollo della fusione del secolo tra AOL e Time Warner si è definitivamente consumato: il supergruppo si è disfatto. Time Warner ha eliminato AOL anche dalla sigla aziendale e AOL continua a perdere utenti a un ritmo sostenuto. Gli investitori hanno scommesso miliardi di dollari che non vedranno mai più. Di Vivendi Universal rimane ben poco, oltre a una montagna di debiti. Gli Studios cinematografici sono andati alla Generai Electric. La sua divisione editoriale, Vivendi Universal Publishing, ha già cambiato nome due volte; prima VLIP-Investima 10; oggi Editis. Domani chissà. Dopo il «niet» della commissione europea all’acquisizione totale da parte di Hachette (Gruppo Lagardère) non si sa dove potranno finire i vari pezzi di quella che fino a quattro anni fa era conosciuta come Havas. Houghton Mifflin, il gioiello dell’editoria americana acquisito da Jean-Marie Messier (il turbolento e incauto ex super manager a capo di Vivendi) come testa di ponte per lo sbarco in America è stato il primo asset a essere ceduto (gennaio 2003). Ora, licenziato Messier, è nelle mani di una banca d’affari statunitense. Per le numerose sigle che Lagardère dovrà cedere pur di non trovarsi in una posizione dominante del mercato sono pronti numerosi pretendenti tra i quali, pare, anche RCS Media Group, che già controlla Flammarion. Il feuilleton continua.
Bertelsmann, sotto la nuova direzione di Giinter Thielen, voluta dalla proprietà, la famiglia Mohn, ha venduto le proprie partecipazioni in AOL Europe e in Barnesandnobles.com, retailer on line (in perdita) della più grande catena libraria del mondo. Ceduto ai concorrenti Holtzbrinck e Weltbild (già proprietari del retailer on line Booxtra) anche Boi Netherland, ovvero ciò che rimane di BOL.com, lo strumento con cui Thomas Middelhoff (l’ex CEO che voleva a tutti i costi andare in Borsa) pretendeva di diventare il re mondiale del commercio elettronico, facendo fuori persino Amazon. Il gigante di Gùtersloh si è poi liberato di BertelsmannSpringer, la prima casa editrice tedesca, ceduta (per 1,05 miliardi di euro) alle banche d’affari Cinven e Candover che l’hanno prontamente fusa con KAP, il ramo scientifico di Wolters Kluwer, comprato per 600 milioni di euro nel 2002. Poi Bertelsmann ha acquisito per 100 milioni di euro da Axel Springer, sull’orlo della bancarotta, il gruppo Ullstein Heyne List (UHL). Ma anche in questo caso il fulmine dell’antitrust tedesco ha individuato una posizione dominante nel settore dei tascabili. Bertelsmann ha quindi ceduto tutto, eccetto Heyne, al gruppo editoriale Bonnier. Questo gruppo svedese era già proprietario di Carlsen, la casa editrice di Harry Potter in Germania, che lo scorso novembre è uscita con una prima tiratura record dell’On/zTze della Fenice di oltre due milioni di copie. Ironia della sorte, in un mercato boccheggiante, il bestseller dell’anno ha portato redditività in tasche straniere. Ma ancora l’antitrust non ha dato il suo ok, perché proprio Heyne è leader nei tascabili e ora la quota di Bertelsmann nel settore è al limite.
Continua però l’impegno per ripianare i debiti e riposizionare il business dopo anni di espansione: il nuovissimo grattacielo di Random House a New York è stato messo in vendita e a novembre BMG, il ramo musicale di Bertelsmann, si è fuso con Sony Music.
Tra gli altri mogul dei media, Time Warner voleva vendere Warner Books, ma poi ci ha ripensato; Viacom voleva fare lo stesso con Simon & Schuster, ma non ha trovato un compratore. News Corp. (quella di Murdoch, quella che ha comprato Telepiù) ha ristrutturato HarperCollins in varie divisioni più piccole.
Per le corporation la parola d’ordine è indietro tutta, tornare ai propri business, i più complementari possibili, vietato parlare di sinergie: non esistono, non c’è modo – almeno per adesso – di renderle tali (vedi questa stessa rubrica in Tirature ’03).
Se guardiamo alla recente storia di Vivendi, di Bertelsmann, del gruppo Lagardère, i progetti più ambiziosi nel campo dei media sono strettamente legati al talento di singoli personaggi. E alla loro sconfinata ambizione che si nutre di gigantismo e di Borsa, di capacità di fornire valore agli azionisti e di essere presenti in tutti i settori, in tutti i mercati. Il modello di corporation a “basso rischio” che si concentra sulla gestione di prodotti di successo e sullo sviluppo di prodotti similari, non porta all’allargamento dei confini dell’impero, ma funziona. Il libro, dal canto suo, è un business troppo povero, e il circolo virtuoso con televisione, cinema, musica un’operazione giudicata troppo onerosa per i risultati che può produrre. E possibile che l’integrazione orizzontale possa essere richiesta dalla convergenza tecnologica (film, musica, banda larga/Internet, ad esempio) dalla quale, però, il libro è giocoforza escluso, anche nella sua versione elettronica. Il libro digitale (o digitalizzato) non è però dato per morto: personaggi come Jason Epstein (alfiere dell’editoria-diuna-volta e oggi sostenitore del print on demand) insieme a Jane Friedman (CEO di HarperCollins, USA) credono fermamente in un suo futuro. Ma è un futuro ancora relativamente lontano, tanto che Barnes&Noble ha smesso di vendere e-book sul proprio sito di e-commerce e ceduto le attività di print on demand. Le vere innovazioni, invece, arrivano quasi sempre da nuove imprese, nuovi progetti. Un esempio per tutti viene dalla Francia, dal modello di casa editrice inventato da Bernard Fixot (che aveva creato un’omonima sigla nel gruppo Vivendi) per la sigla indipendente xo. Nata nel 2000 (proprietà 75% Bernard Fixot), XO si propone con un modello di business che si può così riassumere: non più di 15 titoli l’anno (narrativa e saggistica di qualità ma di largo consumo); autori francesi; aggressiva politica di vendita dei diritti all’estero, massimo investimento in marketing, promozione, ufficio stampa; poco personale e alta circolazione delle informazioni tra i vari uffici; prima tiratura alta (media di X(), 94 000 copie; media nazionale del settore, 10 500 copie) e quindi distribuzione capillare. I risultati si commentano da soli. Nei primi tre anni ha pubblicato 34 titoli; il 91% (31 titoli) è entrato in classifica, il 65% è stato venduto all’estero. Nel 2002, 13 dei 15 titoli pubblicati (tra i quali 11 romanzi, 7 di autori esordienti) hanno fatto guadagnare a XO la seconda quota di mercato (10,3%, pari a 926 000 copie, dopo Albin Michel con il 17,8%) relativa ai primi 100 titoli bestseller e la seconda quota di mercato tra i primi 64 titoli di narrativa, ottenuta con 9 titoli, solo con autori francesi (640 000 copie complessive). Nella non fiction, XO ha ottenuto la terza quota di mercato tra i primi 36 bestseller: 329 370 copie con 4 titoli, pari al 9,4% (Fonte: IPSOS). Dal 2003 gli si è affiancata la nuova sigla !()H, dedicata agli instant book e alla manualistica, con ottimi risultati. Plasmato sulle dinamiche del mercato (ma con Christian Jacq autore di punta, e i contatti e l’esperienza pluridecennale di Fixot) XO e !oil esprimono al meglio un progetto orientato sulle dinamiche di vendita, forte di una struttura snella che tiene conto a tutti i suoi livelli degli obiettivi del marketing. Gente che cammina veloce, al passo coi tempi. Ci si chiede solo quanti dei loro autori, da Christian Jacq a Mireille Calmel, entreranno nella storia della letteratura. Quanti di loro “faranno catalogo”. Ma questa è un’altra storia.
L’editoria italiana è inciampata nell’edicola
«Il mondo è cambiato velocemente e, sia pure con l’inerzia sua tipica, anche l’editoria di libri ne sta subendo gli effetti. Ora più che mai si ha l’impressione che star fermi sia suicida», ha scritto recentemente Massimo Turchetta – direttore dei Libri Mondadori – sulla newsletter aziendale Mercurio (ottobre 2003). Quest’anno, le questioni sul tavolo sono fondamentalmente tre: i libri in edicola, la razionalizzazione del sistema distributivo (e quindi anche l’appeal delle librerie e le tecniche di vendita), una legislazione sul commercio librario (sia a livello fiscale sia a livello normativo) che sia espressione di una cultura nazionale e di una cultura del mestiere. Su questi temi, l’editoria italiana rimbalza proprio tra “l’inerzia sua tipica” e il movimento, talvolta coniugando paradossalmente l’una e l’altro.
I libri abbinati a quotidiani e periodici, da una certa prospettiva, ne sono la prova più evidente. Sono un’operazione commerciale o culturale? Danno più visibilità all’autore o lo penalizzano sulla lunga distanza? Erodono la quota dei tascabili, dai quali «l’editore trae la remunerazione del lavoro e del rischio sopportati nella proposta del nuovo», come ha detto Stefano Mauri? Sono vendite di catalogo «quelle che veramente tengono in piedi il sistema libro, dall’editore al libraio» come ha ribadito Gian Arturo Ferrari, o sono vendite aggiuntive? Gli editori di giornali ci guadagnano molto più degli editori di libri, e speculano sull’investimento in ricerca fatto per costruire i cataloghi editoriali?
