Una sistematica ricognizione di un secolo di poliziesco italiano si propone di individuare e rivendicare, se così possiamo dire, le radici di una tradizione nazionale di questo genere, confermando la tesi ormai da più parti condivisa del giallo come originale chiave di lettura per rileggere e interpretare un determinato contesto storico sociale.
Potendo fare riferimento alla ormai ricca e consolidata bibliografia sul giallo (che può contare sui fondamentali contributi di Cremante, Crovi, Gallo, Petronio) Pistelli allarga il campo di indagine dalla narrativa al teatro, al cinema, al fumetto fino alla tv degli anni sessanta, e dedica agli autori italiani presi in esame (da Cletto Arrighi a Jarro, da Varaldo a Mariotti, da Natoli a Spagnol, da Scerbanenco a Giannini) puntuali profili che privilegiano l’attenzione per le tecniche di scrittura, la ricostruzione dei contesti narrativi e le scelte linguistiche, utilizzando a sostegno della sua analisi ampi stralci dai volumi citati. Nascono in questi anni figure esemplari come il “poliziotto vendicatore” o “la detective in gonnella”, e Pistelli ricostruisce i complessi rapporti tra giallo e regime fascista, rapporti fatti di ampi spazi di autonomia, nonostante la sempre presente censura, affiancati a esperienze di esplicita compromissione.
Protagonisti di primo piano questa storia non sono solo gli autori ma, come dimostra la ormai consolidata storia del giallo in Mondadori, gli editor come Lorenzo Montano e Alberto Tedeschi e gli illustratori che come Abbey, Tabet e Jacono.
Centrale, e forse in questa sede un po’ sacrificato, il ruolo svolto dalla macchina editoriale italiana in una vicenda che tanto ha contribuito a modificare i comportamenti di lettura del pubblico italiano e che ancora oggi gode di una posizione di assoluto privilegio, pur declinata in tutte le forme possibili, da Camilleri a Colaprico, da Biondillo a Carlotto fino alla recente scoperta di Seminerio. Basti pensare alla strategica ed efficace scelta di Treves di proporre le storie di Giulio Piccini alias Jarro invece che in un solo volume come una serie con un unico protagonista e un’uscita quindicinale.
Forse una maggiore comprensione della produzione italiana in questo ambito potrebbe venire da una altrettanto sistematica ricognizione delle traduzioni e della ricezione della produzione inglese e americana, ricognizione che troverebbe nei pareri di lettura conservati negli archivi degli editori una fonte originale e ancora poco utilizzata, in grado di contestualizzare l’esperienza italiana.
Infine il libro di Pistelli si segnala per il ricco apparato di corredo: interessante l’excursus su un secolo di copertine gialle e indispensabile l’indice dei nomi che permette la consultazione di questo lavoro da parte di un pubblico di studiosi, studenti e naturalmente collezionisti.
L’Autore sottolinea il suo debito di riconoscenza alla Fondazione Rosellini per la letteratura popolare, con sede a Senigallia (AN), che da anni si impegna nella valorizzazione e nella conservazione di “quella letteratura che, variamente definita dai critici, non è stata considerata meritevole di essere conservata al pari di quella ufficiale”. E noi non possiamo che aggiungerci al plauso per la preziosa opera svolta da questa Fondazione.
Luisa Finocchi