3. Il mondo editoriale
«In convivenza, o meglio, in competizione tra loro, abitavano in Arnoldo Mondadori un apprensivo e un ottimista; e l’ottimista la spuntava regolarmente sull’apprensivo […]. La riprova di ciò sta nel rapporto con i collaboratori. Una cosa sola poteva spazientirlo: la mancanza di chiarezza. Per il resto, purché appunto gli fossero chiari i termini del discorso, direi che il vedere qualcuno angustiato o turbato da una questione concreta, accendeva in lui, per reazione istintiva, un’energia ulteriore.» – Vittorio Sereni in Ricordo di Arnoldo Mondadori: testimonianze di scrittori e di amici riunite per il primo anniversario della sua scomparsa (8 giugno 1972), p. 57.
Arnoldo riteneva che il lavoro dell’editore fosse fatto di «attenzione costante per ogni minuto passaggio, di cura per tutti i particolari, senza nulla trascurare di quanto poteva influire sul buon esito d’una operazione» (Decleva, p. 508).
Impossibile sfuggire alle sue raccomandazioni e ai suoi consigli, persino quando diventa presidente onorario: «Per mezzo dei suoi canali, in continuo contatto telefonico con gli antichi collaboratori, interlocutore sempre imperioso al di là della forma indiretta e suadente con cui avanzava richiami o sollecitazioni, il presidente onorario non cessava di tenersi informato, dando nel contempo di continuo indicazioni, suggerendo e raccomandando comportamenti, incapace di interrompere o anche solo di allentare l’impegno cui era abituato» (Decleva, p. 509). L’azienda, la «grossa baracca» come veniva chiamata la casa editrice da Arnoldo stesso, restava la ragione della sua vita e il suo unico vero divertimento.
I documenti esposti in questa sezione costituiscono una selezione minima e non esaustiva dei rapporti professionali intrattenuti da Arnoldo con i suoi collaboratori e con le sue collaboratrici. Dalla corrispondenza con Lavinia Mazzucchetti, allo scambio di lettere con Valentino Bompiani all’indomani dei bombardamenti a Milano, emerge il ritratto di un editore accurato e attento, di un uomo che ha dedicato l’intera vita alla propria impresa.
VALENTINO BOMPIANI
Il 22 giugno 1950 Bompiani scrive sul camino della villa di Meina «Arnoldo mi hai visto nascere. Con affetto filiale, fraterno e incestuoso», un pensiero che esplicita con sincerità il rapporto tra i due editori i quali, se da un lato inevitabilmente si contendevano autori e autrici (fra quelli “rubati” allo stesso Mondadori i nomi di Vittorini, Moravia e Savinio) e discutevano incessantemente a proposito di strategia e programmazione editoriale, dall’altro non mancavano di reciproca solidarietà nel rispetto della causa comune, come testimonia lo scambio di lettere intercorso fra i due nell’estate del 1943, a seguito dello sfollamento della sede milanese, a causa dei bombardamenti che avevano già lungamente colpito la città, e della preoccupazione per gli stabilimenti a Verona.
LAVINIA MAZZUCCHETTI
Lavinia Mazzucchetti approda alla Mondadori in primo luogo in qualità di germanista e traduttrice di Emil Ludwig. Il suo impegno presso la casa non si limita esclusivamente al lavoro di traduzione, quanto piuttosto viene affiancato da un’intensa attività curatoriale che la vede in particolare fra i protagonisti coinvolti nella realizzazione della collana «Medusa» il cui lancio arriva nel 1933 e che prevede un’importante parte tedesca curata dalla stessa Mazzucchetti. Sua inoltre la curatela dell’Opera Omnia di Thomas Mann in dodici volumi editi tra il 1949 e il 1965.
Il lungo rapporto con la casa editrice è ulteriormente avvalorato dai carteggi intercorsi con Arnoldo Mondadori, si vedano la lettera in cui Lavinia Mazzucchetti condivide con l’editore i ricordi «della “nostra guerra” 14-18 – la guerra che ho fatto anch’io – tanto imparando dall’esempio di uomini di essenziale valore morale […]», o la comunicazione della vittoria del premio Soroptimist nel 1960 e le relative congratulazioni ricevute da parte di Arnoldo stesso.
Anna Antonello presenta il rapporto tra Arnoldo Mondadori e Lavinia Mazzucchetti
DOMENICO PORZIO
«Ricordo, con mio padre Domenico, un giorno in cui egli volle portarmi con sé alla villa di Meina. Sarà stato attorno al 1966, ed io avrò avuto sei o sette anni; ma ricordo molto bene quell’ampio camino che campeggiava nel soggiorno, e che mi fece impressione per il senso di amicizia, di grande famiglia che subito suscitava nel visitatore; e poi la gentilezza, l’affabilità di Andreina, e lo studio di Arnoldo, con un grande mappamondo che per me, già da bambino appassionato di storia e geografia, era il miglior lusso immaginabile. E le firme, su quel bianco camino, di Dino Buzzati, caro amico di famiglia, e di tanti altri nomi illustri che ben presto divennero i miei eroi letterari […]» – Michele Porzio
Domenico Porzio ricopre molteplici ruoli presso la casa editrice, dove entra nel 1965 in qualità di direttore dei servizi stampa e assistente del presidente. Assumendo successivamente la carica di direttore per le relazioni pubbliche e con la stampa, e ancora in seguito quella di consulente del direttore generale, Porzio si dedica in particolare all’individuazione di nuove iniziative editoriali e di nuovi progetti così come alla ricerca di nuovi autori, oltre che alla supervisione sui premi letterari e sui rapporti con la stampa per gli autori italiani, incarichi specifici nel settore dei cataloghi d’arte e delle pubblicazioni relative a manifestazioni culturali e artistiche. L’intensa attività svolta e la profonda conoscenza della casa Mondadori e del suo presidente sono testimoniate dai discorsi di Porzio qui riportati, che rivelano al tempo stesso la grande statura dell’editore ma anche la dimensione più intima dell’uomo.
«EPOCA»
«Epoca» nasce nel 1950, nuovo settimanale di informazione, con una tiratura relativa ai primi anni che si attesta fra le 150 e le 200.000 copie, e vede tra i primi collaboratori Bruno Munari, Cesare Zavattini, Aldo Palazzeschi e Remo Cantoni. Dal 1951 la redazione si arricchisce di nuovi nomi, tra cui Renzo Segàla che assume la carica di condirettore responsabile sotto la direzione di Arnoldo Mondadori, per poi cederla a Enzo Biagi nel 1955. A seguito di un incremento della tiratura, che raggiunge ormai le 400.000 copie, Biagi conferma il ruolo centrale nella conduzione del settimanale assumendone la carica di direttore nel 1957, carica che manterrà fino al luglio del 1960.