Questioni di lana caprina. Vendere libri, comunque lo si faccia, è sempre un’operazione sia culturale sia commerciale. Gli autori (vivi o morti che siano) hanno sicuramente una maggiore visibilità: chi può garantirgli centinaia di migliaia di copie diffuse in 35 000 punti vendita? Certo, l’edicola erode una quota dei tascabili: se ci fossero dei dubbi, li ha subito chiariti Ferrari stesso, dati alla mano (seminario Aie sulla distribuzione, 23 gennaio 2003). E che i tascabili abbiano una redditività maggiore delle novità (hardcover o trade poco importa) ne siamo tutti consapevoli. La novità è gravata di tutti i costi che il tascabile non ha: anticipi, ricerca, traduzione, prova del mercato. Certo che le promozioni con i giornali hanno un impatto sulle vendite in libreria e sulla percezione che il lettore ha del prezzo. Come potrebbe essere altrimenti, con decine di milioni di libri, rilegati, di qualità, alla metà del prezzo medio di un paperback? Gli editori di giornali ci guadagnano? Senz’altro. Molto. Basta vedere gli utili del Gruppo l’Espresso: ha chiuso il 2002 con un netto di 46,1 milioni di euro, contro 1,1 milione di euro dell’anno precedente. Saranno mica utili che si fanno mettendo in ordine la scrivania, tagliando i costi in po’ qui e un po’ là.
Forse c’è chi pensa che gli editori siano stati prima con il dito nel naso, amleticamente inerti e poi, illuminati da chissà cosa, abbiano fulmineamente deciso. Chi si ferma è perduto: meglio l’uovo oggi.
Le questioni sono altre. Gli editori hanno già deciso, perché adesso gli conviene. In seguito si vedrà se e come chiudere il rubinetto. Tutto questo can can – serissimo peraltro – non sarebbe successo (così come non succede in Francia, in Germania, nel Regno Unito) se il paese e il suo sistema editoriale fossero stati in grado di esprimere una moderna cultura del libro, plasmata sulle specifiche caratteristiche dei nostri lettori-consumatori. Cosa vuol dire? Che il successo dei libri in edicola è testimone di un bisogno che non è stato soddisfatto prima, in altro modo, in altri canali. Perché d’accordo che si legge poco, ma non abbiamo ancora biblioteche di classe (cene siamo dimenticati?), le librerie incutono soggezione ai lettori deboli (meno male che iniziano a esserci i superstore), il deficit del nostro sistema distributivo crea mancate vendite, costi esorbitanti aggiuntivi e quindi poco investimento in tecnologia, in marketing del punto vendita, in indagini mirate e attendibili (costano, sì) sui comportamenti di acquisto, in una maggiore cura per copertine e quarte: la confezione del prodotto-libro.
Ciò che dà valore al libro si trova al crocevia tra gli strumenti culturali del lettore, la possibilità di soddisfare richieste specifiche (un servizio al cliente), una legislazione adeguata e non “importata” da un contesto culturale (ad esempio quello francese o tedesco) storicamente più ricco e articolato, ma che non è il nostro. In Francia c’è il prezzo fisso, i libri in abbinamento ai giornali li hanno praticamente vietati d’ufficio, e nessuno ha fatto un plissé. Non è per una questione culturale? Dunque, che c’entra con i nostri consumatori, con il nostro sistema editoriale la legge Laing? Non ci si dovrebbe concentrare piuttosto che sul margine di sconto, su un sistema distributivo che funzioni decentemente? Sul servizio al cliente, sulle manifestazioni culturali, su punti vendita accoglienti? Il 45% delle persone che entrano in libreria è composto da clienti che decidono il loro acquisto all’interno del negozio (Ricerca Demoskopea per Aie, 2003). Questi sono i dati sui quali pensare. Ancora, cosa ci sta dicendo veramente il successo dei festival? Che c’è un pubblico supermotivato, disposto a impegnare soldi e tempo, per qualcosa costruito sui libri. E allora perché, con 6 milioni di forti lettori, non abbiamo una sola rivista letteraria viva, briosa, che faccia circolare le idee? Sarebbe bene fare in fretta, iniziare a soddisfare questi bisogni, anche in libreria, nei superstore, in grande distribuzione, nelle biblioteche. Servire il cliente lettore, il cliente libraio, il cliente editore, il cliente bibliotecario.
Restiamo sui servizi professionali. Forse non è un caso che il sistema di teleordering si chiami Arianna: la sua diffusione ha dei tempi mitologici, se ne parla da più di dieci anni ed è ancora a un quarto delle sue potenzialità. Quando Alessandro Baldeschi ha proposto un sistema di razionalizzazione delle rese (Bookshop, maggio 2003) da integrare con Arianna, logico, funzionale, già conosciuto, sperimentato dal 1999 e diffuso da un paio d’anni nel Regno Unito (Bic Returns Project), editori, librai e distributori gli hanno risposto «sì, ma, però, i grandi editori, gli invii d’ufficio…» (Bookshop, agosto-settembre, ottobre). Ancora troppi librai (e troppi editori) sono semianalfabeti informatici, sparagnini sugli investimenti in sistemi gestionali, intimoriti dall’ipotesi degli invii di ufficio, sospettosi che qualcuno possa violare i segreti della propria azienda con una diavoleria che si chiama telematica. Giuseppe Antonini («Giornale della libreria», marzo 2003) ha sottolineato come le edicole «potrebbero rappresentare l’inizio di una rivoluzione strutturale del mercato del libro che potrebbe avere connotazioni positive, ma forse soprattutto negative». Nel 1996 gli Stati Uniti – dove le edicole praticamente non esistono – avevano circa 6 300 punti di vendita; cinque anni dopo, il 40% (due catene e 1 500 librerie indipendenti) aveva chiuso. Forse il caso edicola è solo un nuovo, italianissimo capitolo di una rivoluzione già iniziata.
Mercati internazionali 2003
Germania: il secondo mercato occidentale – 9,2 miliardi di euro il fatturato complessivo, 8,63 miliardi di euro le vendite nel 2002 (Bòrsenverein, «Buch und Buchhandel in Zahlen 2003») – ha registrato una flessione del 4,9% tra gennaio e agosto 2003, dopo un 2002 andato ancora peggio. Gli economisti si aspettano una tiepida ripresa, ma DieterSchormann, presidente del Bòrsenverein, ha dichiarato all’ultima Buchmesse che «meno del 21% dei librai si aspetta uno sviluppo delle vendite, mentre il 27% è convinto di una secca flessione e il 52% prevede uno sviluppo mediocre per il 2004». La Germania ha un indice di lettura tra i più alti in Europa: il 16% degli abitanti legge tutti i giorni; il 50% almeno una volta alla settimana; il 55% ha comprato almeno un libro nell’ultimo anno. Ma non basta.
Francia. Né le librerie né le case editrici francesi si aspettano un 2003 positivo – valore del mercato 5,56 miliardi di euro (Livres Hebdo/Electre) – o, quantomeno, non più in linea con la crescita degli anni scorsi. Il 2000 aveva infatti registrato un ottimo +5,5%, il 2001 era sceso al +3%. Aveva tenuto anche il 2002 con una crescita del 2,5%, ma oggi molti metterebbero la firma per una “progression” dell’1,5% o addirittura dell ’ 1 %. Insomma, il 2003 potrebbe essere andato anche peggio.
Anche la Spagna ha frenato bruscamente, dopo anni di veloce ripresa. Il «mercado interior» è fermo a 2,6 miliardi di euro (Comercio Interior del Libro en Espana 2001, settembre 2003), con una possibile flessione dell’1,5% per il 2002. Le esportazioni, oltre 300 milioni di euro stimati per il 2002 (Federación Espanola de Càmeras del Libro), si sono dimezzate rispetto ai tre anni precedenti, diretta conseguenza della caduta del mercato americano, ma soprattutto di quello messicano, argentino e degli altri paesi del Centro e Sudamerica.
Mercato “fiat” nel Regno Unito, circa 6 miliardi di euro (4,46 miliardi di sterline) nel 2002, sia nel mercato interno, 3,24 miliardi di sterline (crescita pressoché zero a valore sul 2001, un’indicativa progressione del 7% a copie), sia nelle esportazioni, 1,22 miliardi di sterline, che hanno guadagnato in Europa ma perso in America e Asia (Office for National Statistics/HM Customs&Excise).
