Il titolo: da Dowson poeta ottocentesco o da Isaia profeta?
Il manoscritto richiede un titolo. La Mitchell ha alcune idee che però non la soddisfano: Bugles Sang True, None so blind, Not in our stars. Poi ha una folgorazione quando si imbatte in Cynara, una poesia del 1891 di Ernest Dowson (1867-1900), esponente del decadentismo inglese, amico di Oscar Wilde, che ebbe una vita breve e spericolata.
Gone with the wind è infatti tratto dalla terza strofa della poesia, che recita:
I have forgot much, Cynara! gone with the wind,
Flung roses, roses riotously with the throng,
Dancing, to put thy pale, lost lilies out of mind;
[…]
La stessa Mitchell spiega perché il componimento poetico le ispirò la scelta. Il primo verso di questa strofa aveva infatti il «far away, faintly sad sound I wanted» (il suono lontano, vagamente triste, che volevo).
Un’interpretazione altrettanto suggestiva potrebbe adombrare un’origine biblica.
Forse Margaret, cresciuta in un ambiente di salde convinzioni religiose, aveva ritrovato nei versi di Dowson un’assonanza con un versetto di Isaia profeta (64.5): lamentazione, supplica e richiesta di perdono del popolo ebraico al Signore perché Gerusalemme rinasca.
Così la traduzione letterale dall’ebraico:
«… per i nostri peccati siamo come foglie ingiallite spazzate via dal vento (in ebraico Ruah, che nel suo senso primario significa soffio, aria, vento)».
Via col vento: la felice traduzione di Mondadori
Il documento, contenuto nel fascicolo Pareri di lettura romanzi stranieri anni Trenta, recita: «Titoli proposti per il romanzo GONE WITH THE WIND (Andato col vento)».
Non è impresa facile scegliere una traduzione italiana, non letterale, di Gone with the wind. Occorre un titolo fedele all’originale, che sia «facile e ricordabile» e richiami insieme il vecchio mondo del Sud spazzato via dalla guerra civile.
Ben diciassette sono le proposte, alcune bizzarre: Vento d’uragano, Bufera nel sud, Il vento che travolge, In preda al turbine, Vento di rapina.
Tra queste quella perfetta, Via col vento, semplice, romantica, fedele all’originale, il titolo che avrebbe decretato il successo del libro e poi del film nel nostro paese.
Scelta titolo Gone with the wind
Dal profondo Sud sconfitto agli Stati Uniti d’America
Legata alla terra e alle tradizioni, la società del Sud a metà dell’Ottocento ancora affidava il trasporto dei propri abbondanti prodotti agricoli, mais, cotone e tabacco, ai romantici battelli a vapore che solcavano le acque del Mississippi. Intanto il Nord industrializzato approntava i più rapidi collegamenti ferroviari con l’Ovest in via di colonizzazione. I sudisti erano convinti che l’attaccamento alla terra fosse l’unica attività economica degna di uomini liberi, non condizionati dal culto del denaro come i «trafficanti yankee». Essi pensavano che a Washington il governo federale, incapace di resistere alle pressioni di banchieri, industriali, commercianti, tramasse ai loro danni. Grande era anche la sproporzione demografica (dal 1790 al 1850 per tre abitanti al Nord ce n’erano solo due al sud). Importante anche l’analfabetismo al Sud: nel 1850 il 20 per cento dei sudisti bianchi era analfabeta, contro lo 0,5 per cento del New England. La ricchezza del Sud era costituita soprattutto dall’abbondante mano d’opera a costi irrisori fornita essenzialmente dagli schiavi neri. La schiavitù, dopo l’esaltazione dell’egualitarismo seguita alla dichiarazione di indipendenza, pareva essere ammessa anche dalla Bibbia. Gli schiavi erano considerati beni mobili, si potevano comprare e vendere, non avevano alcun diritto, nemmeno quello di imparare a leggere e a scrivere. In compenso il padrone pensava a nutrirli, alloggiarli, vestirli, potevano avere una famiglia in quanto la nascita dei figli accresceva il patrimonio padronale di nuovi schiavi essendone proibito il commercio internazionale. Lo schiavismo creò gravi dissidi tra il Sud e il Nord abolizionista. I contrasti culminarono nella Secessione (febbraio 1861) quando, anche grazie all’elezione del repubblicano Abraham Lincoln nel 1860, sette stati sudisti costituirono gli Stati confederati d’America sotto la presidenza di Jefferson Davis. La guerra di secessione o guerra civile americana fu combattuta dal 1861 al 1865 dalla maggioranza degli stati meridionali dell’Unione nordamericana contro i confederati del Sud. Le armi furono chiamate a decidere, tra l’altro, la controversa questione dell’abolizione