Molto contraddittori i dati sul più grande mercato librario del mondo, quello statunitense. Per l’AAP (Association of American Publishers) il 2002 si è chiuso a circa 26,85 miliardi di dollari di vendite nette (+5,5% sul 2001), ma per l’iPSOS il mercato è rimasto “fiat”. Diversamente dal mercato inglese, nel periodo 1996-2001 il mercato «consumer» dei libri in USA è cresciuto del 16%, ma la quantità dei libri venduti è scesa del 6% («Publishers Weekly»). Altre indagini sono nettamente più ottimistiche: l’Ewrowowz/or Books&Publishing Report 2003 valuta il mercato complessivo USA 2002 in circa 35 miliardi di dollari, mentre il BuoZ? Industry Trends 2003 realizzato dal Book Industry Study Cìroup (sulla base dei dati forniti dall’American Association of Publishers, dall’AAlJP e dal Dipartimento del Commercio) assegna al trend per il primo semestre 2003 +8,8% nel trade e +11,7% nel mass market, e una previsione per il secondo semestre di una crescita lenta a valore, e una situazione “fiat” a volume.
Il Giappone pare abbia finalmente ritrovato, dopo cinque anni di flessione costante, una progressione dell’ 1 % nel 2002 (grazie anche alla ripresa della fiction), in un mercato stimato circa 7,9 miliardi di dollari («Publishers Weekly», 2003).
Infine i mercati del Far East – Cina, Corea e Hong Kong al primo posto – sono visti dall’editoria statunitense, inglese, tedesca e giapponese (in modo non molto giustificato) come un possibile Eldorado. Interessa soprattutto il mercato per ragazzi, cresciuto in Cina del 360% dal 1994 al 1999 (certo, con una simile progressione, bisognerebbe capire se è partito da zero o cosa). Il mercato librario cinese, con “solo” 77 000 tra librerie e punti vendita non meglio definiti, è in piena espansione: la stima è di circa 5,2 miliardi di dollari, l’8% dei titoli sono importati («The Bookseller», 2003), ma con un tasso di crescita del 10% nel 2001, coerente con un PIL che galoppa tra il 9% e l’11 % annuo. A dispetto del 104° posto nella classifica mondiale relativa all’indice di sviluppo. Il mercato librario di Hong Kong vale solo 600 milioni di dollari («The Bookseller», 2003); la Corea, ospite d’onore alla Buchmesse del 2005, ha non pochi problemi (chiusura di librerie, bassa redditività editoriale), ma il suo mercato è stimato tra gli 800 e i 900 milioni di dollari («Publishers Weekly», 2001). In tutto, 7 miliardi di dollari. Il Far East è ancora un mercato poco controllabile sia per una diffusa “pirateria” sul copyright (lo scorso giugno sono spuntate varie traduzioni illegali e addirittura vere e proprie riscritture che plagiavano Harry Potter, ma è niente rispetto alla dilagante traduzione abusiva dei libri tecnico-scientifici), sia per le barriere linguistiche e culturali, permeabili soprattutto a manualistica e scolastica.
Indagini sulla lettura 2003
Il 53,2% degli italiani tra i 14 e i 79 anni (47,4 milioni) non è in grado o non ama leggere libri. Perché? Secondo l’indagine Leggere con leggerezza (ottobre 2003) commissionata da Harlequin Mondadori ad Astra/Demoskopea, 9,8 milioni di adulti (22%) «non ce la fanno a leggere in quanto analfabeti o semianalfabeti, oppure in grado di compitare testi brevi ma non di affrontare un testo relativamente lungo e complesso, o ancora in quanto impossibilitati a farlo per motivi di reddito». E la fotografia di un’Italia marginale, tardo-adulta e senile (55-79enne), senza alcun titolo di studio o al massimo con la licenza elementare, residente al Sud, in Lazio e nei comuni sotto i 30mila abitanti. Dovremmo sperare nelle generazioni successive? Solo in parte. 6,2 milioni di adulti (un quarto dei non lettori, il 13% della popolazione) «avrebbe capacità di leggere, ma si rifiuta e anzi teorizza tale rifiuto»: sono per lo più maschi scolarizzati, con meno di 45 anni, in particolare 18-34enni residenti al Sud, in Lazio, in Friuli-Venezia Giulia e in Veneto. Poi ci sono i «non ho tempo»: 8,7 milioni ( 18%), prevalentemente donne tra 25 e 44 anni, diplomate, lettrici di quotidiani e periodici, residenti nel Centro-Nord e nei comuni oltre i 100 000 abitanti; il potenziale consumatore più appetibile per l’industria libraria è «strozzato da una nuova povertà: non di reddito ma di tempo». Per far quadrare i conti dobbiamo aggiungere anche mezzo milione di italiani impossibilitati a leggere per motivi vari (fra questi, i ciechi che non leggono in braille, ecc.). Restano 22,2 milioni di adulti (47%): un mondo di lettori variegato, con alta scolarizzazione, con una forte percentuale di 25-54enni residenti nel Nord-Est e in Lombardia. Di questi, i «forti lettori» sono 6,2 milioni (meno del 13%), accompagnati da altri 16 milioni che Astra/Demoskopea definisce «lettori part-time» al cui interno troviamo un forte nucleo di donne, di 18-44enni, diplomati, studenti, residenti in comuni tra 30 000 e 250 000 abitanti.
Un’altra indagine, ampia e articolata, Lettura al femminile tra domanda e offerta (Aie/Fondazione Rosselli per il progetto Lib(e)ra, a cura di Laura Novati, Giovanni Peresson, dicembre 2002), ha messo sotto la lente le specificità di lettura, di acquisto e di scrittura dell’universo femminile. Fatto cento i lettori intervistati, «persone che hanno comunque un rapporto stabile e strutturato con il libro e la lettura», la biblioteca domestica del 51,7% di loro non arriva a 100 titoli e solo il 12,9% ne hanno una con oltre 500 volumi. Questo dato si sovrappone perfettamente con la stima dei «lettori forti» fatta da Astra/Demoskopea (meno del 13%). Per quanto riguarda i comportamenti di acquisto femminili relativi ai vari canali, troviamo una segmentazione simile a quella espressa dalla popolazione in generale, ma il pubblico femminile (che ha il compito di «fare la spesa») è certamente più assiduo nella visita ai banchi della GDO: il 65,3% dichiara di servirsene una o più volte alla settimana, contro il 40,2% degli uomini. Lo stesso dicasi per le visite in libreria: 1 o più volte la settimana: 11,5% donne, 10,6% uomini; 2-3 volte al mese: 30,5% donne, 23,9% uomini. Si consiglia una lettura completa dell’indagine, dalla quale emergono molti altri dati interessanti.
Anche Mondadori ha condotto una propria Ricerca sugli acquirenti di libri in Italia (Direzione Ricerche e Analisi di Mercato, Mondadori, giugno 2003) secondo la quale un italiano su dieci è stato coinvolto dall’acquisto di libri allegati a quotidiani e periodici; un acquirente di libri su tre dichiara di aver acquistato almeno un libro in allegato negli ultimi dodici mesi (mediamente cinque libri). Secondo la ricerca «questo fenomeno sembra aver allargato il bacino di acquirenti di circa 1 milione di persone, costituite da lettori precedentemente acquirenti di libri nei canali tradizionali. In termini di volumi venduti, il mercato è aumentato di circa il 50%». Il prezzo basso costituisce la principale leva di acquisto anche perché, più in generale, «il prezzo dei libri è considerato decisamente elevato da oltre due terzi degli acquirenti». Inoltre, sei acquirenti su dieci acquistano libri «d’impulso» (in assoluto o in aggiunta ad acquisti programmati).
Alti e bassi editoriali
La rubrica vuole fornire una panoramica dell’attività dei grandi gruppi e di una selezione fra gli editori che si sono distinti per crescita o iniziative particolari. La fonte dei dati commerciali è indicata al piede di ogni paragrafo. I dati fomiti dalle case editrici, relativi al 2003, sono da intendersi come previsionali per quanto riguarda il fatturato. L’Autore, consapevole della disomogeneità delle fonti cui ha fatto ricorso, si rende disponibile a eventuali rettifiche o integrazioni. Alti e bassi editoriali è stato chiuso il 7 novembre 2003.
GRUPPO BALDINI CASTOLDI DALAI. Il Gruppo Baldini & Castoldi del quale fanno parte Zelig e La Tartaruga cambia denominazione a maggio diventando Baldini Castoldi Dalai editore Spa. L’esercizio 2002 si è chiuso con un utile ante imposte di 176 956 euro. I soci hanno deciso di consolidare la struttura patrimoniale con un aumento di capitale pari a 246 000 euro. La situazione di bilancio al 30 maggio 2003 prevedeva un incremento del fatturato del 40% su base annua (la previsione di fatturato consolidato 2002, dichiarata per ’Tirature ’03, era pari a poco più di 18 milioni di euro) e una previsione di incremento del fatturato al 31 dicembre 2003 superiore al 50%. Intensa l’attività su Internet. Oltre a proseguire nella fornitura di contenuti al portale www.enel.it, il gruppo registra una buona performance di «Portalinus.it», un portale che raccoglie 4 siti dedicati, rispettivamente, al teatro (35 000 visitatori/mese), alla moda (20 000 visitatori/mese), alla musica rock (35 000 visitatori/mese) e al cinema (20 000 visitatori/mese). Tra i bestseller, Io uccido di Giorgio Faletti.
Fonte: Baldini Castoldi Dalai.
GRUPPO DE AGOSTINI. Due anni dopo aver festeggiato i 100 anni di attività, De Agostini prosegue nell’operazione di diversificazione delle attività finanziarie il cui motore è stato l’utile netto realizzato nel 2000 (3 430 miliardi di lire), derivato in gran parte dalla cessione della partecipazione in Seat Pagine Gialle.
Tra le numerose operazioni, tre le principali del 2003. L’acquisizione di Toro Assicurazioni (3 000 dipendenti, 1 500 agenti, terzo gruppo assicurativo italiano), perfezionata a luglio con il pagamento al Gruppo Fiat di 2 378 milioni di euro e con il trasferimento delle azioni a Ronda Spa, società interamente controllata dal Gruppo De Agostini. A sostegno dell’operazione è stata aperta una linea di credito di 1,625 miliardi di euro, durata massima di quattro anni, con Banca Intesa, Unicredit Banca d’impresa, Banca Popolare Commercio e Industria e con le banche del Gruppo Banco Popolare di Verona e Novara (luglio 2003). L’acquisizione, in tandem con il gruppo Pianeta, del 25,1% del gruppo televisivo spagnolo Antena 3 per un valore di 364 milioni di euro. Il Gruppo Pianeta e il Gruppo De Agostini, controllando una quota pari al 25,1 % (ceduta da Telefonica che deteneva circa il 59%, in seguito alle nuove leggi antitrust spagnole), sono quindi i nuovi azionisti di riferimento di Antena 3 che, tra l’altro, è proprietaria di Onda Cero, una delle più forti catene di radio in Spagna. A novembre la partecipazione in Antena 3 è salita al 30,52%. Infine, l’acquisizione per 210 milioni di euro del 10,87% di Eutelsat, società statunitense di servizi satellitari di Deutsche Telekom.
I risultati d’esercizio 2002 sono fortemente influenzati dalle acquisizioni effettuate nel corso del 2002. Il consolidamento di Lottomatica ha infatti determinato un sostanziale mutamento del perimetro rispetto al 2001, rendendo non confrontabili i due esercizi. I ricavi netti consolidati si attestano a 2,210 miliardi di euro, mentre il MOL è pari a oltre 249 milioni di euro. L’utile operativo consolidato conseguito è di 26 milioni di euro, e include ammortamenti di avviamento e di differenza da consolidamento per 93 milioni di euro, a seguito delle operazioni del 2002. L’utile netto consolidato si attesta a 8,6 milioni di euro dopo aver stanziato ammortamenti per 223 milioni di euro di cui 74 milioni su avviamenti da acquisizioni e imposte per 6,8 milioni di euro. La posizione finanziaria consolidata è positiva per 124 milioni di euro, a fronte di un capitale netto investito di 1,985 miliardi di euro. Infine, il patrimonio netto ammonta a 2,110 miliardi di euro. Nel settore editoriale il gruppo ha portato al 99,3% la quota di controllo del capitale di UTET, acquisita per il 78,4% nel luglio 2002; nel maggio 2003 ha avuto il via libera dalla Commissione europea per la costituzione di una joint venture tra RCS Diffusione e Deadis (Gruppo De Agostini e Hachette Rusconi) attiva nei servizi e nella distribuzione nel canale edicola, di prodotti editoriali e non. L’accordo prevede che la nuova società sia partecipata da RCS per il 45%, da Istituto Geografico De Agostini per il 45% e da Hachette Rusconi per il 10%.
Questi i fatturati editoriali 2002. Collezionabile: 540 milioni di euro; Direct Marketing: 315 milioni di euro; Professionale: 115 milioni di euro; Grandi Opere Rateali: 110 milioni di euro; Libri, Scuola e Cartografia: 100 milioni di euro. Nel 2003 due anniversari importanti: i cento anni del Calendario Atlante De Agostini e il quarantennale delle Leggi d’Italia, una colonna nelle opere di consultazione dell’editoria giurisprudenziale. A questi si aggiungono l’abbinamento con «Repubblica» dell’enciclopedia UTET e il varo della nuova collana «Glossari illustrati».
De Agostini continua a dimostrare una ferma coerenza negli investimenti e nello sviluppo delle attività. Editoria, Lottomatica, Toro Assicurazioni, Antena 3, Eutelsat sono tutte, ognuna a suo modo, anche reti distributive, ovvero il filo rosso che è alla base della cultura aziendale. Se aggiungiamo alle attività principali altre legate a partecipazioni finanziarie verso attività ad alti potenziali di crescita e innovazione, De Agostini ha uno dei portafogli più diversificati e probabilmente tra i più sicuri dell’industria italiana. Nella classifica di Mediobanca 2002 balza dalla 81esima alla 44esima posizione (e ne dovrebbe guadagnare altre nel 2003). Non a caso, con 192 milioni di euro, i Drago-Boroli sono al secondo posto della classifica elaborata da Milano Finanza sui proventi complessivi incamerati dalle famiglie che capitalizzano di più in Borsa: preceduti per soli due milioni di euro da Berlusconi (Mediaset, Mediolanum, Mondadori).
Fonti: De Agostini, Dow Jones Newswires, Mediobanca, «Il Sole-24 Ore», «Milano Finanza», «Corriere della Sera», «Giornale della libreria».
E/O. La casa editrice romana cresce sicura, anno dopo anno, pur senza avere bestseller eclatanti. Il 2002 si è chiuso meglio del previsto, a 2,3 milioni di euro; il 2003 dovrebbe essersi chiuso intorno ai 2,7 milioni di euro ( + 15%), con rese comprese tra il 25 e il 27%. Se e/o non ha ancora avuto la fortuna di incontrare il suo Camilleri, riesce comunque a proporre, tra le 40 novità annue, 2 o 3 titoli che tirano la volata a tutti gli altri: Amabili resti di Alice Sebold ha venduto oltre 60 000 copie, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano di Eric-Emmanuel Schmitt 20 000 copie; si muovono bene i titoli di Pedro Gutiérrez, di Etgar Keret e autori di nicchia come l’africano Abasse Ndione. Tra gli autori della front list è importante sottolineare la crescita di Massimo Carlotto (nuovo romanzo in uscita a febbraio, ottime le vendite degli otto titoli in tascabile), l’unico non anglosassone inserito nei cinque titoli di esordio della nuova collana «New Blood di Orion», e del quale II Fuggiasco è recentemente diventato un film di Andrea Manni. Infine, migliora la performance dei tascabili, sempre più utili nell’economia della casa editrice, e si amplia la presenza nella grande distribuzione. Nascono due nuove collane, una per ragazzi, l’altra di biografie con taglio narrativo.
Fonte: Edizioni e/o.
FAZI. Baciato dai Cento colpi di spazzola di Melissa P. (500 000 copie circa vendute, il 30% in GDO) il fatturato di Fazi sale dai 3 milioni di euro del 2002 (10% in GDO) ai 7-7,5 previsti per il 2003 (20-25% in GDO). La casa editrice romana si espande a 360 gradi: acquisisce la sigla Arcana, trasforma in imprint la collana «Lain», passa dalle 58 novità e 15 tascabili del 2003 a un programma che prevede per l’anno in corso 65-70 novità per la sigla Fazi, 8 per «Lain», 30 tascabili di fiction e 20 di non fiction (con una nuova collana). La saggistica è quella che riceverà maggiore impulso: 15 titoli nel 2002, 26 nel 2003, 35 nel 2004. Maggiore apertura alla saggistica accademica in varie serie, quelle che nel 2003 hanno accolto Gore Vidal, Krippendorff, Nozick, e spazio agli esordienti. Costante l’attenzione per la narrativa, sia italiana sia straniera. Tra i titoli forti dell’anno passato, Carmel di Gwendoline Riley, Quello che rimane di Paula Fox (25 000 copie), Il frutto della passione di Karel Glastra Van Loon (3 edizioni), L’Europa che verrà di Gianfranco Fini (prenotato a ottobre in 30 000 copie), Il libro nero degli Stati Uniti di William Blum (per la serie «Libri neri» che proseguirà quest’anno). Fazi cerca la massima trasversalità, tentando di centrare l’incrocio ottimale tra caratteristiche del prodotto, prezzo, canale di vendita. Questa strategia sembra premiarlo, fidelizzando il pubblico e dandogli anche una crescente allure su vari segmenti, dall’instant book ai libri di tendenza, alla saggistica alta. Non è certo una politica editoriale da passista e, nonostante un ammirevole aumento del fatturato, le sue vendite migliori non sono generalmente legate ad autori che stanno facendo catalogo. Del resto, per crescere velocemente c’è bisogno di una certa quota di rischio: ma è un rischio relativo, protetto com’è da un’ottima direzione editoriale, da una rete di contatti “importanti”, da un ufficio stampa e comunicazione efficace e frizzante.
Fonte: Fazi Editore.