della schiavitù. Il conflitto si concluse il 9 aprile 1865 con una pesante sconfitta dell’esercito sudista, agli ordini del generale Lee, ad opera del generale Grant. Atlanta, la più importante città della Confederazione, era stata distrutta già nel 1864 dal generale Sherman. La guerra di secessione americana è considerata dagli storici la prima guerra moderna sia per la lunga durata (dovuta essenzialmente all’insipienza dell’alto comando nordista), sia per il numero di soldati mobilitati (tre milioni fra Nord e Sud), sia per il numero di morti (complessivamente più di 600.000). L’assassinio di Lincoln il 14 aprile del 1865 per mano di un sudista non cambiò nulla nel contesto politico-economico: gli stati del Sud dovettero sottomettersi e da allora la loro situazione complessiva e la condizione degli schiavi neri liberati attraversarono per vari anni una serie di peripezie. La reazione dei sudisti si organizzò anche nel Ku-Klux-Klan, organizzazione razzista e terrorista con l’obiettivo di intimidire con ogni mezzo i neri per impedirne l’emancipazione. Il Nord conobbe un sviluppo sempre più rapido e la frontiera si spinse sempre più a Ovest con la creazione di nuovi Stati. Nel Sud i latifondi furono spazzati via. Il Nord proseguì nel suo gigantesco sviluppo economico e industriale. La ricostruzione e la pacificazione nazionale furono ardue e difficili, ma il cammino verso gli Stati Uniti d’America che oggi conosciamo era tracciato e irreversibile.
Atlanta, crocevia tra passato, presente e futuro
Incastonata tra dolci colline, impervie montagne e la piana costiera. Grande porto fluviale sul Mississippi. L’insediamento originario sorge nel 1837 con il nome di Terminus, in quanto capolinea di un’importante strada ferrata, la Georgia Railroad. Nata da una ferrovia la città cresce con il crescere della stessa. Completate le quattro linee, nel 1861 Atlanta diventa il punto di incrocio per i viaggi da nord a sud, da est a ovest, nodo di commercio e di vita. È abitata da gente intraprendente ed energica. Un misto di vecchio e di nuovo. Latifondisti piantatori di cotone e schiavi. Quando, nel 1861, esplode la Guerra civile, il prospero nucleo cittadino è delimitato dal «sentiero dell’Albero di Pesco» (Peachtree Street), una traccia lasciata dai mocassini delle innumerevoli generazioni di indiani che lo avevano calpestato. Durante la Guerra civile Atlanta assume un ruolo strategico nell’approvvigionamento di armi e merci per i Confederati ed è per questa ragione assediata e distrutta col fuoco dalle truppe federali del generale Sherman nel 1864.
Nel 1865, persa la guerra, la città viene ricostruita sotto il controllo yankee e diviene nel 1877 la capitale del Nuovo Sud attraendo investitori interessati alla costruzione di una moderna economia meno legata all’agricoltura. Nel 1885 sorge quello che in futuro si sarebbe chiamato Georgia Institute of Technology e che costituisce uno dei punti focali del cambiamento.
Malgrado il progresso, l’antica convivenza civile tra bianchi e neri, definita dalle antiche regole della schiavitù, lascia il posto alle differenze tra l’élite bianca decaduta e i lavoratori neri con sempre maggiori diritti civili, anche il diritto di voto, che si fanno largo nel mondo della politica e degli affari affermandosi come classe sociale emergente.
Crescono le tensioni razziali, il Ku Klux Klan compie ogni anno diverse centinaia di linciaggi. La competizione aumenta e, nel fermento della ricostruzione, l’antagonismo cresce. I mezzi di informazione alimentano l’isteria collettiva. I neri sono accusati di molestare e violentare le donne bianche. Uno degli scontri più selvaggi scoppia proprio ad Atlanta il 22 settembre 1906 (Atlanta Race Riot) con una quarantina di neri uccisi e solo due bianchi. Nel 1917 un altro grande incendio distrugge la città lasciando ben diecimila persone senza tetto.
Sede di importanti industrie strategiche durante la seconda guerra mondiale e di colossi come la Coca Cola e la CNN, Atlanta ha sempre svolto un ruolo significativo nella storia del movimento per i diritti civili dei neri.
Città natale di Martin Luther King, è qui che negli anni Sessanta il leader nero lavora alla preparazione del Civil Rights Act e Voting Rights Act che saranno approvati rispettivamente nel 1964 e nel 1965.
Nel 1996 ospita i giochi della XXVI Olimpiade. All’inizio del ventunesimo secolo Atlanta completa la sua trasformazione in una città cosmopolita.