FELTRINELLI-LIBRERIE FELTRINELLI-KOWALSKI. Con un fatturato 2002 a 42 milioni di euro (+7,5%) e un 2003 a 46 milioni di euro (+10%) Feltrinelli sta amministrando molto bene una crescita solida e progressiva. Nel 2002 è stata senz’altro una star, con un sensibile avanzamento nelle quote di mercato. Posizione che replica nel 2003 ed alla quale si aggiunge la forte partecipazione nella neonata Kowalski (40%). Nel 2003 ha potuto contare su ottimi risultati dei numerosi autori di punta come Allende, Benni, De Luca, Pennac e delle proposte di “varia” su giardinaggio con Paolo Pejrone e di cucina con Allan Bay; sul rilancio dei titoli di Kurt Vonnegut, del quale ha tutta la back list, sul libro di Madonna (30 000 copie), sul buon posizionamento delle collane di saggistica (serie bianca con Alex Zanotelli, Giorgio Bocca e Foa-Ginzburg in particolare); infine su una buona annata della «Universale Economica» e sui risultati delle promozioni collegate.
Kowalski, nata nell’estate del 2002 da Gino e Michele, Feltrinelli, Gut Edizioni (Smemoranda) e Bananas (società al timone di Zelig), esordisce a novembre 2002 con un programma centrato, va da sé, sui comici. Il successo è immediato: Barbera, Migone, Pali e Dispari, Braida, Batta, Cevoli, Ficarra e Picone arrivano rapidamente a vendite comprese tra le 50 000 e le 370 000 copie a titolo. Lo scorso settembre già si festeggia il milione di copie vendute con 13 titoli in catalogo. Kowalski è l’unica antagonista di Mondadori in questo settore, almeno finché dura il successo dei comici. Infatti, nei programmi della casa editrice ci potranno essere anche musica e saggistica, titoli sul sociale e sulla solidarietà.
Le Librerie Feltrinelli si avvicinano a quota 100, divise in differenti format, da Feltrinelli Libri e Musica ai Village dei centri commerciali, dalle classiche librerie alle International. Tendono a ridursi le librerie di dimensioni medio piccole e crescono quelle comprese tra i 1 200 e i 1 800 mq. Fra le novità recenti, a Roma è stata completamente ristrutturata e ampliata Torre Argentina, chiusa la ex Rizzoli di Largo Chigi, la libreria di via Tomacelli, aperta una libreria nel nuovo centro commerciale della galleria Colonna, aperto un megastore a Bari (in sostituzione della vecchia Feltrinelli e del negozio Ricordi) e inaugurato un Village nel centro commerciale aperto nella ex Barilla a Parma. Nel 2003 la catena ha fatturato 300 milioni di euro ( + 16%), sta investendo molto in pubblicità e promozione e ha circa 1 400 dipendenti. Lo sforzo finanziario per il programma di sviluppo (obiettivo: 16 nuovi punti vendita nel triennio 2003-2005, 30% della quota di mercato nei libri e 25% nei dischi) si appoggia a un finanziamento di 50 milioni di euro erogato lo scorso settembre da un pool di banche coordinate da BNL.
Fonti: Feltrinelli Editore, Librerie Feltrinelli, Kowalski editore, BNL.
GRUPPO GIUNTI. 20 società tra editoria, librerie, new media, servizi e impianti di stampa, 700 dipendenti, 7 reti di vendita, fatturato 2002 a 180 milioni di euro (+13%). L’anno scorso il Gruppo Giunti avvia il completo restyling delle librerie Demetra e ribattezza la catena «Giunti al Punto»: 87 librerie tra i 150 mq e i 500 mq, delle quali 2 in franchising, alle quali si aggiungono 90 corner nei negozi di giocattoli della catena Toy’s. Obiettivi, la creazione di altre 13 librerie in franchising, prevalentemente nel CentroSud e, nell’editoria libraria, uno sviluppo della narrativa.
Fonte: Prima Comunicazione, Bookshop.
LONGANESI-GARZANTI-SALANI-TEA. Il gruppo (Longanesi, Garzanti Libri, Guanda, Corbaccio, Salani, Ponte alle Grazie, TEA, Nord, Vallardi compreso l’imprint Rough Guide, la joint venture dei «Superpocket») ha chiuso il 2002 con 110 milioni di euro di fatturato consolidato (utile di 5 milioni) e si attende per il 2003 un risultato analogo.
Anno di intenso lavoro per Stefano Mauri, già responsabile del gruppo Longanesi e di Vallardi nonché, dal settembre 2002, di Garzanti Libri. Una galassia di sigle dalla direzione editoriale indipendente che sotto il denominatore comune del controllo societario da parte di Messaggerie Italiane e della direzione di Mauri costituisce il terzo editore in Italia nella varia. L’operazione principale è il risanamento di Garzanti Libri: Andrea Piccioli si ritira e lo scorso gennaio Mauri chiama alla direzione generale Renzo Guidieri, proveniente da UTET Diffusione e già partecipe dello sviluppo di TEA (1991-1995) e del risanamento di Vallardi (1996-1998). A Guidieri va anche l’incarico di amministratore delegato di Vallardi, a Mauri la presidenza. Cambia anche l’organizzazione interna del lavoro e dell’attività editoriale allo scopo di legare maggiormente gli obiettivi di gestione alle decisioni operative. Oliviero Ponte di Pino viene confermato alla direzione editoriale. Primo passo è il varo della «Nuova Biblioteca Garzanti», per dare un vestito più efficace e adatto alla quality fiction. Il secondo è la valorizzazione delle collane storiche, anche attraverso operazioni di abbinamento con i quotidiani («Garzantine»-«il Giornale», ottobre 2003, e altre in via di definizione). Terzo intervento necessario, in programma per quest’anno, la soppressione della funzione commerciale interna, a favore di una più logica funzione di gruppo, inevitabile conseguenza della concentrazione della clientela, e della riduzione dei punti vendita minori serviti direttamente, a seguito dello sviluppo di nuovi canali di vendita del libro e del comparto dei grossisti.
Tra i titoli che si sono mossi bene: Le grammatiche della creazione di George Steiner, Le strane regole del signor B. di Franco Corderò, L’ultima ceretta di Anna Berrà e Una finestra vista lago di Andrea Vitali, che dovrebbe aver trovato una casa editrice in grado di dargli il valore che merita.
Riorganizzazione interna anche del gruppo Longanesi, dove Marco Tarò assume la carica di amministratore delegato di TEA (della quale Mauri assume la presidenza) e Nord. Il gruppo Longanesi, dopo aver chiuso un 2002 molto buono, registra una crescita ulteriore della Longanesi di Luigi Brioschi (forte di Orizzonte, l’atteso nuovo libro di Wilbur Smith, ma trovando anche successi nella narrativa italiana, con Casa Rossa di Francesca Marciano), della TEA di Stefano Res e del Ponte alle Grazie di Luigi Spagnol. In flessione Guanda (dopo l’ottimo 2002) che non ha avuto importanti novità dei propri autori più affermati, ma conquista svariati premi tra i quali il Campiello con II maestro dei santi pallidi di Marco Santagata, e diversi secondi posti. In flessione anche Corbaccio, che rafforza la sua linea di romanzi sentimentali con i nuovi libri di Charlotte Link, La donna delle rose, e di Marc Levy, Sette giorni per l’eternità-, non perde quota sulla narrativa di montagna, con il libro più personale di Reinhold Messner, La Montagna Nuda, ed esce a ottobre con In nome del cielo, nuovo titolo di Jon Krakauer. Stabile Salani, a parte la variabile Harry Potter che lascia alti margini di imprevedibilità, ovviamente verso l’alto (tiratura iniziale, 600 000 copie). Un grande impegno è stato riversato infine sulle due nuove acquisizioni: le Rough Guide (Vallardi) iniziano a tarsi largo in un settore, quello delle guide turistiche, sempre più difficile e affollato; Nord (ITA),
si è concentrata sulla narrativa di genere per un pubblico giovanile (e non solo sul fantasy e la fantascienza).
Fonte: Longanesi.
MINIMUM FAX. Dopo il 2002 con 754 000 euro di fatturato (+25% circa) Minimum fax chiude il 2003 a 900 000 euro ( + 16%); un ottimo risultato per una casa editrice piccola ma super attiva e molto conosciuta tra i professionisti internazionali. Crescono le novità, da 19 a 26. Carver, con Cattedrale (20 000 copie), rimane il bestseller dell’anno, seguito da Mercoledì delle ceneri, romanzo d’esordio dell’attore Ethan Hawke (8 000 copie), molto ben valutato dalla critica nazionale e internazionale, e da Mosca + Balena, esordio di Valeria Perrella (3 ristampe in 2 mesi, 7 000 copie). Vanno bene «Nichel», la collana che raccoglie la narrativa italiana, il sito Internet, che ha creato un’attiva community e ha una persona compietamente dedicata, le operazioni promozionali a mezza strada tra il reading e il concerto (tra le più recenti, Susan Vega; in programma, Lou Reed). A maggio esordio di «Minimum Classics», una collana che recupera testi importanti della letteratura americana contemporanea come L’Opera galleggiante di John Barth e Ritorna, Dr. Caligari di Donald Barthelme.
Fonte: Minimum fax.
GRUPPO MONDADORI. Il Gruppo Mondadori ha chiuso il 2002 con ricavi per 1 458,8 milioni di euro in flessione del 6,3% rispetto al 2001. A livello omogeneo – escludendo il fatturato per la distribuzione del periodico «L’Espresso», attività cessata nel gennaio 2002 – la flessione dei ricavi è del 2,4%. L’incidenza del margine operativo lordo (208,5 milioni di euro) sui ricavi passa dal 13,5% al 14,3%. L’utile netto consolidato è di 81,1 milioni di euro (+ 9,7%), pari al 5,6% dei ricavi. La Divisione Libri, leader nel canale libreria con una quota di mercato del 31,5% (dati a valore, Demoskopea 2002) ha chiuso un positivo 2002 a 331,4 milioni di euro ( + 1,1%). Così i ricavi nello specifico: Edizioni Mondadori 108,2 milioni di euro (+8,7%); Einaudi 42,3 milioni di euro (+10,4%); Editoria d’arte e organizzazione mostre 39,8 milioni di euro (-17,4%); Sperling & Kupfer/Frassinelli 23,9 milioni di euro ( + 1,7%); Editoria scolastica 77,1 milioni di euro (-1%); Distribuzione Libri 41,5 milioni di euro (+3,7%). La produzione libraria della Divisione libri, scolastica esclusa, ha visto rispetto al 2001 un calo delle novità (-2,5%) e delle ristampe (-7,9%), per un totale di 40,7 milioni di copie.
Edizioni Mondadori. L’impatto dei libri in promozione con i giornali sul settore dei tascabili (Gian Arturo Ferrari ha dichiarato un calo di fatturato per i paperback Mondadori dell’8-9%) ha spinto verso un recupero con gli hardcover, il cui peso nella produzione 2002 è cresciuto di quattro punti percentuali portandosi al 48%. La semestrale 2003 registra un incremento dei ricavi del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2002. Bestseller assoluti i comici: Bis. Nuovi momenti catartici di Flavio Oreglio ha venduto nel 2003 oltre 330 000 copie; Tutte le barzellette su Totti ha fatto anche meglio, con oltre 800 000 copie. Ken Follett ha superato le 200 000 copie con 11 volo del calabrone, John Grisham con II re dei torti dovrebbe essersi avvicinato alle 200 000 copie. Bene anche Stupid White Men di Michael Moore: oltre 60 000 copie sono un ottimo risultato per un libro di saggistica.
EINAUDI. Continua la buona performance di Einaudi. La semestrale ha registrato un +10,1% rispetto allo stesso periodo del 2002, con +2,5 milioni di euro dovuti alle cessione di diritti per le operazioni con«la Repubblica» e «Corriere della Sera». Tra i titoli più venduti L’animale morente di Philip Roth e II lato sinistro del cuore di Carlo Lucarelli («Stile libero»), mentre continua il grande successo di Io non ho paura di Niccolò Ammaniti che in due anni e mezzo ha superato le 350 000 copie ed è uno degli autori italiani più venduti all’estero.
Sperling-Frassinelli registra un +7% nella semestrale con due titoli di punta: 6 Aprile ’96 di Sveva Casati Modignani (Sperling) e Io l’amavo di Anna Gavalda, edito da Frassinella impegnata nel rilancio dei paperbacks. Da segnalare infine II sangue dei vinti, di Giampaolo Pansa, che ha conquistato la classifica del quarto trimestre e superato le 150 000 copie, e l’ottima vendita all’estero di Io Safiya, la vicenda della nigeriana che ha rischiato la lapidazione, raccolta da Raffaele Masto, e dei titoli di Boris Akunin, il giallista russo del quale Frassinelli gestisce i diritti mondiali.
Bene anche la scolastica (+8,7% nella semestrale), soprattutto per quanto riguarda le elementari (+30% circa a chiusura delle adozioni) con i marchi Minerva Italica e Juvenilia.
Nella Divisione Direct (Mondolibri, BOL, Cemit, Mondadori Retail, Mondadori Franchising: totale ricavi 2002 140,7 milioni di euro, -2,2%); abbastanza stabile Mondolibri (ricavi2002:41,5 milioni di euro), ancora non in pareggio BOL (jv al 50% con Bertelsmann), cresce il fatturato dei 126 punti vendita di Mondadori Franchising (2002: 18, 9 milioni di euro, +21,2%), mentre i 14 punti vendita di Mondadori Retail, tra librerie e multicenter, hanno registrato una flessione del 3,9% nel 2002 (ricavi: 56,5 milioni di euro), ma una netta ripresa nel primo semestre 2003 (+14,3%).
Tra le operazioni societarie si segnala l’ingresso di AME Spa nel capitale di Attica (società editoriale greca di periodici e di raccolta pubblicitaria, presente anche in Ungheria, Romania e Bulgaria) con il 20% (investimento di 18,2 milioni di euro) e un’opzione-call su un ulteriore 20%; l’acquisizione a luglio del 70% di Edizioni Piemme (fatturato 2002: 28 milioni di euro) per un corrispettivo di 14,1 milioni di euro. A giugno nasce Mondadori Sistemi di Comunicazione, nuova società con l’obiettivo di ideare e realizzare progetti di comunicazione destinati a grandi clienti pubblici e privati. A maggio Einaudi cede alla Treccani per 2,4 milioni di euro la Ricciardi.
Nel giro di poltrone interno, Marina Berlusconi diventa Presidente della Mondadori, prendendo il posto di Leonardo Mondadori, scomparso il 13 dicembre 2002; a Maurizio Costa, già amministratore delegato, va anche la vicepresidenza del gruppo; Massimo Turchetta diventa Direttore generale dei Libri Mondadori e assume ad interim la responsabilità dell’editoria per ragazzi; Rossella Citterio diventa Direttore Centrale Relazioni Esterne e Comunicazione di tutto il Gruppo dopo l’uscita di Andrea Zagami; Antonio Riccardi diventa Direttore editoriale.
Fonti: Mondadori, «Il Sole-24 Ore», «la Repubblica», «Corriere della Sera».
NERI POZZA. Dopo il raddoppio del fatturato nel 2002, 6,639 milioni di euro (+49,7%) Neri Pozza non si è seduta sugli allori e ha dimostrato ancora un ottimo fiuto sia per la buona fiction commerciale sia per i titoli più impegnati: un mix che è diventato un sigillo di garanzia sia per i librai sia per il pubblico. Il 2003 si è chiuso tra i 7,6 e i 7,8 milioni di euro; un incremento tra il 15% e il 18% dovuto solo in parte alle 370 000 copie complessive di La ragazza con l’orecchino di perla. Nel 2003 i bestseller sono stati La passione di Artemisia (65 000 copie) e La ragazza in blu (&> 000 copie) di Susan Vreeland; Cuccette per signora di Anita Nair (35 000 copie); Annus Mirabilis di Geraldine Brooks (34 000 copie) e La scrittrice abita qui di Sandra Petrignani (25 000 copie). A fine novembre è uscito La dama e l’unicorno, il nuovo romanzo della Chevalier, ma meritano attenzione altri scrittori che potrebbero farsi strada: John Me Gregor con Se nessuno parla di cose meravigliose e Dermot Healy con Tempi improvvisi, due titoli subito ristampati.
Fonte: Neri Pozza.
RCS MEDIA GROUP-RCS LIBRI-ADELPHI. Lo scorso maggio Hdp cambia ragione sociale e diventa RCS Media Group. La Fiat – tramite Sicind – è il primo azionista singolo con il 10,210% del capitale ordinario e il 22,747% delle azioni vincolate dal patto di sindacato, seguita da Mediobanca e Gemina. Nel 2002 RCS ha portato a termine il proprio riposizionamento nel settore della comunicazione, con la cessione di tutte le attività nella moda e neH’abbigliamento: Valentino, Revedi, Facis e, nel 2003, Fila Holding. Nel 2002 ci riferiamo ancora alla capogruppo RCS i cui ricavi sono di 2.052,0 milioni di euro, il reddito operativo è di 85,2 milioni di euro (contro 87,7 milioni), il MOL 164,4 milioni di euro e l’utile netto di 20,1 milioni di euro (3,2 milioni l’anno precedente). I risultati non sono confrontabili con l’anno precedente per la variazione del perimetro di consolidamento.
Per l’area Libri i ricavi netti 2002 sono stati di 328,7 milioni di euro (-0,2%) così suddivisi: Italia 97,1 milioni (-4,2%), estero 231,6 milioni di euro ( + 1,5%). Sostanzialmente stabilì Scolastica e Professionale (che a bilancio sono una divisione separata dalla Libri) con ricavi di 99,3 milioni di euro (+0,2%). In forte crescita i Fascicoli ( + 12,4%, da 192,5 a 216,3 milioni di euro). Sensibile la contrazione dei tascabili rilevata a bilancio (-15% a copie), e attribuita alle iniziative dei quotidiani nel corso dell’anno. Bestseller 2002, ancora La rabbia e l’orgoglio e i titoli legati alla saga di II Signore degli Anelli. La quota di mercato di RCS in Italia nel canale libreria (Bompiani, Rizzoli, Sonzogno, Fabbri, Adelphi) infatti è stata nel 2002 del 16,72%, in flessione dell’1,6% (Demoskopea). Stabile Rizzoli, in lieve crescita Fabbri e Bompiani, in flessione Sonzogno e soprattutto Adelphi, senza titoli di particolare successo. Adelphi si riprenderà nel 2003 grazie alla grande campagna promozionale in occasione del centenario della nascita di Simenon: dei 68 titoli di Simenon in promozione si sono vendute tra febbraio e marzo oltre 150 000 copie. Il 2003 chiude all’insegna dello scrittore francese i cui titoli sono arrivati a 75; l’autobiografia Memorie intime ha venduto oltre 15 000 copie.
Il Gruppo Flammarion registra uno sviluppo dei ricavi consolidati del 5,8% (2002), mentre negli Stati Uniti RCS Corporation evidenzia, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, una riduzione del 20% del fatturato, sceso a 17,6 milioni di dollari per effetto dell’incremento del fatturato delle case editrici e della concomitante dismissione delle librerie. I ricavi totali della semestrale 2003 sono in flessione del 4,5 %, il fatturato della varia nel primo semestre registra un -3 %. Stabile Scolastica e Universitaria. Crescono solo i fascicoli ( + 18,5%).
Tra le operazioni societarie, oltre all’operazione condotta con De Agostini e Hachette Rusconi per la creazione di un’unica società per le rispettive attività di distribuzione editoriale nel canale edicola (45% RCS, 45% De Agostini, 10% Hachette Rusconi), degna di nota l’acquisizione del 30% delle quote di Unidad Editorial (società editrice di «E1 Mundo») cedute da Recoletos (gruppo editoriale controllato al 79% da Pearson): RCS si porta così all’89,1% del capitale; l’ingresso (a fine 2002) di RCS Libri (con il 24%) nel capitale di Edition d’Art Skira Genève che a sua volta acquisisce i marchi Rizzoli libri illustrati e Bompiani arte; l’acquisto da parte di RCS Libri del 20% di Rba Collecionables.
Nella classifica Mediobanca RCS scivola dal 23° al 39° posto.
Tra giugno e settembre RCS Libri rivoluziona l’assetto manageriale. Gianni Vallardi diventa amministratore delegato di RCS Quotidiani; lo sostituisce Ferruccio de Bortoli (che prende anche il posto di Vallardi nella vicepresidenza dell’Aie); Giulio Lattanzi diventa direttore generale; Rosaria Carpinella già direttore editoriale della Rizzoli, passa a capo della Divisione Case Editrici. A capo della Divisione Commerciale e Distribuzione libri è nominato Vincenzo Rizzo già direttore commerciale dell’area Libri. Le nuove direzioni editoriali sono quindi affidate a Paolo Zaninoni per Rizzoli; a Elisabetta Sgarbi per Bompiani. Alla guida di «Bur», arriva dalla Divisione tascabili Einaudi Lorenzo Fazio. A Mario Andreose è affidata la direzione letteraria generale. Infine, è stata creata la divisione Education, affidata a Massimiliano Gaiioni (Direttore generale) e Giuseppe Orlando (vice Direttore generale), nella quale confluiscono le attività di RCS Scuola e della Divisione Università, Professioni e Reference di RCS Libri.
Fonti: RCS Media Group, Dow Jones Newswires, Hoover’s, «Corriere della Sera», «Il Sole-24 Ore», Mediobanca.
GRUPPO IL SAGGIATORE. 14 milioni di euro nel 2002, 15 nel 2003 (+7%). Il Gruppo il Saggiatore (il Saggiatore, Marco Tropea, Pratiche, Net) conferma un anno di consolidamento della linea economica che ha visto la nascita di «I Ladri di fuoco», una collana coraggiosamente dedicata alla poesia e una campagna promozionale, Alimenta un sogno, nella quale invece di offrire gadgets o sconti si è regalato a chi acquistava almeno 22 euro di libri un prodotto equo e solidale (The, caffè, cacao,…).
Per quanto riguarda i titoli, il 2003 ha dato alle stampe per Marco Tropea La regina del sud, forse il romanzo migliore e più maturo di Arturo Pérez-Reverte e Dolci le tue parole di Nancy Richler (20 000 copie), l’importante biografia romanzata di Nureyev La sua danza di Colum Me Cann e Sette mari, tredici fiumi di Monica Ali, finalista al Booker Prize. Va bene la saggistica, sia quella “di intervento” comeL# privatizzazione del mondo di Jean Ziegler (tre edizioni, 25 000 copie), sia quella storica con Roma città aperta di Robert Katz. Infine, il rinnovato interesse per grandi volumi fuori formato come il libro a cura di Ulrich Eckardt per i settant’anni di Claudio Abbado e Kind of blue di Ashley Kahn, interamente dedicato alla mitica session di Miles Davis.
Fonte: il Saggiatore.
SELLERIO. Sellerio 2002: fatturato 9 milioni di euro (anno senza novità di Camilleri); 2003 fatturato 16 milioni di euro (con due titoli di Camilleri, 700 000 copie). Sellerio naviga col vento in poppa, ma non solo grazie a Camilleri. Se il 2003 ha visto 11 giro di boa e La presa diMacallé, tutto il catalogo gira con ritmo, grazie alla piena fiducia dei librai e ad autori come Santo Piazzese, Alicia Giménez Bartelett (100 000 copie su tutti i titoli) e all’ottimo Gianrico Carofiglio, esordiente nel legai thriller con Testimone inconsapevole (20 000 copie). La vendibilità del catalogo trova conferma anche nei 20 titoli ceduti in abbinamento con «Panorama» tra il 2002 e il 2003 e ad altre iniziative condotte con quotidiani locali. Sellerio ha varato anche «Il Contesto», una nuova collana di grande formato che ha esordito con I detective selvaggi di Roberto Bolano e una collana di narrativa per la scuola (con un’agile guida separata dal testo) prodotta in accordo con Laterza. Crescono le vendite all’estero, anche di libri in italiano, e la continua richiesta sulle piazze europee di incontri con Camilleri e Piazzese.
Fonte: Sellerio.
I premi e i premiati 2003
2002
Premi assegnati in novembre e dicembre 2002 che non sono entrati per ragioni di stampa nella rubrica di Tirature ’03.
ALBERTI. Fiamma Nirenstein, L’abbandono. Come l’Occidente ha tradito gli Ebrei (Rizzoli); Anna Politovskaja, La seconda guerra cecena.
BACCHELLI. Frank McCourt, Che paese, l’America (Adelphi).
BAGUTTA. Eva Cantarella, Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto (Feltrinelli); Michele Mari, Tutto il ferro della Torre Eiffel (Einaudi); Edoardo Sanguineti, Il Gatto lupesco (Feltrinelli).
MONDELLO. Olov Enquist, Andrea Camilleri, Luigi Reitani, Tonino Conte, Luciano Erba.
MORAVIA. Giovanni Raboni.
NOIR IN FESTIVAL. Premio Raymond Chandler: John Grisham. Premio Giorgio Scerbanenco per il miglior giallo italiano edito: Massimo Carlotto, Il maestro dei nodi (e/o). Premio Alberto Tedeschi per il miglior giallo italiano inedito: Massimo Carloni e Antonio Perria, Il caso Degortes (Mondadori).
PALMI. Magdi Allam. Sezione internazionale: Vanna Gazzola Stacchini, Come in un giudizio (Donzelli); Tommaso Pincio, Un amore (Einaudi).
PREMIO DELLA CULTURA 2002: Editore Avagliano.
WHITBREAD BOOK AWARD 2002 (Uk). Book of The Year: Claire Tomalin, Samuel Pepys: The Unequalled Self (Viking) Novel: Michael Frayn, Spies (Faber & Faber). First novel: Norman Lebrecht, The Song of Names (Headline). Poetry: Paul Farley, The Ice Age (MacMillan). Biography: Claire Tomalin, Samuel Pepys, The Unequalled Self (Viking); Children’s Book: Hilary McKay, Saffy’s Angel (Hodder).
ZERILLI-MARIMO (UsA). Alessandra Lavagnino, Le bibliotecarie di Alessandria (Sellerio); Diego Marani, L’ultimo dei Vostiachi (Bompiani); Rocco Carboni, L’apparizione (Mondadori).
2003
Premi italiani
ACQUI TERME: Giampaolo Pansa; Russel Mead.
ALASSIO 100 LIBRI. Un autore per l’Europa: Simonetta Agnello Hornby, La Mennulara (Feltrinelli). Un editore per l’Europa: il Saggiatore.
ANDERSEN. Il mondo dell’infanzia. Miglior libro 0-6 anni: Beatrice Masini (ili. di Anna Laura Cantone), Una sposa buffa buffissima bellissima (Arka). Miglior libro 6-9 anni: George Saunders (ili. di Lane Smith), I tenacissimi sgrinfi di Frip (Mondadori). Miglior libro 9-12 anni: Teresa Buongiorno (ill. di Desideria Guicciardini), Io e Sara, Roma 1944 (Piemme). Miglior libro oltre i 12 anni: Uri Orlev, Corri ragazzo, corri (Salani). Miglior collana di narrativa: «Bestseller», Mondadori. Miglior collana di divulgazione: «Storiesconfinate», Carthusia.
BAGUTTA. Franco Corderò, Le strane regole del signor B. (Garzanti).
BANCARELLA. Alessandra Appiano, Amiche di salvataggio (Sperling & Kupfer).
CAMPIELLO. Marco Santagata, Il maestro dei santi pallidi (Guanda). Alla carriera: Edoardo Sanguineti.
CHIANCIANO. Candido Cannavo, La vita in rosa (Rizzoli); Walter Veltroni, Il disco del mondo (Rizzoli).
CHIARA. Laura Pariani, L’uovo di Gertrudina (Rizzoli). Alla carriera: Mario Rigoni Stern.
ELBA. Ernesto Ferrerò, Lezioni napoleoniche (Mondadori).
ESTENSE. Bianca Stancanelli, A testa alta. Don Giuseppe Puglisi: storia di un eroe solitario (Einaudi).
FLAIANO. Elisabetta Rasy, Tra noi due (Rizzoli).
FREGENE. Gianni Riotta, Alborada (Rizzoli).
GRINZANE CAVOUR. Narrativa italiana: Alberto Asor Rosa, L’alba di un mondo nuovo (Einaudi); Boris Biancheri, Il ritorno a Stomersee (Feltrinelli); Clara Sereni, Passami il sale (Rizzoli). Per la narrativa straniera: Javier Cercas, Soldati di Salamina (Guanda); Miljenko Jergovic, Marna Leone (Scheiwiller); Ahmadou Kourouma, Allah non è mica obbligato (e/o). Premio internazionale «Una vita per la letteratura»: J.M. Coetzee. Autore esordiente: Elena Loewenthal, Lo strappo nell’anima (Frassinelli). Traduzione: Fernanda Pivano.
GRINZANE CINEMA. Antonio Skàrmeta.
GRINZANE JUNIOR. Nicoletta Costa, Giulio Coniglio (Franco Panini ragazzi).
HANBURY. Pia Pera, L’orto di un perdigiorno (Ponte alle Grazie).
MONDELLO. Premio Ignazio Buttitta: Nino De Vita, Cutusiu (Mesogea); Traduzione: Ralph Ellison, Il giorno della libertà (Einaudi); Opera prima: Simona Corso, Capodanno al Tennis Club (Sellerio); Giovanni Bergamini, I datteri di Babilonia (Scheiwiller); Opera di autore straniero: Adonis, Cento poesie d’amore (Guanda); Opera di autore italiano: Andrea Carraro, Non c’è più tempo (Rizzoli); Antonio Franchini, Cronaca della fine (Marsilio); Giorgio Pressburger, L’orologio di Monaco (Einaudi).
MONTALE. Giovanni Raboni; Sezione internazionale: Tadeusz Rozewicz.
MORANTE. Parimerito: Roberto Calasso, K (Adelphi); Giorgio Pressburger, L’orologio di Monaco (Einaudi); Emanuele Trevi, I cani dal nulla (Einaudi).
NONINO. John Banville, Antonio R. Damasio, Emilio Vedova.
NOVECENTO-MEMORIA. Paolo Mieli, La goccia cinese (Rizzoli).
PEANO. Per la letteratura matematica: Keith Devlin, Il linguaggio della matematica (Bollati Boringhieri) e 11 gene della matematica (Longanesi).
PEN CLUB ITALIANO. Carlo Sgorlon, L’uomo di Praga (Mondadori).
PREMI NAZIONALI PER LA TRADUZIONE 2003 (Ministero per i Beni e le Attività culturali). Renata Colorni, Serena Vitale, Giuseppe Bellini, Ettore Capriolo, Elena Loewenthal, Giuseppe Bevilacqua, Filippo Ottoni, Massimo Bocchiola, Gianroberto Scarcia, Massimo Bacigalupo, Viola Papetti, Andrea Raos. Case editrici: Laterza, Mobydick, Sellerio, Edizioni Lavoro, Jouvence, Rizzoli Bur, Le Lettere, San Marco dei Giustiniani, Edizioni Tarara, Fondazione Lorenzo Valla, Edizioni Voland, Rosellina Archinto, Zanichelli, Giulia Lanciani, Jean-Paul Manganaro, Minimum fax, Biblioteca dei Quaderni di italianistica.
PROCIDA. Fabio Franzin, Mattia Paolinelli De Angeli, Federica Mormando.
STREGA. Melania Mazzucco, Vita (Rizzoli).
VIAREGGIO-RÉPACI. Narrativa: Giuseppe Montesano, Di questa vita menzognera (Feltrinelli); Poesia: Roberto Amato, Le cucine celesti (Diabasis); Saggistica: Salvatore Settis, Italia spa. L’assalto al patrimonio culturale (Einaudi).
Premi esteri
AVENTIS GENERAL PRIZE FOR SCIENCE BOOKS (UK). Chris McManus, Tight Hand, Left Hand: The Origins of Asymmetry (Weidenfeld & Nicolson).
AMICO DI GERUSALEMME (Israele). Rosaria Carpinelli (Rizzoli).
BALZAN (Svizzera). Eric Hobsbawm.
BOOK SENSE AWARDS (Premio delle librerie indipendenti, USA). Fiction: Alice Sebold, The Lovely Bones (Little Brown); Non fiction: Alexandra Fuller, Doni let go to The Dogs Tonight (Picador).
CASA DE LAS AMÉRICAS (Cuba). Paola Yannielli, La hermana.
CERVANTES (Spagna). José Jiménez Lozano.
EDGARD AWARDS (UsA). Fiction: S.J. Rozan, Winter and Night (St. Martin’s/Minotaur). First Novel: Jonathan King, Thc Blue Edge of Midnight (Dutton).
FÉMINA (Francia). Dai Sijie, Le Complexe de Di (Gallimard).
FRIEDENSPREIS-TRÀGERIN (Premio degli editori e dei librai tedeschi per la pace). Susan Sontag.
GILLER PRIZE (Canada). Austin Clarke, The Polished Hoe (Amistad Press).
GIALLO EUROPEO-LE POINT (Francia). Laura Grimaldi, La faute (Metailié; trad. it.: La colpa, Mondadori).
GONCOURT. Jacques-Pierre Amett, La maitresse de Brecht (Albin Michel).
IMPAC (Irlanda). Orhan Pamuk, My name is red (Faber & Faber).
MAN BOOKER PRIZE (Uk). DBC Pierre, Vernon God Little (Faber & Faber; trad. it. Einaudi).
MÉDITERRANÉE ÉTRANGER. Baltasar Porcel, Cabrerà ou Lempereur des morts (Actes Sud).
MÉDICIS (Francia). Hubert Mingarelli, Quatresoldats (Seuil).
MÒBIUS MULTIMEDIA CITTÀ DI LUGANO. Categoria educazione: Omnia Junior, Alla scoperta dell’Oceano (De Agostini Multimedia). Menzione speciale: Andrea Palladio, Atlante della architettura (Marsilio).
NATIONAL BOOK AWARD (USA). Stephen King. Fiction: Julia Glass, Three Junes (Pantheon). Non fiction: Robert Caro, Master of The Senate (Knopf). Poetry: Ruth Stone, In The Next Galaxy (Copper Canyon). Young People’s Literature: Nancy Farmer, The House of The S corpi on (Simon & Schuster).
NEBULA (USA). Neil Gaiman, American Gods (Morrow).
NBCC-THE NATIONAL BOOKS CRITICS CIRCLE (Premio nazionale della critica, USA). Fiction: Ian McEwan, Atonement (Doubleday/Nan A. Talese). Non fiction: Samantha Power, “A Problem from Hell: America and The Age of Genocide (Basic Books). Biography-Autobiography: Janet Browne, Charles Darwin: T he Power of Place, Voi. Il (Knopf). Poetry: B.H. Fairchild, Early Occult MemorySystems of The Lower Midwest (W.W. Norton). Criticism: William H. Gass, Tests ofTime (Knopf).
NOBEL DELLA LETTERATURa. John Maxwell Coetzee.
ORANGE PRIZE FOR FICTION (Uk). Valerie Martin, Property (Abacus).
ORDRE DES LETTRES (Francia). «Officier de l’ordre des arts et des lettres»: Federico Motta (Motta editore).
PEN/FAULKNER FICTION AWARD (UsA). Sabina Murray, The Caprices (Mariner)
PULITZER PRIZES (USA). Fiction: Jeffrey Eugenides, Middlesex (Farrar, Straus & Giroux). History: Rick Atkinson, An Army at Dawn: The War in North Africa, 1942-1943 (Knopf). Non fiction: Samantha Power, “A Probiem from Dell”: America and The Age of Genocide (Basic Books). Poetry: Paul Muldoon, Moy Sand and Gravel (Farrar, Straus & Giroux).
PRINCIPE DE ASTURIAS (Spagna). Letteratura: Susan Sontag, Fatima Mernissi. Comunicazione: Ryszard Kapuscinski.
RENAUDOT (Francia). Philippe Claudel, Les àmes grises (Stock).
SPOKEN WORD AUDIO OF THE YEAR (Premo per gli audiolibri, USA). Mark Haddon, The Curious Incident of The Dog (Random House Audiobooks).
THOMAS COOK TRAVEL BOOK AWARD (Uk). Jenny Diski, Strangeron a Train (Virago).
UGO AWARDS (USA). Fiction: Robert J. Sawyer, Hominids (Tor); Neil Gaiman, (doratine (HarperCollins).